40
Travis entrò nella baita di suo padre, chiedendosi per la centesima volta se avesse avuto la giusta intuizione. E se invece non fosse andato lì? Se si trovasse a mille miglia di distanza o fosse stato così arrogante da riportare Eve in California?
Suo padre non sapeva nemmeno che lui conoscesse quel posto e che avesse i codici di accesso del cancello, per mettere fuori uso il sistema di sicurezza. No, suo padre lo credeva un completo idiota. All’inizio ci rimaneva sempre male, poi subentrò l’amarezza e, infine, la rassegnazione. Realizzò che semplicemente non gli importava più. Aveva smesso di desiderare la sua approvazione quando fu abbastanza grande da capire il mostro che era.
Cosa poteva aspettarsi da uno che trattava Eve, la persona più dolce che avesse mai conosciuto, in quel modo. C’era molta più integrità nel mignolo di quella ragazza di quanta se ne potesse trovare nell’intera persona di Walt, e forse avrebbe dovuto pensare lo stesso di Donovan.
Travis si rabbuiò, quel pensiero gli faceva male. Come poteva essersi sbagliato così tanto sul suo conto? Come aveva potuto comportarsi così con Eve? Aveva mentito, aveva detto che voleva che fossero una famiglia e invece non aveva nessuna intenzione di prendersi cura di lei. Non gli importava che tenesse a lui e a Cammie. Come sarebbe potuto essere felice in una famiglia che non includeva l’unica persona che amava più di chiunque altro al mondo? Chi mai avrebbe sacrificato qualsiasi cosa per loro, come lei?
Le accuse che Rusty aveva mosso a Donovan rimbombavano ancora nella sua mente. Non poteva fare a meno di pensarci, perché era stato un vero shock. Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi.
Non avrebbe mai abbandonato Eve. Lei aveva rischiato tutto per lui, tante volte.
Rimase impietrito quando udì il rumore di una porta che si apriva. Strinse la pistola che si era portato dietro e la tenne sul fianco, pronto a fare qualsiasi cosa per difendersi, ma soprattutto per salvare Eve dalle grinfie di suo padre.
Walt entrò nella stanza e notò con sorpresa che Travis era lì in piedi, proprio di fronte a lui. Vide una scintilla nei suoi occhi. Stava pensando a quale scusa inventarsi. Le bugie erano la sua specialità e Travis lo sapeva bene, fin da quando era piccolo. Lo capiva al volo.
«Bene, bene, bene» disse suo padre con un tono mellifluo. «Che sorpresa. Mi verrebbe da chiederti come hai fatto ad arrivare fin qui, ma non importa. Mi hai solo risparmiato la fatica di riportarti a casa con Cammie.»
«Che cos’hai fatto a Evie?» domandò Travis. «Dov’è? Le hai fatto del male? L’hai uccisa come hai fatto con la mamma?»
Suo padre inarcò le sopracciglia. No, quello non era suo padre. Non poteva definirlo come tale. Lui era Walt Breckenridge, un bastardo della peggior specie.
«Non sono stato io a uccidere tua madre. È stata Eve, e ha fatto tutto da sola. Quanto a lei, ora si trova in un posto in cui può ricevere tutte le cure di cui ha certamente bisogno. Vi ha fatto il lavaggio del cervello. Cosa vi ha raccontato? Vi avrà detto che ho abusato di vostra madre, per poi ucciderla?»
Travis serrò la mascella, e gli puntò la pistola addosso. Gli tremavano le mani e, nonostante si sforzasse con tutto sé stesso di nasconderlo, la presa sulla pistola era incerta. Gli faceva rabbia che Walt lo avesse notato e lo guardasse con un’espressione di trionfo. Pensava che non avrebbe avuto le palle di premere il grilletto.
«Sei stato tu a uccidere la mamma. Tu abusavi di lei, come abusavi di Cammie. Brutto malato, bastardo! Poi hai cercato di fare lo stesso con Eve. Non ho bisogno che me lo venga a dire lei. Ho due occhi e due orecchie. Abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto. Pensi che sia uno stupido? Che non vedessi i lividi o non sentissi quelle scuse ridicole? Ora dimmi che cos’hai fatto a Eve. Dimmelo o giuro su dio che ti sparo.»
Le labbra di Walt si curvarono in un sorriso pigro. «Se mi spari non avrai alcuna informazione su di lei, ti conviene? Sembra che siamo in un vicolo cieco. Vuoi sapere da me qualcosa che non ho assolutamente intenzione di dirti. Spara e perderai ogni speranza di scoprirlo.»
«Che diavolo di problemi hai?» gridò Travis. «Sei mio padre e non te ne frega niente di me! Allora perché vuoi che io e Cammie torniamo? Che cosa vuoi da Eve?»
Travis esplose, con la pistola che continuava a tremargli pericolosamente nella mano, rischiando di cadere a terra da un momento all’altro.
«Io so cosa vuoi ottenere da Cammie. Sei malato, come puoi anche solo pensarlo? È una bambina! E cosa vuoi da Eve, che non ha fatto altro che prendersi cura di sua madre e di noi?»
«Voi mi appartenete,» rispose Walt gelido «siete miei. E non rinuncio ad avere il controllo su ciò che mi spetta di diritto.»
«Tutto qui, vero? Sei solo uno psicopatico. Vuoi solo avere il controllo. Non ti importa veramente di noi. Non ti importa di nulla al di fuori di te stesso. Ti credi un dio e pensi di poter manipolare le persone come ti pare e piace.»
Walt fece spallucce. «Pensa quello che vuoi. Non cambierà il fatto che ho io il coltello dalla parte del manico. Ecco quello che succederà: puoi decidere quale sorella salvare. Chiamerai il caro Donovan Kelly e farai in modo che porti qui Cammie. Se lo farai, ti dirò dove si trova Eve, altrimenti potrai dire addio alla tua preziosissima sorellastra. Non la troverai mai. Non saprai nemmeno se è viva o morta. Cammie è la tua vera sorella e, come hai detto tu stesso, è piccola. Decidi tu, Travis. Ma il tempo stringe per il mio ultimatum. Sarà meglio che ti decida in fretta. Sappi che riuscirò a riavere Cammie, in un modo o nell’altro. Puoi solo ammorbidirmi un po’ per avere qualche notizia della tua debole e inutile sorellastra, a cui tieni così tanto.»
«Debole? Inutile?» Travis spalancò la bocca. Non ci vedeva più dalla rabbia. I lineamenti di Walt gli apparivano sfocati e le ginocchia quasi gli cedettero.
«Figlio di puttana. Una persona debole, senza spina dorsale e inutile non sarebbe stata in grado di tenerti testa. Non avrebbe rischiato così tanto per salvare sua madre dalle tue grinfie. Una persona debole avrebbe scelto la strada più facile e ti avrebbe lasciato il controllo sulla sua vita, come eri determinato fare. Sarebbe rimasta in silenzio a subire la tua violenza. Invece ha perso tutto. Tutto. Ha fatto qualsiasi cosa per salvare me e Cammie. L’unico debole e inutile essere senza spina dorsale qui sei tu e mi fa schifo avere il tuo stesso sangue. Posso solo pregare Dio che non erediterò mai un cazzo da te.»
Un guizzo di rabbia balenò negli occhi di Walt, e fu la prima emozione che fece vacillare la sua calma.
«Non parlare in questo modo a tuo padre» sibilò. «Tu mi appartieni, ragazzo. Faccio quello che voglio di te, come ho fatto con la tua patetica madre.»
Travis fissò orripilato quell’uomo che doveva essere suo padre. Era pietrificato da quella confessione. Sì, sapeva che fosse stato Walt a ucciderla, ma sentirglielo ammettere con quella freddezza lo lasciò senza parole.
Fu in quel momento di distrazione che Walt si lanciò in avanti. Travis ebbe appena il tempo di stringere la pistola, quando lui lo attaccò.
Si dimenarono. Walt era sopra di lui, e cercava di storcergli i polsi, stringendo fino a volergli rompere le ossa. Suo padre era forte. Era molto più forte di quello che immaginava e in quel momento realizzò che lo avrebbe ucciso, se fosse riuscito a strappargli la pistola dalle mani.
Rotolarono e Travis diede un pugno a vuoto, cercando di colpirlo sulla schiena. Walt gli afferrò la mano e la ruotò in alto sopra la testa. Nel frattempo gli bloccò l’altro polso, fino a che la mano che reggeva la pistola divenne insensibile.
C’era un senso di trionfo nel suo sguardo mentre lo teneva in pugno, a cavalcioni su di lui, steso sul pavimento.
«Senti che storia triste,» disse Walt «superate con dolore la perdita della madre e la malattia mentale della sorellastra, il ragazzo si è suicidato. Senza dubbio soffriva della stessa malattia mentale di sua madre e sua sorella. Ah, la genetica! Peccato che non abbia scelto una moglie migliore. Ora ci saremo solo io e Cammie e otterrò molta compassione per la tragedia che ha colpito la mia famiglia.»
Sapendo che stava ormai lottando per la vita, Travis assestò un calcio proprio in mezzo alle gambe del padre. Lo vide contorcersi dal dolore, mentre lasciava la presa su di lui quel tanto che bastò per puntargli la pistola alle palle.
Quando Walt se ne accorse, si riprese e allungò la mano per provare ancora una volta a disarmarlo. Ma la mano di Travis era già sul grilletto, e quando il padre strinse di nuovo la presa, partì un colpo.
Walt lo strattonò. Travis sentì l’impatto, ma per un momento non capì se avesse colpito il padre o sé stesso. Era troppo sconvolto e scosso. Non avrebbe dovuto provare dolore?
Sentì la calda sensazione del sangue appiccicoso, addosso. Ne avvertì l’odore. Guardò in basso e lo vide sgorgare sui suoi vestiti e su quelli di Walt. Quando i suoi occhi incontrarono di nuovo quelli del padre, si accorse del suo sguardo fisso, scioccato dal dolore. Vide cos’era la morte.
Travis lo allontanò, ansioso di toglierselo di dosso. Spinse il suo corpo pesante di lato e si alzò in piedi, spaventato dal sangue sui vestiti. Era ovunque, anche per terra, dio santo. Il petto di Walt era completamente zuppo.
Cristo! Che diavolo avrebbe fatto, adesso? Non voleva ucciderlo! Voleva solo minacciarlo per estorcergli informazioni su Eve. Si pulì le mani sulla maglietta, continuando solo a sporcarsi.
Cristo. Cosa poteva fare? Era già nei guai per quello che aveva fatto per arrivare fin lì e ora aveva appena ucciso suo padre!
Che ne sarebbe stato di Eve e Cammie? Loro avevano bisogno di lui, le avrebbe lasciate da sole. Non sapeva nemmeno se Eve fosse viva e anche se così fosse stato, non aveva idea di come trovarla, in quel momento.
La porta di ingresso si spalancò e Travis ebbe un tuffo al cuore. Sicuramente era la polizia. Dovevano aver sentito lo sparo e non aveva scuse. Era ricoperto di sangue. C’erano le sue impronte sulla pistola.
Ma quando Donovan Kelly fece il suo ingresso nel soggiorno, con i suoi fratelli e altre persone che non conosceva, scoppiò a piangere.
Donovan e i suoi fratelli, insieme al team di Nathan e Joe erano partiti rombando alla volta della baita fuori Wasco, la loro ultima spiaggia. Era l’unico posto in cui non avevano ancora cercato Walt e se non fosse stato per Resnick, sarebbero stati ancora sulle sue tracce.
C’era un veicolo parcheggiato fuori. Il battito di Donovan accelerò. Quel bastardo arrogante era arrivato fin lì con la sua auto ed erano trascorsi due maledetti giorni. Due lunghissimi giorni in cui avevano indagato sulla vita di Walt Breckenridge. Aveva coinvolto chiunque dovesse loro un favore, per reperire informazioni. Resnick aveva fatto un ottimo lavoro, seguendo ogni possibile collegamento. Il fatalismo di Donovan non faceva altro che aumentare con il passare delle ore. Era quasi rassegnato all’idea che avrebbe perso Eve e Travis.
Usciti dall’auto, pistola alla mano, udirono uno sparo. Una paura folle si impossessò di lui, facendogli dimenticare qualsiasi precauzione. Si mise a correre, ignorando le urla insistenti dei suoi fratelli che volevano verificare prima che l’area fosse sicura.
Donovan spalancò semplicemente la porta d’ingresso, ma non era preparato a quello che vide. Travis in piedi, pallido, insanguinato e ovviamente sotto shock. Sul pavimento, riverso in una pozza di sangue, c’era Walt Breckenridge.
Travis guardò Donovan, e poi scoppiò a piangere. Reggeva ancora in mano la pistola e tremava come una foglia.
«Cristo santo» disse Sam, quando raggiunse Donovan.
«Travis» disse Donovan, cercando di rassicurarlo. «Va tutto bene, ragazzo. Metti giù la pistola, potresti ferirti.»
Travis guardò in basso, come se si fosse accorto solo in quel momento di avere ancora l’arma in mano. Poi la lasciò cadere e i fratelli di Donovan con i compagni di squadra si sparpagliarono per la stanza, temendo che potesse partire un colpo. Quando videro che non accadde, lentamente si alzarono e Donovan si avvicinò a Travis, con cautela.
«Cosa è successo, figliolo?» gli chiese, piano.
«Io... io gli ho sparato» balbettò lui. «Non volevo, Donovan. Oh mio dio, l’ho ucciso ma non volevo! Avevo solo intenzione di minacciarlo per ottenere informazioni su Eve. Non volevo ucciderlo! Mi è saltato addosso e abbiamo lottato. Eravamo sul pavimento e mi ha detto che avrebbe inscenato un suicidio. Avrebbe detto che avevo la stessa malattia mentale di Eve e che il dolore per la morte di mia madre e la perdita di mia sorella mi aveva spinto a togliermi la vita.»
A Donovan si ghiacciò il sangue nelle vene quando udì la parola ‘perdita’ riferita a Eve. Doveva cercare di non pensarci. La situazione andava risolta in fretta.
«Ascoltami» disse Donovan deciso.
Travis sussultò sentendo quel tono, ma serviva solo a ottenere la sua attenzione.
«Tu non hai ucciso tuo padre, mi hai capito? Non è andata così. Tuo padre stava cercando di ucciderti, noi siamo entrati, e qualcuno gli ha sparato. Capisci quello che voglio dire?»
Travis sbatté le palpebre e scosse la testa. «No. Non posso lasciarti fare questo. Sono stato io a ucciderlo, Donovan. È una mia responsabilità.»
«Non capisci» disse Garrett, avvicinandosi a Donovan. «Ti devi riprendere, lo so che sei scosso e scioccato, ma è una cosa importante questa, okay?»
Travis annuì lentamente.
«Diremo che è andata esattamente così» concluse Donovan con calma, cercando di tranquillizzare Travis. «Non hai sparato e non hai niente a che fare con quella pistola. Non hai mai avuto una pistola. Non l’hai mai vista né toccata.»
«Ma le mie impronte» rispose Travis, disperato. «Il sangue.»
Mentre parlava, guardava Skylar pulire la pistola e consegnarla a Sam che la ripose nella custodia.
«Spogliati» ordinò Donovan.
Appena dato il comando, Joe si fece avanti e gli allungò una divisa e una maglietta.
«Non muoverti nemmeno di un millimetro. Spogliati lì dove sei. Ti ripuliremo prima di farti indossare degli abiti nuovi. Ora muoviamoci, non abbiamo molto tempo.»
Dopo aver sistemato Travis e averlo aiutato a sedersi sul divano per evitare che svenisse, Donovan si sedette di fronte a lui e gli chiese di Eve.
Aveva la bocca arida, e un grosso nodo alla gola, per la paura legata a quella risposta.
Ci volle tutto l’autocontrollo che possedeva per non crollare e cercare di starsene lì seduto, tranquillo, quando ogni fibra del suo corpo temeva di avere perso Eve, per sempre.
«Cosa ha voluto dire con perdita?» domandò Donovan. «Dove si trova adesso? Ti ha detto qualcosa?»
Gli occhi di Travis si riempirono nuovamente di lacrime, mentre fissava Donovan con uno sguardo d’accusa. «Come hai potuto? Come hai potuto tradirla in questo modo? Lei ti amava. Dicevi di volere che fossimo una famiglia, e poi la baratti per me e Cammie? Pensi davvero che lei e io potremmo mai essere felici sapendo che siamo liberi solo perché l’hai consegnata a quel figlio di puttana? Mi fidavo di te. Lei si fidava.»
Donovan si chinò in avanti, aggrottò la fronte e prese Travis per le spalle, frustrato dalla risposta che non arrivava. Voleva sapere che fine avesse fatto Eve, ne aveva bisogno, ma capì che se non avesse rassicurato Travis, spiegandogli che non l’aveva mai tradita, lui non gli avrebbe dato alcun tipo di informazione sulla sorella.
«Ascolta, figliolo. Io amo Eve. Lei è tutta la mia vita. Ha origliato una conversazione tra me e i miei fratelli a proposito di una trappola che stavamo ideando per tuo padre.»
«Non chiamarlo così» rispose Travis con voce strozzata. «Non chiamarlo mai più così.»
Donovan annuì.
«Stavamo ideando una trappola per Walt. Volevamo fargli credere che anche noi fossimo convinti che Eve era mentalmente instabile. Un pericolo per sé stessa e per i suoi fratelli. Volevamo incastrarlo, e per farlo era fondamentale illuderlo che la pensassimo come lui. Avevamo bisogno di qualcosa, qualsiasi elemento utile a farlo uscire allo scoperto.
«Eve ha sentito la parte in cui dicevo che l’avrei abbandonata e che tutto ciò che mi importava eravate tu e Cammie ma non è assolutamente vero, Travis. Io vi voglio tutti e tre con me. Vorrei sposare Eve. Vorrei che noi quattro fossimo una famiglia. Una vera famiglia.»
Ci fu un barlume di speranza negli occhi di Travis, poi tornarono cupi. «Ma Rusty ha detto...»
Donovan sorrise. «Rusty era arrabbiata con me perché pensava che avessi tradito Eve. L’ha vista disperata. Rusty ti vuole molto bene, Travis. Vuole bene anche a Eve e a Cammie. Ha un cuore grande e voleva mettermi alla prova per capire se potessi aver fatto qualcosa di brutto. Era arrabbiata perché si sentiva impotente e sapeva che Eve era in pericolo.»
«Davvero?» sussurrò lui. «Hai intenzione di sposarla? E vuoi anche me e Cammie con voi?»
Quella speranza colpì Donovan al cuore.
«Vi crescerò come se foste figli miei. Spero un giorno di avere dei bambini insieme a Eve, ma nel mio cuore tu e Cammie sarete sempre i primi.»
Travis annuì lentamente.
«Ora stammi a sentire. È importante, non possiamo permetterci di perdere altro tempo. Devo sapere se Walt ha detto qualcosa su di lei.»
Travis chiuse gli occhi e, quando li riaprì, Donovan vide solo lacrime e dolore.
«Non ha voluto dirmelo, si è rifiutato. Ho pensato che potesse averla portata qui. Non sapeva che conoscessi questo posto. Ha provato a fare un accordo con me chiedendomi di scegliere tra lei e Cammie. Ha detto che ti avrei dovuto contattare per portargli Cammie e che se non l’avessi fatto, se la sarebbe ripresa, in un modo o nell’altro e io non avrei saputo più niente di Eve.»
«Avrei voluto ucciderlo io» disse Skylar cupa, dietro Donovan.
«Walt veniva spesso qui?» chiese Donovan. «Abbiamo rivoltato la casa ma non siamo riusciti a trovare nulla che possa condurci da Eve. Ho setacciato ogni angolo, tranne questo posto. Un mio amico è venuto da noi con un estratto del fisco che portava dritto alla baita, c’era il nome di una delle sue false associazioni.»
«Non so quanto spesso ci venisse» ammise Travis. «Io non avrei dovuto saperne nulla, ma ho origliato una conversazione al telefono con qualcuno a cui aveva dato il codice d’accesso per aggirare il sistema di sorveglianza.»
«Curioso che avesse queste grandi misure di sicurezza, per una baita in mezzo al nulla» mormorò Joe.
«Eve disse che Walt aveva fatto falsificare un intero fascicolo sulla sua malattia mentale che partiva dalla sua infanzia e che aveva anche ottenuto la firma di un medico. Disse che aveva fatto produrre le carte quando i poliziotti vennero a casa vostra. Le hai più viste dopo quel giorno?» domandò Donovan.
Travis sgranò gli occhi. «No, non le ho viste. Le avresti trovate se avessi perquisito la nostra casa. Ma forse...»
«Sono qui» finì la frase Donovan.
Si alzò velocemente. «Edge, tu e Swanny, ripulite. Fate tornare tutto com’era prima dello sparo. Sam, hai la pistola, vero? Dammela, così ci lascerò le mie impronte. Per la cronaca, ho sparato io al bastardo.»
«Non esiste» disse Sam. «Diremo che l’ho sparato io. Sei troppo coinvolto in questa situazione.»
«Non posso lasciartelo fare» disse Donovan. «Hai una moglie, una figlia e un altro bambino in arrivo. Non lascerò che ti prenda la responsabilità perché potrebbero complicarsi le cose.»
«Anche tu hai una famiglia» disse Sam «chiamerò Resnick e gli dirò di usare la sua bacchetta magica. Quel bastardo ci deve tanto, e lo sa. E poi, quando glielo spiegherò, sarà lui stesso a volersene occupare. Ci sarà molta burocrazia da superare, ma ha i contatti giusti per far risultare quello che è accaduto come legittima difesa.»
Sapendo di non avere altro tempo da perdere, Donovan annuì.
«Voi venite con me» disse Donovan, guardando il resto del team. «Voglio ispezionare la casa. Deve esserci qualcosa qui. È l’unica carta rimasta. Il tempo stringe per salvare Eve, se non è già morta. Trovatemi qualcosa che ci guidi nella giusta direzione.»