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Dolci

PER due giorni piango rintanata nella mia stanza a casa. Nel tentativo di consolarmi, Bruce Wayne resta quasi sempre accoccolato al mio fianco. Russa alla grande e, stranamente, lo trovo un rumore rassicurante. Martedì, mi alzo. Simon ha preso una settimana di ferie dal lavoro e prova di continuo a farmi parlare, però io non ne ho voglia. Ho voglia soltanto di sfornare dolci. Biscotti, torte, crostate con la crema pasticcera… qualsiasi cosa.

Desidero solo sfornare, nonostante sia negata come cuoca.

Venerdì, io e Simon siamo in cucina, circondati da una valanga di dolci che pare di stare in una pasticceria. Bruce Wayne ronfa in un angolo, addormentato nella costosissima cuccia che gli ha comprato Simon. L’unica cosa di cui accetto di parlare è come imparare a stendere la glassa o come tenere in mano in maniera corretta il sac à poche per riempire i profiterole. Con pazienza, Simon mi ha aiutato con ogni ricetta che ho scelto. Mentre controllo ossessivamente la granella che ho appena spolverato su un biscotto, lo sento sbattere il mattarello sul tagliere che ha davanti.

«Cosa c’è? Qualcosa non va con l’impasto?»

Lui sospira e si toglie il grembiule. «Allison, bambina mia, sai quanto ti voglio bene e che ti appoggio sempre. Lo sai, vero?»

«Sì», confermo sottovoce.

Si appoggia al bancone e mi scruta. «In questo momento, però, non posso approvare il modo in cui stai affrontando la situazione e non ti permetterò di continuare così. Se mia figlia ha un atteggiamento malsano, allora ho il dovere di intervenire, ed è proprio quello che ho intenzione di fare.»

«Hai letto anche tu i messaggi. Ti ho raccontato quello che è successo e…»

«Piantala!» mi interrompe, secco. «Sta’ zitta e ascoltami. Sì, li ho letti e sì, ho sentito la tua stupida teoria sul fatto che possiamo avere soltanto una persona nella nostra vita e che credi di avere un potere tale da aver causato la morte di Steffi quando ti sei innamorata di Esben. Questa storia è ridicola, e sarei un irresponsabile se ti dicessi il contrario.»

«Non ho mica detto di avere un potere tale da…»

«In pratica, sì. Si chiama pensiero magico ed è una cavolata.» Prende uno sgabello e si siede. «Cara, devi tornare in te. La morte di Steffi è una perdita enorme, è vero. La tua migliore amica se n’è andata, un’amica con cui condividevi un legame fortissimo. Hai il diritto di soffrire e di essere arrabbiata, triste e un mucchio di altre cose, te lo concedo. Però non ti sosterrò mentre ti vedo isolarti ancora dietro a un muro. Mentre ti vedo isolarti da me, da Esben, dalle persone che ti vogliono bene. Non ti sarò solidale mentre ripiombi nell’oscurità peggio di prima, soprattutto non dopo tutti i progressi che hai fatto. Durante quest’anno ti ho vista felice, ti ho vista uscire dal tuo guscio in un centinaio di modi diversi e non ti consentirò di buttare tutto al vento. Tesoro…» Mi toglie la granella di mano e resta seduto immobile, costringendomi a guardarlo in faccia. «Steffi era meravigliosa: era allegra, dinamica, divertente… decisamente divertente, non trovi? Era bella, intelligente e dura come nessun altro. Forse, però, era troppo dura.» Fa una pausa per lasciarmi assimilare le sue parole. «Sei d’accordo?»

Ci rifletto per un po’. «Forse», ammetto.

«Secondo me era così. Era talmente dura che ti ha allontanato quando invece avrebbe potuto contare sul tuo aiuto. E questo pensiero mi rattrista. Sì, abbiamo dovuto rispettare tutti la sua decisione, perché lei era una tipa fortissima, eppure è una cosa molto triste. E penso che, anche se sotto tanti aspetti è stata un modello per te, Steffi ti ha anche inculcato alcune idee decisamente sbagliate sulla vita. Sulla gente. Aveva deciso che nella nostra vita possiamo avere soltanto una persona speciale perché lei non era in grado di gestirne di più. E così ha fatto sembrare ragionevole lasciarsi avvicinare da te e da nessun altro. Ha fatto sembrare ragionevole rifiutare Cal e Joan. È un peccato che abbia agito così, ma tu non devi fare lo stesso, Allison. Non devi allontanare chiunque ti stia intorno per proteggerti.»

Lo fisso confusa, incapace di rispondere.

«Non sei stata felice quest’anno? Non è stato bello avere degli amici? Da parte mia, posso dirti che mi sono divertito un sacco a stare con te in un modo diverso. Non tornare indietro, tesoro. Non farlo. Sarebbe un errore enorme. Steffi ha messo Esben in una situazione già persa in partenza. Cosa diamine avrebbe dovuto fare lui, eh? E tu come avresti agito al posto suo? Non c’era una scelta giusta.»

«Ma…» Nel dirlo, mi accorgo persino io che suona stupido, però non posso tenermelo dentro. «Non è stato leale nei miei confronti quando invece avrebbe dovuto esserlo. È come se avesse preferito Steffi a me.»

«Non è vero. Non vedi le cose per come stanno. Esben le è stato leale perché tu le sei stata leale. Lei gli ha ingiustamente caricato sulle spalle un peso enorme. Lui non poteva tradire la fiducia di Steffi e, di conseguenza, ha dovuto tradire la tua. Ha dovuto scegliere il minore tra due mali davvero infidi. Se la smettessi di comportarti come una svitata», aggiunge, con un sorriso, «lo capiresti.»

«Sono impazzita, vero?» chiedo.

«Già.» Ruba un biscotto dal vassoio che ho davanti e se lo mangia in un boccone. «Senti, forse sei confusa dal loro comportamento, ma devi andare oltre. Hanno fatto entrambi ciò che ritenevano più giusto per te. Volevano entrambi che tu superassi questa storia soffrendo il meno possibile. Sono sicuro che Steffi non vorrebbe che ti rinchiudessi ancora in uno squallido guscio e che chiudessi la relazione con Esben. Anzi, lei voleva il contrario.»

Mi accorgo che i biscotti di fronte a me si stanno bagnando. A quanto pare, li sto inondando di lacrime. «Steffi mi voleva bene. Sul serio.»

«Certo.» Simon mi asciuga il viso con un fazzoletto. «Ascolta il tuo cuore.»

«E Esben mi ama. Sul serio.» I biscotti sono ormai zuppi.

«Tantissimo.»

«Ho mandato tutto all’aria. Tutto.»

«Hai avuto una…» Simon si schiarisce la voce, nel tentativo di mostrare un po’ di tatto. «Hai avuto una brutta reazione. Una brutta reazione comprensibile a una situazione orribile, ma non è nulla che tu non possa risolvere.»

Travolta dalla disperazione, lo guardo. «E se non ci riuscissi? Se fosse troppo tardi?»

«Figlia mia», mi dice con un sorriso, «sono passati appena cinque giorni. Non è accaduto niente di irreparabile. La magia che c’è tra te ed Esben non può svanire per un colpo di testa. Nemmeno per uno esagerato come il tuo.»

Non so se abbia ragione. «E che mi dici di noi due?»

«Noi due?» Simon ha ripreso a lavorare l’impasto.

«Ti ho fatto soffrire? Con il mio comportamento?»

«L’unica sofferenza è stata farmi ingrassare di qualche chilo, cosa che non apprezzo affatto visto che la settimana prossima ho un appuntamento.»

«Davvero?»

Cerca di minimizzare la questione con un gesto della mano. «Oh, un tizio che ho conosciuto… tramite il blog di Esben. Uno che ha scritto un commento.»

Drizzo le antenne. «Uno di quelli che ti hanno taggato come quelgranficodipapà

Arrossisce. «Forse. Sì. Ha la mia età. Non è mica un ragazzo, altrimenti sarebbe davvero inappropriato. È un bell’uomo.»

Tampono inutilmente i biscotti con la carta assorbente, finché Simon non me la toglie di mano.

«Lascia stare. Sono rovinati, ormai.»

«Allora è tutto a posto tra noi? Mi dispiace di averti fatto soffrire e per come mi sono comportata da quando sono a casa.»

«È sempre tutto a posto tra noi. Sempre. Non avrei voluto parlarti in tono tanto brusco, ma ho dovuto.»

«Probabilmente avrebbe dovuto farlo anche Esben.»

«Non l’ha fatto?»

«Non proprio. Forse non gliene ho dato la possibilità.» Prendo un muffin al limone. «Secondo lui dicevo cose senza senso. Però è stato fin troppo gentile, forse perché aveva paura che fossi matta.» Mi chino in avanti e appoggio la fronte al bancone. «Mi sento così in imbarazzo. E da schifo. Non si meritava quello che gli ho detto. E quello che gli ho fatto.»

«Probabilmente gran parte no.» Mi accarezza la schiena. «Ma forse un pochino sì. Non lo so. Si è trovato tra l’incudine e il martello e non esisteva una mossa giusta. In fin dei conti, tu lo conosci davvero. E ti fidi di lui.»

Simon ha ragione. Non sono più la persona di un tempo. Mi fido di Esben e credo fermamente in lui e in noi. «Cavolo!» strillo di colpo. «Come cavolo faccio a risolvere questa situazione, papà?»

Simon monta la glassa a base di formaggio spalmabile per i cupcake alla carota, in silenzio.

Nel frattempo, tamburello con le dita sul bancone e piango ancora un po’. Poi all’improvviso, in questa spirale di depressione, vengo colpita da un raggio di luce.

Mi raddrizzo sullo sgabello. «Ti ho chiamato ‘papà’.»

Simon annuisce, ma continua a sbattere come una furia il composto nella terrina.

«Ti ho chiamato ‘papà’», ripeto, con più enfasi. «È un passo importante.»

«Sì, l’hai fatto e sì, è importante.»

«Quando ero nel taxi per andare in aeroporto…» Sono piuttosto sconvolta. «Anche allora l’ho fatto.»

«Sì. Non ero sicuro se… lo pensassi davvero.»

Sopraffatta dalla felicità, mi concedo un sorriso. «Sì.»

«Mi piace.» Simon mi guarda con un’espressione dolcissima, che mi permette di alleviare lo stress e l’agitazione che mi attanagliano.

«Ricordo che ti ho chiesto di aiutarmi.»

«Sì.»

«E tu l’hai fatto. Come sempre.»

«E continuerò sempre.»

Giocherello con diverse decorazioni, allineando i piccoli contenitori di granella e zuccherini luccicanti. Sulle maniche avrò macchie di almeno dieci ingredienti diversi, ma non mi interessa. «Adesso so che non ne ho mai dubitato. Non ho mai dubitato di te. Non seriamente. Tu sei mio padre. Il mio papà.»

«Per sempre.»

A quanto pare invece la fiducia in Esben mi aveva abbandonato del tutto. Mi accascio sul bancone. Dio, lui si meritava molto di più. «È da martedì mattina che Esben ha smesso di scrivermi e di chiamarmi. Non è un buon segno. Magari è troppo tardi. E se avessi perso ogni cosa?»

«No», ribatte Simon convinto, mentre estrae dal forno una torta al cioccolato cotta alla perfezione. «Sono passati pochi giorni da quando hai perso Steffi e dalla scenata a Esben. Riprenditi e ragiona, okay? E poi, adesso sai cucinare un trifle perfetto. Come potrebbe accaderti qualcosa di brutto dopo un tale successo?»

«Ti ho chiamato ‘papà’ e ho preparato un trifle che non faccia vomitare. Sono due pietre miliari, no?» gli domando, piena di speranza.

«Giusto.» Raggiante, mi allunga un cucchiaio di glassa al formaggio spalmabile per farmela assaggiare.

«Mi riaccompagni comunque all’università domani, vero?» m’informo.

«Sì, perché?»

Mi sporgo in avanti e assaggio la glassa. È perfetta. «Devo telefonare a Kerry, per farmi dare qualche consiglio e scambiare quattro chiacchiere tra ragazze prima di riprendere i corsi. Ti dispiace?»

«Per niente. Scappa pure. Comportati come la tipica studentessa che non aiuta a pulire la cucina… va bene. In qualche modo me la caverò… senza di te.» Si finge in difficoltà, in modo talmente esagerato che scoppio a ridere. È la prima volta che rido da diversi giorni a questa parte.

«Tornerò tra qualche minuto e la pulirò fino a farla brillare, te lo giuro.»

«Non preoccuparti. Ah, se ti va, Allison, potresti… prendere la mia vecchia macchina, okay? Tanto adesso ho quella nuova.»

«Oh, già. La tua piccola Porsche. Hai tenuto anche l’altra? Quella che so benissimo che non ti serve?» Nascondendo un sorriso, mangio altre cinque cucchiaiate di glassa prima che Simon mi strappi di mano il cucchiaio.

«Accetta e basta.»

Tecnicamente, non mi ha comprato una macchina…

«Okay, va bene.»

Non vorrei farne una questione di Stato, ma Simon va da Bruce e lo accarezza. «Hai sentito? Da questo momento la nostra Allison è l’orgogliosa proprietaria di una macchina.»

Il cane agita la coda e ansima come se fosse davvero elettrizzato.

«Soprattutto, però, che cosa succede con Kerry?» s’informa Simon mentre sfrega il naso contro quello di Bruce. «Perché la vuoi chiamare?»

«Voglio tornare al punto di partenza.» È bello sentirmi ancora me stessa. O, perlomeno, la nuova me stessa. Sono sicura di quello che voglio, anche se non so come andrà a finire. «Ehi, Simon? Papà?»

«Sì, amore?»

Mi allungo verso il mio incredibile padre e lo abbraccio. «Grazie mille. E scusa per la quantità folle di dolci che abbiamo cucinato.»

«Qualche volta perdiamo tutti un po’ la testa. In ogni caso, è sempre meglio mettersi a preparare dolci che dare fuoco alla casa.»

«Questo è vero.» Lo stringo a lungo.

«Forza, va’ a fare la tua telefonata. E una volta finito, mi troverai qui.»

Mi stacco da lui e gli sorrido.

So quello che voglio e ho intenzione di fare il possibile per ottenerlo.

Bruce Wayne si stiracchia e sfrega il muso contro di me. Lo considero un segno della sua approvazione. D’ora in avanti, vedrò il lato positivo.