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Il mio cuore è tuo
A GIUDICARE dal freddo che fa al campus a gennaio, potremmo benissimo trovarci in Alaska. Sono due giorni che imperversa una tempesta di neve e ghiaccio e si parla addirittura di annullare i corsi per domani, una cosa inaudita. Nel pomeriggio, io e Carmen siamo abbastanza intrepide da sfidare il clima e andiamo a berci una cioccolata calda alla caffetteria. Una volta finito, però, mentre mi infagotto per tornare al dormitorio, la guardo e le dico: «Non ho per niente voglia di uscire di nuovo. Magari potremmo dormire qui».
Lei si calca fin sopra gli occhi un pesante cappello con un pompon gigante in cima che si addice perfettamente al suo viso. «Scordatelo. Quel gran figo di Danny, l’amico di Esben che mi hai presentato, deve venire da me tra mezz’ora e, per allora, dovrò essermi scongelata.»
«Okay.» Indosso un giaccone con un’imbottitura spessissima e mi sembra di avere le mani gigantesche per via dei guanti, eppure sulla strada mi sono gelata comunque. «Le cose vanno bene con Danny?»
Non so che cosa mi abbia spinto a far incontrare Carmen e Danny, ma entrambi hanno le loro manie e ho immaginato che potessero formare una bella coppia. Danny con l’armonica e Carmen con i capelli di un colore sempre diverso… Sono passate solo poche settimane e, a quanto pare, ci avevo visto giusto. Sono davvero felicissima di essere stata io l’artefice del loro incontro.
«Talmente bene che oggi mi sono depilata le gambe.» Solleva il cappuccio peloso sopra al cappello e sorride.
Mi copro il viso con la sciarpa e mi faccio coraggio. «Forza!» Sentendo la mia voce attutita alla Darth Vader, scoppiamo a ridere. «Esben mi aspetta in camera mia perché non è voluto uscire. Siamo noi le vere dure.»
«Puoi scommetterci!»
Arranchiamo per il campus bersagliate dal miscuglio ghiacciato che cade dal cielo, per fiondarci nell’ingresso del dormitorio, al caldo. Esben è ancora nella mia stanza e sta scrivendo qualcosa al computer; non appena entro, inclina la testa verso di me.
«Ehi, ghiacciolo», mi saluta prima di darmi un bacio.
«Cosa stai facendo?» Appendo il giaccone e mi siedo sul letto. Comincia a fare buio, ma il bagliore dello schermo gli illumina il viso in modo accattivante, quindi decido di non accendere la luce.
«Controllo i commenti e mi sbarazzo di qualche idiota. Di solito se ne occupa Kerry, però ultimamente è piuttosto impegnata, quindi sto cercando di rimettermi in pari.»
«Capito.»
Mi sdraio e chiamo Steffi, ma parte la segreteria. Visto che in crociera non c’era campo, nelle ultime settimane ci siamo sentite a malapena e adesso è costretta a trasferirsi in un altro appartamento, perché il proprietario del palazzo in cui vive lo sta vendendo e sta sbattendo fuori tutti. Il mio telefono emette un suono e vedo un messaggio da parte sua.
Scusa, non posso parlare. Sono dal parrucchiere a fare il colore. Ci sei domani?
Sì. Sei riuscita a trovare un nuovo appartamento? Ti serve aiuto per il trasloco?
Tutto a posto. È una gran rottura, ma ho tutto sotto controllo. Ci sentiamo presto.
All’improvviso, a Esben sfugge un gemito di disgusto.
«C’è qualcosa che non va?» gli chiedo.
«Adesso che Kerry è così presa dalla sua vita amorosa, mi sto rendendo conto di quanti imbecilli ci siano online. Comincio ad averne le scatole piene. Ho passato due ore a rimuovere spazzatura.» Fa una smorfia accigliata. «Hai visto le foto che posta mia sorella?»
«Oh, quelle. Be’, sì…»
Ultimamente, le pagine di Kerry sui social sono zeppe di foto sue e di Jason.
«È raccapricciante», si lamenta Esben. «Mia sorella e il mio migliore amico! Che schifo.»
Scoppio a ridere. «Non è uno schifo. Sono dolcissimi insieme.»
«Bleah! Guarda questa in cui si baciano!» Ingrandisce un’immagine e poi si copre il viso con le mani. «I miei occhi! I miei occhi!»
Mi avvicino a lui e gli giro la sedia verso di me. «Allora non guardarle.»
Mi fa un sorrisetto malizioso. «Posso starmene qui seduto a guardare te invece?»
«Se servirà a distrarti, sì.»
Mi avvicino di più e lui mi appoggia una mano su una guancia. «Sei ancora un po’ fredda, eh?»
«Un po’.» Anche se quel contatto mi rende molto poco fredda.
Gli sfioro le labbra con le mie. Avevo in mente un bacio veloce ma, non appena gli infilo la lingua in bocca, le mie intenzioni vanno a farsi friggere. Nel giro di pochi secondi, lo sto baciando con una passione e un desiderio che non ho mai provato prima ed Esben ricambia con trasporto.
Poi però rallenta e si stacca. «C’è… ehm, c’è una festa al secondo piano stasera, se ti va di andarci.» Ha le guance rosse e si sta sforzando di calmare il respiro. «L’hanno chiamata la festa della tempesta di ghiaccio. Ci saranno un sacco di granite alcoliche. Potremmo sbronzarci un po’ con qualche strano cocktail azzurro.»
Anche se abbiamo partecipato a diverse feste e io mi sono divertita a incontrare gente nuova e a trascorrere del tempo con i suoi amici e con quelli che mi sono fatta, questa sera non ho la minima voglia di uscire da questa stanza. E, a giudicare dallo sguardo con cui mi scruta Esben, credo che pure lui sia della stessa idea.
«Non mi piacciono le granite alcoliche. Però mi piacciono altre cose», dichiaro provocante.
Gli afferro la camicia e lo costringo ad alzarsi, per poi crollare entrambi all’indietro sul letto. Mentre ci baciamo, lui fa per rotolare al mio fianco, ma io lo tengo fermo sopra di me e apro le gambe in modo che, intrappolato lì in mezzo, il suo corpo sia ben appiccicato al mio. Il bacio diventa più intenso e sposto le mani sulle sue braccia, poi alla base della sua schiena. Premo i palmi contro la sua pelle e gli spingo i fianchi contro i miei. Con un grugnito, e il fiato sempre più corto, Esben abbassa la bocca sul mio collo e sento le sue labbra muoversi impetuose su di me. Si allontana solo quando lo cingo con una gamba e gli sfilo la camicia dalla testa. Mi libero anche della mia e lo attiro di nuovo contro di me. Lo desidero da star male e, appena mi accarezza la pancia con la lingua, mi sfugge un gemito. Abbiamo già vissuto dei momenti di fuoco prima, ma mai nulla di simile.
Mentre Esben risale fino al mio collo, gli appoggio le mani sulla patta dei jeans e gli slaccio un bottone.
Lui si blocca e mi guarda in faccia. «Allison?»
Sorrido. «Esben?»
«Che cosa stai facendo lì sotto?»
In silenzio, gli abbasso la cerniera.
Lui chiude gli occhi per un secondo, poi ripete il mio nome. «Allison?»
Infilo le mani nei suoi pantaloni. «Sì, Esben?»
«Che cosa stai facendo lì sotto?» ripete, con un sorriso.
«Ne ho abbastanza di esplorare la vasta gamma. Sono pronta.»
«Sei pronta?»
«Sì. Voglio stare con te.»
«Ci sono ancora altre cose che possiamo provare. Voglio che tu sia sicura…»
«Sono sicurissima.» Gli do un bacio leggero. «Ti amo e mi fido di te. Mi fido di noi. Hai idea di cosa significhi per me riuscire a pronunciare queste parole? E sentirle davvero? Dio, sono così felice, Esben. Non ho mai immaginato di poter essere tanto felice.» Gli stuzzico la pelle con le dita. «E tu, sei pronto?»
«Lo ero due secondi dopo averti incontrato.»
Armeggio con i suoi jeans. «Me lo consenti?»
«Non te lo consento. Lo esigo.»
«Allora fa’ l’amore con me.»
Lo vedo smettere di respirare per un secondo.
«E lasciami fare l’amore con te», aggiungo. «Voglio dimostrarti quanto ti amo. Ne ho bisogno», gli dico.
Con un sorriso dolce, Esben annuisce. «Ne ho bisogno anch’io.»
Inarco i fianchi verso di lui. «Bene.»
Ricominciamo dall’inizio della vasta gamma e procediamo con calma, con affetto, a volte con un po’ di nervosismo ma, passo dopo passo, mi sento più tranquilla grazie al suo amore, alle sue carezze, alle attenzioni che mi riserva. Metto le mani dove non le ho mai messe prima, desidero cose che non ho mai desiderato prima e provo sensazioni che non ho mai provato prima. Insieme, ci scopriamo a vicenda e, insieme, impariamo.
Poi, quando non potremmo essere più vicini e lui si muove con estrema delicatezza su di me, Esben mi guarda dritto negli occhi e mi ripete quanto mi ama, quanto sono bella, quanto è completo il suo mondo grazie a me. «Il mio cuore è tuo, Allison», mi dice con voce tremante. «Il mio cuore è tuo.»
«E il mio è tuo», sussurro di rimando.
Ci baciamo e lo cingo con le braccia, spingendo i fianchi verso i suoi senza la minima esitazione e affondandogli le unghie nella pelle.
Lui solleva appena il petto e si blocca. «Tutto a posto?»
«Sì, sto benissimo», riesco a malapena a rispondere. «Non fermarti, ti prego.»
E non si ferma affatto.
Più tardi, accoccolata su di lui e protetta dal suo braccio, sono sopraffatta da un senso di pace e di completezza. Anche se muoio dalla voglia di raccontarlo a Steffi, staccare il mio corpo nudo dal suo sarebbe straziante, o almeno questa è l’impressione che ho.
«Allora», si schiarisce la voce. «Come ti è sembrato… o forse è stato…»
Nel sentirlo cercare le parole giuste, mi scappa un sorriso. Esben è la persona meno insicura che io abbia mai conosciuto, ed è carino che sia tanto nervoso in questo momento. «Sì?»
«Sto solo tentando di capire o di essere sicuro che non ti sia pentita. E che sia stato bello. O se non altro che non sia stato orribile o che altro.» Si irrigidisce. «Oddio, non è stato orribile, vero?»
Mi giro e lo guardo in faccia. «Sei pazzo?»
«A dire il vero, in questo istante, un po’ sì.»
«Se fosse stato orribile, allora perché ho già voglia di rifarlo?»
Ridacchia. «Ah sì?»
«Sì.»
«Dammi qualche minuto e ci sto.» Si puntella su un gomito, scosta le coperte, e, nella debole luce che illumina la stanza, lascia vagare lo sguardo su e giù lungo il mio corpo. «Dio, sei stupenda.» Abbassa ancora di più le coperte.
Non mi preoccupo di avere il seno troppo piccolo o di non allenarmi quanto dovrei. Non mi preoccupo di nulla perché, so che quello che abbiamo fatto stasera va oltre il piano fisico.
«Stai bene?» mi chiede.
«A meraviglia», replico, e sono sincera. «E tu? È stato…» Adesso è il mio turno di cedere all’ansia. «Io… cioè, ovviamente non l’avevo mai fatto prima, quindi… come è stato per te?»
Il suo bacio potrebbe già bastarmi come risposta ma, appena si stacca dalle mie labbra, scorgo un luccichio nei suoi occhi. «Non dimenticarti che è la prima volta anche per me, ma devo ammettere che, secondo me, siamo stati piuttosto bravi.»
«Okay», rispondo, meno convinta di quanto vorrei. Ora che abbiamo compiuto questo passo, inizio a nutrire qualche dubbio sulla mia prestazione.
«Allison, ascoltami», mi dice. «È stato bellissimo. Nessuno avrebbe potuto desiderare una prima volta migliore.» Muove i polpastrelli su e giù lungo la parte interna della mia coscia e, piano piano, il mio corpo avvampa di nuovo. Infine appoggia la mano tra le mie gambe. «E so già che nessuno potrebbe desiderare una seconda volta migliore.»
Non ribatto. Non ci riuscirei.
A mezzanotte, scaldiamo della zuppa nel microonde e mangiamo gli ultimi cracker al formaggio che mi ha mandato Simon. Nella speranza di trovare altro cibo, apro il pacco che mi è stato recapitato oggi: Dio benedica Simon. Ci sono brownies freschi al cioccolato, del costoso risotto che si cuoce al microonde e ha un sapore paradisiaco, una bottiglia di Perrier, dell’aspirina, vaschette monoporzione di porridge con lo zucchero di canna e il mio cibo spazzatura preferito in assoluto: una confezione di fettuccine burro e parmigiano. «Bingo!» strillo.
Solo ora mi ricordo che oggi ne è arrivato anche un altro, di cui non ho nemmeno controllato il mittente. Intuisco subito che Simon l’ha spedito per Esben e mi scappa un sorriso. «C’è posta per te», lo informo, raggiante.
«Davvero?»
Lo porto nel salottino e glielo consegno.
Davanti alla sua espressione contenta, mi si scalda il cuore. «Simon mi ha mandato i cannoli di Mike’s!» esclama mentre legge il biglietto. «Ragazzi, Simon è proprio forte.»
Come immaginavo, Esben scatta un centinaio di foto e le posta immediatamente, senza dimenticare di taggare Simon e di specificare che il fantastico dispensatore di cannoli è mio padre. Pubblica anche una foto della sera in cui siamo stati da Mike’s, in cui Simon è venuto particolarmente bene. Poi raggiungiamo la piccola cucina del dormitorio, dove mangiamo il risotto e beviamo in attesa che siano pronte le fettuccine che sobbollono in una pentola malconcia. Non sapevo che il sesso facesse venire una fame da lupi e non potrei essere più grata per tutto questo cibo. Devo trovare la maniera per ringraziare Simon come si deve.
Sazi e stravolti, io ed Esben ci raggomitoliamo a letto. Sono esausta ma pervasa dall’euforia.
Eppure, proprio quando comincio ad appisolarmi, ho la vaga impressione che ci sia qualcosa che non va. Non riguarda me, né Esben. Mi sfugge un particolare. Lo sconforto cerca di farsi strada dentro di me, come se la tempesta che infuria fuori non fosse l’unica cosa ad abbattersi su di me. Mi riscuoto subito da questa sensazione, perché oggi non ho intenzione di ricadere nella vecchia routine di preoccupazione e negatività. Sto ancora imparando ad accettare le cose belle che la vita mi riserva, perciò torno in me e mi concentro su questa sera.
Perché questa sera è stato il sogno che non mi sono mai concessa di fare.