Venerdì 29 agosto, ore 12.32
C’era qualcosa nell’aria. Una luce insolita, una strana inquietudine, nonostante il silenzio assoluto.
Premé la fronte contro il vetro e guardò fuori. Che pace! Però… dov’erano finite le macchine? E i pedoni? La strada sembrava morta; troppo calma per quell’ora del giorno, decisamente. Maledizione, cosa significava?
Si allontanò dalla finestra, allarmato. Aveva motivo, di preoccuparsi? Doveva accendere la radio? Forse era il caso di uscire a fare un giro per capire cosa diavolo fosse successo. Magari un incidente sulla strada principale: poco prima gli era parso di sentire una sirena. Sì, un incidente, di sicuro.
Mentre stava per prendere la giacca, qualcuno suonò alla porta. Si passò una mano tra i capelli, nervoso. Doveva mantenere la calma, era senz’altro un vicino. O un corriere. Anche se in realtà non aspettava nessuna consegna.
«Sì?» disse aprendo la porta di uno spiraglio.
«Il signor Danson? Russell Danson?»
«E lei chi è, scusi?»
«Marc Wickham, Scotland Yard.»
Sbatté la porta, che però fu riaperta. Due uomini si precipitarono in casa, lo presero e gli girarono le braccia dietro la schiena.
Dietro di loro, entrò fischiettando quel Marc Wickham.
«Ehi, che storia è questa? Che volete da me?»
«Russell Danson, la dichiaro in arresto con l’accusa di aver ucciso Eileen Simons e Keira Robertson. Ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà essere usata contro di lei, o a suo favore, in tribunale.»
«Ma che state dicendo! Io alle bambine non ho fatto nulla!» Quando i poliziotti lo ammanettarono non oppose resistenza, ma continuò a fissare Marc Wickham.
«Il suo numero del Servizio Sanitario è BG674529C, giusto?» L’ispettore diede un’occhiata nel minuscolo appartamento, soffermandosi sull’armadio, lo specchio e la scarpiera. «Mi rendo conto, è da pazzi, io il mio mica lo so a memoria, ma il suo credo che me lo ricorderò per tutta la vita.» Si girò verso di lui. «Non avrebbe dovuto scriverla, la seconda lettera.»