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Tequila e altre cose

PER il «qualcosa di un po’ più sostanzioso» finiamo in un ristorante italiano in fondo alla strada dove non sono mai stata. Steffi si spazzola un piatto di fettuccine burro e parmigiano e, tra un boccone e l’altro, trova il tempo di sgridarmi per non essere mai venuta prima in questo posto. «Adesso capisci che cosa ti sei persa?» Poi infilza una delle mie polpette e se la infila in bocca intera.

Dopo una breve sosta per fare rifornimento al negozio di liquori (dove ben tre ragazzi lasciano alla mia amica dei volantini per altrettante feste), torniamo nella mia stanza e Steffi versa i primi shot di tequila. Non bevo dall’estate scorsa e l’alcol mi brucia la gola. Sorrido. «Dio, quanto mi è mancata la tequila.»

«E tu sei mancata a lei.» Succhia una fetta di lime e fa una smorfia. «Sai a cos’altro sei mancata?»

«A cosa?»

Infila una mano nel sacchetto di carta e tira fuori una bottiglia. «Al gin!»

«Urrà!»

Ci infila anche l’altra ed estrae una terza bottiglia. «E all’acqua tonica!»

«Urrà!»

«E urrà al mio fantastico documento falso.»

Preparo due drink belli forti e prendo del ghiaccio dal minifrigo mentre Steffi crea una playlist sul computer e la camera si riempie di musica a tutto volume.

«Cavolo, ma oggi è venerdì?» strilla.

«Sì, perché?» Appoggio il suo bicchiere sulla scrivania. «Perché sei su Amazon?» Scruto lo schermo. «E perché stai comprando degli adesivi con il disegno di una pecora, del nastro adesivo e un tagliapeli per il naso?»

Dopo un lungo sorso, gira la sedia verso di me. «Ti ricordi l’appartamento in cui stavo l’estate scorsa? Be’, dopo che mi sono trasferita, mi sono fatta consegnare delle cose là per sbaglio; mi ero dimenticata di cambiare l’indirizzo su alcuni siti, compreso uno su cui ho acquistato un vestito supersexy non certo a buon mercato. Quelle due sceme che hanno occupato la casa dopo di me non hanno mai rimandato indietro niente.» Si concede un altro sorso. «O hanno detto che non era arrivato nulla. Bugiarde. Quindi, ogni mese mi faccio consegnare lì un pacco. Mi piace l’idea che quelle due si entusiasmino al pensiero di rubarmi qualcosa di figo. Perché io compro sempre cose fighe, giusto? E poi aprono la scatola e ci trovano calzini a righe, un cuscino a forma di cacca o roba del genere. Le punirò per sempre.»

Quanto mi è mancata questa ragazza.

Mi siedo sul letto. «È un piano brillante. Voglio aiutarti!»

«Fa’ pure. Scegli qualcosa. Oltre ai biglietti aerei, è così che spendo i soldi in più della borsa di studio.» Si mette le mani sulla nuca e si stiracchia. «Sono un vero genio.»

Dopo qualche ricerca, aggiungo un adesivo con su scritto NIENTE PUBBLICITÀ e una scatola di cracker di quinoa con pessime recensioni. Non appena Steffi riceve un messaggio sul cellulare con la conferma dell’ordine, festeggiamo scolandoci i drink. Siamo anime gemelle, poco ma sicuro.

Siccome sono pessima a reggere l’alcol, alle nove e mezzo sono già brilla ed è una sensazione fantastica. Steffi intanto si lancia in un ballo scatenato facendo oscillare i fianchi come per far girare un hula-hoop. Sprofondata sul divano intenta a succhiare un cubetto di ghiaccio, osservo la mia amica che balla nel salottino. Sono ancora stupita che sia venuta fin qui e il sorriso che ho stampato in faccia è la testimonianza di un bel momento di tregua dopo gli avvenimenti della settimana.

A questo pensiero, però, mi rizzo a sedere di scatto. «Ehi, aspetta un attimo!» strillo. «Fermati!»

«Eh?» Steffi si blocca. «Sono troppo sexy per te?» Dimena i fianchi.

«Tu!» Le punto contro un dito. «Tu non sei qui perché ti avanzavano dei soldi!»

Si rabbuia all’istante. «Cosa vuoi dire? Volevo trascorrere un fine settimana lungo con la mia migliore amica. Ecco tutto.» Prende il gin e si versa da bere.

«Tu sei qui», proseguo con enfasi, agitando l’indice, «per scellerati motivi!»

Steff scoppia a ridere. «Scellerati motivi? Oh, davvero?»

«Stephanie Elinor Troy! Sei proprio subdola! Confessa subito!»

Lei è piegata in due dalle risate.

Sono confusa. «Cosa c’è di tanto divertente?»

«Il mio secondo nome non è Elinor!» mi risponde, per poi abbandonarsi a una nuova crisi di ridarella e sedersi accanto a me.

«No?» Sto cominciando a biascicare. «Perché ero convinta di sì? Chi è Elinor?»

«Ti ricordi quella strana famiglia da cui sono stata a Watertown? Elinor era il loro Jack Russell terrier.»

«Oh.» Le tolgo il bicchiere di mano e le rubo un sorso. «Chi chiama un cane Elinor?»

«Un proctologo e una medium che vivono a Watertown e hanno voluto una figlia finta per cinque mesi.»

«Ma ce l’hai almeno un secondo nome?»

Si riprende il bicchiere e si stringe nelle spalle. «Non che io sappia. Non so nemmeno come faccio ad avere un cognome. Questo sì che è ancora più strano di un cane che si chiama Elinor. Mi hanno abbandonata in uno di quei centri dove puoi lasciare i bambini senza che ti facciano domande, e dubito di aver avuto un post-it attaccato in fronte con il mio nome completo. Ehi, ma allora chi mi ha dato un nome? Chi ci ha dato un nome? Anche tu sei stata abbandonata in ospedale!»

Ha ragione. Non ci avevo mai riflettuto prima. «Già! Chi ci ha dato un nome? Avrebbero dovuto lasciarlo scegliere a noi!»

«Tu hai preso il cognome di Simon e sei diventata Allison Dennis. Ti si addice.» Il suo sguardo si illumina. «Mi è venuta un’idea. Giochiamo a Jenga con i pacchi!»

«Piantala», ridacchio.

«Dài. Ci divertiremo. Toglierò un pacco verso il basso e speriamo che la torre non caschi.»

«Assolutamente no!»

«Allora ne prenderai prima uno tu e poi uno io… Seriamente, perché non ne hai aperto neanche uno? Simon ti avrà mandato della bella roba. Del ramen, dei biscotti e dei prodotti contro i pidocchi.»

«Io non ho i pidocchi!» ribatto.

«Non ancora, ma si sa che i campus universitari sono terreno fertile per i pidocchi.»

Forse ha ragione. Forse Simon mi ha spedito degli oggetti indispensabili di cui non mi ero nemmeno accorta di avere bisogno. Dio, Steffi non ha nessuno che le invii delle cose e se le meriterebbe eccome. E magari là dentro ci sono davvero dei biscotti… Dovrei aprirli. Almeno uno.

Un po’ traballante, mi alzo per prepararmi un altro gin tonic. Nel versare il gin, però, mi giro rovesciandolo tutto sul tappeto. «Ehiii! Aspetta un attimo. Stai cercando di distrarmi dal punto fondamentale.»

«E fondamentalmente quale sarebbe?»

«Il motivo per cui sei qui.» Torno accanto a lei. «Parliamo.»

Lei mi guarda come se non capisse.

Le do una lieve pacca sulla spalla. «Hai qualche favolosa notizia? Hai per caso fatto domanda per uno stage per quella rivista di cui mi hai parlato quest’estate? Ti hanno presa? Oppure c’è un ragazzo. È per un ragazzo, vero? Dimmelo, dimmelo!»

Steffi sorride e batte le mani. «Be’, sì. C’è un ragazzo.»

Sto per esplodere. Anche se si è divertita con alcune storielle, sono secoli che Steffi non ha un vero e proprio fidanzato. «Raccontami tutto!»

Senza smettere di sorridere, mi fissa a lungo e, solo quando mi vede alzare gli occhi al cielo per la frustrazione, si decide a rispondermi. «Si chiama Esben Baylor e tu ci hai pomiciato, sei diventata una star di internet e non vuoi parlarne. È successa una cosa grossa! Meravigliosa! Una cosa che non è affatto da te ed è bellissimo. Cin cin!»

Irritata, incrocio le braccia e le faccio una smorfia. «No, niente cin cin! Non cincinneremo!»

«Non esiste questo verbo.»

«Chissenefrega. Credevo avessi qualche bella notizia su di te, che stessimo festeggiando. Sono delusa. Sei venuta fin qui per farmi parlare di quell’Esben e della cazzata che ho combinato?»

«Sì.» Steffi afferra il telefono, ci armeggia un po’ e lo gira verso di me. «Guarda. Guarda.» È un fermo immagine con Esben e me.

«Non è nulla», nego poco convinta, visto che le tolgo di mano il cellulare e scruto l’immagine.

«Non è affatto nulla.»

Mi riprendo da quell’attimo di distrazione. «Ha reso la mia vita un inferno in questi sette giorni! Lo sai quante persone mi hanno rotto le scatole, alla ricerca di dettagli piccanti? È stato orribile. Finalmente sono riuscita a farle smettere.»

«Be’, su internet no.»

«Di che cosa stai parlando?»

«I tweet, i commenti sui siti che hanno ripreso il video… la gente lo adora.»

«Ci sono dei commenti?»

«Ovvio, stupidona! Ce ne sono migliaia.» Mi studia con gli occhi a fessura. «Dobbiamo fare qualcosa per il tuo trucco. E per i capelli.»

«Eh? Non me ne importa un cavolo del trucco e dei capelli! Migliaia di commenti? Com’è possibile?» Il gin non mi sta aiutando a stare calma e faccio a malapena caso a Steffi che mi scioglie la coda e recupera la trousse per il trucco dalla sua borsa.

Mi fa chiudere gli occhi e mi applica l’ombretto. «Tesoro, Esben ha più di quattrocentosettantacinquemila follower solo su Twitter. Poi ne ha più di trecentomila su Facebook. Senza parlare del suo blog.»

Apro gli occhi di scatto, ignorando la sua espressione irritata perché ho interrotto la sessione di trucco. «Centinaia di migliaia. Oh, Steff…»

«Se badassi un po’ di più al mondo online, l’avresti saputo. Esben Baylor è un’icona dei social! Ed è proprio qui nel tuo campus! Sono talmente gelosa che potrei mettermi a urlare.»

Già, potrei mettermi a gridare anch’io.

Riprende il telefono e ci armeggia ancora un po’. «Ecco, leggi. Sono i commenti al suo post originale su Twitter.»

In silenzio comincio a passare in rassegna l’elenco infinito, mentre Steffi mi applica l’eyeliner marrone, il blush e poi accende un grosso arricciacapelli e mi sistema la chioma disordinata.

Splendido. Sincero. Commovente. Continua così, Esben.

Ben fatto! Il montaggio è straordinario. Grazie per averlo condiviso.

L’ho fatto vedere a mia mamma e abbiamo pianto tutte e due, lol!

Chi è lei? È proprio una bomba! Bravo, amico! Niente male come inizio di una storia, eh?

Vieni a Chicago, ti prego! Ti vogliamo anche qui! Mi offro volontaria per fare tutto quello che vuoi! Baciami!

La ragazza è su Twitter? Voglio seguirla.

Quello sì che era un bacio, ma… poi? È tornata indietro? Le hai parlato?

Sbuffo, ma continuo comunque a leggere. Si tratta perlopiù di tweet deliranti pieni di complimenti al video, però ce ne sono anche alcuni cattivi.

Quella ragazza non ti merita. Sono felice che sia scappata via.

I tuoi video sono una noia mortale e tu sei un coglione.

Che video trito e sdolcinato. Fatti una vita.

Mi danno il voltastomaco.

«Sai una cosa?» esclamo, a voce troppo alta. «Quello che ha fatto non va bene! Non ho mica chiesto io tutta questa attenzione. Se a lui piace stare al centro dell’universo, okay, è un suo diritto, ma come osa risucchiare nelle sue stronzate me e tante altre persone ignare? È un soggetto davvero orribile!»

«Già, è orribile», concorda lei. Poi si interrompe di colpo. «Dovresti dirglielo, no?»

Sbatto il telefono sul divano. «Certo! Dovrei proprio dirglielo!»

«Sì, adesso!» Steffi probabilmente inizia a condividere la mia rabbia. «Scopriamo in quale dormitorio sta. L’elenco degli studenti è online?» mi domanda.

«Non lo so, immagino di sì. Non ho mai cercato nessuno.»

Ci connettiamo al portale degli studenti e, nel giro di pochi secondi, Steffi scopre che Esben sta nel dormitorio Wallace Hall, non lontano dal mio. «Bingo!» annuncia, per poi ingrandire la sua foto del profilo. «Dio, questo ragazzo è un vero spettacolo per gli occhi…»

«Ehi! Piantala!»

«Voglio dire, resta comunque una brutta persona, s’intende, ma è un gran figo.»

«Così me lo fai odiare ancora di più.»

«Be’, allora devi andare subito a dirgli quanto è orribile.»

«Subito?» Mi è venuto il singhiozzo.

«Sì. Cogli l’attimo!» Steffi si alza trascinandomi con sé e, con una mano, mi ravvia i capelli arricciati. «Guarda il video insieme a lui e fagli notare quanto sia ridicolo!»

«Tu non mi accompagni? Per farmi da spalla? Sai, potresti urlare: ‘Ben detto!’ quando pronuncerò qualcosa di intelligente.»

Recupera un rossetto rosso dalla tasca dei pantaloni attillati e si ripassa le labbra. «Io farò un salto a una di quelle feste a cui ci hanno invitato. Ci sono diversi ragazzi carini in questo campus. Scrivimi appena torni.»

«Farò il culo a Esben!» strillo fiera. «Come una vigilante!»

«Il culo di Esben e una vigilante ubriaca, sì. Ora lasciami mettere ancora un po’ di lucidalabbra su questa bella boccuccia imbronciata…»