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Rusty tirò un gran sospiro di sollievo quando sentì un rumore provenire dal retro del negozio. La polizia aveva risposto al suo segnale d’allarme, ma non sapendo cosa fosse successo non si era presentata davanti l’entrata principale.
«Sono qui!» gridò lei. «Sono Rusty Kelly. Il negozio è di mio padre, Frank Kelly. Sono legata dietro al registratore di cassa. Sono sola, adesso.»
Sapeva che non le avrebbero creduto subito, perché mettevano in conto che potesse avere una pistola puntata alla testa. Ma forse, far sapere loro dov’era, avrebbe almeno accelerato le cose.
Si sforzò di mettersi dritta in modo da riuscire a farsi vedere e dimostrare che non c’era nessun altro, quando avrebbero fatto il loro ingresso nella sala. Si sarebbe potuta appoggiare al bancone, se solo fosse stata in grado di raggiungerlo!
Dovette dimenarsi un po’, strisciando sulle ginocchia per raggiungere il suo obiettivo, ma alla fine riuscì a sollevarsi, quasi cadendo prima di trovare l’equilibrio. Si appoggiò lateralmente al bancone, in modo da non cadere e sussultò quando le costole si scontrarono con la superficie dura.
Trattenne il fiato per mantenersi in equilibrio e li chiamò di nuovo.
«Sono qui, da sola. Sono dietro il registro di cassa.»
Dopo qualche istante, apparve Sean alle sue spalle. Si appiattì contro il muro, con la pistola sollevata. Lanciò una rapida occhiata in direzione di Rusty e vide un barlume di sollievo nei suoi occhi prima di controllare rapidamente la zona, con la pistola sempre stretta nella mano, pronta a sparare.
Visibilmente contento che non ci fosse alcun pericolo, si precipitò dietro al bancone, e crebbe la rabbia dentro di lui quando vide che aveva mani e piedi legati.
«Che diavolo?» grugnì. «Che diavolo è successo, Rusty? Qualche figlio di puttana ti ha fatto del male?»
«Sto bene» disse Rusty, calma. «Sean, dobbiamo sbrigarci. Eve è in serio pericolo.»
Sean aggrottò la fronte mentre cominciava a tagliare le corde che le stringevano i polsi. Appena ebbe le mani libere, si inginocchiò e le slegò anche i piedi. Lei recuperava lentamente la sensibilità alle dita.
Quando ebbe finito, la afferrò per le spalle, obbligandola a guardarlo negli occhi.
«Cosa è successo? Voglio sapere tutto, non omettermi niente.»
Fece una pausa e le rivolse uno sguardo duro.
«Sei sicura di stare bene? Cristo, Rusty. Mi spaventi. Pensavo...»
Si interruppe, scuotendo la testa. Come se avesse detto, o stesse per dire fin troppo.
«È una lunga storia e abbiamo tempo solo per un breve riassunto, ma sì, sto bene. Lei non mi ha fatto del male.»
«Lei?» chiese incredulo Sean.
«Eve» mormorò Rusty, mettendosi già sulla difensiva perché sapeva che Sean sarebbe sicuramente esploso.
Sean provò rabbia. «Mi stai dicendo che Eve ti ha legata e abbandonata qui, nel negozio? Come? Perché?»
Poi notò che il registratore di cassa e la cassaforte erano aperti e vuoti.
«No,» continuò lui scuotendo la testa «non è possibile. Ti ha derubata?»
«Puntandomi una pistola alla testa» mormorò Rusty.
Sean sbiancò. Per un attimo Rusty pensò che potesse avere una reazione folle, come perdere i sensi. Gli cedevano le ginocchia e cercò di avvicinarsi a lei. Le accarezzò il viso con la mano, e con le dita le sfiorò uno zigomo.
Poi chiuse gli occhi e, quando li riaprì, aveva uno sguardo vacuo.
«Van non lo accetterà mai» disse piano.
Rusty sospirò. «Ci sono molte cose che non sai. Dio, in realtà anche io non so tutto. Ma dobbiamo contattare subito Donovan. Perderà la testa quando sentirà questa storia. So che oggi doveva vedere il patrigno di Eve e spero con tutto il cuore che abbia già risolto. Altrimenti lei sarà in un mare di guai.»
Gli occhi di Sean diventarono due fessure. «Sembri addirittura preoccupata per una donna che ti ha puntato la pistola addosso mentre ti derubava di tutto l’incasso.»
«È complicato» sospirò Rusty.
«Allora spiegamelo, e dimmi la versione completa.»
Rusty gli fece un breve riassunto degli eventi accaduti in mattinata, a cominciare da quando era andata a casa di Donovan e aveva trovato Eve che le puntava una pistola addosso. Ma quando arrivò alla fine, fece una pausa e afferrò il braccio di Sean.
«Pensa che lui l’abbia tradita, Sean. Non ho la più pallida idea del perché, ma dovevi vederla. Dovevi sentirla. Continuava a scusarsi, porca puttana, per avermi preso la jeep, per aver rubato i soldi a un uomo che non aveva nemmeno mai conosciuto.»
«Wow, aspetta. Fermati un minuto. Eve pensa che Donovan voglia riconsegnarla al suo patrigno?»
Sean sembrava esterrefatto quanto Rusty.
«Ne è convinta» disse Rusty piano. «Dio, Sean. Sono in pena per lei. Era completamente devastata, e così rassegnata. Lo ama e pensa che lui l’abbia tradita.»
«Ma è assurdo» rispose lui.
«Forse per noi. Ma Sean, lei lo crede davvero. Non so perché, ne era assolutamente certa. Si percepiva dalla voce. Era distrutta, anche perché doveva lasciare Travis e Cammie. Diceva che Donovan li avrebbe protetti. Si sentiva usata, come se lui la considerasse solo un mezzo per arrivare a quello che voleva davvero. Dei bambini. Una famiglia, della quale lei non avrebbe fatto parte. Se l’avessi vista o sentita, non saresti incazzato per quello che ha fatto. Sono sicura che non avesse intenzione di spararmi. Ero preoccupata più per il fatto che potesse succedere accidentalmente. Mi sono offerta di aiutarla. Volevo farlo, perché non riuscivo a sopportare tutto il dolore che vedevo nei suoi occhi. E sai cosa mi ha risposto?»
«Cosa?» chiese Sean piano.
Rusty non si era resa conto che lui l’aveva tirata a sé e le stava accarezzando la schiena, per rassicurarla. Aveva il desiderio ridicolo che la stringesse. Ma si scrollò dalla mente quello stupido pensiero e cercò di concentrarsi di nuovo sul problema.
«Ha detto che non poteva, che non mi avrebbe voluta coinvolgere perché era troppo pericoloso e non voleva rischiare che potesse succedermi qualcosa. Quando le ho chiesto perché stesse lasciando qui i suoi fratelli, mi ha chiesto io al suo posto chi avrei scelto tra Donovan e Walt. Era sicura che il suo patrigno avrebbe fatto loro del male, e che invece Donovan se ne sarebbe preso cura, anche se l’aveva tradita. Cazzo, Sean. Se n’è andata perché ha pensato che lui l’avesse venduta. Che avesse barattato Eve per i bambini. Si è sentita d’intralcio, si è convinta di esserlo. Mi si spezza il cuore.»
Questa volta Sean l’abbracciò e la strinse dolcemente. Sentiva il suo respiro sui capelli. Chiuse gli occhi, assaporando il calore e la sicurezza che le trasmetteva il contatto con il suo corpo.
«Donovan sarà distrutto» disse Sean con un tono serio. «Quanto tempo fa è andata via, Rusty? Quanto vantaggio avrà guadagnato?»
«Ho fatto suonare l’allarme appena è andata via. Tu sei arrivato qui in cinque minuti, quindi direi che non sarà andata molto lontano.»
«Okay, allora ecco cosa voglio che tu faccia. Chiama Donovan. Trova un modo per raccontargli la faccenda. Io farò una segnalazione per ritrovare la tua jeep ed Eve e avviserò più gente possibile, così sarà più facile rintracciarla in fretta.»
«Grazie, Sean» rispose.
Lui aggrottò le sopracciglia, perplesso, quando lei si staccò.
«Per cosa? Perché faccio il mio lavoro?»
Rusty scosse la testa. «Per non essere saltato a conclusioni affrettate quando hai saputo ciò che aveva fatto Eve e per esserti messo subito sulle sue tracce invece di emettere un mandato di arresto.»
Sean la guardò con aria di sfida. «Hai una così scarsa considerazione di me, Rusty?»
Lei scosse la testa, con più decisione. «No. Ma sei un poliziotto, Sean. Il tuo dovere dovrebbe essere quello di arrestarla per i crimini che ha commesso. Per il rapimento e la rapina a mano armata. Sono sicura che ci sono almeno una decina di altri capi d’accusa che non sto considerando. Un’altra persona non mi sarebbe stata a sentire e non avrebbe dato credito alle mie parole. L’avrebbero arrestata, una volta localizzata. Tu non lo farai. Almeno non finché non avrai tutti gli elementi.»