UNA CONVERSAZIONE CON VALENTINA CEBENI

La ricetta segreta per un sogno è un libro pieno di suggestioni: il fascino dell’ambientazione; la magia della cucina; il valore della famiglia; i misteri che vengono dal passato. Da dove è nata l’ispirazione per questo romanzo?

L’ispirazione arriva nei modi più disparati, e forse è proprio questo l’aspetto più affascinante del viaggio nella storia di Elettra. Stavo sorseggiando un caffè, in una domenica mattina come tante, quando sono stata letteralmente folgorata da un articolo comparso nell’inserto culturale di un quotidiano che stavo sfogliando, in cui era recensito un libro sulla storia del pane, sul modo in cui questo straordinario quanto povero alimento abbia attraversato secoli e confini. Ho letteralmente divorato le parole del critico, sentivo che fra quelle righe c’era qualcosa di molto più profondo delle informazioni su un alimento, e lì è nata la scintilla che mi ha condotto da Elettra: dal pane, il resto è arrivato dopo. Ed è più o meno questo che accade anche alla mia protagonista!

Elettra, la protagonista, è una donna che in un momento particolare della sua vita si sente smarrita, senza più riferimenti. E decide di ripartire dal passato di sua madre, di cui non sa nulla, per ritrovare sé stessa. Quanto sono importanti secondo lei le nostre radici per arrivare a conoscersi veramente?

Moltissimo. Elettra non ha mai saputo chi fosse veramente, si è sempre limitata ad accettare le scelte e i silenzi di sua madre, opponendo una resistenza flebile che l’ha resa una donna fragile e confusa. Il suo errore è stato lasciarsi vivere passivamente, perciò, quando tutto crolla, per ritrovarsi decide di intraprendere un viaggio nel passato e dentro sé stessa, perché quel che siamo è in noi, nel codice genetico e in quello morale, nelle esperienze che ci hanno formato, nella famiglia e nei valori in cui siamo cresciuti. Sono fermamente convinta che la conoscenza di sé non possa in alcun modo prescindere dalle proprie radici, e che il passato altro non sia che la stella polare che ci guida nel futuro: dobbiamo sempre cercare la sua luce nel cielo per trovare la nostra strada nel mondo.

Nel romanzo la cucina ha un ruolo fondamentale. Edda, la madre di Elettra, le insegna che cucinare è un modo per toccare in profondità il cuore delle persone. Anche per lei la cucina ha questo potere?

La cucina è per me una lingua parallela a quella convenzionale, ma è nella sua sintassi, nella grammatica fatta di dosaggi e fantasia, che si nasconde la vera magia: in questo Edda e io siamo molto simili. La cucina è empatia, condivisione immediata di un sentimento, è sentimento essa stessa. Si pensi ad esempio al pane de lorica che in alcuni paesi della Sardegna ancora si usa donare come offerta o elemosina in suffragio delle anime dei propri cari defunti, oppure ai cioccolatini che gli innamorati si regalano a San Valentino: il cibo in queste occasioni diventa strumento, si fa parola, espressione di un’emozione capace di suscitare emozione a sua volta. L’uovo sbattuto che mi preparava mia madre quando da bambina mi ammalavo, ad esempio, è la via più diretta al cuore che io conosca; è un modo per dire: «Non temere perché ci sono io a occuparmi di te, ti voglio bene». È amore e magia, il nucleo stesso del romanzo.

Il rapporto tra Elettra e sua madre non è sempre facile, per i segreti che ci sono tra di loro e per le rinunce che a volte si è costretti a fare per la famiglia. Però quello tra madre e figlia è un amore più forte di tutto. Anche lei crede sia così?

Assolutamente sì, è infatti amor vincit omnia è un motto che sento particolarmente affine alla mia sensibilità. Nel romanzo Edda e Elettra si osteggiano per molto tempo, ma anche quando lo scontro si acutizza le radici tornano sempre prepotenti in primo piano, a ricordare loro che nulla può vincere l’amore e che il legame che le unisce è viscerale, impossibile da incasellare nei confini della razionalità, più forte persino della morte e di tutte le verità taciute, proprio perché autentico. Trovo che l’amore fra un genitore e un figlio sia totalmente diverso da qualsiasi altro, forse proprio perché intimamente legato al miracolo della vita; è un sentimento magico e potente, capace di superare difficoltà apparentemente insormontabili.

Il libro è anche la storia di un’amicizia profonda che il rancore e le bugie spezzano. Quanto è importante per lei l’amicizia?

L’amicizia, se sincera, è uno dei più grandi doni che la vita possa fare a un essere umano. Gli amici sono una nuova famiglia che si sceglie, sono persone che ci guidano, che ci sostengono nelle difficoltà, che sorridono dei nostri successi e ci sono accanto anche quando commettiamo degli sbagli, senza mai giudicarci. Sono l’amore disinteressato, per questo più fragile e prezioso, rarissimo da incontrare.

La storia si svolge in un luogo affascinante e misterioso. Un’isola divisa in due dove cortei di donne vestite di nero si perdono per vie impervie e polverose. È tutto frutto della sua fantasia o è l’immagine di un posto che ha visitato?

L’isola del Titano è un luogo della mente, eppure a un lettore attento non sfuggiranno alcuni parallelismi con la terra dei miei nonni materni, la Sardegna. Le donne vestite di nero assomigliano molto a quelle che negli anni della mia infanzia incontravo per le vie del paese in cui è cresciuta mia madre, ad alcune delle mie zie più anziane. Le donne del Titano sono la versione romanzata di quelle ritratte nelle foto della mia famiglia, con il viso pieno di splendide rughe e le mani callose di chi ha trascorso la vita nei campi. Molto di quel che ho descritto, dalle scogliere al carattere sfuggente degli isolani – senza escludere alcune delle ricette contenute nel romanzo – proviene esattamente da lì, dai luoghi in cui ho trascorso per anni tutte le mie estati. È una realtà che respira dentro di me e che è stratificata nella mia anima, che mi ha permesso di inventare un’isola con un sapore autentico seppure non individuabile su una cartina geografica.

Come spesso accade nella vita, anche per Elettra l’amore arriva all’improvviso, proprio quando meno se lo aspetta. E all’inizio ha difficoltà ad accettarlo, a lasciarsi andare, a fidarsi. Perché a volte ciò che ci rende felici ci spaventa. Lei cosa ne pensa?

La felicità atterrisce, soprattutto quando, come nel caso di Elettra, la vita ci sottopone a prove molto difficili. Si è talmente immersi nei propri problemi, nel dolore, da non riuscire a vedere e forse nemmeno a contemplare l’ipotesi di meritare un po’ di gioia. È esattamente questo che accade a Elettra: ha sofferto e soffre al punto di aver dimenticato come si ama e ci si lascia amare, troppo spaventata dall’idea di affidarsi al sentimento e correre il rischio di perdere nuovamente la felicità, come teme di perdere sua madre. Ma l’amore, la vita, bussa prepotente alla sua porta, e a quel punto nemmeno il terrore più radicato può nulla contro la luce. La paura dinanzi a un sentimento così importante è comprensibile, ma gli esseri umani sono stati creati per amare, e inesorabilmente torneranno a farlo. Noi tutti del resto proveniamo da un atto d’amore, e amore cerchiamo nell’arco della nostra intera esistenza, più o meno consapevolmente e malgrado le nostre resistenze, perciò credo non esista altro antidoto alla paura d’amare che amare incondizionatamente.

Il romanzo è costellato di coincidenze, segni del destino, sensazioni inspiegabili. Lei crede in questo lato un po’ magico dell’esistenza?

Sì, credo fermamente nella magia, nel destino. Mi piace immaginare che niente accada per caso, che i segni esistano e che gli incontri non siano mai il frutto di una semplice casualità. Attraversiamo l’uno l’esistenza dell’altro per capire degli aspetti più profondi e spesso sconosciuti di noi stessi, perché la vita vuole farci un regalo, per imparare una lezione o insegnare qualcosa al nostro interlocutore. La sola idea che la magia non esista spegne il mondo dei suoi colori, privandolo del piacere della scoperta, della bellezza di una favola strampalata raccontata da un bambino, perciò, se anche non esistesse, bisognerebbe assolutamente inventarla!

È già al lavoro su un nuovo libro?

Sì, e per questo ringrazio la mia buona stella. Mentre ultimavo la revisione della Ricetta segreta per un sogno il destino ha seminato nelle mie giornate piccoli segni che mi hanno condotto sulle tracce di una nuova storia da raccontare, di uomini e donne in cerca di una penna che raccontasse la loro storia. E io sono onorata e felicissima di farlo.