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Eve lottò per uscire dalla nebbia pesante che la avvolgeva come una coperta. Era strano. Si sentiva come... Non riusciva a descriverlo. Aveva la testa leggera. Sentiva le vene svuotate da quel fango che di solito le attraversava. Sentiva di fluttuare nell’aria, inconsapevole.
Dove si trovava?
Cercò di ricordare, di mettere insieme i pezzi per cercare un senso.
Le arrivavano fotogrammi confusi alla mente, come su uno schermo. Walt, le sue minacce e poi più niente.
Ricordava di aver guardato fuori da una piccola finestra. C’era un giardino che aveva urgente bisogno di una sistemata. Il sole le bruciava gli occhi, obbligandola a chiuderli. Voleva solo fuggire dalla realtà.
E adesso?
Aprì gli occhi con estrema difficoltà e, quando ci riuscì, vide solo bianco. Ci mise un po’ a realizzare che era distesa sulla schiena, a guardare il soffitto. Poi udì delle voci lontane.
Erano loro? Volevano riportarla nella nebbia? Cercò di protestare, perché non ci sarebbe rimasta un minuto di più. All’inizio era stato confortante, ma per quale motivo? Non riusciva a ricordare perché preferisse il nulla.
«Evie? Evie, sei sveglia?»
Cammie! Dio santo, avevano preso anche lei?
E poi, all’improvviso, tutto le tornò alla mente. Fu come un’esplosione. Ricordò tutto. Il tradimento di Donovan, Walt che la mandava fuori strada, il viaggio in aereo e di nuovo Walt, che la portava nella baita. Le sue richieste, le sue minacce, la sua promessa che qualsiasi cosa fosse accaduta, sarebbe riuscito a riavere con sé Travis e Cammie, con o senza il suo aiuto. Aveva lasciato i suoi fratelli con Donovan, consapevole che a prescindere dai suoi sentimenti per lei, li avrebbe protetti. Che si sbagliasse su questo, proprio come si sbagliava su molte altre cose?
Doveva allontanarsi dalla nebbia che tentava di abbracciarla ancora una volta. Doveva proteggere Cammie. Qualsiasi cosa avesse voluto Walt, l’avrebbe fatta, se avesse promesso di lasciare la sorella in pace.
Si lasciò sfuggire un gemito di dolore e si passò la lingua sulle labbra, cercando di parlare, ma le usciva solo uno strano suono dalla bocca.
«Lo farò» riuscì a dire alla fine. «Farò tutto quello che vuoi ma devi promettermi che lascerai stare Cammie. Diventerò tutto quello che vuoi.»
Le parole le si strozzarono in gola, mentre alcune lacrime le solcavano le guance. Era stato tutto inutile. Scappare, le preoccupazioni senza fine, i sacrifici che aveva fatto e che era pronta a fare non contavano nulla. Alla fine aveva vinto Walt.
E poi, con sua profonda sorpresa, apparve Donovan. Quando lo vide le lacrime caddero sempre più copiose. Aveva gli occhi sommersi dal dolore.
Lui le sfiorò il viso, cercando di arginare con le mani quei fiumi in piena. Eve non riusciva a controllarsi. Aveva perso tutto ciò che contava. Ma come? Perché era lì? Dove si trovava?
«Eve cara» disse Donovan con la voce strozzata. «Dio mio, Eve, amore. Tu, Travis e Cammie siete al sicuro. Loro sono qui e non vedono l’ora di vederti, lo sai? Sono stati tanto in pensiero per te. Io sono stato in pensiero.»
Eve annuì contenta, e piano piano si allentò anche il nodo alla gola.
Cammie si arrampicò sul letto e Travis prese il posto di Donovan che si fece da parte, per permettergli di avvicinarsi a Eve. Appena vide i volti dei suoi fratelli ricominciò a piangere.
Cammie la abbracciò da un lato e Travis dall’altro. Le sue braccia erano incastrate ma riuscì a ricambiare l’abbraccio, rassicurata dal loro calore. Erano al sicuro. Donovan aveva detto così. Erano tutti salvi.
«Non piangere, Evie» disse Travis con la voce rotta dal pianto. «Va tutto bene adesso. Sei tornata, starai meglio. Ti prego, non piangere. Stiamo tutti bene, Walt è morto e non può più farci del male. Non po’più farti del male.»
Si aggrappò disperatamente ai suoi fratelli, non voleva lasciarli. Temeva che non fossero reali, forse un effetto delle droghe che era stata costretta a prendere. Che fosse solo una strana manifestazione dei desideri del suo cuore? Aveva le allucinazioni? Poteva essere uno scherzo dovuto alla droga?
«Sei davvero qui» disse commossa. «Sei qui. Dio mio, ero così preoccupata. Pensavo... che ti avesse presa» disse in lacrime.
Cammie le accarezzò la guancia e le asciugò le lacrime che non riusciva a fermare.
«Non piangere, Evie» disse Cammie, facendo eco a Travis. «Saremo una famiglia adesso. Una vera famiglia. L’ha detto Van. Ha detto che posso chiamarlo papà e a me sta bene. Posso, Evie? Posso chiamarvi mamma e papà?»
«Oh piccola,» mormorò Eve «ti voglio tanto bene ma...»
Chiuse gli occhi, senza riuscire a dare voce ai pensieri. Non poteva distruggere le illusioni di Cammie. Sarebbe stato crudele.
«Cammie, Travis, potete lasciarmi un momento con vostra sorella? Ci sono molte cose che devo spiegarle. Andate in soggiorno con Rachel e Sophie. Tornerete tra poco, ve lo prometto.»
Cammie baciò Eve sulla guancia e poi sorrise dolcemente. «Van aggiusterà tutto, l’ha promesso.»
Poi saltò giù dal letto e Travis la prese per mano per portarla fuori da quella che, Eve si accorse solo allora, era la stanza di Donovan. Erano a casa sua, in Tennessee, a mille miglia da dove si trovava l’ultima volta... Non sapeva quanto tempo fosse trascorso, per la verità.
Donovan si sistemò sul letto e le prese la mano. Tremava, sembrava davvero distrutto. Era completamente diverso dall’uomo calmo e composto che aveva conosciuto Eve. Aveva lo sguardo perso e affranto.
Più la nebbia si diradava, più riusciva a vederlo meglio. Notò che era diventato piuttosto macilento e sembrava che non dormisse da giorni. Non si radeva da tempo e i suoi vestiti erano sgualciti. Sembrava che avesse i postumi di una sbornia.
«Non capisco che succede» disse disperata. «Come sono arrivata qui? E perché? Travis ha detto che Walt è morto. Com’è successo?»
Donovan le accarezzò la guancia, quasi per dimostrare a sé stesso che lei era lì, sveglia e all’apparenza in salute. Per essere un uomo che non se ne fregava niente di lei, sembrava molto sollevato di vederla.
«Ci sono così tante cose che ho bisogno di dirti,» disse lui «ma non voglio sovraccaricarti adesso. Sei stata fuori di casa per tre giorni e sono stati anche i tre giorni più lunghi della mia vita. Se non sei pronta per parlare o se vuoi riposare io aspetterò, ma Eve, non posso lasciare che tu soffra anche solo un minuto di più a causa di un malinteso.»
Eve aggrottò le sopracciglia, cercando di trovare un senso alle sue parole. Provò a tirarsi su per sedersi, ma non ne aveva la forza. Guardò in basso, confusa, quasi aspettandosi di essere ancora legata, ma le sue braccia erano libere. Del resto era riuscita ad abbracciare i suoi fratelli, anche se lo sforzo le era costato molto.
Desiderava tornare nel vuoto. Fluttuare in quel nulla indistinto, dove la realtà non poteva insinuarsi.
Ora che Cammie e Travis erano salvi e Walt non rappresentava più una minaccia, Eve voleva solo stare lontana dalla verità.
Ma un momento, Donovan aveva detto che non doveva soffrire ancora per un malinteso. Cosa significava?
«Che c’è, Eve?» chiese lui, preoccupato.
«Puoi aiutarmi a sedermi?» chiese lei, vergognandosi di non riuscire a compiere quell’azione così semplice.
«Certo, ma stai attenta. Non voglio che ti affatichi.»
Donovan la sollevò leggermente con un braccio e poi le posizionò tanti cuscini dietro la schiena, in modo da farla stare dritta e comoda. Poi la aiutò a sedersi e lei tirò un respiro di sollievo. I cuscini di piume la avvolgevano come una morbida nuvola.
«Non capisco» disse lei sentendosi ancora come se fosse in qualche strana realtà parallela. «Hai detto...» scoppiò di nuovo a piangere.
Donovan si avvicinò a lei e prese la sua mano, chinandosi finché le loro fronti non si toccarono, in un modo molto intimo.
«Non ti ho mai tradita, Eve. Devi saperlo prima di dire qualunque altra cosa. Ti amo. Ti amo con tutto il mio cuore. Non c’è una sola parte di me che non sia follemente innamorata di te. Vivrò sempre con il rimorso di averti fatta soffrire a causa di una conversazione che hai origliato, estrapolando pezzi di alcune frasi, fuori dal loro contesto.»
Eve lo guardò confusa, sperando di capirci qualcosa nonostante tutto.
«Era una trappola,» spiegò lui «solo un piano per incastrare il tuo patrigno. Sono stato così arrogante, anche se avevo programmato tutto. L’avrei messo fuori gioco e noi saremmo vissuti felici per sempre con Travis e Cammie.»
«Ma ti ho sentito quando dicevi che ero mentalmente instabile e un pericolo per i miei fratelli. Offrivi me per avere loro. Walt voleva vendetta e dicevi che l’avrebbe avuta.»
Eve riusciva a malapena a tirare fuori le parole, perché il dolore era fresco, vivido. Si faceva sentire quando la nebbia si diradava ed era costretta a guardare in faccia la realtà.
Chiuse gli occhi, con la fronte ancora premuta contro quella di Donovan. Lo sentiva sospirare. Sentiva l’aria uscirgli dalla bocca insieme alla tristezza e al rimpianto.
Poteva essersi sbagliata? Lo aveva forse giudicato male? Avrebbe dovuto confrontarsi con lui?
Aveva così tante domande per la testa.
«Faceva parte del piano, stavo lavorando sui dettagli» disse Donovan, ancora mortificato. «Era quello che avevo intenzione di dire a Walt. Dovevo fargli credere che non mi importava niente di te e che la mia unica preoccupazione era nei confronti dei bambini. Gli ho detto che secondo me avevi bisogno di un aiuto psichiatrico e saresti stata meglio grazie alle cure. Ho fatto finta di non sapere che fosse un bastardo e ho interpretato il ruolo del vicino preoccupato che gli riconsegnava una figlia bisognosa d’aiuto. Gli ho detto che, quando fossi stato sicuro che non costituivi più una minaccia per loro, avrei mandato Travis e Cammie da lui. Speravo che facesse un passo falso e che si arrabbiasse perché tenevo in ostaggio i suoi bambini per i miei fini. Però lui ti ha trovata prima. Infatti, stranamente, era d’accordo su tutti i punti della mia offerta. Sapevo che c’era qualcosa che non andava. Era troppo sicuro di sé, troppo arrogante, completamente incurante del fatto che gli impedissi di vedere subito i suoi bambini. Non mi sbagliavo, perché lui ti aveva già in pugno e, quando è finito l’incontro, ti ha portata via, dritta all’inferno.»
Donovan rimase in silenzio e lei notò che cercava di ricomporsi. Quelle parole erano uscite con così tanto impeto dalla sua bocca che non dubitava più della sua sincerità.
«Non mi perdonerò mai per questo,» sussurrò lui «per tutto quello che hai passato. Per averti fatto dubitare di me, anche solo per un momento. Avrei dovuto dirti che ti amavo e che volevo stare per sempre con te, non solo che fossimo una famiglia.
«Non mi sorprende che tu abbia creduto al peggio, perché non ti ho dato motivo di aspettarti niente di diverso da me. Eve, tu sei la mia vita. Sei il mio mondo. Amo Travis e Cammie e sì, voglio che siamo una famiglia. Senza di te nessuno di noi si sente completo. Voglio bene a quei bambini, Eve, non dubitarne mai. Ma voglio anche te, con tutto il cuore. Vorrei che fossimo una famiglia.»
«Oh Donovan» sussurrò Eve, talmente sorpresa che non riuscì a dire nient’altro.
Le loro bocche si fusero nel più dolce dei baci. Era così gentile e premuroso. Così innamorato. Come aveva potuto dubitarne? Come poteva non saperlo? Le sue insicurezze l’avevano spinta a fare un passo falso? Era così sicura che la bontà e l’amore non esistessero?
La risposta a tutte queste domande era un sì.
«Mi dispiace tanto» rispose lei, con la voce rotta dal pianto.
Lui sollevò la testa e le prese il viso tra le mani. Il suo sguardo era fiero e intenso.
«Non devi mai scusarti con me, Eve. Mai. Non è giusto. Dovrei essere io a implorare in ginocchio il tuo perdono e se me ne darai l’occasione passerò il resto della mia vita a provarti che nessuno ti amerà mai più di quanto faccia io. Nessuno ti farà più felice di me e non ti farò mai più rimpiangere di esserti fidata.»
Eve non riusciva a formulare una risposta coerente. C’erano tante cose che avrebbe voluto dire, ma sapeva che non sarebbe riuscita a tirarle fuori. Le lacrime cominciarono a rigarle il viso, per finire sulle sue mani.
«Ti prego, dimmi che sono lacrime di gioia o di sollievo» disse Donovan. «Qualsiasi cosa tranne la tristezza, Eve. Hai avuto già fin troppe sofferenze nella tua vita e voglio solo vederti felice da adesso in poi. Voglio essere la persona che ti renderà felice. Farò qualsiasi cosa per farti tornare a sorridere.»
Eve gli sorrise, ancora scossa, ma mise tutta la gioia che aveva in fondo all’anima sulle sue labbra, per rassicurarlo.
Le accarezzò il viso con entrambe le mani, per asciugarle tutte le lacrime mentre la sua espressione si faceva più seria.
«Mi amerai mai, Eve? Ho una possibilità di farmi amare da te, nello stesso modo in cui io ti amo?»
«Oh Donovan,» rispose lei «io ti amo, molto. Ti ho amato dall’inizio. Lo pensavo la notte che abbiamo fatto l’amore per la prima volta, ma avevo paura. Mi preoccupavo che fosse troppo presto e che io fossi troppo presa dal momento. Avevo paura di dirtelo, perché non ero sicura dei tuoi sentimenti. Poi quando ho sentito...»
«Sssh» disse con una gioia calda e luminosa nello sguardo «abbiamo già parlato di quello che hai sentito e vorrei che lo scordassi. So che non lo dimenticherai facilmente e che ti farà sempre male quando ci penserai, ma quando accadrà mi piacerebbe che pensassi che ti amo e che abbiamo una lunga vita insieme davanti, piena d’amore, di risate e di felicità. Voglio che Travis e Cammie facciano parte di questo progetto, insieme a ogni altro bambino che metteremo al mondo. Ma, per ora, sono contento della famiglia che abbiamo. Possiamo aspettare per avere altri bambini fino a quando loro saranno sicuri di essere amati.»
«Puoi stringermi?» chiese Eve. «Sono così stanca, ma ho così tanta paura di andare a dormire perché non voglio perdervi.»
Donovan si mise su un fianco, rannicchiandosi vicino a lei. Tirò le coperte per coprire entrambi e la strinse dolcemente tra le braccia. Le diede un bacio sulla fronte e sussurrò qualcosa che sembrò una preghiera. Ringraziava Dio per avergli ridato indietro la sua famiglia.
«Dormi, mia dolce Eve» disse, pieno d’amore. «Sarò qui quando ti sveglierai e anche tutte le altre volte che succederà. Non sarai mai più sola.»