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Donovan si costrinse a lasciare il camper di Eve per incamminarsi verso il suo furgone, come se nulla fosse. Rifletteva tra sé e sé, senza riuscire ancora a localizzare con precisione l’oggetto della sua rabbia.
Eve e Cammie lo guardavano come se avessero davanti una specie di mostro e si aspettassero il peggio da un momento all’altro. Gli si rivoltava lo stomaco quando pensava alla situazione di Cammie e immaginava sua nipote Charlotte al suo posto.
Lui e la kgi avevano dato molte cose per scontato. La loro famiglia aveva attraversato così tanti momenti difficili negli ultimi anni che non avrebbero dovuto sottovalutare nemmeno un momento vissuto insieme. Eppure era così facile dimenticarlo, nonostante avessero visto accadere le cose peggiori del mondo.
Mentre si allontanava con il furgone, prese il cellulare per chiamare Sam e capire se avesse contattato Maren e Steele (ma soprattutto Maren). Steele avrebbe potuto combattere quanto voleva, ma quando Maren si metteva in testa una cosa, il suo parere non aveva importanza.
Si sarebbe limitato solo ad assicurarsi, in ogni dannato modo, che sua moglie non fosse in pericolo. Ma dopo che Donovan aveva verificato con i suoi occhi la situazione, era sicuro che non sarebbe stato un azzardo per Maren andare a visitare Cammie.
Qualsiasi fosse il pericolo non proveniva certo da Eve. No, la fonte del loro terrore era lì fuori da qualche parte, e aspettava solo l’occasione giusta per rivelarsi. Un’occasione che, se Donovan avesse tenuto tutto sotto controllo, non si sarebbe mai presentata.
Dopo che Sam gli ebbe confermato che Maren aveva accettato e che Steele era stato rassicurato, Donovan riagganciò e guidò verso il comprensorio. Nella sua mente c’era sempre Eve.
Inserì il codice di sicurezza per aprire il cancello e aspettò che fosse completamente spalancato per entrare. Le strette misure di sicurezza che circondavano il comprensorio gli ricordavano quale fosse sempre stata la sua vita e la vita della sua famiglia. Ma erano misure necessarie, ognuno di loro lo sapeva bene. Erano arrivati alla conclusione che non avrebbero mai condotto una vita normale, perché, in ogni momento, i nemici potevano attaccare i loro punti deboli. Mogli, padri, fratelli, sorelle e nipoti.
Donovan (ma anche i suoi fratelli) in passato, soprattutto quando la sua famiglia era in pericolo, si era chiesto se ne valesse la pena. Se quello che facevano valesse il rischio di perdere i propri cari. Ma alla fine di ogni giornata, la risposta era sempre la stessa: sì. Forse non erano in grado di risolvere tutti i problemi del mondo, ma potevano almeno renderlo un posto migliore, una missione alla volta. Con ogni criminale che sconfiggevano, con ogni bambino che salvavano, con ogni ostaggio che liberavano, potevano fare la differenza.
Forse quella risposta sarebbe cambiata se avessero perso qualcuno della famiglia, per mano di uno dei tanti nemici accumulati negli anni a partire dalla fondazione della kgi. Ma per ora erano assolutamente convinti di voler riparare i torti e vincere l’ingiustizia nel mondo.
Quando arrivò a casa, fu sorpreso di vedere il suv di Steele parcheggiato nel viale. La cosa non avrebbe dovuto stupirlo più di tanto. Steele avrebbe voluto parlare in prima persona con lui della situazione di cui si sarebbe occupata la moglie.
Lo sportello del passeggero si aprì e uscì proprio Maren, nel sole splendente. Un caldo sorriso le illuminava il volto mentre guardava nella sua direzione. Poco dopo, Steele uscì a sua volta dall’auto, con un’espressione totalmente diversa.
Donovan sospirò e venne fuori anche lui. Aveva la barba incolta.
«Ciao, Van» disse Maren. Aprì l’altro sportello e si tuffò dentro, per prendere la figlia. Subito Donovan sorrise. Okay, aveva veramente un debole per i bambini. La sua piccola Sue.
«Ehi piccolina» disse, mentre si avvicinava a lei e a Maren. «Questa signorina si fa sempre più grande ogni volta che la vedo.»
Maren sorrise. «Forse perché sono diventata un fast food aperto ventiquattro ore al giorno, tutta la settimana? È evidente che ha ereditato l’appetito dal padre, perché giuro che non si sazia mai.»
Steele emise un suono simile a un grugnito e prese la figlia fra le braccia. Donovan scosse la testa. Non si era ancora abituato a vedere Steele con una bambina. Era ancora strano per lui e, sinceramente, lo invidiava anche un po’.
«Quindi, qual è la situazione?» chiese Steele.
«Perché non ci spostiamo in un posto meno assolato?» propose Donovan. «Ho del tè freddo nel frigorifero e posso preparare a Maren una tazza del suo tè caldo preferito. Poi potremmo parlare.»
«Non volevo trattenermi molto» replicò Steele. «Ci sarà brutto tempo domani notte e non mi va che Maren e Olivia stiano fuori casa.»
Donovan si accigliò. «Brutto tempo? Mi prendi in giro?»
Maren alzò gli occhi al cielo. «Steele è diventato meteorologo nel tempo libero. È convinto che una tempesta stia venendo a spazzarci via.»
Steele la fulminò con lo sguardo. «Vale la pena essere consapevoli dei rischi.»
Donovan salì i gradini di casa e aprì la porta, facendo segno a Maren e Steele di entrare.»
«Quindi? Le previsioni del tempo?» chiese Donovan.
«Forti temporali. Cumuli di nuvole nere. L’intero lato ovest della nazione sarà sotto stretta osservazione durante la notte.»
Donovan sospirò. Cazzo. Si ricordò della prima volta in cui era entrato nel camper di Eve e aveva visto le ciotole sparse sul pavimento per raccogliere l’acqua piovana. Poverini, con Cammie ammalata l’ultima cosa di cui avevano bisogno era la pioggia dentro casa.
«Sedetevi» mormorò Donovan. «Preparo il tè a Maren. Ti dispiace se scaldo l’acqua e ci metto una bustina dentro?»
Maren sorrise. «No. Con le mani occupate da una bambina affamata ho imparato a prepararlo velocemente.»
Donovan andò in cucina e riempì una tazza di acqua prima di infilarla nel forno a microonde. Mentre aspettava che fosse pronta riempì due bicchieri di ghiaccio e prese la brocca del tè dal frigo.
Quando il microonde suonò, prese la tazza bollente e ci mise la bustina dentro. Ricordava che le piacesse zuccherato, così versò la giusta quantità di zucchero e mescolò rapidamente.
Tenendo in equilibrio i bicchieri di tè tra le braccia e il petto, prese la tazza bollente e tornò in soggiorno.
«Come hai fatto a rimanere single per tutto questo tempo?» Maren scherzò un po’ mentre prendeva la tazza tra le mani. «Adoro gli uomini che mi viziano.»
Steele borbottò di nuovo e le lanciò uno sguardo perplesso. Donovan rise perché era risaputo che Steele viziasse moltissimo sua moglie e sua figlia.
Steele prese un bicchiere dalle mani di Donovan ma non bevve. Si sporse in avanti e lo appoggiò sul tavolino, attendendo risposte.
«Brutta» mormorò Donovan.
Il volto di Steele s’incupì. «Ma che cazzo, Sam aveva detto che era sicuro.»
Donovan annuì. «Non è quello che intendo. È sicuro per Maren. Non la esporrei mai a nessun rischio, lo sai.»
«E allora cosa diavolo vuoi dire?» domandò Steele.
«Steele.» La voce dolce di Maren mutò subito il caposquadra in un soldato semplice. Se non fosse stata una cosa grave, a Donovan non sarebbe importato così tanto.
«Non molto lontano da qui, c’è una donna che vive in un camper malandato con due fratelli più piccoli. Cammie, di quattro anni, è ammalata. Travis, di quindici anni, lavora part time nella ferramenta per portare loro da mangiare, ed Eve... cerca in ogni modo di gestire la situazione.»
Steele si accigliò.
«Stanno scappando da qualcosa» continuò Donovan. «Sono tutti e tre spaventati a morte.»
«Cazzo» sussurrò Steele.
«Quali sono le condizioni di Cammie?» s’informò Maren, con gli occhi stretti, concentrati.
Steele prese la bambina dalle braccia della madre che sedeva davanti, con lo sguardo fisso su Donovan.
«Non lo so» ammise lui. «Ecco perché volevo che venissi tu a visitarla. Posso dirti che è ammalata da molti giorni. Le loro condizioni di vita sono disastrose. Non hanno molto da mangiare. Ho portato qualcosa io oggi, ma il tetto (se si può chiamare tale) perde in più punti e con tutta la pioggia che c’è stata la scorsa settimana dubito che sia potuta migliorare.»
Maren fece una smorfia, preoccupata, con gli occhi pieni di compassione. «Ci andrò sicuramente.»
«Verrò con voi» disse Steele.
Donovan scosse la testa. «No, Steele. So che è difficile tenere a bada il maniaco del controllo che c’è in te, ma se ti fai vedere non riusciremo ad avvicinarci, te lo garantisco. Potrebbero voler scappare. Quando ho visto Eve cercare di gestire la situazione, voglio dire, riuscendoci a malapena, era abbastanza spaventata già solo dalla mia presenza lì dentro. Come credi di poter venire?»
«Ha ragione» disse Maren, guardando il marito. «Spaventeresti quella povera donna.»
Steele la fulminò di nuovo con lo sguardo.
«Maren non corre alcun pericolo» disse Donovan. «Le uniche persone che vivono lì sono Eve, Travis e Cammie. Travis è un bravo ragazzo che ha sulle spalle solo troppe responsabilità. Non abbiamo nulla da temere. Resterò con Maren per tutto il tempo. Non la coinvolgerei mai in un contesto in cui non sia certo che è al sicuro.»
Steele strinse le labbra, ma non disse nulla.
«Dovrò chiederti di tenere Olivia» disse Maren divertita.
Lo sguardo di Steele ricadde automaticamente sulla figlia, e la sua espressione si addolcì.
Le linee del suo volto, che sembravano perennemente indurite, si distesero e gli occhi gli si illuminarono pieni d’amore.
«Mi fido di te, con tutto il cuore» disse Steele sollevando lo sguardo verso Donovan.
Erano le stesse parole di qualche mese prima, quando Donovan aveva aiutato Maren a venire fuori dai rottami dell’elicottero mentre Steele guardava la scena, impotente.
«Lo so» rispose piano lui. «Mi prenderò cura di lei. Lo prometto.»
Steele annuì e poi guardò Maren. «Sei pronta? La piccola forse è pronta per fare un sonnellino.»
Maren rise. «Significa che mangerà sulla strada per tornare a casa.» Scosse la testa. «Giuro che questa bambina mangia più di Steele.»
«A che ora vuoi che venga domani?» chiese Steele mentre si alzava, tenendo la bimba in braccio. «La porterò qui e aspetterò che torniate.»
Maren alzò gli occhi al cielo. «Perché il signore ha proibito che guidi da sola.»
Steele scrollò le spalle. «Devo parlare con Sam.»
Maren fece cenno di sì con la testa scambiandosi uno sguardo col marito, e Donovan sollevò un sopracciglio. «Va tutto bene?»
«Sì. So che sei stato al comando nella mia squadra, Van, e non potevo chiedere persona migliore, ma sono pronto a tornare adesso. Maren e io ne abbiamo parlato e sento che è ora. La sua attività è ormai avviata e sta per riprendere a occuparsi di tutti i pazienti. È tempo che torni dalla mia squadra, prima che si dimentichino chi comanda.»
Donovan ridacchiò. «Come se potesse mai accadere. Mi mancheranno. Abbiamo fatto un gran lavoro insieme nei mesi passati. So che saranno felici di avere di nuovo il loro caposquadra.»
Donovan li accompagnò al suv. Steele si voltò verso di lui, con un’espressione seria sul viso.
«Dai a Sam un aggiornamento sul tempo, okay? Dovrebbe peggiorare. Non so se ha dato uno sguardo alle previsioni.»
Donovan aggrottò la fronte. «Lo farò. Fate attenzione anche voi.»
Maren alzò nuovamente gli occhi al cielo. «Oh, senza dubbio passeremo la notte nel seminterrato. Dopo la nascita della bambina, Steele ha sistemato una camera da letto lì sotto ed è il posto in cui dormiamo, quando c’è qualche tempesta in arrivo.»
Steele borbottò. «L’attenzione non è mai troppa. Neanche per un ragazzo prudente.»
«Ricevuto» disse Donovan. «A domani.»
Li guardò allontanarsi e poi si voltò verso le case dei suoi fratelli. Erano separati da diversi acri di terreno e Nathan viveva ancora più lontano, in una baita sul lago. Sembrava tutto tranquillo. Nessuna missione in corso. Non c’era stato nemmeno l’addestramento quel giorno.
La nuova squadra si era allenata molto durante i mesi precedenti, e Sam aveva concesso loro una pausa, ancora prima che la chiedessero.
Skylar e Edge si erano trasferite vicino al comprensorio e Swanny viveva ancora con Joe nella vecchia stanza di Sam, poco distante. Skylar e Edge trascorrevano molto tempo a casa di Joe e Swanny. Era una cosa che serviva a unirli. Fare cameratismo per gettare le basi di un buon team.
Era una full immersion. Avevano passato tutti i giorni insieme nei mesi scorsi, e ora era tempo di fare una pausa prima di affrontare le nuove missioni e portarle a termine.
Era difficile per Donovan, doveva ammetterlo. Aveva completa fiducia nella nuova squadra, ma non voleva dire che non fosse preoccupato. Nathan e Joe erano i suoi fratelli minori e lo sarebbero sempre stati. Avrebbe avuto in eterno l’istinto di proteggerli, ne avessero avuto bisogno o no.
E la verità era che Nathan, Joe e Swanny ne avevano passate veramente tante. Nathan e Swanny più degli altri, ma Joe non aveva avuto comunque una vita facile. Donovan era preoccupato che non fossero ancora pronti.
Ma in fondo lui, Sam e Garrett erano d’accordo: i tempi erano maturi e loro ce l’avrebbero fatta.
Perciò la missione successiva sarebbe stata affidata a Nathan e Joe, con la squadra di Steele a guardargli le spalle. Ora che Steele stava tornando in azione, tutto sarebbe tornato alla normalità e Donovan avrebbe ricominciato a non partecipare attivamente alle missioni.
Questo non significava che sarebbe stato fermo a guardare. Sam e Garrett avevano conquistato posizioni di comando negli ultimi anni. Coordinavano, decidevano le strategie, chiamavano a raccolta le squadre ma avevano fatto un passo indietro.
Avevano entrambi delle mogli, e adesso stavano per nascere altri bambini. Dovevano fedeltà prima a loro e poi alla kgi. Di tutti i fratelli Kelly, Donovan e Joe erano quelli più coinvolti, ma anche Nathan era dentro alla nuova squadra appena formata.
Le cose andavano... bene. Non amava generalizzare, ma le cose andavano davvero bene a casa. Tutti erano... felici. Erano sopravvissuti ostacolo dopo ostacolo, tornando più forti di prima.
Anche i capisquadra si stavano sistemando. Donovan onestamente non avrebbe mai pensato che un giorno Rio e Steele sarebbero stati ‘addomesticati’. E invece entrambi erano sposati, avevano delle figlie e non mangiavano, bevevano e dormivano più solo alla kgi.
Si erano voltati tutti verso di lui, giurando che sarebbe stato il prossimo. E non che lui non lo volesse. Di tutti i fratelli, lui era forse il meno restio all’idea del matrimonio e della famiglia.
Solo, non aveva ancora incontrato la donna giusta.
Quando si fosse sposato, sua moglie e i suoi figli avrebbero avuto la sua fedeltà al cento percento.
Ma non aveva ancora incontrato una donna che lo spingesse a rivedere le sue priorità.
Studiò il cellulare per un momento e poi lo rimise nella tasca. Decise di andare da Sam ad aggiornarlo sulle previsioni del tempo e sul ritorno di Steele.