8. Tecno-tabù
 
 
 
 
Il nomade globale non è succube nei confronti delle nuove tecnologie, le sfrutta senza esserne sfruttato. Sa che il vero utilizzo del computer non consiste nel ridurre il personale o i costi. La sua vera funzione è quella di orchestrare energie umane e terrestri in modo armonioso. È banale ma vero: le tecnologie non sono di per sé buone o cattive. È l’uomo, e solo l’uomo, a deciderne l’uso. Per utilizzare un motto ormai entrato nel repertorio classico del cyberpunk: usa le tecnologie prima che loro usino te.
Nella fase iniziale del loro sviluppo i media e i prodotti dell’informatica – dalle reti televisive alle prime reti di computer (quando si configuravano ancora come terminali “stupidi”) – si sono presentate in una veste fortemente gerarchica e centralizzata. Pertanto non hanno fatto che assecondare i voleri e i valori del potere burocratico. Ora però i nuovi apparecchi di comunicazione multimediale offrono un volto completamente diverso: interattivo, malleabile, decentralizzato. Ieri come oggi, il loro più grande pregio rimane l’incondizionata neutralità. Siamo noi umani, sempre e in ultima istanza, a decidere come utilizzare le nostre protesi elettroniche: faranno sempre quello che noi chiediamo. Paradossalmente (dal momento che ne sono, incolpevoli, la causa prima) sono loro che ci aiuteranno ad affrontare questa nuova vita destabilizzata, errante e mutevole. Nonostante il latente catastrofismo high tech, è alla scienza e alle macchine che ci rivolgiamo per esorcizzare la nostra ansia.
Eppure i luddisti del Duemila, i profeti apocalittici di un futuro orwelliano dove l’uomo è vittima impotente e alienata delle sue stesse creazioni, non sono buffe macchiette anacronistiche da seppellire sotto una grande risata tecnocratica. Il pericolo di un mondo alla Blade Runner esiste: è quello dipinto da Philip K. Dick e dalla cyberfiction, dove una ristretta cerchia di eletti detiene il potere infotecnologico – e quindi economico – sull’intero pianeta, soffocando ogni individuale forma di autodeterminazione e resistenza. In un tale scenario i nomadi globali sarebbero solo illusi privilegiati globetrotter, pedine mobili in mano a forze cieche e possenti. È anche vero che il progresso tecnico rende sempre più difficile il controllo dei mezzi di comunicazione di massa, persino in paesi molto autoritari. I dittatori non sono più in grado di controllare i flussi continui e sempre più ramificati dell’informazione. Ricordate Tien An Men: radio ed emittenti televisive venivano oscurate, ma silenziosi computer denunciavano via Internet la repressione nel sangue del movimento studentesco.
Come sempre, il futuro concede l’alternativa, la doppia porta di fuga. Se la prima è un biglietto per l’inferno tecno-telematico, la seconda introduce nella sfera delle tecnologie amiche, espressioni digitali di un governo planetario sostenuto dalla più alta, consapevole forma di partecipazione espansa che mai l’umanità abbia sperimentato.