7.
Quale potere?
Il re è nudo,
l’impero è senza centro. Chi deterrà le leve del potere
tecno-politico nel Terzo millennio? La questione è aperta, nessuno
ha risposte certe. La tendenza al fatalismo è da scoraggiare; ogni
individuo deve farsi carico della sua parte di responsabilità e
controllo sociale. Nelle acque turbinose della mutazione in corso
persino i criteri che ci permettevano di distinguere le forme di
democrazia dall’autoritarismo sono mutati. Per quanto siano sempre
in agguato, i pericoli di un totalitarismo tecnocratico possono
però essere, almeno entro certi termini, scongiurati. E questo
grazie al modo in cui è intrinsecamente strutturato il cyberspazio,
il deserto senza confini e senza centro dei nomadi digitali, la
realtà elettronica che permeerà il nostro futuro determinandone le
linee-guida. Ecco come Franco Berardi sviluppa il concetto: “Per
quanto possano ramificarsi e rafforzarsi gli strumenti di dominio e
di modellazione di questo sistema, la rete è costruita secondo un
principio irriducibile: il principio rizomatico (reticolare). Per
quanto l’Infobahn (l’autostrada informatica, ndr) possa rafforzarsi
e irrigidirsi, nessuno potrà mai cancellare la proliferazione di
strade autonome e autosufficienti”.
Certo è che il mondo
degli umani, che per natura non è mai stato buono e giusto, non lo
sarà nemmeno nel Duemila. A leggere i profeti della cyberfiction
(finora le loro previsioni si sono avverate), rispetto a quello
odierno il mondo di domani non sarà meno conflittuale, meno
ambiguo, meno insidioso. Il mercato dell’economia digitale sarà
sferzato da nuovi interessi, nuove lobby, atteggiamenti
economico-politici altrettanto aggressivi. Di fronte a sé il nomade
troverà la solita biforcazione e in questo caso la scelta della
direzione avrà una ripercussione diretta sul piano etico. Su un
versante premono le schiere dei mercenari informatici, la cui
erranza scivola ai confini della legalità; lavorano nell’ombra, al
servizio del potere economico, delle grandi corporation; piratano
dati, trafugano informazioni protette dal segreto aziendale o dal
semplice diritto alla privacy dei comuni cittadini, disperdono
tracce digitali, spiano o sorvegliano elettronicamente le vite dei
singoli, frodano attraverso i sistemi informatici. Il loro senso
d’onnipotenza si sfoga e trova soddisfazione fra i sistemi
operativi e le maglie neuronali del cyberspazio.
L’alternativa è
unirsi alle armate dei “neuromantici” alla William Gibson che, pur
non disdegnando il profitto personale, si battono,
pseudo-marxisticamente, contro le logiche di sfruttamento
perpetrate dalle conglomerate multinazionali (nessun esperto è
riuscito ancora a predirne la morte), luoghi dove il potere si
sovrappone al possesso delle cognizioni.
Fra queste due strade
estreme se ne delinea una terza, quella che coinvolge i nuovi
nomadi nello sviluppo delle enclave aperte. Questo salto di
qualità, questo tentativo sociale di superare le forme più obsolete
di un postcapitalismo avido e aggressivo non è inevitabile. Se
avverrà, non si svolgerà certo in maniera lineare, semplice e
omogenea. Tentare la terza via è aprire la strada a un’utopia
realizzabile, quella di un modello di condivisione armoniosa e non
gerarchica.