Lunedì 1˚settembre, ore 7.04
«Il treno!» Liz afferrò Stadler e lo scosse. Aveva scambiato lo strepito del treno in arrivo per un’esplosione. «Il treno, Georg, era il treno…»
«Qui centralino per Stadler. Per favore risponda!» gracchiò la radio.
«Merda.» L’uomo lasciò cadere le braccia. Stava tremando. Il volto pallido come la neve.
Liz guardò fuori. Da dove si trovava riusciva a vedere l’angolino che avrebbe dovuto essere abbattuto. Ma era ancora lì. «Sono le sette e cinque» disse controllando l’orologio. «Ce l’abbiamo fatta…»
Stadler annuì e riprese in mano la radio. Sembrava invecchiato di almeno dieci anni. «Qui Stadler, per il centralino. Che ne è stato dell’esplosione?»
Da dietro si avvicinò un veicolo a sirene spiegate. Liz si girò e vide un’ambulanza, che inchiodò davanti allo sbarramento. Era per Birgit? Cosa le aveva fatto Lian Kendrick? I curiosi si spostarono, formando una fila, e il mezzo li superò a passo d’uomo.
La psicologa si girò verso Stadler. «Quindi?»
«Missione compiuta.» Accennò un sorriso, ma la fronte era ancora pallida e madida di sudore. «Oggi non salterà in aria nulla.» Poi il suo sguardo s’indurì. «Miguel avrà bisogno di aiuto.» Spalancò la portiera. «Tu resti qui!» E senza aggiungere altro saltò fuori dalla macchina e si fece largo tra la folla.
Liz lo seguì. «Aspetta, voglio venire anch’io!»
Arrivato alla recinzione Stadler si voltò. «Ti avevo detto di rimanere in macchina! Mi capisci quando parlo?» Non era più né pallido né disperato, era inamovibile.
«Ma…»
«Niente ma, la demolizione dell’edifcio è saltata, ma questo non vuol dire che sia finita.»
Liz restò impietrita.
«Non voglio civili tra i piedi finché l’edificio non sarà sicuro. Non ho la più pallida idea di cosa ci aspetti lì dentro. Potrebbe essere una trappola…»