Trentasei

Aprì gli occhi e fissò il soffitto, che gli sembrò alto, più alto del normale. Strane ombre, dalla finestra socchiusa nella prima luce del mattino, che si muovevano sul muro accentuando la sensazione che il soffitto salisse, sempre più in alto. Non più bianco, come era. Forse un colore sbiadito. Una muffa sospesa come una nuvola.

Che cosa mi succede?

Per la prima volta erano riusciti a spaventarlo.

Perché io?

Si impose di ripensare tutto dal principio, com’era sua abitudine. In ordine. Un fatto dopo l’altro. Le parole, i gesti. Con calma. Non dimenticando niente.

Avanti…

Via Lerici.

Gli urli, le strane combinazioni, la minaccia.

Via Lerici.

Il parco.

La bambina

Il soffitto continuava a salire.

Avanti…

Il cane contro di lui e quella bambina straziata sul prato.

Avanti…

Via Lerici.

Avanti…

Il parco. In quel punto, lui solo con Dick.

Avanti…

Avanti…

Non avrebbe saputo dire quanto era rimasto a fissare quel soffitto, inseguendo i fatti, riascoltando le voci, le parole… In quella nuvola sospesa che si allargava per avvolgere tutta la stanza.

Mesi e mesi di piccoli indizi che aveva trascurato. Via Lerici, Cuotolo, il cane nero al parco, Galasso e quell’uomo vestito di nero con la faccia coperta…

Quell’uomo vestito di nero con la faccia coperta…

Quell’uomo vestito di nero con la faccia coperta…

Via Lerici…

Si mise a sedere nel letto, appoggiando la schiena ai cuscini: e guardò il soffitto che ora era tornato improvvisamente al suo posto. Ed era bianco.

Si picchiò la fronte con la mano aperta. Idiota, si disse a mezza bocca. Idiota! L’avevo davanti agli occhi… idiota!

Ora doveva dirlo a Giacomo.

«Ehi, ma sono le otto!»

Un attimo, sentì la porta che si apriva e apparve Liciuzza con il caffè. Con un gesto le disse di richiuderla e di andarsene.

«Dove sei?»

«Sto andando in agenzia. Abbiamo scoperto…»

«Sì, me lo dici dopo. Invece… io so chi è la bestia nera».

«Avanti, Max… hai dormito bene?»

«Stammi a sentire… non è una persona, è un’organizzazione. Non mafiosa, non sono i loro sistemi. Forse c’entrano, ma non sono loro. Questa è un’organizzazione che ha mezzi, che comanda, che conosce i vari itinerari, le merci… e comanda ai livelli più alti su molti fronti, pubblici e privati. Hanno in mano banche, assicurazioni, permessi governativi… Non soltanto al porto, lì hanno mezze figure come Cuotolo».

«L’hanno ammazzato».

«No, Giacomo. Non si sporcano le mani. Al porto qualcuno risponde a loro, capisci come funziona? E questo qualcuno ha ammazzato Cuotolo perché aveva sgarrato. L’organizzazione non sa neppure chi era Cuotolo. Capisci come funziona?»

«Sì, credo di capire. Va’ avanti…»

«Se ne prendiamo uno, abbiamo in mano l’intera organizzazione».

«E tu che c’entri?»

«Niente. La mia è stata una farsa, che purtroppo è costata la vita a una bambina passata di lì per caso. Mi volevano solo spaventare».

«Max, per favore! Una bestia di quel genere… se non l’ammazzavi credi che ti avrebbe leccato le mani?»

«Non mi avrebbe ammazzato».

«Si è alzata contro di te, te lo ricordi?»

«Era una femmina, aspettava dei cuccioli… Chissà che cosa voleva fare. Una bestia allenata alla difesa. L’hanno aizzata contro di me, io ho sparato: ma quella bestia nera non somigliava alla bestia che ammazzò Cuotolo».

«E tu che ne sapevi?»

«Io, no. Ma loro sì. Loro lo sapevano».

«Sarà, ma intanto sono contento che tu abbia sparato».

«Certo, anch’io. Non ho avuto tempo per riflettere, ho agito d’istinto. Comunque, non essendo arrivato alle conclusioni di oggi, avrei comunque sparato. Oggi so che io con la bestia nera del porto non c’entro niente».

«Bene, fallo capire anche a me».

«Senti…»

Parlò per circa mezz’ora. Adagio, con metodo, un fatto dopo l’altro: partendo da via Lerici.

«Ti ricordi le mie domande su via Lerici?»

«Me le ricordo, sì. Chi sapeva che eri in via Lerici a quell’ora…»

«Bene, partiamo da lì».

Quando gli sembrò di aver detto tutto, domandò: «Ci sei?»

«Sì, accidenti. Sì… Ma perché tu?»

«Glielo chiederemo, anche se un’idea io ce l’ho. Importante è prenderlo e fargli vuotare il sacco».

«Che cosa devo fare?»

«Niente, per ora. Lasciamogli la prima mossa».

«Accidenti, Max… Sii prudente».

«Dillo ancora e senti che cosa ti rispondo».

«Sii prudente…» e chiuse la comunicazione con una risata. Conosceva la risposta.