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«Posso parlarvi, signorina Bulstrode?»

La signorina Bulstrode posò la penna e guardò il volto in fiamme della governante, signorina Johnson.

«Ditemi, signorina Johnson.»

«Si tratta di quella Shaista... la ragazza egiziana o di non so dove.»

«Dunque?»

«E per via del suo... ehm... corpetto.»

«Che cos'ha che non va, il suo reggiseno?»

«Be'... non è come i soliti... voglio dire che non è che contenga... quello... quello le aumenta il seno in una maniera esagerata.»

La signorina Bulstrode si morse le labbra per non lasciarsi sfuggire un sorriso, cosa che le capitava molto spesso durante i colloqui con la signorina Johnson.

«Forse è meglio che venga a vederlo di persona» disse seria.

E così fu tenuta una sorta di inchiesta; il provocante aggeggio venne sottoposto alla supervisione della signorina Bulstrode, sotto gli occhi viva-mente interessati di Shaista.

«È tutto un lavoro di fil di ferro e di... di stecche di balena» disse in tono di disapprovazione la signorina Johnson.

Shaista immediatamente si lanciò in spiegazioni. «Ma è perché ho poco seno... troppo poco. Non sembro nemmeno una donna! E per una ragazza è importante far vedere che... non è un uomo!»

«C'è tempo per dimostrarlo, Shaista. Hai solo quindici anni» disse la signorina Johnson.

«A quindici anni... si è donne! E l'aspetto di una donna l'ho, vero?» Si rivolgeva alla signorina Bulstrode che annuì con serietà. «Solo il seno è scarso, e così volevo farlo sembrare più abbondante, capite?»

«Capisco perfettamente» disse la signorina Bulstrode. «E mi rendo conto che per te è un problema. Ma vedi, in questa scuola sei tra ragazze quasi tutte inglesi, e in genere, a quindici anni, le ragazze inglesi non sono ancora delle donne fatte. Io desidero che le mie allieve si trucchino poco e in-dossino abiti adatti alla loro figura. Quindi ti suggerirei di indossare questo reggiseno quando ti vesti per un ricevimento o quando vai a Londra, ma preferirei che non lo portassi tutti i giorni qui in collegio. Fate molto sport, e il corpo ha bisogno di essere libero nei movimenti.»

«Fin troppo... non si fa che correre e saltare» disse Shaista imbronciata.

«E la signorina Springer non mi piace. Non fa che ripetere: "Più in fretta, più in fretta, non rallentare". Io mi stanco.»

«Basta così, Shaista» disse la signorina Bulstrode, la voce che cominciava a farsi autoritaria. «I tuoi genitori ti hanno mandata qui perché imparas-si lo stile di vita degli inglesi, e l'esercizio fisico non può che giovare alla tua pelle e al tuo seno.»

Congedata Shaista, sorrise alla signorina Johnson. «È vero, comunque»

disse. «Quella ragazza dimostra vent'anni, e se li sente addosso. Non potete pretendere che sia come Julia Upjohn, per esempio, anche se hanno la stessa età. Dal punto di vista intellettuale, Julia è molto superiore a Shaista, ma quanto al fisico, be'... c'è una bella differenza.»

«Vorrei che fossero tutte come Julia» disse la signorina Johnson.

«Io no» intervenne la signorina Bulstrode. «Avere delle allieve uguali sarebbe estremamente noioso.»

Noioso, ripeté a se stessa mentre tornava nel suo studio a correggere i saggi delle allieve su dei passi della Bibbia. Da qualche tempo quella parola le si presentava di continuo alla mente. "Noioso"...

Se c'era un difetto che la sua scuola non aveva era quello di essere noiosa. E lei che l'aveva diretta per tanti anni, non aveva mai conosciuto momenti di noia. C'erano state difficoltà da combattere, crisi impreviste, scon-tri coi genitori e con le allieve, problemi col personale domestico. Si era trovata ad affrontare situazioni che si sarebbero potute rivelare disastrose, ma ne era sempre uscita felicemente vittoriosa. Tutto era stato sempre così eccitante, stimolante, valido! E anche ora che aveva deciso di lasciare la direzione, non lo faceva volentieri.

Fisicamente stava benissimo, era sana quasi come al tempo in cui lei e Chaddy, la fedele Chaddy, avevano iniziato la grande avventura, con quattro scolarette e l'appoggio di un banchiere di insolita preveggenza. I suc-cessi universitari di Chaddy erano stati nettamente superiori ai suoi, ma era stata sua l'idea di fare di quel collegio un posto così esclusivo e raffinato da diventare famoso in tutta Europa. Non aveva mai avuto paura di tentare strade nuove, mentre Chaddy si era accontentata di insegnare diligentemente quel che sapeva senza metterci l'anima. La massima aspirazione di Chaddy era e rimaneva quella di essere lì, a portata di mano, fedele cusci-netto che parava i colpi, pronta a intervenire ogni volta che fosse necessario. Come il giorno d'apertura della sessione estiva con Lady Veronica. E

sulle fondamenta della sua solidità era sorto un edificio pieno di animazione.

Dal punto di vista finanziario, le due donne potevano dirsi soddisfatte.

Se avessero voluto ritirarsi a vita privata, entrambe avrebbero goduto di una notevole rendita per il resto dei loro giorni. La signorina Bulstrode si domandò se, il giorno in cui avesse deciso di lasciare la scuola, Chaddy avrebbe seguito il suo esempio. Probabilmente no. Probabilmente, per lei, la scuola era la sua casa. Avrebbe continuato, fedele e disponibile, a far da spalla a chi avesse preso il posto della signorina Bulstrode.

Perché ormai aveva deciso: doveva trovare qualcuno che le subentrasse.

Prima avrebbero lavorato assieme, e poi la persona in questione avrebbe diretto da sola l'istituto. Sapere quando è arrivato il momento di uscire di scena era fondamentale, nella vita: bisognava andarsene prima che le forze cominciassero a mancare, prima di perdere in autorità, prima di odorare di muffa e di non riuscire più ad affrontare sforzi continui.

La signorina Bulstrode terminò di correggere i temi. La Upjohn aveva idee originali, Jennifer Sutcliffe mancava totalmente di immaginazione, ma coglieva il problema nella sua concretezza, Mary Vyse era naturalmente la migliore della classe... possedeva una memoria di ferro... ma com'era noiosa! Noiosa... di nuovo quell'aggettivo! La signorina Bulstrode lo cancellò dalla mente e suonò per chiamare la sua segretaria.

Si mise a dettarle delle lettere.

Cara Lady Valence, Jane ha avuto dei disturbi alle orecchie. Le accludo il referto medico...

Caro Barone Von Eisenger, faremo in modo che Hedwig vada

all'Opera in occasione della...

Un'ora passò veloce. Le poche volte in cui la signorina Bulstrode si fer-mava per cercare la parola adatta, la matita di Ann Shapland vagava sul taccuino.

Un'ottima segretaria, si disse la signorina Bulstrode. Migliore di Vera Lorrimer. Antipatica, quella Vera. Aveva dato le dimissioni da un giorno all'altro. Per esaurimento nervoso, a sentir lei. Doveva esserci di mezzo un uomo, pensò rassegnata la signorina Bulstrode. Come al solito, un uomo.

«E con questo abbiamo finito» disse la signorina Bulstrode dettando l'ultima parola dell'ultima lettera. Tirò un sospiro di sollievo.

«Che noia, santo cielo! Scrivere ai genitori è come dar da mangiare ai cani: si infilano sciape banalità nelle stesse avide bocche.»

Ann rise. La signorina Bulstrode la guardò con stima. «Come mai avete scelto il lavoro di segretaria?»

«Chissà! Non avevo nessuna particolare predisposizione ed è il genere di lavoro che di solito si finisce per scegliere.»

«Non lo trovate monotono?»

«Be', la fortuna mi ha favorita: ho avuto diversi impieghi. Sono stata un anno presso Sir Mervyn Thodhunter, l'archeologo, e poi da Sir Andrew Peters, alla Shell. Per un breve periodo ho fatto anche da segretaria a Monica Lord, l'attrice... e quella sì che è stata un'esperienza frenetica!» E sorrise, ricordandola.

«Oggigiorno le ragazze vagano da un posto all'altro come anime in pe-na» disse la signorina Bulstrode in tono di disapprovazione.

«Per la verità, a me è impossibile rimanere a lungo nello stesso posto perché mia madre è invalida e capita spesso che... che dia dei problemi.

Così devo tornare a casa a occuparmi di lei.»

«Capisco.»

«Comunque, cambierei spesso e volentieri posto anche se non avessi mia madre, lo ammetto. Non ho il dono dell'adattamento. Trovo che i cambiamenti salvano dalla noia.»

«Noia...» mormorò la signorina Bulstrode, colpita di nuovo dalla fatale parola.

Ann la guardò sorpresa.

«Non fate caso a quel che dico» disse la signorina Bulstrode. «Capita che a volte una parola ci tormenti in continuazione. Non vi sarebbe piaciuto fare l'insegnante?»

«Detesto l'insegnamento.»

«Perché?»

«Immagino che sia terribilmente noioso... Oh, scusate.» E tacque, imbarazzata.

«Insegnare non è affatto noioso» disse con vivacità la signorina Bulstrode. «Può essere la professione più eccitante del mondo. Mi mancherà moltissimo, quando lascerò la scuola.»

«Ma... state pensando di ritirarvi?»

«È già deciso. Oh, ma tra un anno o due.»

«Ma... perché?»

«Perché ho dato il meglio di me alla scuola, e dalla scuola ho ricevuto il meglio. Non voglio adattarmi a surrogati.»

«La scuola rimarrà aperta?»

«Certo. Ho una persona validissima che mi sostituirà.»

«La signorina Vansittart, immagino.»

«Così, è lei che istintivamente vedete al posto mio? Molto interessante, questo...»

«Per essere sincera non è un'idea mia: ho sentito delle insegnanti che ne parlavano. Credo dirigerà il collegio molto bene... mantenendo l'impronta che gli avete dato voi. E poi ha grinta, bella presenza e classe... dei requisi-ti che ritengo importanti per una preside.»

«Sì, è vero. Sì, Eleanor Vansittart è senz'altro la persona giusta.»

«Seguirà alla lettera il vostro sistema di conduzione dell'istituto» disse Ann raccogliendo blocco e matita.

Ma è questo che voglio? Si domandò la signorina Bulstrode mentre Ann se ne andava. Che si limiti a ripetere pedissequamente quel che ho impo-stato io? Perché è vero: Eleanor si comporterà così... Niente innovazioni, nessun cambiamento. Ma non è così che io ho fatto di Meadowbank quel che è diventato! Io ho rischiato, ho coinvolto una quantità di persone, ho sferrato offensive, ho blandito, sempre rifiutandomi di adeguare la mia alle altre scuole. E anche adesso, che cosa voglio? Voglio qualcuno che dia sempre nuova vita alla scuola... una persona dinamica come... sì, come Eileen Rich.

Ma Eileen era troppo giovane, non aveva sufficiente esperienza. Però era stimolante, e sapeva insegnare. Aveva idee. Non sarebbe mai stata noiosa... basta, doveva togliersi dalla mente una volta per tutte quella parola.

Alzò lo sguardo mentre la signorina Chadwick entrava nello studio.

«Oh, Chaddy! Come sono felice di vederti!»

La signorina Chadwick parve leggermente sorpresa.

«Come mai? Qualcosa non va?»

«Sono io, che non vado... Ho le idee confuse.»

«Non è da te, Honoria.»

«Sì, vero? Come procede il trimestre, Chaddy?»

«Benissimo credo.» Ma non pareva troppo convinta.

La signorina Bulstrode rifletté. «Su, non tergiversare. Che cosa c'è che non ti convince?»

«Niente. Davvero, Honoria, niente. Solo...» la signorina Chadwick corrugò la fronte assumendo l'aspetto di un boxer. «Oh, è solo una sensazione, niente di preciso. Le nuove insegnanti sembrano valide. A me non piace la signorina Blanche, ma del resto non mi piaceva neppure Geneviève Depuy. È sorniona.»

La signorina Bulstrode non fece molto caso a quelle critiche: per Chaddy tutte le insegnanti di francese erano delle sornione...

«Non sa insegnare» disse la signorina Bulstrode, «ed è strano, perché aveva ottime referenze.»

«Le francesi non sanno neanche lontanamente che cosa sia l'insegnamento. E la signorina Springer è una esagitata. Non sta ferma un attimo...»

«Ma il suo lavoro lo svolge bene.»

«Questo sì. In modo eccellente.»

«Le insegnanti nuove creano sempre un certo scompiglio» disse la signorina Bulstrode.

«Sì» convenne la signorina Chadwick. «Sicuramente il problema è tutto qui. Ah... il nuovo giardiniere è giovanissimo, hai visto? Strano: ormai pareva che i giardinieri fossero tutti vecchi. E poi, ahimè, è anche un gran bel ragazzo. Dovremo tener gli occhi aperti.»

Le due signore annuirono, perfettamente d'accordo. Sapevano meglio di chiunque altro che danni irreparabili un bel giovanotto potesse arrecare al cuore di un'adolescente.

Pagliuzze al vento

 

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