4 LE FUNZIONI DEI SENTIMENTI
1 Il termine laetitia viene ragionevolmente tradotto come «joy» (gioia) o «elation» (esaltazione); come ha proposto Amélie Rorty in Spinoza on the Pathos of Idolatrous Love and the Hilarity of True Love, in Explaining Emotions, a cura di A. Rorty, University of California Press, Berkeley, 1980. Laetitia è stato anche tradotto «pleasure» (piacere), il che secondo me non è corretto. Tristitia viene tradotto bene come «sadness» (tristezza) o «sorrow» (dolore), sebbene possa riferirsi più genericamente ad affetti negativi come la paura e la rabbia.
Quando Spinoza parla di maggiore o minore perfezione, tende ad aggiungere la parola «transizione». Benché si tratti di una preziosa specificazione che serve ad attirare l’attenzione sulla natura dinamica del processo dell’affetto, può essere fuorviante qualora induca a pensare che le transizioni stesse siano la parte principale dei processi.
2 È interessante come nel moderno campo delle reti neurali certi stati di operazioni siano descritti come «armoniosi». Esistono addirittura «stati armoniosi massimali». L’essenza dell’armonia è la stessa nelle operazioni biologiche e in quelle artificiali: fluidità, efficienza, rapidità, potenza.
3 Per una descrizione della depressione come comportamento di malattia, si veda Bruce G. Charlton, The malaise theory of depressioni major depressive disorder is sickness behavior and antidepressant are analgesie, in «Medical Hypothesis», 54, 2000, pp. 126-30. Il lettore interessato a descrizioni dell’esperienza della depressione veda William Styron, Darkness Visible: A Memoir of Madness, Random House, New York, 1990 (trad. it. Un’oscurità trasparente, Mondadori, Milano, 1999); Kay Jamieson, An Unquiet Mind, Knopf, New York, 1995 ( trad. it. Una mente inquieta, tea, Milano, 1998); e Andrew Solomon, The Noonday Demoni An Anatomy of Depression, Chatto & Windus, London, 2001 (trad. it. Il demone di mezzogiorno. Depressione: la storia, la scienza, le cure, Mondadori, Milano, 2002).
4 Si veda Damasio, L’errore di Cartesio, cit.; Damasio, The somatic marker hypothesis, cit.
5 Antoine Bechara, et al., Intensitivity to future consequences following damage to human prefrontal cortex, cit.; Antonio Damasio, Steven Anderson, The frontal lobes, in Clinical Neuropsychology, 4a ediz., a cura di K.M. Heilman e E. Valenstein, Oxford University Press, New York, 2002; Facundo Manes, Barbara Sahakian, Luke Clark, Robert Rogers, Nagui Antoun, Mike Aitken, Trevor Robbins, Decision-making processes following damage to the prefrontal cortex, in «Brain», 125, 2002, pp. 624-39; Daniel Tranel, Antoine Bechara, Natalie L. Denburg, Asymmetric functional roles of right and left ventromedialprefrontal cortices in social conduct, decision making, and emotional processing, in «Cortex», 38, 2002, pp. 589-612.
6 Il lettore interessato ai dettagli sugli aspetti neurali e cognitivi della memoria operativa, veda Patricia Goldman-Rakic, Regional and cellular fractionation of working memory, in «Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America», 93, 1996, pp. 13473-80; e Alan Baddeley, Recent developments in working memory, in «Current Opinion in Neurobiology», 8, 1998, pp. 234-48. Per una trattazione generale delle funzioni della corteccia prefrontale si veda Joaquin Fuster, Memory in the Cerebral Cortex, mit Press, Cambridge, Mass., London, 1995; e Elkhonon Goldberg, The Executive Brain: Frontal Lobe and the Civilized Mind, Oxford University Press, New York, 2001.
7 Saver, Antonio Damasio, Preserved access and processing of social knowledge in a patient with acquired sociopathy due to ventromedial frontal damage, in «Neuropsychologia», 29, 1991, pp. 1241-49.
8 Damasio, L’errore di Cartesio, cit.
9 Quando cominciai a presentare queste idee, circa vent’anni fa, esse furono accolte da un misto di sconcerto e ostilità. Gli elementi di prova erano semplici aneddoti, e non trovavano alcuna conferma nella letteratura pubblicata, se si esclude un articolo del neuroanatomista Walle Nauta sul possibile ruolo della corteccia frontale nell’emozione: The problem of the frontal lobe: a reinterpretation, in «Journal of Psychiatric Research», 8, 1971, pp. 16787. Oggi le testimonianze sono aumentate, e con esse anche le voci che appoggiano queste idee; si veda, per esempio, Antoine Bechara, et al., Intensitivity to future consequences following damage to human prefrontal cortex, cit.; Antoine Bechara, et al., Failure to respond autonomically to anticipated future outcomes following damage to prefrontal cortex, cit.; .Antoine Bechara, et al., Deciding advantageously before knowing the advantageous strategy, cit.; Antoine Bechara, Hanna Damasio, Antonio R. Damasio, Greg P. Lee, Different contributions of the human amygdala and ventromedial prefrontal cortex to decision-making, in «The Journal of Neuroscience», 19, 1999, pp. 5473-81; Antoine Bechara, Hanna Damasio, Antonio Damasio, Emotion, decision-making, and the orbito-frontal cortex, in «Cerebral Cortex», 10, 2000, pp. 295-307; Shibley Rahman, Barbara J. Sahakian, Rudolph N. Cardinal, Robert D. Rogers, Trevor W. Robbins, Decision making and neuropsychiatry, in «Trends in Cognitive Sciences», 5, 2001, pp. 271-77; Geir Overskeid, The slave of the passions: experiencing problems and selecting solutions, in «Review of General Psychology», 4, 2000, pp. 284-309; George Loewenstein, E.U. Webber, C.K. Hsee, Risk as feelings, in «Psychological Bulletin», 127, 2001, pp. 267-86; Jean-P. Royet, David Zald, Rémy Versace, Nicolas Costes, Frank Lavenne, Olivier Koenig, Rémi Gervais, Emotional responses to pleasant and unpleasant olfactory, visual, and auditory stimuli: a positron emission tomography study, in «The Journal of Neuroscience», 20, 2000, pp. 7752-59.
10 Stefan P. Heck, Reasonable Behavior: Making the Public Sensible, University of California, San Diego, 1998; Ronald de Sousa, The Rationality of Emotion, mit Press, Cambridge, 1991; Martha Nussbaum, Upheavals of Thought, cit.
11 Ralph Adolphs, et al., Impaired recognition of emotion in facial expressions following bilateral damage to the human amygdala, cit.
12 James K. Rilling, David A. Gutman, Thorsten R. Zeh, Giuseppe Pagnoni, Gregory S. Berns, Clinton D. Kilts, A neural basis for social cooperation, in «Neuron», 35, 2002, pp. 395-405.
13 Steven Anderson, Antoine Bechara, Hanna Damasio, Daniel Tranel, Antonio Damasio, Impairment of social and moral behavior related to early damage in human prefrontal cortex, in «Nature Neuroscience», 2, 1999, pp. 1032-37.
14 Questa interpretazione è confermata dai dati raccolti su altri pazienti portatori di lesioni nelle regioni del cervello, per esempio il settore inferotemporale destro, che informano le cortecce prefrontali sulle premesse di una situazione. In collaborazione con i miei colleghi Steven Anderson e Hanna Damasio, ho notato che un danno in questo settore, instauratosi durante lo sviluppo, arresta la maturazione di un comportamento sociale appropriato. Il risultato pratico può essere confrontabile con quello riscontrato in soggetti con lesioni prefrontali comparse in età adulta.
15 Haidt, The Moral Emotions, in Handbook of Affective Sciences, a cura di R.J. Davidson, K. Scherer, e H.H. Goldsmith, Orford University Press, Orford, N.J., 2003, pp. 852-70; R.A. Shweder e J. Haidt, The culturalpsychology of the emotions: Ancient and new, in Handbook of emotions, 2a ediz., a cura di M. Lewis e J. Haviland, Guilford, New York, 2000.
16 Il progetto di «armonia» di E.O. Wilson è un esempio del tipo di atteggiamento che potrebbe far progredire la conoscenza portando a confluire la biologia e le discipline umanistiche. Edward O. Wilson, Consilience, Knopf, New York, 1998 (trad. it. L’armonia meravigliosa, Mondadori, Milano, 1999).
17 Vorrei sottolineare che tutti questi commenti sull’etica si applicano ai comportamenti morali, ai loro possibili meccanismi biologici come pure alle loro possibili origini biologiche nel contesto dell’etica descrittiva. Qui non sto facendo riferimento a problemi di etica normativa o di metaetica.
18 Frans de Waal, Good Natured, cit.; B. Heinrich, The Mind of the Raven, cit.; Hans Kummer, The Quest of the Sacred Baboon, cit. L’esperimento sull’altruismo nelle scimmie rhesus è discusso da Marc Hauser in Menti selvagge, cit., e fu condotto da Robert Miller. Si vedano: R.E. Miller, J. Banks, H. Kuhwara, The communication of affect in monkeys: Cooperative conditioning, in «Journal of Genetic Psychology», 108, 1966, pp. 121-34; R.E. Miller, Experimental approaches to the physiolological and behavioral concomitants of affective communication in rhesus monkeys, in Social Communication among Primates, a cura di S.A. Altmann, University of Chicago Press, Chicago, 1967.
19 I geni non sono solo necessari per costruire un certo tipo di cervello dotato dei dispositivi che stiamo discutendo. L’espressione dei geni è necessaria anche per permettere l’apprendimento e le operazioni di rinnovo e riparazione della struttura cerebrale. Inoltre, l’espressione genica dipende da interazioni con l’ambiente nel corso dell’ontogenesi. Una trattazione completa delle questioni qui discusse si avvantaggia di una letteratura estesa, varia e a volte polemica, nei campi della psicologia evoluzionista, della neurobiologia e della genetica di popolazioni. Importanti letture, elencate in ordine cronologico, comprendono: William Hamilton, The genetical evolution of social behaviour, parti 1 e 2, in «Journal of Theoretical Biology», 7, 1964, pp. 1-52; George Williams, Adaptation and Natural Selection: A Critique of Some Current Evolutionary Thought, Princeton University Press, Princeton, N.J., 1966; Edward O. Wilson, Sociobiology: The New Synthesis, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1975 (trad. it. Sociobiologia: la nuova sintesi, Zanichelli, Bologna, 1979); Richard Dawkins, The Selfish Gene, Oxford University Press, New York, 1976 (trad. it. Il gene egoista: la parte immortale di ogni essere vivente, Mondadori, Milano, 1995); Stephen Jay Gould, The Mismeasure of Man, Norton, New York, 1981 (trad. it. Intelligenza e pregiudizio, Il Saggiatore, Milano, 1998); Steven Rose, Richard Lewontin, Leo Kamin, Not in Our Genes, Penguin, Harmondsworth, 1984 (trad. it. Biologia, ideologia e natura umana: il gene e la sua mente, a cura di Giorgio Bignami, Luciano Terrenato, Mondadori, Milano, 1983); Leda Cosmides, John Tooby, The Adapted Mind: Evolutionary Psychology and the Generation of Culture, Oxford University Press, New York, 1992; Helena Cronin, John Smith, The Ant and the Peacock: Altruism and Sexual Selection from Darwin to Today, Cambridge University Press, Cambridge, UK, 1993 (trad. it. Il pavone e la formica, est, Milano, 1999) ; Richard C. Lewontin, Biology as Ideology: TheDoctrine of DNA, HarperCollins, New York, 1992 (trad. it. Biologia come ideologia: la dottrina del DNA, Bollati Boringhieri, Torino, 1993); Carol Tavris, The Mismeasure of Women, Simon and Schuster, New York, 1992; Robert Wright, The Moral Animal: Why We Are the Way We Are: The New Science of Evolutionary Psychology, Pantheon Books, New York, 1994; Mark Ridley, Evolution, Oxford University Press, Oxford, UK - New York, 1997; Steven Rose, Lifelines: Biology, Freedom, Determinism, Allen Lane, Harmondsworth, 1997 (trad. it. Linee di vita: la biologia oltre il determinismo, Garzanti, Milano, 2001 ) ; Edward O. Wilson, Consilience, cit.; Steven Pinker, How the Mind Works, W.W. Norton & Company, New York, 1998 (trad. it. Come funziona la mente, Mondadori, Milano, 2001); Patrick Bateson e Martin Paul, Design for a Life: How Behaviour Develops,Jonathan Cape, London, 1999 (trad. it. Progetto per una vita: come si sviluppa il comportamento, Dedalo, Bari, 2002); Hilary Rose e Steven Rose, a cura di, Alas, Poor Darwin, Harmony Books, New York, 2000; Melvin Konner, The Tangled Wing, Henry Holt and Company, New York, 2002 (trad. it. L’ala impigliata: i condizionamenti biologici dello spirito umano, Feltrinelli, Milano, 1984); Robert Trivers, Natural Selection and Social Theory: Selected Papers of Robert L. Trivers, Oxford University Press, New York, 2002.
20 Per una discussione sul ruolo delle emozioni nella giustizia in generale, e nella sua applicazione in particolare, si veda Martha Nussbaum, Upheavah of Thought, cit.
21 William Safire ha recentemente introdotto il termine «neuroetica» per riferirsi al dibattito sui problemi etici sollevato dalle nuove terapie di disturbi neurologici e psichiatrici. Sebbene quel dibattito si ispiri ad alcuni dei temi discussi qui, gli obiettivi della «neuroetica»» e quelli della mia discussione sono diversi. Più di dieci anni or sono, in occasione di uno storico simposio su biologia ed etica tenuto a Parigi sotto gli auspici dell’Institute Pasteur, Jean Pierre Changeux usò il termine neuroetica per riferirsi alla materia discussa in questo capitolo.
22 La fioritura di nuovi mezzi di organizzazione sociale fu probabilmente introdotta e accompagnata da fenomeni disparati come i cambiamenti climatici e lo sviluppo dell’attività simbolica e dell’agricoltura. Il lettore interessato a una trattazione di questi importanti fattori consulti i due libri di William Calvin, The Ascent of Mind: Ice Age Climates and the Evolution of Intelligence, Bantam Books, New York, 1991, e A Brain forAll Seasons: Human Evolution and Abrupt Climate Change, University of Chicago Press, Chicago-London, 2002, nonché Terrence Deacon, The Symbolic Species: The Co-evolution of Language and the Brain, W.W. Norton & Company, New York, 1997 (trad. it. La specie simbolica: coevoluzione di linguaggio e cervello, a cura di Silvio Ferraresi, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2001), e Jared Diamond, Guns, Germs, and Steel: The Fates of Human Societies, W.W. Norton & Company, New York, 1997 (trad. it. Armi, acciaio e malattie: breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, Einaudi, Torino, 2000) .
23 Sebbene una discussione dei nessi storici fra queste idee vada oltre le mie competenze, vorrei osservare la presenza di un collegamento fra due sistemi etici - quello dell’Illuminismo scozzese e quello di Kant - e le relative concezioni in termini di giustizia. Secondo l’Illuminismo scozzese, la giustizia si fonda sull’emozione, e più specificamente su emozioni morali positive come la compassione, che sono parte integrante del naturale comportamento umano. Le emozioni morali possono essere coltivate, ma non hanno bisogno di essere insegnate. Esse sono infatti in larga misura innate, in quanto componenti della naturale bontà degli esseri umani, frutto dell’evoluzione. Sulla base di tali emozioni e con l’evidente aiuto della conoscenza e della ragione, vengono infine codificate le norme dell’etica, le leggi e i sistemi giuridici. Adam Smith e David Hume sono gli esponenti più importanti di queste idee, sebbene il loro embrione sia chiaramente rintracciabile già in Aristotele (Adam Smith, A Theory of Moral Sentiment, Cambridge University Press, Cambridge, UK - New York, 2002 (trad. it. Teoria dei sentimenti morali, Rizzoli, Milano, 2001 ) ; David Hume, A Treatise of Human Nature; Enquiry Concerning the Principles of Morals, Doubleday, Garden City, N.Y, 1961 (trad. it. Trattato sulla natura umana, Bompiani, Milano, 2001); Aristotele, Etica Nicomachea, Rizzoli, Milano, 2002.
L’altra concezione etica si identifica con Kant e trova la sua moderna espressione nell’opera diJohn Rawls. Essa respinge l’idea di una giustizia fondata sulle emozioni, eleggendo invece la ragione quale unica base appropriata per l’etica, la legge e la giustizia. La concezione kantiana non dà alcun credito alle emozioni, quali che siano, considerandole capricciose e perfino pericolose. Kant respinge la saggezza delle emozioni, il lavoro paziente e preciso con cui l’evoluzione ha raccolto alcune utili linee guida per l’organizzazione della vita sociale. Va detto, tuttavia, che Kant respinge anche gli aspetti crudeli, e non tanto saggi, della natura che si esprimono nell’apparato dell’emozione. Questo suo vasto rifiuto lo mette al riparo dall’inganno delle emozioni morali naturali. Secondo Kant, la ragione e la creatività umane inventeranno soluzioni migliori di quelle che l’evoluzione - da sola e senza uno sforzo deliberato da parte dell’uomo - abbia mai escogitato o potuto escogitare. E proprio qui sta il problema, giacché la ragione, sobria e senza sentimento, può rivelarsi un cattivo consigliere, proprio come le emozioni naturali. Per un’incisiva discussione dei rischi insiti, in campo etico, nel fidarsi di tutto ciò che viene naturale, si veda Robert Wright, The Moral Animal, cit. Per un’analisi delle prospettive di Kant e Hume sul giudizio morale, si veda invece Jonathan Haidt, The Emotional Dog and Its Rational Tail, in «Psychological Review», 198, 2001, pp. 814-34. E anche Paul M. Churchland, Rules, Know-How, and the Future of Moral Cognition in Moral Epistemology Naturalized, a cura di Richmond Campbell e Bruce Hunter, University of Calgary Press, Calgary, 2000; Robert C. Solomon, A Passion for Justice, Addison-Wesley, Boston, 1990; John Rawls, A Theory of Justice, Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1971 (trad. it. Una teoria della giustizia, Feltrinelli, Milano, 1999).
Anche la visione degli illuministi scozzesi aveva le sue pecche, giacché il quadro da essi dipinto era un po’ troppo ottimistico. Più che alla concezione di un’umanità malvagia e brutale enfatizzata da Thomas Hobbes, essa faceva riferimento alla bontà e alla nobiltà degli esseri umani che in genere associamo alle idee di Jean-Jacques Rousseau, sebbene non la si possa confondere con queste ultime. Tuttavia, al di là delle emozioni morali «positive» sottolineate dagli illuministi scozzesi, esistono anche emozioni morali «negative» - per esempio il risentimento, la vendetta e l’indignazione - che sono altrettanto importanti ai fini della giustizia. A mio modo di vedere il ruolo delle emozioni e dei sentimenti nella giustizia va molto oltre quello delle emozioni morali ereditate in un contesto evolutivo. Dalla mia prospettiva, il dolore e la gioia primari hanno avuto, e tuttora hanno, un ruolo fondamentale ai fini della giustizia. L’esperienza personale del dolore in relazione a una perdita, per esempio, ci consente di comprendere il dolore degli altri. La compassione naturale ci sintonizza sul problema dell’altro, ma il dolore sperimentato personalmente rende più profonda la nostra percezione di quello espresso e sentito da un altro essere umano. In altre parole, il dolore personale ci consentirebbe di passare dalla compassione all’empatia. Esso costituirebbe anche un efficace punto di partenza per ragionare sulle circostanze che lo causano e sui modi per prevenirle in futuro. L’informazione fornita dalle emozioni e dai sentimenti può essere usata non solo per creare migliori strumenti di giustizia, ma anche per generare condizioni nelle quali la giustizia sia più facilmente possibile.
24 Spinoza, Trattato teologico-politico, cit., capitolo IV, 58.
25 James L. McGaugh, Larry Cahill, Benno Roozendaal, Involvement of the amygdala in memory storage: interaction with other brain systems, (recensione) in «Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America», 93, 1996, pp. 13508-14; Ralph Adolphs, Larry Cahill, Rina Schul, Ralf Babinski, Impaired memory for emotional stimuli following bilateral damage to the human amydgala, in «Learning and Memory», 4, 1997, pp. 291-300, Kevin S. LaBar, Joseph E. LeDoux, Dennis D. Spencer, Elizabeth A. Phelps, Impaired fear conditioning following unilateral temporal lobectomy in humans, in «TheJournal of Neuroscience», 15, 1995, pp. 6846-55; Antoine Bechara, Daniel Tranel, Hanna Damasio, Ralph Adolphs, Charles Rockland, Antonio Damasio, A double dissociation of conditioning and declarative knowledge relative to the amygdala and hippocampus in humans, in «Science», 269, 1995, pp. 1115-18.