23
Donovan fissava in silenzio Travis e Cammie che dormivano profondamente. Cammie era rannicchiata sul fianco del fratello. Aveva un braccio appoggiato sopra la sua pancia e la testa sul suo braccio. Il mento di Travis era vicino ai suoi ricci scompigliati.
Maren e Steele erano venuti a visitare i ragazzi. Maren aveva controllato la soluzione per la flebo di Cammie e sembrava soddisfatta dei suoi miglioramenti. Non aveva nemmeno più la febbre. Travis accusava ancora dolore, anche se cercava di mascherarlo. Maren aveva insistito per fargli una nuova iniezione, e poi aveva detto a Donovan che potevano passare agli antidolorifici per via orale.
Poi aveva visitato Eve, chiedendole se provasse ancora dei fastidi. Secondo lei era completamente guarita, quindi la rassicurò.
Dopo lei e Steele se ne andarono. Maren aveva detto a Donovan che non sarebbe più tornata a visitare i ragazzi, a meno che non fosse stato necessario. Aveva aggiunto che quella sarebbe stata l’ultima flebo per Cammie, e poi avrebbero monitorato i progressi.
Quando se ne andarono, loro quattro trascorsero un po’ di tempo guardando dei film in soggiorno, finché Travis e Cammie non furono così stanchi da andarsene letto.
Garrett doveva avere mantenuto la parola sul fatto che avrebbe tranquillizzato la famiglia, perché nessun altro era più venuto a trovarli, e Donovan gli era grato per questo. Fu contento di godersi ogni istante della serata con Eve e i suoi fratelli. Sperava che sarebbe stato sempre così.
Rimase sulla porta per un po’, a guardarli. Era orgoglioso della sua famiglia, dei suoi bambini. Sicuramente non era il modo in cui molti uomini avrebbero voluto incominciare una relazione. Una famiglia già formata, con una bimba di quattro anni e un ragazzo adolescente da gestire non sarebbe stato facile. Ma Donovan voleva già bene a tutti loro e aspettava con ansia il momento in cui avrebbe potuto dire ufficialmente che erano figli suoi, dando loro il suo cognome.
«Cammie e Travis Kelly» mormorò piano. Suonava così bene.
Eve Kelly era anche meglio. Ma ora stava volando troppo con la fantasia. C’era ancora tanta strada da fare, prima di poter considerare un matrimonio. Però pensava spesso a quel giorno.
Per lui era come se fossero sposati. I suoi parenti li consideravano già parte della famiglia. Donovan avrebbe voluto ufficializzare, ma non poteva farlo prima che ogni minaccia fosse stata eliminata.
Fece un passo indietro e chiuse piano la porta dietro di sé. Poi tornò all’ingresso, dove c’era Eve. Quella notte avrebbe fatto l’amore con lei. L’avrebbe fatta sua, e non vedeva l’ora. Voleva stringerla tra le braccia, guardarla venire, sotto di lui, mentre lo fissava.
Loro due, uniti, nel modo più intimo in cui due persone possano unirsi.
Certo, non l’avrebbe costretta se non si fosse sentita pronta, ma sperava che lei lo volesse almeno la metà di quanto la voleva lui. Avrebbe aspettato per sempre se fosse stato necessario, ma pregava con tutto sé stesso che volesse.
Quando arrivò alla porta della camera bussò piano, attendendo un suo cenno. Eve lo invitò a entrare e lui obbedì, cercandola subito con lo sguardo.
Se ne stava rannicchiata sul letto, con un pigiama che una delle sue cognate aveva avuto la premura di inviare, insieme ad altri vestiti, da parte di tutte. Donovan le avrebbe ringraziate personalmente per la loro generosità e l’aiuto che stavano offrendo a una persona che neanche conoscevano, ma in quel momento l’unica cosa a cui riusciva a pensare era Eve. Voleva stare da solo con lei, senza distrazioni.
Eve intercettò il suo sguardo, e arrossì. Era così evidente quello che pensava?
Lei era adorabile, seduta sul letto, appoggiata ai suoi cuscini, con le braccia strette attorno alle gambe piegate.
Donovan voleva sapere.
Si avvicinò al letto e si sedette al suo fianco, facendosi un po’ di spazio. Poi le prese la mano, portandola dolcemente alle labbra, per baciarle le dita.
«Voglio fare l’amore con te, Eve» disse di getto.
C’erano, probabilmente, modi più sofisticati per sedurre una donna, ma lui preferiva sempre essere diretto. Almeno lei avrebbe saputo chiaramente cosa aveva in mente. Se tutto fosse stato chiaro sin dall’inizio, non ci sarebbe stato bisogno di girarci attorno.
«Tu mi vuoi?» le chiese dolcemente.
Le pupille di Eve si dilatarono e divenne, se possibile, ancora più rossa. Si passò nervosamente la lingua sulle labbra. Lui soffocò un gemito.
«Non ho molta... esperienza» sussurrò. «Non vorrei deluderti.»
A Donovan quasi si fermò il cuore, davanti alla sua incertezza.
«Tesoro, non potresti mai deludermi. Voglio solo essere sicuro di una cosa: mi vuoi quanto io voglio te? Vuoi fare l’amore con me, stanotte?»
Lei annuì lentamente. C’era una meravigliosa timidezza incisa nei suoi lineamenti delicati.
In una parola, era bellissima, ed era sua. Doveva tenere a bada l’istinto di stringerla tra le braccia, farla stendere sul letto e immergersi il più a fondo possibile nel suo corpo. Mise subito da parte quell’idea da cavernicolo, imponendosi un contegno.
La tirò a sé avvolgendo le braccia intorno al suo corpo; erano vicinissimi, le loro labbra quasi si sfioravano. Sentiva i suoi respiri brevi, irregolari. Il battito del suo cuore accelerava sempre di più e sembrava quasi che si agitassero, nel suo collo, le ali impazzite di una farfalla. Donovan era tentato di baciarla proprio in quel punto, e così fece. Si lasciò andare.
Lei ansimò e poi si sciolse nel suo abbraccio. Donovan sentiva il battito del suo cuore, i suoi capezzoli contro il petto e ogni curva di lei sotto le mani.
Era dolce, incredibilmente dolce. Il suo corpo così morbido e femminile, perfetto. Stava abbracciando la perfezione. Tutto ciò che aveva sempre sognato era lì tra le sue braccia. Non sarebbe mai esistito un momento più bello di quella notte. La loro prima volta. La prima certezza che il loro amore stesse crescendo. Donovan voleva dimostrarle con i gesti (parlare sarebbe stato superfluo) tutto ciò che significava per lui in quel momento e ciò che avrebbe significato in futuro.
La leccò sul collo e poi la baciò ancora, salendo verso l’orecchio. Prese piano il lobo tra i denti e giocò con la lingua fin dentro, fino a farla impazzire sotto di lui.
«Voglio spogliarti, tesoro. Voglio vedere il tuo corpo stupendo e assaporare ogni istante di questa notte. Voglio che sia perfetto per te, per noi. Non lo dimenticherò mai. Vuol dire molto, più di quanto tu possa immaginare, per me avere la tua fiducia, e quella dei tuoi fratelli.»
«Sarà indimenticabile» disse Eve con voce roca, piena di desiderio.
Si tirò indietro e sollevò una mano per afferrargli il mento, mentre lo fissava dritto negli occhi con così tanta passione da scuoterlo nel profondo.
«Anch’io voglio spogliarti» disse timidamente. «Voglio vederti, toccarti.»
Stavolta non riuscì a trattenere un gemito. «Mi uccidi così, piccola. Voglio le tue mani addosso, più di qualsiasi altra cosa al mondo.»
Eve sorrise e lo baciò. Era la prima volta che prendeva l’iniziativa, e lui ebbe la sensazione che, con quel bacio, lei lo stesse esplorando. La sentiva più consapevole. Gli piaceva l’idea di essere prigioniero delle sue fantasie.
«Perché non ci spogliamo insieme?» mormorò Donovan, quando si staccò. «Comincio io. Ti voglio nuda quando mi toglierai i vestiti. Voglio godermi lo spettacolo.»
Eve rise. Una risata suadente.
Dio, era così bella quando sorrideva. Era un pugno nello stomaco ogni volta che le si illuminava il viso in quel modo. Promise a sé stesso che le avrebbe dato sempre un motivo per sorridere.
Si alzò dal letto, la prese per mano e la spostò delicatamente sul fianco. Poi piano piano, con religioso rispetto, cominciò a spogliarla, un capo per volta. Quando le scoprì il seno, rimase senza fiato vedendo le sue forme morbide e i capezzoli turgidi. Lo invitavano a toccarli, a morderli.
Oh, non vedeva l’ora.
Eve esitò, si coprì con le braccia, poi le lasciò cadere di nuovo.
«Non nasconderti, Eve. Sei così bella, mi togli il fiato. Non hai motivo di nasconderti. Sei troppo bella.»
Lei sorrise e lasciò che le braccia le ricadessero sui fianchi. Poi afferrò l’elastico del pantalone del pigiama, lasciò cadere anche quello e lo spinse via col piede, restando solo con gli slip.
Era una vista appetitosa. Asciutta e rotonda nei punti giusti. Era magra, probabilmente a causa del tipo di vita che le era toccata negli ultimi mesi, ma aveva seni e fianchi floridi.
Donovan la fece girare su un fianco per sfilarle le mutande. Le scoprì un fondoschiena perfetto che chiedeva di essere toccato. E lo avrebbe fatto. Lo avrebbe palpato mentre scivolava dentro di lei spingendola verso l’alto per riceverlo più facilmente.
Il sudore gli imperlava la fronte solo a pensarci.
Ormai non era più in grado di trattenere il desiderio. Le sue mani viaggiavano su di lei, la accarezzavano, godendosi il percorso.
Eve aveva la pelle d’oca e tremò quando Donovan le afferrò i seni e li sollevò per guardarli.
«Non vedo l’ora di assaggiarti» mormorò. Poi chinò la testa e le succhiò un seno.
Eve si aggrappò alle sue spalle, conficcandogli le unghie nella carne, mentre si avvicinava alla sua bocca. Poi si irrigidì e le sfuggì un piccolo gemito. Donovan sorrise, soddisfatto, e si avvicinò all’altro capezzolo. Lo leccò delicatamente alcune volte prima di prenderlo tra le labbra, esercitando una pressione lievemente maggiore.
Lei ansimò di nuovo, affondando le unghie nella sua pelle.
«Ti piace?»
«Sì» sospirò lei «tanto, Donovan. È come se ti aspettassi da sempre.»
Lui sollevò la testa per guardarla negli occhi. Voleva che sapesse quanto era serio.
«Sono io che ti aspetto da tutta la vita, Eve. Aspettavo te e questo momento. Sei mia e non ti lascerò mai. Spero che tu sia pronta.»
Eve lo guardò con dolcezza. Stava parlando d’amore? Donovan parlava già d’amore? Non poteva aspettarsi che accadesse così in fretta, eppure lui lo desiderava con tutto il cuore. Il giorno che Eve gli avesse risposto che l’amava, sarebbe stato indimenticabile. Fino ad allora, il loro rapporto non poteva dirsi solido, non c’erano certezze. Se gli avesse detto che lo amava, sarebbe stata completamente sua.
«Lo voglio» disse lei piano, con la voce che le tremava per l’emozione. «Voglio questo. Voglio te. Voglio... tutto quanto.»
«Ti darò tutto quello che desideri e anche di più, piccola mia. La sera ti addormenterai sapendo che sarò sempre qui per te, e al mattino ti sveglierai con la stessa certezza. Ti dirò ogni minuto della mia vita cosa significhi per me.»
«Facciamo l’amore» sussurrò lei. «Ti prego, Donovan, ho bisogno di te. Lascia che ti spogli e facciamo l’amore. Non ho mai voluto tanto qualcosa come adesso in vita mia.»
Per poco il cuore di Donovan non schizzò fuori dal suo petto. Il pene quasi gli esplodeva contro la cerniera dei jeans. Il segno forse gli sarebbe rimasto impresso per giorni, o settimane!
Avrebbe preferito infilarlo subito in un posto più comodo. Dentro Eve.
«Ci penso io a togliermi i vestiti. Così potremo concentrarci su cose più importanti. Voglio esplorare ogni singola parte del tuo corpo, e baciarla. Entrare dentro di te, fino a toccarti l’anima.»
Eve aveva le pupille dilatate, era senza fiato. Sentì un lungo brivido percorrerle tutto il corpo e i suoi capezzoli divennero ancora più turgidi. Donovan interpretò quella reazione come un invito, e si liberò velocemente della maglietta, del jeans e delle mutande.
Quando si voltò verso di lei, notò che fissava con desiderio la sua erezione. Guardò in basso, seguendo la direzione del suo sguardo, e sorrise. Sapeva che non vedeva l’ora. Cercò di tenere a bada l’erezione senza riuscirci. Era viola, pronto a esplodere e non l’aveva nemmeno penetrata!
Eve si passò la lingua sulle labbra e lui perse letteralmente la testa. Prese il pene tra le mani, cercando di non venire dappertutto ancora prima di cominciare.
«Dammi solo un minuto, tesoro» disse con voce roca. «Sei così sexy che sarei già pronto a venire così. Non mi va di durare un minuto. Voglio che sia bello anche per te.»
Eve sorrise, con i suoi meravigliosi occhi di ambra. Le macchioline dorate che aveva nell’iride luccicarono di più in quel momento. Brillarono nella luce fioca che emanava il lume sul comodino.
«Sei tu che mi fai sentire sexy» disse timidamente. «Non ho mai incontrato un ragazzo che mi guardasse nel modo in cui mi guardi tu. Mi piace.»
«Taglierò le palle al primo che ti guarderà nello stesso modo» borbottò Donovan.
Eve sorrise di nuovo e poi si infilò nel letto, si sdraiò sui cuscini, e lo chiamò con lo sguardo. Donovan non se lo fece ripetere due volte.
Ripensava alle donne con cui era stato a letto e onestamente pensava di averci fatto sempre e solo sesso. Le aveva trattate bene, ma non c’era sentimento. Non c’era paragone con Eve. Era la prima volta che faceva l’amore con una donna.
Le altre con cui era stato, avevano saputo fin dall’inizio come sarebbe andata. Gli era capitato di uscire anche più di una volta con la stessa persona, ma solo per gioco. Non aveva avuto relazioni serie. Per Eve invece provava dei sentimenti. Non che avesse mai avuto qualcosa contro le relazioni serie o il matrimonio. Lui voleva quelle cose, ma cercava la donna giusta con cui realizzarle. E nessuna delle persone che aveva incontrato fino a quel momento era mai entrata nel suo cuore. Nessuna gli aveva fatto provare quelle emozioni.
Sapeva, dall’esempio dei suoi fratelli con le loro mogli, che le donne con cui usciva non erano quella persona. Aveva pazientato, confidando che la sua anima gemella fosse da qualche parte, lì fuori. Come lui, in attesa. Doveva solo trovarla e, finalmente, c’era riuscito. Era con lui in quel preciso momento. A casa sua, nel suo letto, tra le sue braccia.
E stava per farci l’amore, per la prima volta.
«Che stai fissando?» sussurrò Eve preoccupata.
Donovan si sforzò di concentrarsi, per apprezzare appieno quella notte.
«Mi stavo solo godendo questo momento» rispose lui, sinceramente.
«Per me è speciale, Eve. Tu sei speciale. Voglio che sia perfetto, non mi va di correre. Voglio godermi ogni istante e ricordarlo per sempre. Tra quarant’anni, ripenserò a quanto eri bella e desiderabile stanotte. Mi ricorderò della tua pelle morbida, e di ogni singola parte di te.»
Eve lo guardava con un nodo in gola e gli occhi lucidi, pazza di lui. «Perché mi dici queste cose meravigliose? Tra quarant’anni ti ricorderai di com’ero oggi e di quello che provavo, ma sai cosa ricorderò io? Ricorderò le cose che mi hai detto e te ne sarò per sempre grata.»
Donovan sorrise e si mise sopra di lei, sul letto. Poi si chinò a baciarla, e i loro corpi si unirono in un incastro perfetto. «Penso che avremo entrambi un bel ricordo di questa notte» disse lui.
«Sì» sussurrò lei. «Ora facciamo l’amore, Donovan. Non farmi più aspettare. Ti voglio così tanto. Ti desidero.»
Donovan la baciò sul mento e poi più giù sui seni. Li leccò e li succhiò, giocando un po’ prima di scendere ancora, sul suo ventre. Indugiò vicino all’ombelico, dove la pelle era sensibile, godendosi i brividi che tormentavano il suo corpo, mentre proseguiva sempre più giù con la lingua.
«Apri le gambe per me, tesoro. Voglio sentire il tuo sapore.»
Eve ubbidì, tremando e Donovan mise la testa tra le sue cosce, proprio sopra al pelo che difendeva la sua femminilità.
Con le dita le schiuse le labbra già bagnate per l’eccitazione. Sentì il suo odore, lo assaporò. Poi, allargandole ancora di più, passò la lingua sul suo clitoride.
Si muoveva convulsamente e con le mani gli teneva la testa, affondando le dita tra i suoi capelli corti, mentre disegnava cerchi con la lingua attorno al suo piacere. La leccò ripetutamente e poi succhiò con delicatezza, facendo un po’ di pressione.
Continuava a contorcersi sotto di lui, ansimando il suo nome mentre la portava al limite. Era bagnata, viscosa e bollente mentre la leccava. La divorava, perdendosi nella sua femminilità.
Continuò a giocare con la lingua, scivolando più in basso. Voleva farla impazzire. Voleva che impazzisse di desiderio e che fosse abbastanza bagnata da accoglierlo facilmente dentro di lei. Era piccola, fragile, così delicata. L’ultima cosa che voleva era farle male.
«Donovan, ti prego!» lo pregò. «So che vuoi che duri e che sia fantastico, ma ti voglio dentro di me. Sto per venire, lo sento! È più forte di me. Sento che sto per esplodere.»
La sua voce era quasi un singhiozzo. Si contraeva e si dilatava, bagnandosi sempre di più quando lui le dava piacere. Lo implorava. Donovan sapeva che sarebbe venuta presto.
Sì, avrebbe voluto che durasse, ma era quasi impossibile. Quella prima volta non sarebbe stata perfetta, ma ci sarebbero state nuove occasioni per andarci piano. In quel momento voleva farla sua entrando dentro di lei, prima che venissero entrambi.
«Dammi solo un secondo, tesoro» ansimò. «Devo mettere il preservativo.»
«Fai in fretta» rispose.
Rotolò velocemente sul letto fino a raggiungere il cassetto. Prese una bustina di alluminio e la aprì. Indossò il preservativo, quasi provocandosi un orgasmo, con la pressione delle sue stesse mani.
«Buono, bello» mormorò. «Lei ti piacerà molto di più di queste mani.»
Eve rise, e lui si rese conto che aveva sentito. Era allegra. Allungò una mano per invitarlo a tornare. Come se avesse bisogno di lui.
«Sei sicura di essere pronta?» domandò mentre le allargava le gambe, sistemandosi comodamente. Eve si spostò e mentre sollevava i fianchi verso di lui rispose: «Sì». Donovan appoggiò il suo sesso tra le labbra e mise le mani sui fianchi di Eve.
Chiuse gli occhi e cominciò a spingere. Strinse i denti e la fronte gli si imperlò di sudore. Non riusciva ad andarci piano. Doveva arrivare in fondo.
Spinse ancora, entrando nel suo corpo con un solo colpo.
Lei gemette, e quel suono lo gelò. Troppe emozioni insieme. Quel gemito non era di piacere, ma di dolore. Era squisitamente stretta. Troppo stretta. Il suo corpo protestava per la sua intrusione. Donovan aveva sentito cedere una parte di lei, nella spinta.
La guardò, sconvolto, cercando di decifrare la sua espressione, i suoi occhi spaventati e il dolore sul suo viso. Poi guardò in basso e si accorse che c’era del sangue sul preservativo.
Era vergine e lui era entrato in lei con la delicatezza di un toro.