Mercoledì 27 agosto, ore 9.26

D’un tratto si accese una luce. Così accecante che le fecero male gli occhi. Kelly cercò di coprirseli con le mani, ma non aveva nemmeno la forza di sollevare le braccia. Provò a gridare, ma aveva le labbra incollate.

Oh, mio Dio, le stalagmiti! Ormai l’avevano raggiunta, presto l’avrebbero spappolata. Divorata. Inghiottita.

«Kelly!» chiamò una voce.

Quei mostri erano perfino in grado di parlare! Kelly chiuse gli occhi e tentò di scivolare nel mondo dei sogni da cui quella luce accecante l’aveva strappata. Non voleva più sentire nulla, voleva solo scomparire.

«Kelly? Mi sente?»

La voce sembrava amichevole. Preoccupata.

Prima che potesse riaprire gli occhi, per azzardare una seconda occhiata, ne sentì altre. Ma non capiva cosa dicessero, non riusciva nemmeno a individuare le parole. Le sembrava una lingua straniera, e comunque distorta.

Una parte di lei era convinta che fossero le stalagmiti a emettere quei suoni assurdi. Un’altra, invece, le diceva che li aveva già sentiti.

«Kelly?» tornò a parlare la voce. «Resista, stiamo arrivando!»

Qualcuno stava trafficando con le sue catene. Le parlava, ma lei continuava a non capire.

Poi all’improvviso realizzò. Era olandese! Riaprì gli occhi. La luce le fece un effetto meno accecante e distinse un uomo in uniforme inginocchiato davanti a lei con lo sguardo compassionevole.

Kelly voleva ridere e piangere per il sollievo, ma dalla gola le uscì solo un gorgoglio.

«Shhh» disse il poliziotto. «Non faccia sforzi. È gelida e disidratata. Adesso la portiamo subito in ospedale.»

In quell’istante sentì il clic delle sue manette che si aprivano e finalmente ebbe le mani libere. Una figura che Kelly non riuscì a vedere bene passò al poliziotto una coperta. L’uomo la prese, la avvolse in essa e la sollevò. Prima ancora di varcare la soglia di quel posto orribile, Kelly ripiombò nel mondo dei sogni. Ma stavolta fu una bella sensazione.