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Entrarono, come se fossero stati i padroni di casa. Prima di chiudere la porta, vidi una grossa automobile di rappresentanza nera che stava accostata al marciapiede e dietro a essa altre due vetture della polizia, piene di agenti. “Accidenti!“ pensai mentre chiudevo. ”Ecco una visita che non promette niente di buono!“.
Cramer mi aveva domandato se il mio capo era nello studio e io gli avevo fatto cenno di entrare.
Mi diedi da fare per procurare delle sedie. Cramer presentò Hombert e Skinner, ma Skinner e Wolfe si conoscevano già. Dietro richiesta di Cramer, condussi Stebbins in cucina e gli consigliai di giocare a dama con Johnny. Quando ritornai nello studio, Hombert stava blaterando di infrazioni alla legge e di ostacoli alla giustizia; presi posto alla mia scrivania e aprii il mio taccuino con ostentazione. Non avevo mai visto Cramer con un’aria tanto preoccupata. Il procuratore distrettuale Skinner, che stava già sprofondato in una poltrona, come se ci fosse stato tutta la sera, aveva l’aria stanca e demoralizzata dell’uomo che per tre ore di fila non si è trovato a portata di mano un bicchierino.
Hombert dava decisamente in escandescenze.
—… e lei è il responsabile! Se ci avesse consegnato quella gente ieri sera, questo non sarebbe accaduto! Cramer mi dice che erano qui, in questo studio! C’era Walsh! Nel pomeriggio di oggi lo avevamo alla Centrale, ma il suo segretario si è rifiutato di identificarlo! Lei è direttamente e legalmente responsabile della sua morte! — Il Capo della polizia batté un pugno sul bracciolo della sua poltroncina e guardò Wolfe come se volesse fulminarlo. Cramer fissava il suo superiore e scuoteva la testa leggermente.
— Sono sopraffatto da questa improvvisa aggressione — mormorò Wolfe. —Se io sono legalmente responsabile della morte del signor Walsh, mi arresti pure. Ma la prego, non urli, non gridi così…
Hombert, che continuava a guardarlo con diffidenza, aprì la bocca, la richiuse e guardò Cramer. Il procuratore distrettuale si lasciò sfuggire una risatina. Cramer disse a Hombert: — Non le avevo detto che è un osso duro? Lasci a me il compito di roderlo.
Wolfe annui solennemente.
— Ecco una buona idea, Cramer. Mi roda lei.
Hombert, senza far commenti, si appoggiò all’indietro contro lo schienale della poltroncina, con aria rassegnata. Cramer guardò Wolfe. — Dunque, lei sa quello che è successo a Walsh. Wolfe assentì. — Sì, lo so dalla ”Gazette. È davvero deplorevole che un giornalista fosse là. — A chi lo dice? — fece Cramer melanconicamente. — S’intende che il marchese non è in stato d’arresto. Non lo può essere. C’è l’immunità diplomatica. A Washington stanno sollevando un putiferio, perché la faccenda è venuta alla luce attraverso la stampa… — Ebbe un gesto scoraggiato. — Ma questo non c’entra. Il fatto è che il Capo ha ragione. Lei è responsabile. Io le avevo spiegato che il suo dovere di cittadino era di aiutarci a proteggere il marchese di Clivers.
Wolfe inarcò le sopracciglia.
— Mi sbaglio, o ha le idee un po’ confuse, Cramer? Mi era parso di capire che desiderava proteggere lord Clivers, impedendo a ogni costo che gli capitasse qualche guaio. È capitato forse a lui il guaio, questa sera?
— Sicuro! — intervenne Hombert. — Quel Walsh lo stava ricattando.
Cramer disse: — La prego, signor Hombert, lasci che vada avanti.
— È stato lord Clivers a dirle questo? — domandò Wolfe.
— No — brontolò Cramer. — Quello non ha detto niente… ha detto soltanto che conosceva Walsh da molto tempo, che è andato al cantiere questa sera perché aveva appuntamento con lui e che l’ha trovato morto. Ma noi non siamo venuti qui per rispondere alle sue domande… Mi ascolti, Wolfe, è venuto il momento di cantare.
— Può darsi — fece Wolfe sospirando. — Bisogna vedere chi di noi deve cantare. Secondo me, lei ha delle informazioni che potrebbero giovarmi, mentre io non ne ho alcuna da fornire a lei. Ma di questo discuteremo più tardi. Io mi trovo coinvolto in questo caso soltanto per il fatto che ho accettato di occuparmi di un’azione civile per conto di due clienti, due signorine. Debbo inoltre difenderne una da una falsa accusa di furto formulata contro di lei da un funzionario dell’American Trade Company. Dal momento che sono riuscito a far ritirare la denuncia in proposito…
Il procuratore distrettuale parve svegliarsi dal letargo. Intervenne con una voce da basso profondo.
— Non parli tanto! Che cosa c’entra tutto ciò? Veniamo al sodo.
Wolfe rispose pazientemente: — Ogni interruzione non avrà altro risultato che di farci perdere del tempo, costringendoci a ricominciare da capo. Dicevo dunque… dal momento che sono riuscito a far ritirare la denuncia in proposito, e dal momento che le mie clienti non possono umanamente esser sospettate di complicità nell’assassinio del signor Walsh, sono disposto a farle comparire, con l’intento che se le faccio venire qui saranno interrogate soltanto nel mio studio e non saranno portate via da questa casa. Non sono disposto a mettere a repentaglio la vita delle mie clienti lasciando che vengano sottratte alla mia personale protezione. — Va bene, va bene — assentì Cramer in tono impaziente. — Non gliele porteremo via, siamo intesi. Quanto tempo ci vorrà per farle venir qui?
— Un minuto forse, se non sono a letto. Archie, per favore…
Mi alzai sogghignando alla vista della faccia sconcertata di Cramer, scavalcai i piedi di Skinner, salii al secondo piano e bussai alla camera a mezzogiorno.
Entrai. Le due clienti erano sedute ognuna in una poltrona e, a quanto sembrava, erano troppo depresse per aver la forza di coricarsi. Dissi: — Accidenti, che aria allegra! Avanti, coraggio! Wolfe desidera che scendiate nel suo studio. Ci sono giù delle persone che desiderano rivolgervi delle domande.
Clara Fox si raddrizzò. — Rivolgerci delle domande? Adesso?
Hilda Lindquist strinse le labbra e cominciò a tentennare il capo, come per dire: “Glielo avevo detto io!”.
— Sicuro — risposi prendendo un tono indifferente e disinvolto. — Presto o tardi dovevano venire. Non vi preoccupate, io sarò sempre presente e vi aiuterò. Sono in tre: quello in ghingheri, con la bocca larga, è il Capo della polizia, Hombert, l’altro, col naso affilato e gli occhi da topo, è il procuratore distrettuale Skinner, e quello grande e grosso che ha un’aria da bonaccione, della quale c’è poco da fidarsi, è l’ispettore Cramer.
— Dio mio! — esclamò Clara ravviandosi i capelli con le mani, ma si alzò.
Aprii la porta, mi scostai per lasciarle passare e scesi le scale dietro di loro.
I tre visitatori si voltarono per guardarci quando entrammo. Skinner, vedendo Clara Fox, si alzò per primo, poi anche Hombert seguì l’esempio e cominciò a spostare le sedie per far posto alle nuove arrivate. Wolfe fece le presentazioni.
Cramer disse: — Dunque, lei è Clara Fox. Dov’era questa mattina?
La ragazza guardò Wolfe. Questi le fece un cenno d’assenso e lei rispose: — Era qui. Cramer fissò Wolfe con gli occhi dilatati.
— Come ha fatto con Rowcliff? L’ha “lubrificato”?
— No, Cramer, il tenente Rowcliff ha fatto del suo meglio, ma la signorina Fox era difficile da trovare. La prego di non attribuire alcuna colpa ai suoi uomini. Bisogna anche che le dica subito che siamo in tre a giurare che la signorina Fox è rimasta qui costantemente, perché capisca subito che lei non può essere in alcun modo coinvolta nella morte del signor Walsh. — E l’altra?
— La signorina Lindquist è venuta qui alle dieci di questa sera, ma è rimasta nascosta in un’altra parte della città. Anche per lei vi sono testimoni in abbondanza. Le consiglio di limitare le indagini agli avvenimenti precedenti alle sei e mezzo di ieri. Posso darle un consiglio? Cominci col pregare la signorina Fox di raccontarvi la storia che ha raccontata a me ieri, appunto alle sei e mezzo, in presenza della signorina Lindquist e del signor Walsh. — Ma, perché… ehm… va bene. — Cramer guardò Clara. — Cominci pure.
La ragazza narrò la storia. I funzionari non la interruppero gran che con le loro domande. Lei lesse la lettera di suo padre; quando ebbe finito, Cramer tese la mano perché la ragazza gli consegnasse il foglio. Da questo punto cominciarono le domande insidiose, non tanto da parte di Cramer e di Hombert, quanto da parte di Skinner. A ogni momento le tendeva qualche trabocchetto e si capiva benissimo a cosa voleva arrivare. Le domandò dove sua madre custodiva la lettera di suo padre, quando gliela aveva consegnata al suo letto di morte. Il suo metodo consisteva nel passare a bruciapelo da un argomento all’altro. Clara non era nervosa e non perse la testa. Mi ricordai come il giorno prima l’avessi vista tranquilla e soave, nello studio di Perry, mentre le lanciavano delle accuse. A un tratto, Skinner cominciò a rivolgerle delle domande sull’accusa del furto. Lei rispose, ma ben presto Wolfe si riscosse, aprì gli occhi e agitò l’indice verso il procuratore distrettuale.
— Signor Skinner, permette… sta perdendo del tempo. L’accusa di furto che era stata pronunciata contro la signorina Fox ha veramente attinenza con la faccenda principale di cui ci occupiamo, ma è ben difficile che lei possa scoprire in che cosa consiste il punto di contatto. Il fatto è che la strada che ha scelto fin da principio è assurda.
Skinner ribatté in tono asciutto: — Se, come dice, le due cose sono collegate, perché la strada che ho scelto è assurda?
— Perché si sta chiudendo in un circolo vizioso — fece Wolfe. — Lei ha l’idea fissa di essere uno strumento di giustizia, perché è il procuratore distrettuale e crede di dovere mettere con le spalle al muro chiunque le capiti a portata di mano. È un modo di procedere che può portare a gravi inconvenienti e nel caso attuale è direttamente contrario ai suoi veri interessi. Perché questa distinta compagnia si trova nella mia casa? — domandò facendo un gesto circolare con la mano. — Perché trentamila dollari sono stati rubati e due uomini sono stati uccisi? Niente affatto. Voi siete venuti perché lord Clivers è stato gravemente compromesso e perché la pubblicità che è stata fatta vi pone in serio imbarazzo.
— Grazie — fece Skinner in tono sempre più asciutto.
— Non c’è di che. Lasci che la instradi un poco. Ecco la difficoltà in cui si trova: un eminente personaggio, inviato della Gran Bretagna, è stato scoperto solo, accanto al cadavere di un uomo assassinato, e il fatto è stato reso pubblico. Anche se ne avesse l’intenzione non potrebbe arrestarlo a causa della sua immunità diplomatica. Allora. perché, allo scopo di evitare una quantità di complicazioni ufficiali e internazionali, non mette la cosa nel dimenticatoio e non lo lascia andare tranquillamente? Perché non osa; se lui ha veramente ucciso il signor Walsh, lei sarà costretto a chiedere al suo Governo di consegnarglielo e a sostenere una lotta per averlo nelle mani, se è necessario, altrimenti i giornali solleveranno un putiferio tale da costringerla a dare le dimissioni. Lei è seduto sulla dinamite e altrettanto dicasi per il signor Hombert. Lo sa benissimo. Immagino con quale avversione si accingerà a fare uno sforzo per convincere di reità in omicidio il marchese di Clivers. Vedo le molte complicazioni; il peggio è che, in questo momento, lei non sa affatto se il marchese sia davvero colpevole o no. Secondo la sua versione lui è andato a cercare il signor Walsh e l’ha trovato già morto, il che può essere vero.
“Dunque, dal momento che un tentativo di mettere Clivers sotto accusa per omicidio sarebbe disastroso, quale dovrebbe essere la sua prima e immediata preoccupazione? Sembra ovvio. Dovrebbe andare a fondo, con la massima celerità, per cercare elementi atti a provare che il marchese non è colpevole. C’è nessun altro che poteva desiderare la morte di Scovil e di Walsh? E in tal caso chi è e dov’è? Conosco soltanto sei persone al mondo che sono in grado di aiutarla in queste indagini: l’assassino, un vecchio che dimora in una fattoria del Nebraska e altre quattro persone che si trovano in questa stanza. Le offro la possibilità di interrogare una di queste persone, e che cosa fa lei? Mette in mostra tutta la sua astuzia e la sua abilità negli interrogatori, sforzandosi di far risultare che la signorina Fox ha tentato di ricattare lord Clivers, quantunque questi non abbia formulato alcuna accusa del genere, pur avendo avute varie occasioni di farlo. Ehm?” Wolfe guardò i tre alternativamente. “Vi meravigliate forse, signori miei, che io non mi sia confidato con voi in questa faccenda? Vi meravigliate che anche io non abbia alcuna intenzione di confidarmi con voi?”.
Cramer emise un brontolio confuso, guardando il sigaro che aveva tratto di tasca cinque minuti prima. Skinner, grattandosi un orecchio, strinse le labbra e guardò Clara con la coda dell’occhio. Hombert batté una manata sul bracciolo della sua poltrona e proruppe: — Ah! È questo dunque il suo gioco! Non ha intenzione di parlare, è vero? Perdiana, parlerà! — Sì, parlerò — rispose Wolfe sospirando. — Dirò tutto quello che avete strettamente il diritto di sapere. Voi sapete già che il signor Scovil era in questa stanza, ieri nel pomeriggio, e che è stato ucciso poco dopo essere uscito da casa mia. Il signor Goodwin gli ha parlato e vi ripeterà la conversazione. Dalla signorina Fox e dalla signorina Lindquist potete sapere tutto quello che loro hanno detto a me. Dalla signorina Fox, poi, anche qualche cosa riguardo al signor Walsh. Potete anche sapere che io ho fatto dei passi verso lord Clivers per conto della signorina Lindquist e di suo padre per esigere un vecchio credito e che il marchese si è offerto di venire a un accomodamento. Però ci sono certe cose che voi non potete sapere, almeno da me; per esempio, i particolari di una lunga conversazione che io ho avuto con lord Clivers quando è venuto qui nel pomeriggio di oggi. Lui vi può dire…
— Che cosa? — fece Skinner raddrizzandosi. Hombert spalancò gli occhi e Cramer ebbe un sussulto tale da far cadere la cenere sul tappeto. Skinner proseguì: — Che cosa sta tentando di darci a bere? Clivers è stato qui oggi?
Wolfe annuì: — È stato qui più di un’ora. Forse non dovrei dire “oggi”, visto che è quasi l’una di mercoledì mattina. Sì, lord Clivers è venuto qui.
Cramer brontolò: — Chi ci capisce niente?
Hombert aveva ancora gli occhi stralunati. Skinner, dopo aver fissato a lungo Wolfe, con la bocca aperta, finì per dire: — Fino a ora non mi mai risultato che lei fosse un mistificatore, Wolfe.
— Ho capito. — Wolfe allungò la mano e premette il pulsante del campanello, poi tornò ad appoggiarsi all’indietro. — Vedete dunque, signori, che non solo ho nozioni superiori alle vostre, in questa faccenda, ma le ho da una fonte superiore. Lord Clivers mi ha fornito molte informazioni interessanti, che, naturalmente, non mi ritengo libero di rivelare. — Volse lo sguardo sul Capo della polizia. — Mi risulta, signor Hombert, che lei, il signor Devore e il signor Cramer siete tutti in comunicazione col marchese, allo scopo di proteggerlo contro ogni eventualità, in seguito alla morte del signor Scovil. È deplorevole che lui non abbia creduto opportuno di mettervi al corrente della situazione. Forse lo farà ora, se lo avvicinate con un po’ di tatto.
Hombert scattò: — Non credo a una parola di questa storia. Verificheremo tutto. — Fate pure. — Wolfe aprì la bottiglia che Fritz gli aveva portata e si riempì il bicchiere. — Volete della birra, signori? No? Whisky? Signorina Fox… signorina Lindquist… A proposito, non avete domandato nulla alla signorina Lindquist. Ritenete che debba restare qui tutta la notte? Skinner disse: — Io berrei volentieri qualcosa di forte. Ascoltate, Wolfe, avete parlato proprio sul serio?
— Naturale!… Fritz, porti dei liquori… Perché dovrei essere tanto sciocco da inventare un racconto di questo genere? Io proporrei di permettere alle signorine di ritirarsi. — Ebbene… — Skinner guardò Hombert. Hombert, che se ne stava con le labbra strette, come se volesse impedire a sé stesso di parlare, scrollò le spalle. Il procuratore distrettuale si voltò e domandò bruscamente: — Il suo nome è Hilda Lindquist?
— Sì.
— Ha udito tutto quello che la signorina Fox ha detto. È d’accordo? Voglio dire, per quanto ne sapete voi, le dichiarazioni della signorina Fox rispondono a verità?
— Sicuro che rispondono a verità.
— Dove abita?
— A Plainview nel Nebraska.
— Quando è arrivata a New York?
— Giovedì scorso, nel pomeriggio.
— Va bene. Basta così. Badi che non deve lasciare la città…
Wolfe intervenne: — Le mie clienti rimarranno in questa casa, finché non avrò chiarito l’enigma.
— Badi che ci rimangano davvero — fece Skinner affettando il bicchiere. — Dunque, lei tenta di chiarire l’enigma. Dio la benedica! Se avessi la sua faccia tosta, sarei padrone di tutta la città. — Bevve.
Le due clienti si alzarono e uscirono. Le accompagnai fino alla scala, e mentre stavo per rientrare nello studio il campanello della porta trillò. Era Saul. Lo condussi in cucina e ascoltai il suo racconto, cosa che non mi richiese molto tempo. Johnny era ancora là, con la sedia inclinata all’indietro e si era assopito; Stebbins era in un angolo, intento a leggere il giornale. Mi presi un bicchiere di latte, bevvi un paio di sorsate e portai il resto nello studio. Dissi a Wolfe: — Saul è tornato. La persona ha lasciato il suo ufficio poco prima delle sei, è comparsa al suo appartamento circa alle sette e un quarto e si è vestita per la cena. Saul non ha potuto scoprire che cosa abbia fatto nel frattempo. Deve continuare le indagini questa sera? — No. Lo mandi a casa. Gli dica di trovarsi qui alle otto di domani mattina.
— Anche Johnny?
— Sì… no, aspetti. — Wolfe si volse all’ispettore: — Cramer, forse posso semplificare qualcosa per lei. So che è molto preciso nel lavoro. Senza dubbio avrà scoperto che ci sono parecchi modi di accedere al cantiere della Cinquantacinquesima Strada e suppongo che abbia fatto esplorare tutti gli accessi. Forse avrà anche saputo che nel pomeriggio di oggi un uomo ha fatto delle ricerche in proposito.
Cramer lo guardò a bocca aperta: — Perdiana, chi ve l’ha detto? Sicuro che l’abbiamo saputo. Abbiamo anche una descrizione dell’uomo e venti dei nostri uomini lo stanno cercando… Wolfe assentì col capo: — Immagino di poterle risparmiare un disturbo inutile. Avrei dovuto parlargliene prima. L’uomo in questione è nella mia cucina. Era laggiù per conto mio. — Ma, in nome del cielo, questo accadeva prima che Walsh venisse ucciso! — depose il bicchiere sulla scrivania.— Che razza di storia è questa?
— Ecco, volevamo vedere Walsh e sapevamo che c’era uno dei vostri uomini appostato all’ingresso del cantiere. Il mio subalterno stava per l’appunto cercando il modo di arrivare a Walsh. Ha lasciato la Cinquantacinquesima Strada pochi minuti dopo le sei ed è poi rimasto qui dalle sei e mezzo alle otto. Può parlargli, se vuole, ma sarebbe una perdita di tempo. Ha la mia parola.
Cramer guardò alternativamente Wolfe e me, poi riprese il bicchiere.— Al diavolo! Wolfe mi disse: — Mandi a casa Johnny.
E Cramer soggiunse: — Dica a Stebbins di andar fuori a dire a Rowcliff che ritiri i venti uomini. Quando feci ritorno nello studio, Skinner e Hombert stavano bombardando Wolfe. La situazione diveniva decisamente ridicola. I due si erano dati tanto da fare per proteggere Clivers e per impedire a ogni costo che rischiasse di finire con la corda al collo per un delitto ed ecco che ora stavano implorando Wolfe di riferire ciò che Clivers gli aveva rivelato. Skinner, con una mano tesa verso Wolfe, stava usando blandizie e lusinghe.
— Ma, santo cielo, perché non possiamo lavorare insieme? Ammetto che abbiamo affrontato la situazione in modo errato, ma come facevamo a sapere che Clivers era stato qui nel pomeriggio di oggi? Lui non ci vuoi dire niente e, per quanto mi riguarda, sarei ben contento di imbarcarlo per il suo paese. Certo non la possiamo obbligare a riferirci le informazioni importanti che dice di aver ottenuto da Clivers, ma possiamo pregarla di metterci al corrente… la preghiamo. Che cosa rappresenta Clivers per lei? Perché mai dovrebbe proteggerlo? Ci dica almeno questo: Clivers le ha detto nulla che potesse indicare come lui avesse delle intenzioni bellicose contro Walsh?
Wolfe abbassò le palpebre e dopo un momento si volse a me: — Il suo taccuino, Archie. Troverà un punto in cui ho domandato al signor Clivers: “Non gli crede?”. Alludevo al signor Walsh. Per cortesia legga la risposta di lord Clivers.
Avevo già preso il taccuino e lo stavo sfogliando. Finalmente trovai il punto e lessi: — Clivers: “Non credo a nessuno. So benissimo di essere un po’ subdolo. Sono un diplomatico, tanto basta. Mi ascolti: per quanto riguarda Walsh, può anche dimenticarsi di lui; lo sistemerò io. Devo a ogni costo soffocare la faccenda, almeno finché sono in questo paese. Dunque sistemerò io Walsh. Scovil è morto, pace all’anima sua. La polizia penserà a cercare il colpevole. Quanto ai Lindquist…”.
Wolfe mi fermò con un gesto: — Basta così, Archie. Riponga il taccuino.
— Nossignore, non lo deve riporre! — fece Hombert battendo di nuovo un pugno sul bracciolo della poltroncina. — Quel taccuino costituisce un documento importante e noi vogliamo… Si fermò per lanciare un’occhiataccia a Skinner che gli aveva assestato un calcio in uno stinco. Skinner era pronto a sciogliersi in dolcezza.
— Ascoltate, Wolfe, si schieri con noi! Ci dia quel taccuino. O almeno, il suo assistente può battere a macchina il brano che ci interessa. Clivers deve salpare per l’Europa domenica! Se non risolviamo questo imbroglio, saranno guai.
Wolfe chiuse gli occhi e dopo un momento li riaprì.
— Vuole fare un accordo con me, signor Skinner? Lasci che le rivolga alcune domande. Quando avrò udito le risposte farò quel che potrò per lei. Probabilmente non avrete a lagnarvi di me. — Va bene, spari.
Wolfe si rivolse bruscamente all’ispettore: — Cramer, uno dei suoi uomini ha pedinato il signor Walsh dal momento in cui l’avete liberato, nel pomeriggio, e quest’uomo era appostato all’ingresso del cantiere della Cinquantacinquesima Strada. Vorrei sapere che cosa lo ha indotto ad attraversare la strada e a entrare nel recinto, come riferisce il “Gazette”. Ha udito una detonazione?
— No. — Cramer si tolse di bocca il sigaro. — Quell’uomo è nella sua cucina. Lo vuole interrogare? — No, mi basta sapere come sono andate le cose.
— Ebbene, glielo dirò io. Stebbins si è assentato dal suo posto per qualche minuto. C’era stato un incidente all’angolo di Madison e lui era andato a dare un’occhiata. Dice di essersi allontanato soltanto per un paio di minuti, ma forse quei due minuti saranno stati dieci. Sapete bene com’è. Comunque, è ritornato ben presto dalle parti del cantiere, tenendosi sul marciapiede opposto e, a un tratto, guardando la porta dello steccato, ha visto che si apriva lentamente e che appariva il viso di un uomo che guardava fuori. Non era Walsh. C’erano alcuni passanti, il viso è scomparso subito e la porta si è richiusa. Stebbins si è appostato dietro una macchina ferma. Un minuto dopo la faccia è riapparsa, ma anche questa volta c’era un passante e la faccia è di nuovo scomparsa. Stebbins ha pensato che fosse venuto il momento di approfondire, ha attraversato la strada ed è entrato nel recinto. Per disgrazia, quel giornalista lo ha visto: Stebbins ha trovato Clivers, nonché il cadavere di Walsh che giaceva a terra…
— Basta così. — Wolfe sospirò. — Il cadavere giaceva davanti al telefono. Dunque il signor Stebbins non ha udito alcuna detonazione.
— No. Si trovava all’angolo della strada e c’era molto rumore.
— Sicuro. E l’arma è stata ritrovata addosso a lord Clivers?
— No. Ecco uno dei particolari più sconcertanti. Non riusciamo a trovare alcuna rivoltella, a parte quella che aveva in tasca Walsh e dalla quale non era stato sparato alcun colpo. Anche ora al cantiere c’è una squadra dei miei uomini intenta alla ricerca dell’arma. Ma si tratta di un edificio con lo scheletro d’acciaio e ci sono centinaia di piloni cavi, entro i quali la rivoltella avrebbe potuto essere gettata.
— Può darsi — mormorò Wolfe. — Guarda un po’… non si è udita la detonazione e non si trova l’arma. — Guardò alternativamente i tre. — Non posso fare a meno di dirvi, signori, che queste notizie mi procurano un grande sollievo. A parte ciò, credo che abbiate diritto di sapere che il signor Goodwin e io abbiamo udito la detonazione.
Tre paia d’occhi increduli si posarono su di lui. Skinner domandò: — Che cosa dite? Che diavolo sta dicendo?
— Racconti come sono andate le cose, Archie.
— Questa sera — cominciai, poi mi corressi: — Ieri sera, il signor Wolfe e io eravamo in questo studio. Alle sette meno due minuti il telefono ha squillato e il caso ha voluto che entrambi prendessimo i nostri ricevitori. Una voce ha detto: “Nero Wolfe?”. La voce sembrava molto lontana e aveva un tono agitato. Io ho detto: “Sì, chi parla?”. E la voce ha aggiunto: “Lo tengo! Venite qui subito, alla Cinquantacinquesima Strada… Sono Walsh… lo tengo sotto mira… venite… presto”. La voce è stata interrotta da un’esplosione molto forte, come se un colpo di rivoltella fosse stato sparato molto vicino al telefono. Chiamai Walsh per nome parecchie volte, ma non ottenni risposta. Abbiamo fatto telefonare subito alla polizia per avvertire dell’accaduto.
Mi guardai attorno, come se aspettassi un segno di plauso. Skinner sembrava assorto in profonde meditazioni. Hombert continuava a parere sul punto di esplodere e Cramer aveva un’aria profondamente disgustata.
Skinner disse: — Avete udito quella detonazione al telefono, alle sette meno due minuti. L’ora corrisponde. Erano le sette e cinque quando Stebbins ha trovato Clivers — Si guardò attorno, con l’aria scoraggiata di chi è venuto a conoscenza di qualcosa che preferiva non sapere. — Questo completa il quadro. Ma, senta un po’, Wolfe, perché mai il fatto che non si trovi la rivoltella e che Stebbins non abbia udito la detonazione le reca tanto sollievo? — Ogni cosa a suo tempo, signor Skinner. — Wolfe tamburellava leggermente con le dita sul bracciolo della poltrona e io mi domandai perché fosse impaziente. — Se non le dispiace vorrei continuare. Il giornale dice che il signor Stebbins ha perquisito lord Clivers per vedere se era armato. Lo era?
— No — rispose Cramer. — Si è degnato di dirci che porta sempre la rivoltella, ma non quando è vestito da sera.
— Ma dal momento che lord Clivers non aveva potuto uscire dal recinto e dal momento che non si trova un’arma, come può essere lui l’assassino?
— Oh, l’arma si troverà — dichiarò Cramer melanconicamente. — È stato lui, maledizione. Wolfe scosse il capo. — Si faccia forza, Cramer. Mi dica una cosa: Stebbins ha seguito Walsh tutto il pomeriggio; sa che cosa hanno fatto?
— Ecco, Walsh ha fatto colazione in un bar automatico nei pressi di Broadway, poi ha preso un tram e si è diretto verso nord ed è sceso alla Ventisettesima Strada, poi ha proseguito a piedi verso ovest. È andato all’American Trade Company, è salito con l’ascensore e si è fermato al trentaduesimo piano dove vi è la direzione. Stebbins ha aspettato nell’atrio. Walsh è rimasto negli uffici quasi un’ora, è ridisceso con l’ascensore e Stebbins non ha voluto scendere con lo stesso per non farsi notare e per poco non si è lasciato sfuggire il suo uomo. Walsh si è poi diretto verso est e ha fatto una sosta in un telefono pubblico. Ha preso la metropolitana e si è recato in una pensione della Sessantaquattresima Strada est, dove abitava; è uscito di nuovo, poco dopo le cinque e mezzo, e si è recato al lavoro, alla Cinquantacinquesima Strada. E arrivato a destinazione poco prima delle sei.
Wolfe si era adagiato contro lo schienale della poltrona e aveva chiuso gli occhi. Tutti lo guardarono. Hombert domandò: — Ebbene?
Wolfe non si mosse, ma parlò: — A proposito della visita fatta da Walsh agli uffici della American Trade, sa con chi ha parlato?
— No, perché Stebbins non ha potuto entrare. Ma che importanza ha?
— Non saprei — fece Wolfe. Aveva preso un tono distratto, ma io che lo conoscevo bene, sentivo che nella sua voce vi era una vibrazione nuova.
— Non saprei. Ci sono dei casi in cui una congettura vale quanto un fatto… se non di più. — A un tratto, aprì gli occhi, si raddrizzò e divenne sbrigativo. — Basta così signori. Sono le due passate e il signor Goodwin sta sbadigliando. Avrete mie notizie domani… anzi, dovrei dire oggi.
Skinner scosse il capo con fare afflitto.
Cramer si alzò a sua volta dicendo a Hombert: — È sempre così. Insistere sarebbe come pungere un rinoceronte con uno spillo.