Giovedì 28 agosto, ore 5.47

Quando il cellulare di Stadler squillò era ancora buio. Il commissario, nel dormiveglia, allungò una mano per prenderlo.

«Georg, scusa per l’ora. Ma ho trovato scritto che volevi essere avvertito subito, a qualunque ora.»

D’un tratto il commissario saltò su, sveglio come un grillo. «Lian Kendrick?»

«Sì, è nella sala interrogatori.»

«Un quarto d’ora e arrivo.»

Mentre sfrecciava per le strade ancora buie, chiamò Birgit, e poi Liz. Quando entrò alla centrale, stava cominciando ad albeggiare.

Preparò il caffè e aspettò, impaziente. I colleghi gli avevano detto che il ragazzo si era rifiutato di chiamare un avvocato. Una volante aveva avvistato la jeep in un parcheggio vicino alla foresta, nei dintorni di Neuss. Lian Kendrick non aveva opposto alcuna resistenza.

Liz e Birgit arrivarono quasi nello stesso momento.

«Liz, adesso che lo interroghiamo, vorrei che tu ti tenessi in disparte. Osservalo, ma non intervenire.»

«Ti aspetti una confessione rapida?» domandò Birgit.

«Mi aspetto di tutto» rispose Stadler. «Proprio per questo per ora voglio che Liz non sia coinvolta.»

Entrarono nella stanza tutti e tre. Il ragazzo aveva la barba incolta e i capelli scompigliati, ma a parte quello aveva un aspetto abbastanza curato. Appena alzò la testa Stadler riconobbe i grandi occhi castani dell’adolescente interrogato anni prima.

Fece un cenno al collega che lo aveva sorvegliato fino a quel momento che poteva andarsene. «Signor Kendrick? Io sono Georg Stadler. E queste sono Birgit Clarenberg ed Elisabeth Montario.»

«Lo so benissimo chi è lei.» Poi il suo sguardo si spostò verso Liz, quindi su Birgit, dove si fermò.

«Mi hanno detto che si è rifiutato di chiamare un avvocato. È vero?»

«Non ho bisogno di avvocati» mormorò il ragazzo.

«Bene, come preferisce.» Stadler si sedette e Birgit prese posto accanto a lui.

Liz invece si avvicinò. «Che bel ciondolo… posso vederlo?»

«Giù le mani!» Irritato Kendrick si infilò sotto la maglietta la catenina che aveva al collo.

Fantastico, cercava di conquistarsi la sua fiducia? Stadler la incenerì con lo sguardo. Tieniti in disparte!

Liz indietreggiò in silenzio e restò ferma sulla porta.

Il commissario accese il registratore e fece la solita introduzione: data, ora, persone presenti. Poi annuì in direzione di Birgit.

«Ha una vaga idea del motivo per cui è qui?» esordì la collega.

«Forse perché nel parco è vietato parcheggiare.»

«Be’, se lo sapeva, perché ci ha parcheggiato comunque?» fece subito la voce grossa Stadler.

«Ero stanco» disse il ragazzo. «Avevo bisogno di riposarmi un po’.»

«Ma un letto ce l’ha, o sbaglio?»

«Certo.»

«E la macchina in cui si è messo a dormire non è la sua.»

«Non l’ho rubata, me l’ha prestata un amico. Giuro.»

«Sì, lo sappiamo.»

«Comunque, Lian, non si tratta della macchina» disse Stadler, stufo di quei preamboli. «Non le dispiace se la chiamo Lian, vero?»

«Come preferisce» rispose il ragazzo con un’alzata di spalle.

«Il nome Katharina Wagner le dice qualcosa?»

«Mai sentito.» Scosse la testa.

«Jonathan Geissler?»

«Idem.»

«E Pia Hornus?»

«Chi diavolo sarebbero queste persone?» All’improvviso parve spazientito, come se davvero non capisse il motivo di quelle domande.

«La settimana scorsa lei non ha dato un passaggio in macchina a Pia Hornus? Anzi, per essere più precisi, non l’ha fatta salire sulla macchina che le ha prestato Magnus Jahnke?»

«E se anche fosse?» controbatté: «È forse vietato?».

«Ha dato o no un passaggio a una ragazza?» insisté Stadler senza lasciarsi confondere.

«Forse, non lo so. Carico spesso gente che fa l’autostop. Ma non chiedo mai il nome.» Esitò per qualche secondo, poi aggiunse: «E comunque la maggior parte delle persone inizia a parlare, a raccontarmi della loro vita di merda, insomma cose di cui francamente non me ne frega un tubo».

Stadler e Birgit si guardarono e dagli occhi della donna il commissario capì che stavano pensando la stessa cosa. Risposte interessanti, su cui si sarebbe potuto insistere. Ma lui decise di cambiare marcia. Così aprì una delle cartelline che si era portato dietro e tirò fuori una foto dalla fodera in plastica.

«Questa è Pia Hornus» disse.

Lian si chinò in avanti per guardare meglio. «Sì, potrebbe essere la ragazza a cui ho dato un passaggio la settimana scorsa. Ma non sono sicuro. Che le è successo?»

Stadler tirò fuori una seconda foto e la mise vicino alla prima: Pia Hornus, come era stata ritrovata.

«Io però con questo non c’entro niente!» Sembrava davvero sconvolto. I due grandi occhi castani guardarono Stadler. «Io non farei mai una cosa del genere! Quando è scesa dalla macchina stava bene, giuro!»

«E dove l’ha lasciata, di preciso?» intervenne Birgit.

«Non mi ricordo.» Abbassò la testa e si morse un labbro.

«Più o meno.»

«Non lo so. Dopo un paio di minuti le è preso il panico e ha insistito perché la facessi scendere. E io l’ho mollata.»

«Le è preso il panico? E perché?» Il commissario si sporse in avanti.

«E io che ne so? Ha farfugliato cose tipo che i suoi genitori non volevano che facesse l’autostop, che si sarebbero arrabbiati a morte e roba del genere.»

«Così lei si è fermato e l’ha scaricata sul ciglio della strada.»

«Esatto.»

«Ha visto altre macchine, lì vicino, quando l’ha fatta scendere?» domandò Liz dalla porta.

Dentro di sé Stadler imprecò. L’aveva esplicitamente pregata di non intervenire. Lui e Birgit erano una squadra rodata, negli interrogatori si servivano le domande a vicenda. Perché una volta nella vita Liz non poteva fare quello che le aveva chiesto?

«No, nessuna macchina» rispose Lian Kendrick girandosi verso la psicologa. Poi si voltò di nuovo verso il commissario, rifletté per qualche secondo e poco dopo aggiunse: «No, aspetti, quando sono ripartito una macchina l’ho vista, stava arrivando dalla direzione opposta».

«Che macchina?» chiese Birgit.

«Era buio, quindi ho visto solo i fari. Ma ho notato che stava rallentando, avvicinandosi al punto in cui era appena scesa la ragazza. Infatti ho guardato nello specchietto retrovisore.»

«E…?» Il commissario aveva iniziato a giocare con la penna, innervosito. La conversazione stava prendendo tutta un’altra piega rispetto a quella che si era immaginato.

«Era una specie di furgoncino.»

«Ha visto se Pia è salita?»

Lian scosse la testa. Poi rialzò gli occhi verso Stadler. «Crede che potesse essere l’assassino?» Si passò una mano tra i capelli arruffati. «Merda! Se non l’avessi fatta scendere adesso sarebbe ancora viva! Vero? Cazzo!» Un’altra passata di mano tra i capelli. «Io avrei bisogno di una sigaretta. Si può fumare, qui?»

«In via del tutto eccezionale.» Il commissario si alzò e aprì la finestra. Sentì il ragazzo accendersi una sigaretta e aspirare, con foga. Il suo cervello iniziò a generare vortici di pensieri. Era possibile che Lian fosse solo un testimone non coinvolto nei fatti? Esistevano davvero simili coincidenze? Ma allora perché aveva seguito lui e Liz, con la jeep?

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