10

Pochi minuti dopo, ancora a occhi chiusi, mi stiracchiai. Uno psicoterapista che avevo visto poco dopo il mio arresto mi aveva insegnato ad attenuare la tensione respirando profondamente. Me n'ero dimenticata, ma ora lo feci, con lunghi respiri. Di tanto in tanto avvertivo una piccola scossa di assestamento, seguita da una più forte. Comunque, nel complesso sembravano diminuire d'intensità, e perlopiù scuotevano appena il terreno. Somigliavano a un vecchio artritico che brontola e si lamenta scendendo dal letto la mattina, Il suo sonno era stato disturbato. Ci voleva del tempo, ora, per tornare alla normalità.

«Sei cambiata, Sarah.»

Aprii gli occhi di colpo. Luke era in piedi a pochi passi da me. I jeans e la camicia erano neri di fuliggine, e anche le mani. Ne aveva perfino una macchia sulla guancia.

Mi rialzai a sedere.

«Sei stato alla casa, vedo.»

Lui annuì.

«Tutte noi ti stiamo cercando» lo informai.

Luke sorrise, guardando i miei capelli arruffati, gli occhi stanchi e la camicia che usciva dai jeans.

«Dev'essere difficile trovare qualcuno, quando si dorme della grossa.»

«È vero. Immaginavo che stessi bene, però.»

«Oh, adesso siamo telepatici?»

«No. È Dana quella che ha facoltà paranormali. Io pensavo solo che lo avrei sentito, se fossi stato nei guai.»

Luke si sedette sul tronco di un albero caduto, di fronte a me.

«Ah, la clavicola. Ricordo.»

Sorrisi.

«Funziona ancora, sembra.»

«Be', non potevo dormire e sono andato a Ransford, a cercare se era rimasto qualcosa» spiegò Luke. «Fotografie, vecchie lettere...»

«Hai trovato qualcosa?»

«Non molto. Quando sono arrivato era buio, e le ceneri erano ancora roventi, nonostante la pioggia. Il fuoco non si era esteso alla foresta, però. Grazie a Dio per le colline più verdi che tu abbia mai visto

Sorrisi alla citazione della vecchia canzone.

«Non dirmi che ricordi come andavo pazza per Bobby Sherman.»

«Ricordo una quantità di cose di te» rispose Luke. «E quello che non ricordavo mi sta tornando alla mente.»

I nostri occhi s'incontrarono per un momento. Luke fu il primo ad abbassarli, guardandosi una mano e pizzicando la pelle come per togliere una spina.

«Maledizione! Ci sono vetri rotti dappertutto. Comunque, ero più stanco di quanto credessi. Mi sono addormentato sulla spiaggia, vicino al pontile. Quando mi sono svegliato il sole era alto, e ho guardato verso la casa, dimenticando per un momento che non c'era più.» Si passò le mani sul viso, con aria stanca, sconfitta. «Temo che la tua amica Jane abbia fatto proprio un buon lavoro.»

«Mi dispiace tanto, Luke» dissi. «Jane è impazzita, letteralmente, dopo il terremoto. È preoccupata per i suoi bambini.»

«Questo posso capirlo» scattò lui. «Quello che non capisco è perché ha dovuto dare fuoco alla mia casa. Buon Dio, poteva accendere un falò sulla spiaggia! Che cosa diamine...»

Si interruppe, scuotendo la testa.

Mi rendevo conto, adesso, che la sera prima, quando era scoppiato l'incendio, Luke doveva essere stato sotto shock. Ora lo shock si stava dissipando, e subentrava la rabbia.

«Luke, ha perso la ragione» dissi. «Non so spiegare il perché. Non conoscevo Jane prima di venire qui, e siamo arrivate tutte solo da una settimana. Però penso che qualcosa non andasse, in lei, anche prima. Qualcosa nel suo matrimonio, forse.»

«Dov'è adesso?»

«Lei e Dana stanno perlustrando la costa per cercarti. Anche Grace e Kim, ma sono andate nella direzione opposta.»

Un sorriso teso comparve negli occhi di Luke.

«Avevi bisogno di stare sola. Per questo ti ho trovata seduta qui, vero? Sei partita per uno dei tuoi viaggi

«Viaggi?»

«Nel passato. Nel futuro. Da qualunque parte tu vada.»

«Immagino che sia così. In questo caso, nel passato.»

«Sembri davvero cambiata, Sarah. Che cosa ti è successo?»

«Dall'ultima volta che ci siamo visti, intendi?»

«Be', da quando hai cominciato ad avere l'aria guardinga che hai adesso.»

«Non lo so, Luke. Forse sono semplicemente cresciuta.»

«Credo che ci sia qualcosa di più. Sembri dura.»

Mi strinsi nelle spalle.

«Preferisco definirmi cauta

«Non farlo. Non giocare con le parole. Non con me. Sarah, che ti è successo?»

«Non lo so. Mio padre, forse.»

Meglio questo che raccontargli tutta la stupida storia di Ian.

«Tuo padre?» ripeté Luke. «Mio padre mi ha detto che James è morto d'infarto, ma niente di più. Che cosa ha fatto?»

«Mi si è messo contro quando sono stata arrestata. Ha tagliato i ponti.»

«Davvero? È difficile crederlo.»

«Tu non c'eri.»

«No, ma è ugualmente difficile crederlo. Sei sempre stata la pupilla dei suoi occhi.»

«Già. Be', prima di morire mi ha detto che sono stata un'enorme delusione.»

«Ha proprio detto così?»

«Sul letto di morte, nientemeno. Il buffo è che non ho mai capito bene se fosse deluso perché avevo infranto la legge, stando a quello che asseriva la polizia, o perché ero stata scoperta.»

Luke sorrise.

«Conoscendo tuo padre, propendo per la seconda ipotesi. In ogni caso, Sarah, sono certo che non pensava quello che ha detto. Ti amava moltissimo.»

«Forse non avrebbe dovuto» ribattei. «Amare troppo una persona può condurre alla morte prematura.»

«Sarah, non sei stata tu a causare l'infarto di tuo padre» affermò Luke. «Non è così che succede.»

«Certo che succede. Da dove credi che venga l'espressione un cuore spezzato? Mio padre è morto due settimane dopo il mio arresto. Due settimane esatte.»

Luke esitò per un lungo istante, come se si chiedesse come rispondere. Finalmente disse: «Se James Lansing aveva il cuore spezzato, Sarah, non era a causa tua».

Lo guardai, perplessa.

«Che intendi dire?»

Ancora una volta, lui parve esitare.

«Davvero non lo sai?»

«No, non lo so. Di che stai parlando?»

«Sarah, il cuore di tuo padre è stato spezzato anni fa... quando tu e io eravamo ragazzi. Senti, mi dispiace, ma credevo che lo sapessi.»

Sentii improvvisamente freddo e piegai le ginocchia, stringendole con le braccia per scaldarmi.

«Che sapessi che cosa? Per l'amor del cielo, Luke, sputa il rospo.»

«Tua madre, Sarah. È stata innamorata di un altro. Per anni.»

Quasi scoppiai a ridere.

«È ridicolo! Dove hai sentito una cosa simile?»

«Da mia madre... molto tempo fa. E non è ridicolo, Sarah. È la verità.»

Mi inumidii le labbra improvvisamente aride e mi disposi a difendere i miei genitori, anche se qualcosa mi diceva che Luke non stava mentendo.

«Be', non so perché tua madre abbia detto una cosa del genere» cominciai, incerta. «Mia madre e mio padre erano... be', forse non erano sempre la più felice delle coppie. Ma certo non c'è mai stato nessun altro.»

Luke scosse la testa.

«Non riesco a credere che tu non te ne sia mai accorta.»

«Accorta di che cosa? Maledizione, Luke!»

«Tua madre, Sarah. Tua madre... e mio padre.»

«Mia ma...»

Era l'ultima cosa che mi sarei mai aspettata, e lo stupore mi lasciava senza fiato.

Ma alle parole di Luke un ricordo mi balenò alla mente. Mia madre che faceva il bagno nuda in una piccola baia qui vicino, e che era stata sorpresa da Charles Ford. Luke e io eravamo sopraggiunti proprio in quel momento. Almeno, era quello che avevo pensato... che lui fosse capitato là per caso. Ricordai che lei era arrossita e aveva afferrato un asciugamano... ma non prima che notassimo che la sua pelle era rosea e le labbra erano gonfie come se... come se fossero state le conseguenze di quelle attività che anche Luke e io avevamo scoperto da poco.

Non ci avevo mai pensato prima. Mia madre... e il padre di Luke?

Ma certo. Che stupida. Certo che era vero. C'erano stati dei segni... il modo in cui si guardavano, il modo in cui ballavano insieme. Ma io mi ero rifiutata di vederli o, come tutti gli adolescenti, semplicemente non pensavo che i miei genitori avessero una vita amorosa.

Mia madre aveva forse trovato il suo mitico vero amore, come aveva detto quel giorno in cui aveva descritto Thornberry come un luogo romantico, un luogo in cui potevamo trovare il vero amore? O la sua era stata solo una storia estiva, proprio come si era rivelata la mia con Luke?

Stordita, scossi la testa.

«Che c'è?» chiese Luke.

«Mi stavo solo chiedendo se sono nata stupida, o se lo sono diventata.»

«Non sei stupida, Sarah. È solo che ti piace credere nelle persone. Rimani sbalordita quando scopri che non puoi, e ancora di più quando le persone non credono in te

Gli scoccai uno sguardo penetrante.

«Come mai sai tante cose di me, quando non ci vediamo da anni?»

«Nonostante quello che ho detto di te poco fa, le persone non cambiano molto. Forse diventano un po' più di quello che erano un tempo. O un po' meno. Fondamentalmente, però, restano uguali. Per questo ho saputo fin dal primo momento che non eri colpevole per quella faccenda di droga.»

«Davvero?»

«Ma certo. Però capisco perché non ti hanno creduta. Ho un amico nella polizia di New York, e abbiamo parlato di questa recente ondata di accuse contro i poliziotti. C'è una quantità di gente che cerca di infangarli, oggigiorno, specialmente dopo lo scandalo nella Rampart Division di Los Angeles. Parecchie delle persone arrestate sotto false accuse sono uscite di prigione, quando è risultato che erano innocenti. Ed è stato giusto. Ma il clamore suscitato dai media ha fatto sì che un'intera orda di criminali si levasse ad affermare che anche loro erano stati condannati con false prove. E una quantità di buoni poliziotti in altre città sono stati accusati, mentre non avevano fatto altro che il loro lavoro.»

«Quelli che hanno incastrato me non sono buoni poliziotti» ribattei, dura.

«No, e non sto dicendo questo... Solo che a volte bisogna concedere il beneficio del dubbio.»

Risi, sprezzante.

«Sembra che anche tu sia cambiato.»

«In che modo?»

«Non ricordo che fossi tanto conformista.»

«Sono solo cresciuto abbastanza per guardare le cose da tutti i punti di vista, Sarah. Nella tua qualità di avvocato, tu fai lo stesso. Devi farlo, per arrivare alla verità in un caso.»

«Io no» tenni a precisare. «Il mio lavoro consiste nel tirare fuori il mio cliente. La verità raramente ha importanza.»

«Be', allora forse questa accusa contro di te non è che il tuo karma che torna indietro a morderti.»

«Il mio karma? Buon Dio, ora parli come Dana.»

«Penso solo che sia vero che quello che è fatto è reso.»

«E se tu fossi avvocato, che faresti? Non cercheresti forse di far assolvere i tuoi clienti colpevoli?»

«No. Semplicemente non avrei mai fatto l'avvocato.»

Io lo guardai male per un momento, poi risi, spezzando la tensione. Rise anche lui.

«Sembra di essere tornati ai vecchi tempi, tu e io a discutere così» commentò.

«Tranne che allora tu saresti stato dalla mia parte.»

«Sono ancora dalla tua parte, Sarah. Mi piacerebbe aiutarti.»

«Magnifico. Hai una bacchetta magica?»

«No, ma potrei aiutarti ugualmente, se sapessi che cosa hai in mano. Qual è la tua difesa. Sarah? Hai qualche prova? Qualcosa che possa dimostrare che quei poliziotti hanno fatto a quella donna ciò che affermi, e poi hanno fabbricato le prove contro di te? Hai qualcosa del genere?»

Esitai, improvvisamente all'erta.

«Ora che ci penso, come mai sei così informato sul mio caso?»

«Be', da mio padre, immagino. Almeno in parte. Il caso è stato molto pubblicizzato, era su tutti i giornali.»

Questo era vero. Ma stavo ricordando che il padre di Luke, essendo un giudice, aveva una quantità di contatti con il Dipartimento di polizia di Seattle... contatti amichevoli che risalivano molto lontano nel tempo. Anche se Luke non cercava di intrappolarmi, era stato forse suo padre, per oscure ragioni, a mandarlo là a cercare di estorcermi delle informazioni? Luke proveniva forse da Seattle, non da Orcas, quando era stato gettato sul pontile di Ransford?

Lui parve leggermi nella mente.

«Dimmi che non sospetti mio padre di essere corrotto.»

«Non corrotto, esattamente. Mi stavo solo chiedendo con chi potrebbe parlare. Il mondo giudiziario è piccolo.»

«Sarah, senti, lascia perdere mio padre. Puoi fidarti di me o no. Se ti fidi, potrei essere in grado di darti una mano. Dimmi solo se hai qualche tipo di prova per sostenere quell'accusa di stupro.»

Riflettei un momento e mi resi conto che, in realtà, non ero certa di potermi fidare pienamente di Luke. Mi resi conto anche che la mia mancanza di fiducia non era basata su qualcosa che sapessi di lui, ma piuttosto su ciò che mi era stato fatto da altre persone.

Alla fine, ammisi: «Ho qualcosa».

«Davvero? È magnifico. Che cos'è?»

«Io... non sono pronta a dirlo.»

Luke corrugò le sopracciglia.

«Neppure a me?»

«No, mi dispiace, ma neppure a te.»

Lui sbuffò, esasperato.

«Hai consegnato questa prova alla polizia?»

«Stai scherzando. Di chi diavolo potrei fidarmi? Una volta, le prove venivano conservate in un deposito ed erano al sicuro. Adesso vengono rubate o inquinate.»

«Sarah, per l'amor del cielo, ti lasci prendere dalla paranoia. Per ogni cattivo poliziotto nel Dipartimento di polizia di Seattle, sono sicuro che ce ne sono cento buoni.»

«Forse. Ma non portano segni distintivi, perciò come posso distinguerli?»

«Fidati di me, allora. Dimmi dov'è questa prova, e io la terrò al sicuro per te.»

«Io... no. Non posso» mormorai.

«Non sei disposta a fidarti di me?»

«No.» Di fronte al suo sguardo addolorato aggiunsi: «Non di te in particolare. È che non posso fidarmi di nessuno. Non più».

«È questo, allora» sospirò Luke.

«Che cosa?»

«Quella durezza che ho visto in te. Hai costruito dei bastioni molto solidi, Sarah.»

«Be', se l'ho fatto è stato per una buona ragione. E non la considero durezza... solo un uso intelligente del mio cervello.»

«Quanto è intelligente sottrarre una prova?» ribatté Luke. «Potresti finire in prigione, per questo.»

«Me la caverò, in qualche modo. O no. Al momento, la sola cosa che importa è proteggermi.»

«Sarai presto processata, vero? Hai un avvocato? Se hai delle prove che possono incriminare qualcun altro, il tuo avvocato può tirarti fuori.»

«Forse. O potremmo essere morti tutti e due.»

«Morti? Sei stata minacciata?»

«Non direttamente. Ma non ci vuole molto a immaginare che se hanno ucciso per chiudere la bocca alla vittima, non intendono fermarsi al mio arresto, no? Infangare il mio nome? Diavolo, no. Il passo successivo sarebbe stato affogarmi nello stretto e farlo passare per suicidio. La gente ci avrebbe creduto, dopotutto. Avrebbe pensato che non avevo retto allo scandalo.»

«Non ha senso, Sarah. Tu non sei affatto morta. Se avessero voluto ucciderti, perché non l'avrebbero già fatto?»

Mi limitai a guardarlo.

«Sarah?»

«La ragione per cui non mi hanno uccisa è che ho detto loro di che prova sono in possesso. Ed è sufficiente a metterli fuori causa per sempre.»

Luke spalancò gli occhi.

«L'hai detto a loro? Ai Cinque di Seattle? E non ti hanno uccisa per impedirti di usarla?»

«Luke, non essere ingenuo! Ho detto loro che era in un posto sicuro dove non l'avrebbero mai trovata, e che se mi fosse successo qualcosa sarebbe stata affidata a qualcuno capace di metterli dietro le sbarre.»

«Chi?» chiese lui a bassa voce, chinandosi in avanti. «Chi ha la prova, Sarah?»

Risi brevemente.

«Mi prendi per un'idiota? Lo dico a te, tu te lo lasci sfuggire con tuo padre, lui ne parla con la persona sbagliata... deliberatamente o no... e per me è finita.»

Ero sempre più arrabbiata, e pensai per un momento che Luke avrebbe continuato a insistere e che avremmo finito per litigare sul serio. Ma lui fece marcia indietro. Sorridendo, disse: «Senti, questo non è qualcosa su cui dovremmo litigare. Non dopo essere stati amici per tanti anni. Che ne dici di dichiarare una tregua? Okay? Solo, promettimi che verrai da me, se avrai bisogno d'aiuto».

Sentii una piccola scossa far sobbalzare il terreno. Mi rammentò di quanto ero andata vicino a non rivedere mai più Luke... né nessun altro.

«Tregua» mormorai, rilassandomi. «E sì, ci penserò, Luke. Non intendo darti l'impressione che non mi fido di te. Ho solo imparato a essere cauta, ultimamente. Puoi capirlo?»

«Credo di sì. Anche se, con me...» Si interruppe, vedendomi irrigidire. «Non fa niente. Dio sa che abbiamo già abbastanza problemi, qui. Non riesco neppure a immaginare che cosa troveremo quando ce ne andremo da quest'isola e torneremo a Seattle.»

Restammo ancora un po' a riposare, mentre io, per parte mia, mi chiedevo che cosa pensasse e provasse mia madre, sapendo del terremoto. Era preoccupata per me? Le avevo detto che sarei andata a Esme Island, e che la casa sarebbe stata libera per un mese. Visto che l'aveva affidata a me perché ci vivessi, avevo pensato bene di avvertirla che sarei stata via per tutto quel tempo.

Anche Luke era silenzioso. Si stava chiedendo come stesse suo padre? In qualche modo, avevo dato per scontato che si fossero sentiti, dopo il terremoto, perché non sembrava preoccupato.

«E il giudice?» chiesi. «Gli hai parlato? Sta bene?»

«Credo di sì. È riuscito a raggiungermi tramite un amico radioamatore, poche ore dopo il terremoto. Non abbiamo potuto parlare molto. Tutte le radio disponibili erano necessarie per i soccorsi. Ma ha detto che stava bene. Seattle, però, era in condizioni disastrose.»

«L'abbiamo sentito. È bello che tu sappia che tuo padre sta bene, comunque.»

«Sì.»

«C'è... ecco, qualcun altro per cui ti preoccupi?»

Lui sorrise.

«Intendi dire una moglie?»

«O qualcosa di affine.»

«Non al momento. Ero sposato, ma è stato tanto tempo fa.»

«Che cos'è successo?»

«Semplicemente non eravamo compatibili, immagino. Ero ancora un ragazzo, appena uscito dall'università. Ci sposammo a Londra. Lei aveva la sua professione là. Io volevo tornare negli Stati Uniti, e lei no. Dopo un po' ci separammo... il più amichevolmente possibile.»

«E siete ancora in contatto?»

«No, da anni.»

«Che cosa fai adesso? Dove vivi?»

Luke sorrise.

«Non lo crederesti mai.»

«Certo che lo crederei. Vediamo... hai accennato a un amico a New York. Abiti là? Sei un attore di Broadway? O della televisione?»

Lui rise.

«Mi hai mai visto in televisione?»

«No, ma con tutte quelle piccole commedie che mettevi su da ragazzo... che altro potresti fare?»

«Per la verità, sono una specie di investigatore.»

«Un investigatore

Luke rise di nuovo.

«Be', in un certo senso. Lavoro per una società di consulenza chiamata KMK. Mi mandano in giro per il mondo a consigliare altre società. Negli ultimi mesi sono stato alle Bahamas. Il mio compito era trovare il posto più sicuro per costruire gli attracchi per i nuovi traghetti che collegano le isole, e poi spiegare ai miei clienti come potevano costruirli a un costo ragionevole, ma senza influire negativamente sull'ambiente. Fra tre mesi sarò a Ottawa. O a Parigi. Non lo so mai, in realtà.»

«Be', questo quadra» commentai.

«In che senso?»

«Il fatto che viaggi molto. Dopo quell'anno in cui siamo stati qui... insieme, ho sentito che vagabondavi per l'Europa. Che studiavi là. Gli uomini del Sagittario non possono stare fermi. Amano viaggiare.»

«Oh?» Luke sorrise. «Dunque hai parlato di me con Dana?»

«No.» Abbassai gli occhi. «Solo dei segni in generale. Ma mi ha fatto pensare a te.»

«Be', Dana ti ha detto anche che gli uomini del Sagittario sono molto leali?»

«No, per la verità mi ha raccontato che corrono dietro a una donna diversa ogni due settimane. Hanno bisogno di facce nuove, ha detto. Proprio come hanno bisogno di un nuovo ambiente. E non sono molto affidabili come amanti. Possono perfino sparire per anni, e poi ricomparire come se niente fosse.»

«Oh.»

«Già. Più o meno è quello che Dana ha detto.»

«Be', forse io non sono proprio nella cuspide, o qualcosa del genere.»

«Ah.»

«Sarah... mi dispiace davvero che abbiamo perso i contatti per tanto tempo. È meraviglioso rivederti.»

«Strano, non ti sei comportato come se lo pensassi davvero.»

«Be', non sapevo che cosa ti saresti aspettata. Ho pensato di mantenere le distanze, per un po'.»

«Ma non da Grace, giusto?»

«Grace?» Luke parve perplesso. «Che c'entra Grace? Non vado affatto d'accordo con lei.»

«Oh, per favore! Da quando questo ha impedito che si verifichi un qualche tipo di tensione sessuale?»

«Sessuale?» Luke rise. «Be', devo ammettere che trovo Grace piuttosto... diversa.»

«Diversa?»

«Sarah... chi è ingenuo, adesso? Non pensi che a Grace piacciano le donne, più che gli uomini?»

Risi.

«Credi che sia lesbica? E perché? Perché non si lascia mettere i piedi addosso da nessuno? O forse perché è tosta e sa badare a se stessa?»

«No, non per questo. Dovresti conoscermi meglio, Sarah. Pensavo solo... be', non sembra attratta dagli uomini.»

«Intendi dire da te, vero? Grace non ti ha dato corda, perciò, naturalmente, hai concluso che è lesbica, perché quale donna non si sentirebbe attratta da te?» Mi passai una mano fra i capelli, ridendo. «Oh, Dio, è passato tanto tempo da quando ho frequentato un uomo che devo proprio avere dimenticato come funziona l'ego maschile.»

Lui ebbe lo spirito di ridere.

«Lo ammetto, ho sempre pensato di possedere abbastanza fascino da far scendere gli uccelli... e le donne... dagli alberi.»

«Oh sì, Luke, sicuro.» Mi feci seria. «Perlomeno, fino a quando perdi interesse e cominci a correre dietro alla prossima faccia nuova, come dice Dana.»

Lui corrugò le sopracciglia.

«Stai distorcendo deliberatamente i fatti. A diciott'anni, è stato naturale per noi andare ognuno per la propria strada. Perché parli come se ti avessi piantata in asso?»

Mi alzai e mi spazzolai foglie e sterpi dai jeans.

«Oh, non lo so. Forse per poter essere sicura di vederti nella giusta luce, adesso, e non attraverso qualche nebbia romantica di ventidue anni fa.»

Anche lui si alzò, allargando le braccia.

«Eccomi qui, Sarah. Sono io. Proprio io, qualunque luce tu scelga. Vedrai sempre la stessa cosa.»

«Vedremo» affermai, rifugiandomi di nuovo dietro il mio muro protettivo.

Il canto sommesso di un uccello, in lontananza, divenne tutt'a un tratto un forte grido. Riparandomi gli occhi con la mano, scrutai il cielo.

«Gli uccelli sentono qualcosa. Che cosa credi che sia?»

«O hanno scorto un intruso di un'altra specie, o si avvertono l'un l'altro della presenza di un animale da preda.»

Mentre guardavamo, degli avvoltoi cominciarono a volare in cerchio. Provai un brivido gelido.

«Probabilmente hai ragione. Forse hanno trovato la carcassa di qualche animale.»

Subito dopo sentii chiamare il mio nome. Lo gridavano Kim e Dana, e le loro voci denotavano il panico.

Luke e io ci voltammo nella direzione da cui sembravano provenire e ci mettemmo a correre attraverso il sottobosco. Sentivo le grida farsi più vicine, e mentre passavo accanto a dei vecchi ceppi, ricordai che un tempo mi erano stati familiari e mi resi conto che stavamo correndo verso Adams Ravine, una profonda gola creata nell'isola da un antico terremoto. Da bambini, Luke e io fingevamo che ci fosse un ponte che attraversava il precipizio, e lo chiamavamo il ponte di San Luis Rey. Immaginavamo di attraversarlo in punta di piedi e di guardare il fondo della gola dall'alto di oltre sessanta metri, mentre il ponte di funi oscillava e minacciava di rovesciarci nell'abisso.

Quel giorno, però, la situazione non aveva niente in comune con le nostre immaginarie avventure. Dana, Kim e Grace erano in piedi sull'orlo della scarpata, e guardavano in basso. L'espressione di Dana era colma di orrore.

Corsi da loro e guardai il punto che Dana indicava con mano tremante. A metà del precipizio, su una sporgenza larga poco più di un metro, giaceva un corpo. I jeans tagliati al ginocchio e la camicetta rosa erano anche troppo familiari.

«Jane...» ansimai. «Oh, no.»

Era caduta su un tronco d'albero spezzato, lungo e sottile, alto forse un metro e mezzo, che le aveva trapassato il corpo da parte a parte. Attorno a lei c'era una pozza di sangue. Gli avvoltoi volavano in cerchio, impazienti che gli essere umani lasciassero libero il campo. Quelle che Luke e io avevamo sentito erano le loro strida affamate.

Sembrava evidente, anche a quella distanza, che Jane fosse morta.

«Vado giù» annunciò Luke. «Se fosse ancora viva...»

Lasciò in sospeso la frase, ma sapevamo tutte che anche se Jane fosse stata ancora viva, ci sarebbe stato ben poco da fare. Con una simile perdita di sangue, avrebbe avuto bisogno di una trasfusione. Di un intervento chirurgico. Tutti soccorsi impossibili.

Luke cominciò a calarsi, aggrappandosi ai cespugli e alle radici sporgenti. Qua e là scavava un buco con la punta dello stivale, ma il terreno era ancora bagnato per la pioggia, e sdrucciolevole. Questo fatto, assieme alle continue piccole scosse, rendeva lenta la discesa. Di tanto in tanto, Luke era costretto a fermarsi e a rimanere aggrappato. Una volta, fui certa che la scossa gli avrebbe fatto perdere la presa, facendolo cadere nel precipizio.

Sia io sia Grace ci eravamo offerte di scendere da Jane, ma Luke aveva insistito che era più sicuro che andasse lui solo. Ora, vedevo che aveva avuto ragione. La parete dello strapiombo era per la maggior parte priva di alberi e cespugli. C'era un solo percorso naturale fatto di radici sporgenti che conduceva, più o meno direttamente, al punto in cui giaceva il corpo di Jane. Se Grace e io avessimo seguito Luke e fossimo cadute, lo avremmo trascinato con noi. E viceversa, se fosse stato Luke a seguirci.

Mi rivolsi a Dana, che piangeva aggrappata al mio braccio.

«Che cos'è successo?» chiesi, prendendola per le spalle. Tremava così forte che accentuai automaticamente la stretta, come per impedirle di crollare in pezzi. «Dana! Dimmi che cos'è successo!»

Le lacrime le colmarono gli occhi.

«Io... l'ho persa. Mi dispiace tanto. Non so come sia arrivata qui.»

«L'hai persa?»

«Voglio dire, non so che cosa sia successo! È entrata in uno di quei capanni, quello che dovrebbe appartenere a Gabe Rossi. Ha detto che pensava che dovessimo controllarlo di nuovo. Dio, non so perché l'ha fatto. Perché ha dovuto farlo?» Gli occhi di Dana si fissarono nei miei, umidi e disperati. «Dopo che è entrata in quel capanno, all'improvviso ho avuto la terribile sensazione che avesse intenzione di incendiarlo, come aveva fatto con la casa di Luke. Ma non ci ho pensato subito. Ho creduto che fosse semplicemente curiosa.»

Scossi la testa, incredula.

«L'hai lasciata entrare in quel capanno da sola, dopo quello che era successo a Ransford? Dana, eravamo d'accordo che non l'avresti persa di vista!»

«Te l'ho detto, mi dispiace! Non sai...» Si interruppe e respirò a fondo, per poi riprendere a parlare con maggiore calma. «Sarah, sono rimasta vicino alla spiaggia perché ero caduta e mi ero distorta una caviglia e il sentiero per arrivare al capanno era così ripido che ho pensato di non farcela. Ma quando Jane non è tornata, alla fine sono salita a cercarla.» Dana scosse la testa, con aria smarrita e incredula. «Non era da nessuna parte. Era come se fosse svanita nell'aria.»

Guardai la caviglia di Dana, e nello stesso tempo cercai di notare qualcosa sul terreno circostante l'orlo del precipizio. Grace però intervenne a distrarmi dai miei pensieri.

«Dove hai guardato?» chiese a Dana. Poi, rivolta a me, spiegò: «Kim e io abbiamo incontrato Dana alla casa di Luke».

«Alla casa di Luke?»

«Avevo la sensazione che Jane potesse essere tornata là per vedere se il fuoco aveva attirato sull'isola una squadra di soccorso» spiegò Dana, facendo un evidente sforzo per calmarsi. «Era una spiegazione logica... Solo, perché non è scesa dal capanno per andarci con me?» Riprese a piangere. «Sono un'idiota. Continuo a credere di sapere le cose, e la verità è che non so più niente di niente! Altrimenti, forse l'avrei trovata in tempo per salvarla.»

Kim, che era rimasta a guardare nella gola, si rivolse a me.

«Non so perché si sia allontanata da Dana, ma evidentemente Jane non era alla casa di Luke. Abbiamo cominciato a cercare nei boschi, e abbiamo trovato un sentiero appena visibile che portava qui.» I suoi occhi si colmarono di lacrime. «Grace ha scorto Jane per prima. Voleva scendere, ma l'abbiamo convinta a non farlo.»

«Non pensavamo che ci fosse qualcosa da fare per Jane» disse Dana. «E temevamo che Grace cadesse a sua volta. Abbiamo cominciato a chiamarti per farti sapere che cos'era successo, in modo che venissi qui anziché andare alla casa.» Mi guardò, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. «Per la verità, pensavo che stessi attraversando i boschi da sola e... ed ero preoccupata che potesse essere successo qualcosa anche a te.»

Mi parve che Dana cercasse di dirmi qualcosa. Riteneva forse che la morte di Jane non fosse stata accidentale? E perché a me era passata per la mente quella stessa idea?

Aprii la bocca per chiederle che cosa intendesse dire, ma Luke aveva raggiunto il corpo di Jane e stava cercando una traccia di vita, tastandole prima il polso, poi il collo. Lo vidi chinarsi e avvicinarle l'orecchio alla bocca. Finalmente alzò gli occhi a guardarci, scuotendo la testa.

Sentii le lacrime pungermi gli occhi. Per la prima volta, quasi sperai che i bambini di Jane non fossero sopravvissuti al terremoto. Almeno, ora sarebbero stati insieme. Jane poteva smettere di preoccuparsi, finalmente.