Abbud viene e va

 

Il 21 ottobre 1964, a Khartoum, scoppiarono dei tumulti.

La scintilla iniziale fu data da un comizio di studenti universitari che chiedevano la soluzione della dolorosa questione del Sudan meridionale. La polizia aprì il fuoco, morirono due studenti. I loro busti, coperti di vernice dorata, stanno oggi davanti al rettorato.

Per alcuni giorni sulla città soffiò lo spirito della Bastiglia.

Nelle strade sfilavano cortei guidati da professori universitari, i lavoratori sventolavano bandiere rosse, nei comizi la folla portava a spalla gli oratori e i venditori di acqua distribuivano gratis da bere ai rivoltosi assetati.

In quest'atmosfera, e sotto la pressione delle masse in tumulto, cadde la dittatura del generale Ibrahim Abbud. Dopo sei anni di regime militare il potere fu preso dal governo provvisorio creato dall'organizzazione, nata durante le lotte di ottobre, del Professional Front: un nome che, in modo approssimativo e impreciso, si potrebbe tradurre come Fronte dei Lavoratori.

Ne nacquero nuove lotte politiche, tuttora in atto.

Tutti i problemi del Sudan derivano dalla genesi coloniale di questo paese. È il caso di molti Stati africani, ma quello del Sudan è particolarmente scabroso. Ufficialmente il Sudan era un condominio egiziano-britannico; in realtà si trattava di una colonia britannica. Il colonialismo non si è mai prefisso di creare paesi geneticamente e storicamente autentici, ma di riunire sotto il proprio potere la maggior parte possibile di territori e popolazioni, da dividere in seguito in unita amn,ini_ strative secondo criteri arbitrari oppure rispondenti a un immediato interesse materiale. Il Sudan è appunto il frutto di questa insaziabile avidità coloniale. Se i territori che compongono il Sudan si fossero potuti sviluppare liberamente, oggi questo paese neanche esisterebbe: la zona settentrionale farebbe parte dell'Egitto e quella meridionale apparterrebbe al Congo e all'Uganda. L'Egitto sarebbe diviso dal Congo e dall'Uganda dalla frontiera naturale del Sahara e dei bacini dell'Alto Nilo, frontiera che oggi divide lo Stato sudanese nelle sue parti settentrionale e meridionale.

Affermazioni del genere sono comunque del tutto arbitrarie e improduttive, visto che a contare sono i fatti, e i fatti sono l'esistenza di un Sudan indipendente con tutta la sua eredità postcolonialista. Le frontiere sudanesi stabilite dai colonialisti (quella di nord-ovest è stata disegnata con due tratti di righello) comprendono una superficie di due milioni e mezzo di chilometri quadrati. Il Sudan, che è il più vasto Stato africano, è otto volte più grande della Polonia. Su questo immenso spazio vivono appena tredici milioni di abitanti (si tratta di una cifra approssimativa, visto che non è mai stato fatto un censimento della popolazione). Grande come l'India, ha una popolazione di tredici volte inferiore.

Caratteristica principale è comunque il fatto che il Sudan è una zona di confine etnico, un crocevia, un crogiuolo di razze. Gli etnografi dividono la popolazione del Sudan in quattro gruppi etnici (semitico, cuscitico, nubiano e nilotico), a loro volta divisi in una serie di sottogruppi che nuovamente si dividono in una ventina di tribù e in centinaia di clan.

Non si tratta di una curiosità storica: sono divisioni che rivestono un fondamentale significato politico nel Sudan odierno e che stanno alla base dei suoi drammi interni.

Ma innanzitutto (e semplificando al massimo) il Sudan è un paese lacerato tra due mondi africani: la sua parte settentrionale appartiene alla grande famiglia araba, mentre quella meridionale appartiene all'Africa nera, o "negra". I due principali gruppi etnici del Sudan sono gli arabi, detti arabi sudanesi in quanto notevolmente più scuri di quelli del Nordafrica (in numero di sei milioni), e i niloti, o "negri", che sono circa quattro milioni. I niloti sono snelli, altissimi e con tratti meno "negroidi" dei "veri e propri negri", ma di pelle straordinariamente scura, la più scura di tutta l'Africa.

Sappiamo che il grande slogan africano è l'unità e che l'organizzazione che unisce gli Stati indipendenti del continente si chiama Organizzazione dell'unità africana. Tale slogan non contiene solo l'idea dell'unità politica, ma anche la speranza di una fraterna convivenza tra le razze di colore dell'Africa, il cui problema fondamentale è soprattutto la convivenza tra l'Africa settentrionale araba e l'Africa nera. Una convivenza a favore della quale combattono i più illuminati e patriottici elementi africani, mentre il neocolonialismo tende a contrastarla.

La guerra attualmente in atto nel Sudan meridionale sta scavando una fossa capace di diventare la tomba dell'unità africana.

Il Nord del Sudan ha sempre deciso, e tuttora continua a decidere, tutto quello che avviene nel paese. Dire "il Nord" significa dire sei milioni di arabi sudanesi più due milioni di nubiani e di cusciti. Il Nord è islamico e per 1'80% parla arabo. Le lingue ufficiali del Sudan sono l'arabo e l'inglese, sebbene l'inglese sia parlato dal 6% della popolazione e l'arabo dal 50%.

La popolazione del Nord è tradizionalmente divisa nelle due grandi sette musulmane degli ansar e dei chatmijja. La divisione riveste anche un carattere politico: la setta degli ansar raggruppa i fautori del Mahdi e quella dei chatmijja i seguaci di al-Mirghani, discendente di una setta tradizionalmente stabilita in Egitto. I chatmijja sudanesi, affluiti qui dall'Egitto, continuano a considerare questa terra come la terra dei loro avi. Gli ansar sono le tribù arabe che, stabilitesi in Sudan per prime, hanno sempre combattuto per la loro indipendenza e per il loro esclusivo diritto a possedere questo paese.

Gli ansar sono i mahditi che hanno firmato l'eroica Carta in difesa del Sudan contro l'espansione britannica.

Il tema principale della politica sudanese è sempre stato il rapporto con l'Egitto. Gli arabi sudanesi e quelli egiziani da un lato erano uniti dall'islam, dalla lingua comune, dalla. cultura e dal Nilo; dall'altro erano divisi dalle ambizioni autonome di una parte degli arabi sudanesi, nonché dagli intrighi britannici tesi a mantenere in contrasto le due comunità arabe.

Quando negli anni trenta e quaranta del nostro secolo in Sudan iniziò a svilupparsi un moderno movimento politico, la questione del rapporto con l'Egitto si ripercosse subito in una divisione dei partiti. In Sudan non poteva sorgere (come nella maggior parte degli Stati africani) un unico partito di liberazione poiché la società sudanese era fondamentalmente divisa circa la forma che tale indipendenza avrebbe dovuto assumere. I chatmijja ritenevano che l'indipendenza del Sudan dovesse realizzarsi insieme all'Egitto e che Sudan ed Egitto dovessero formare la Repubblica araba unita, embrione della grande unione degli arabi in un unico e potente Stato. I chatmijja, che rappresentavano l'elemento arabo più illuminato e progressista del Sudan, credevano che l'unione tra gli arabi egiziani e i sudanesi avrebbe portato a una più efficace e rapida liberazione dalla dominazione britannica.

Nel 1942 i seguaci politici di tale orientamento fondarono l'embrione di un partito che prese definitivamente corpo nel 1952 con il nome di National Unionist Party (NuP). Si definivano unionisti in quanto favorevoli all'unione con l'Egitto, considerata l'unica possibile forma di indipendenza. Il NUP era guidato da quell'Ismail al-Azhari destinato in seguito a diventare il premier del Sudan indipendente.

Nel 1945, periodo in cui i futuri unionisti iniziano ad associarsi in gruppi politici, all'ala opposta sorge un altro partito di cui diventa patrono, nonché presidente, l'imam (o capo della setta religiosa musulmana) Sadiq al-Mahdi, figlio di Abd ar Rahman al-Mahdi (quello che ha fatto rinascere la setta ansar) e nipote dell'imam Muhamrned Ahmed al-Mahdi (detto discendente del profeta, creatore del movimento mahdista e capo della famosa insurrezione mahdita del xix secolo).

La base di tale partito, che prende il nome di UMMA, è rappresentata dai fautori della setta ansar. I mahditi influenzano il Sudan centroccidentale e soprattutto le fertili zone di al-Jazira dove si trovano le piantagioni di cotone, principale esportazione sudanese.

L'evoluzione politica dei mahditi conferma una regola abbastanza comune, e apparentemente paradossale, della storia africana. Secondo questa regola, le tribù che nel xviii e xix secolo combatterono con più valore e spirito rivoluzionario l'imperialistica invasione coloniale in Africa oggi svolgono sul continente un ruolo conservatore, reazionario e filoccidentale.

Così è avvenuto per i baganda in Uganda, per i matabele in Rhodesia, per gli ashanti in Ghana e in decine di altri casi.

Ciò si spiega con il fatto che, nel periodo dell'espansione coloniale, a combattere erano le tribù capaci di opporre resistenza, ossia quelle dotate di una maggiore e compatta organizzazione interna. Di solito si trattava di un'organizzazione di tipo feudale, dal potere fortemente centralizzato. I colonialisti non erano in grado di sconfiggere tribù così forti, però potevano isolarle: l'isolamento, la forte struttura religiosotribale e la tenace memoria delle eroiche tradizioni finirono per favorire il sopravvivere degli antichi e ormai anacronistici assetti sociali. Ma oggi che l'isolamento è meno assoluto di prima e che i nuovi rapporti sociali e le nuove idee politiche scalzano l'antico assetto tribale, gli anziani delle tribù si oppongono a qualsiasi forma di democrazia e di socialismo e ne combattono l'ideologia cercando alleati esterni tra gli inglesi e gli americani.

La stessa identica cosa avviene oggi per i mahditi e per il loro partito politico-religioso UMMA. L'UMMA è nato all'insegna del totale distacco del Sudan dall'Egitto, nonché del raggiungimento dell'indipendenza sudanese con la collaborazione di Londra. Gli ansar sono separatisti arabi, isolazionisti. Oggi l'UMMA è un partito estremamente conservatore, sorretto dai più fanatici e feudali elementi arabi.

Il periodo delle aspirazioni indipendentiste è caratterizzato da continui scontri tra la corrente filoegiziana e quella antiegiziana. Nel 1953 gli inglesi sono costretti a riconoscere il diritto del Sudan all'autogoverno interno. Nel novembre di quello stesso anno hanno luogo le elezioni. Malgrado la legge elettorale favorevole all'uMMA, gli unionisti ottengono una vittoria schiacciante: cinquantun seggi su novantasette alla Camera bassa e ventidue su trenta alla Camera alta del parlamento.

A capo del primo governo sudanese viene posto il leader degli unionisti Ismail al-Azhari. Per gli inglesi il risultato delle elezioni rappresenta una sconfitta: non dimentichiamoci che nel frattempo la situazione egiziana si sta evolvendo in direzione antibritannica. Nel giugno 1953, e quindi sei mesi prima delle elezioni in Sudan, Nasser diventa vicepresidente dell'Egitto e nel febbraio 1954 assume la carica di premier.

L'Inghilterra rischia di perdere la sua influenza su tutta la valle del Nilo. Iniziano attive manovre britanniche contro gli unionisti. Per effetto delle pressioni britanniche al-Azhari, fautore dell'indipendenza a qualunque costo, timoroso dei ricattatori britannici e della guerra religiosa minacciata dall'uMMA, punta tutto sullo slogan dell'indipendenza accantonando la questione dell'unione con l'Egitto. La manovra di al-Azhari viene accelerata dallo scoppio della rivolta nel Sud, avvenuta nell'agosto 1955. La rivolta, indipendentemente dalla serie di ragioni obiettive che l'hanno causata, è stata provocata da elementi britannici. Nella politica sudanese la questione del Sud e la questione egiziana sono così strettamente legate che qualsiasi moto di rivolta al Sud accomuna all'istante i partiti politici del Nord in un unico fronte, indipendentemente dai rispettivi orientamenti e programmi. La questione del Sud ha sempre infiammato il nazionalismo arabo del Nord e così appunto è avvenuto nel 1955. La rivolta del Sud ha distolto l'attenzione dalle questioni egiziane e il primo gennaio 1956 è nato il Sudan come Stato indipendente non unito all'Egitto.

Quasi subito dopo la conquista dell'indipendenza, l'opposizione sferra un aperto attacco contro al-Azhari. L'attacco proviene da due parti: l'UMMA attacca al-Azhari per il fatto di non agire apertamente contro l'Egitto, mentre lo stesso partito di al-Azhari, il NUP, accusa il proprio leader di opportunismo e di tradire lo slogan dell'unità e dell'unione con l'Egitto.

Nel giugno 1956, sei mesi dopo l'indipendenza, avviene la scissione ufficiale del NUP: il gabinetto di al-Azhari cade ed egli stesso perde la carica di premier. La parte più opportunista del partito conserva il medesimo nome e resta sotto la guida di al-Azhari, mentre la parte più radicale, composta principalmente dalla base, crea il People's Democratic Party (PDP) con a capo Ali Abd ar Rahman. Il nuovo partito adotta lo slogan dell'unione con l'Egitto e con Nasser, in quel momento alla vigilia della crisi di Suez. Ma poiché il principale obiettivo dei dissidenti del PDP è di far fuori il loro ex capo al-Azhari e il partito che li ha politicamente allevati, ossia il NUP, si coalizzano con il loro più accanito nemico, l'UMMA: per cui, in quello stesso giugno 1956, invece del governo unionista sorge il governo dell'UMMA con a capo il premier Abd Allah Chalil (segretario generale dell'UMMA).

Gli inglesi tornano a ridere sotto i baffi.

Ma è un'allegria di breve durata: sebbene i mahditi siano filobritannici per quanto riguarda la reazionarietà e la tattica politica, tra di loro continua a sopravvivere un forte sentimento antinglese risalente ai tempi dell'insurrezione guidata dal loro avo. Ed è appunto su questo risentimento che adesso intendono giocare gli americani. Inizia l'offensiva statunitense contro il Sudan. Gli USA cercano appoggio nell'UMMA.

Il 1958 riveste un significato decisivo per le successive sorti del Sudan. In febbraio hanno luogo le elezioni, dalle quali al-Azhari esce sconfitto. Il parlamento è così composto: UMMA, sessantotto seggi; NUP, quarantacinque; PDP, ventisette; LP, trentadue (il Liberal Party è il partito del Sudan meridionale, ossia la destra "negra").

Il governo viene formato da una nuova coalizione tra l'UMMA e il PDP, di cui si conferma premier Abd Allah Chalil. Ma ha vita breve: nel frattempo sono iniziati i colloqui tra Chalil e il governo americano sulla concessione di ingenti aiuti finanziari da parte degli USA. Da notare che questi colloqui Washington li conduce non con l'intero governo sudanese, ma soltanto con i ministri che fanno parte dell'UMMA, per cui, in pratica, si tratta di un aiuto fornito dall'America non tanto al Sudan, quanto all'uMMA. Scoppia lo scandalo. Le forze della sinistra si preparano alla lotta. Il PDP rompe la coalizione.

Il Partito comunista, il PDP, la sinistra del NUP, i sindacati e le organizzazioni studentesche si apprestano a formare un fronte popolare democratico di lotta contro la reazione e contro la penetrazione americana. Il Sudan è alla vigilia di una rivolta.

In parlamento nessun partito ha la maggioranza, il governo è paralizzato, tutto sprofonda nella corruzione e negli intrighi. Appare chiaro che il Sudan rischia di seguire le orme dell'Egitto.

Gli americani e gli inglesi offrono a Chalil una via di uscita.

Chalil si accorda con l'esercito che effettua un colpo di Stato. Non potendo più governare in condizioni di democrazia parlamentare, la reazione è ricorsa alla dittatura militare.

Il golpe è avvenuto il 19 novembre del 1958.

Gli ingredienti sono stati quelli solitamente usati in questo genere di operazioni: carri armati nelle strade, dichiarazioni alla radio denuncianti la corruzione del precedente governo, scarcerazione dei prigionieri, annuncio di un programma di rinnovamento.

Il potere viene assunto dal Comando supremo delle forze armate del Sudan con a capo il generale Ibrahim Abbud.

I partiti politici, i sindacati e le organizzazioni studentesche vengono sciolti, il parlamento liquidato, la Costituzione sospesa.

Iniziano gli arresti in massa degli attivisti di sinistra e il terrore militare nel Sud. Ogni genere di opposizione viene spietatamente soffocato. Il paese si ritrova un governo composto da anziani generali, da eredi di ricche famiglie feudali arabe e da allievi delle scuole militari britanniche. I principali investimenti del bilancio vanno all'esercito, che adesso è uno dei più forti dell'Africa e conta oltre quarantamila soldati.

La dittatura di Abbud è durata sei anni.

Il regime dei generali è caduto il 21 ottobre 1964. Era un regime duro ma fragile, in quanto privo dell'effettivo appoggio delle masse. A proposito di quanto è accaduto dopo il 21 ottobre, un mio interlocutore di Khartoum mi ha detto: "È successa una cosa incredibile: nel giro di tre giorni Khartoum è tornata esattamente com'era nel 1958, una settimana prima del colpo di Stato. In men che non si dica sono ricomparsi tutti i vecchi partiti politici, esattamente gli stessi, con gli stessi nomi e le stesse persone. Sono ricominciati a uscire gli stessi giornali, con gli stessi titoli, gli stessi caratteri e gli stessi programmi. Sono rispuntati gli stessi uscieri che, spontaneamente, si sono messi a ripulire l'edificio del parlamento.

I politici hanno ripreso i litigi lasciati in sospeso sei anni fa, come se quei sei anni di governo di Abbud non fossero mai esistiti. Quei sei anni sono stati semplicemente l'interruzione di una continuità che adesso ha tranquillamente ripreso il suo corso".

La Rivoluzione sudanese d'ottobre, come la chiamano a Khartoum, ha sbaragliato la cricca dei generali e ha restaurato le libertà democratiche. Il potere è stato preso da un governo creato dall'organizzazione, specificamente sudanese e nata a questo scopo, del Professional Front. La peculiarità della politica sudanese consiste nel fatto che l'élite politica del. paese è composta da professori e laureati dell'unica università sudanese, ossia quella di Khartoum, nella cui storia si riassume, grosso modo, la storia politica dell'odierno Sudan. I suoi laureati formano l'élite di tutti i partiti politici sudanesi.

La prima organizzazione politica del Sudan (il Graduates Congress) è stata appunto creata da loro nel 1963 e solo in seguito si è scissa nell'UMMA e nel NUP.

Dato che la principale facoltà universitaria era quella di Legge, la maggior parte dei politici sudanesi premier, ministri, capi di partito e parlamentari è composto di avvocati.

Questa genesi avvocatizia dell'élite sudanese si ripercuote fortemente sullo stile della vita politica. Uno stile caratterizzato da discorsi a non finire, dalla mancanza di fatti concreti, da interminabili diatribe sull'interpretazione di leggi e decreti, da una generale astrattezza e dal distacco dai reali problemi del Sudan, uno dei paesi più arretrati e trascurati di tutta l'Africa.

Il Professional Front è appunto una di queste organizzazioni di avvocati, patrocinata da professori universitari, di cui può fare parte chiunque abbia terminato l'università. La sola Khartoum ne vanta a centinaia, per cui ognuno dei partiti oggi risorti rigurgita di dottori e laureati. Con il risultato che nel Front sono rappresentati tutti i partiti e tutti gli orientamenti politici.

Da questo fronte emerge il primo governo provvisorio del Sudan, alla cui Quida Si pone come premier il professor al-Chatim al-Chalifa.

I sette mesi tra il 21 ottobre 1964 (caduta del governo di Abbud) e il 10 giugno 1965 (avvento del governo Mahdjoub) sono caratterizzati da una serie di scontri tra rivoluzione e controrivoluzione.

Possiamo vedervi all'opera i classici meccanismi di questo tipo di lotta. Tutto dipende dalla forza con cui viene inferto il primo attacco rivoluzionario: le sorti della rivoluzione dipendono da quanto a fondo penetra il colpo. Si limita a rovesciare la dittatura esistente sostituendola con una forma di governo più liberale, oppure va oltre e colpisce la base sociale della reazione e il suo appoggio esterno, ossia gli interessi imperialistici stranieri?

L'impeto della Rivoluzione sudanese non è arrivato così lontano.

Nell'ultima fase del governo di Abbud, alla lotta contro l'inetto regime del generale partecipano in pratica tutte le forze politiche. Il fatto è che ognuna di esse vuole una cosa diversa: i reazionari aspirano semplicemente a sostituire il regime militare con un regime civile; la borghesia vuole solo la democrazia parlamentare mentre alla sinistra comunista e sindacale basta escludere dal potere la reazione.

Il regime di Abbud viene rovesciato grazie al violento e massiccio intervento popolare. In questa esaltata atmosfera di manifestazioni di piazza, mentre le forze reazionarie si tengono in secondo piano e sulla difensiva, nasce il primo governo provvisorio che, date le circostanze, annovera tra i suoi componenti molti esponenti della sinistra: Partito comunista, sindacati, PDP. È il governo più sinistrorso di tutta la storia del Sudan. Ma al suo interno c'è anche la destra.

Al-Chalifa è un debole, un opportunista capitato per caso sulla scena politica, un professore che tiene soprattutto a continuare la sua carriera scientifica indipendentemente dal partito politico al potere. Questo borghese democratico, questo scialbo pedante, irretito negli intrighi della destra e ricattato dai reazionari, traccheggia e blocca le più coraggiose proposte della sinistra. Comincia un gioco al temporeggiamento teso a estenuare lo slancio rivoluzionario.

La reazione riprende rapidamente forza. Intanto gli americani sembrano impazziti. Sono sempre rimasto sorpreso dall'incredibile invadenza mostrata dagli americani ogni volta che in Africa si è creata una situazione di crisi. Dimentichi di ogni tatto e di ogni parvenza diplomatica, portano ai ministri loro protetti borse piene di soldi, stampano all'interno dell'ambasciata cataste di volantini incitanti a una notte dei lunghi coltelli anticomunista, intrigano, fanno pressioni, sudano sette camicie.

Il 9 novembre, a soli dieci giorni di distanza dalla nascita del governo di al-Chalifa, a Khartoum corre voce che la reazione stia organizzando un colpo di Stato controrivoluzionario.

L'attentato dovrebbe avvenire per mano dei generali della cricca di Abbud i quali, benché allontanati dal potere, continuano a girare a piede libero e a comandare l'esercito.

In risposta, il 10 novembre le vie di Khartoum vengono invase da folle di dimostranti che chiedono di mandare alla forca i generali. Al-Chalifa li fa arrestare.

In dicembre, nuovo attacco della reazione. A Khartoum scoppiano sanguinosi tafferugli tra gli arabi e la popolazione proveniente dal Sud. Decine di morti, centinaia di feriti. I disordini sono opera dei fanatici. dell'uMtMA.

In gennaio, altro attacco della reazione. Il 18 gennaio il blocco dei partiti reazionari (l'uMMA, il NUP, i Fratelli Musulmani, l'Islamic Front e l'Islamic Socialist Party questi ultimi tre di scarso potere effettivo ma chiassosi e fanatici) presenta al governo provvisorio un memorandum con il quale si esige l'immediata attuazione delle elezioni generali.

E qui ci corre l'obbligo di fare una sosta: ci troviamo infatti in presenza dell'appassionante dimostrazione di come uno slogan, obiettivamente democratico e progressista, in determinate circostanze possa servire a raggiungere uno scopo assolutamente reazionario.

Apparentemente, infatti, il memorandum è motivato dal desiderio di difendere la democrazia. I suoi firmatari affermano che le ultime elezioni democratiche si sono svolte nel 1958 e che da allora sono trascorsi sette anni. Durante questo periodo il governo è stato appannaggio, prima, di una cricca dittatoriale e usurpatrice e, ora, di un potere che, seppure accettato dalla piazza, non è stato scelto dall'intera nazione tramite elezioni rispondenti ai quattro punti fondamentali: per cui sarebbe ora di tornare ai secolari principi democratici e permettere che il governo venga accettato dalla nazione unita.

Proviamo ora a confrontare il memorandum con l'effettiva realtà del Sudan. Il Sudan è, da una parte, Khartoum, Port Sudan e Atbara; dall'altra, la provincia. Khartoum è rivoluzionaria e progressista, la provincia è conservatrice e feudale.

La voce di Khartoum non è la voce della provincia. La Rivoluzione d'ottobre è stata opera di Khartoum, non della provincia.

Khartoum è la roccaforte della sinistra mentre la provincia è la roccaforte dell'uMMA. Ben lo sapevano i mahditi e gli inglesi quando, nel 1957, fecero approvare in un parlamento - di cui l'uMMA era il partito più importante la legge elettorale che dava alle province una priorità assolutamente sproporzionata e al di là di ogni senso comune. Gli inglesi sono maestri insuperabili nel montare queste leggitrucco.

Mezzo Commonwealth si è sempre retto sulle astute leggi elettorali britanniche.

In base appunto a questa legge Khartoum, che per la sua attività e maturità politica dovrebbe avere metà dei duecentotrentatré seggi parlamentari, ne ha soltanto tre. Per entrare in parlamento, un deputato di Khartoum deve ottenere un numero di voti che in provincia basterebbe a farne eleggere dieci!

Il memorandum pretendeva le elezioni in base proprio a questa legge, visto che altre non ne esistevano: per averne un'altra ci sarebbe voluta l'approvazione di un parlamento che non c'era, essendo stato sciolto da Abbud nel 1958. Il memorandum poneva in una situazione difficile la sinistra democratica la quale, avendo mangiato la foglia, era contraria alle elezioni, ma non poteva dirlo apertamente: non voleva certo fornire alla reazione il pretesto per una campagna impostata sullo slogan: "Questi democratici sono contro la democrazia".

La sinistra sapeva che nelle elezioni in Sudan la maggior parte dei voti rischiava di essere raccolta dal partito ricco e reazionario, un partito che faceva appello al fanatismo e alla lealtà della feudale e arretrata provincia, un partito che poteva permettersi di fare una campagna elettorale, di corrompere i cacicchi locali e di dividere i frutti delle elezioni:l'uMMA.

Non potendo sconfessare le elezioni, la sinistra cominciò a tergiversare e a difendersi con il pretesto che ci voleva il tempo per prepararle. Ma l'argomento era debole e non reggeva.

Attaccato dall'uMMA, il governo provvisorio cade il 21 luglio 1965. In questo primo governo l'uMMA aveva un portafoglio: in quello nuovo (detto "secondo governo provvisorio") ne ha già tre. I comunisti, che nel primo governo avevano tre portafogli, adesso ne hanno uno. Il secondo governo provvisorio, che appare subito notevolmente più reazionario del primo, segna l'inizio della seconda fase di distacco dalla rivoluzione.

Il governo dura tre mesi. Alla fine di maggio hanno inizio le elezioni che si rivelano una vera e propria farsa.

Tanto per cominciare., vengono boicottate da tutta la popolazione del Sud, ossia da un terzo degli aventi diritto al voto. Dei rimanenti aventi diritto se ne iscrive soltanto il 40%, del quale 40% partecipa alle votazioni soltanto il 70%: il che significa che dell'insieme dei cittadini sudanesi aventi diritto al voto ha votato soltanto il 19% degli elettori.

È l'ovvio frutto della legge elettorale truccata. Ha finito per vincere l'uMMA, che ha avuto appena diecimila voti. Quindi ha vinto il partito per il quale ha votato meno del 2 % della popolazione sudanese!

La legge vigente ha fatto sì che l'effettiva quantità di voti ottenuti non avesse il minimo peso. Nella sola Khartoum il Partito comunista ha raccolto 21.373 voti, ossia quanto in provincia sarebbe bastato per eleggere quattordici deputati dell'uMMA; e invece, a Khartoum, questi ventunmila voti non hanno fruttato ai comunisti neanche un seggio in parlamento.

Il candidato del Partito comunista in lista a Omdurman ha ottenuto 9107 voti e ha perso, mentre nella provincia del Kordofan, roccaforte dell'uMMA, con 9000 voti sono stati eletti ben nove deputati dell'uMMA.

Risultati definitivi delle elezioni annunciati nel giugno corrente: UMMA: 74

NUP: 52

Graduates: 15 (tra cui 11 deputati comunisti)

Moslem Brotherhood: 9

Beja Congress: 10

Nuba Union: 10

Questi dati necessitano di un commento. Il parlamento è incompleto: vi sono stati eletti centosettanta deputati mentre dovrebbe averne duecentotrentatré. Ciò è dovuto al fatto che le elezioni sono state boicottate dai partiti del Sud (al Sud spettano 58 seggi) nonché dal forte partito del PDP. Il PDP era contrario alle elezioni: essendo state boicottate dai partiti del Sud, secondo loro non solo non sarebbero state rappresentative, ma avrebbero rafforzato le tendenze separatiste del Sud.

Il boicottaggio del PDP con cui i comunisti avevano formato un blocco ha annullato il successo elettorale del Partito comunista (si calcola che il blocco avrebbe sicuramente ottenuto oltre cinquanta seggi in parlamento).

I Graduates sono una categoria di deputati specifica del Sudan. In Sudan ogni cittadino che abbia finito il college o l'università ha il diritto di votare due volte: per la lista del suo partito e per la lista dei Graduates. Per giunta, sulla lista dei Graduates il suo voto conta per due. E caratteristico per la situazione esistente in Sudan che dei quindici deputati eletti dai Graduates undici siano membri del Partito comunista.

Il Beja Congress e il Nuba Union gruppo cui appartiene anche il Darfur Front sono organizzazioni tribali locali che lottano per il miglioramento della vita sui loro territori (il manifesto elettorale del Nuba Union iniziava con le parole: "Il nostro popolo, che vive sulle montagne, muore di fame...").

Due parole sulla situazione interna dei partiti politici.

L'UMMA. Si tratta di un partito di tipo particolare. L'UMMA

è parte integrante di un potente fenomeno del Sudan definito con il nome di Mahdi House (Casa di Mahdi). Il Mahdi House è uno Stato feudal.-religioso dentro lo Stato, una mafia unita da legami di sangue, di dogmi e di interessi. L'organismo del Mahdi House si divide in tre componenti: la prima: il partito politico (UMMA) la seconda: la setta religiosa (ansar) la terza: íl consorzio economico (Da'irat al-Mahdi).

A capo del Mahdi House sta il ventinovenne Sadiq al-Mahdi, pronipote del grande Mahdi, presidente dell'UMMA.

Si tratta di un politico di talento, intelligente, ambizioso, moderno, di tendenze decisamente filoamericane. Sadiq governa il Mahdi House circondato da un consiglio di anziani.

Insieme allo Stato, il Mahdi House è il principale possidente del Sudan. Tra l'altro è il secondo possidente, dopo .lo Stato, delle piantagioni di cotone, ossia la principale ricchezza del Sudan.

Dopo le elezioni di maggio l'uMMA governa il Sudan in coalizione con il NUP, ma tutte le cariche chiave del governo sono in mano sua (quella del primo ministro e del suo vice, più i ministeri degli Esteri, degli Interni, della Difesa, dell'Informazione, dell'Amministrazione e del Lavoro).

La base sociale dell'uMMA sono le più arretrate e fanatiche tribù arabe del Sudan. A Khartoum lUMMA non ha la minima possibilità di ottenere un solo voto alle elezioni.

Il NUP. Nelle ultime elezioni questo partito, che una volta governava parte del Sudan, è arrivato secondo dopo luMMA.

La sua base sociale è rappresentata dalla piccola borghesia araba, dalle cittadine e dalle borgate del Sudan settentrionale.

Presidente del partito continua a essere il suo creatore, il sessantatreenne Ismail al-Azhari che, al pari di Kenyatta, ha iniziato la carriera come ardente rivoluzionario e la conclude su posizioni di destra. In Africa evoluzioni del genere sono tutt'altro che rare: invecchiando questa gente si disinteressa di tutto fuorché dei soldi. Al-Azhari è stato corrotto dagli inglesi di cui oggi difende gli interessi economici in Sudan. Al-Azhari ha all'interno del suo partito una forte opposizione diretta contro la coalizione con l'uMMA sinistrorso.

La forza dell'attuale governo sta nell'appoggio fornitogli dall'esercito e dalla polizia. Il capo dell'esercito è Muhammad Ahmad, sostenitore dell'uMMA, uno degli organizzatori del golpe compiuto da Abbud. Il capo della polizia è il generale Mahmud Buchari, fautore dell'uMMA. Esercito e polizia sono comandati dai vecchi quadri, formati e selezionati dai colonialisti britannici.

Il PDP. Il partito è attualmente sostenuto dalla setta chatmijja che un tempo appoggiava il NUP. Presidente del PDP

è Abd ar Rahman, politico abile e capace, ex ministro degli Esteri di entrambi i governi provvisori. Il PDP ha come programma il socialismo alla Nasser e una stretta alleanza con la RAU. Nel novembre dello scorso anno il PDP e il Partito comunista sudanese hanno firmato un accordo di reciproca collaborazione.

Il Moslem Brotherhood. Presidente di quest'organizzazione è il professor Hasan at-Turabi. At-Turabi lotta fanaticamente per fare del Corano la Costituzione del Sudan e perché il Sudan diventi uno Stato teocratico. Si tratta di un movimento di intellettuali musulmani privo di una consistente base sociale.

Il Partito comunista sudanese è stato fondato nel 1947 da un gruppo di giovani che durante gli studi all'università del Cairo avevano fatto parte del PC egiziano, nonché da alcuni attivisti del sindacato sudanese di Atbara. Nel 1958, prima del golpe di Abbud, il partito contava millecinquecento membri, adesso ne conta oltre diecimila. Dal tempo della rivoluzione nella provincia di Khartoum le file del partito si sono decuplicate.

Il Partito comunista del Sudan ha un direttivo intelligente e politicamente esperto e conduce una politica dinamica che procura autorità ai comunisti e assicura loro un crescente influsso sulle masse.

Il più drammatico, disperato problema interno del Sudan è la cosiddetta questione del Sud.

Sono stato nel Sud nel 1960. Mi sono fermato a Wau e a Giuba, capitali di due province meridionali di cui poi ho percorso qualche centinaio di chilometri in macchina. Erano gli anni del regime di Abbud. Ho visto i campi di concentramento dove i prigionieri vivevano sulla nuda terra, senza un tetto, morendo per la fame e per il sole.

La parte meridionale del Sudan è una delle zone più arretrate dell'Africa (gli argomenti degli attivisti del Sud, secondo i quali il suo mancato sviluppo sarebbe colpa degli arabi del Nord, in quanto tutte le risorse verrebbero destinate allo sviluppo del Nord, sono inaccettabili). Tutto il Sudan è uno dei paesi più arretrati dell'Africa e da questo punto di vista al Nord si sta male come al Sud, se non peggio.

Dal punto di vista amministrativo il termine "Sud" corrisponde a tre province del Sudan: l'Alto Nilo, Bahr al-Ghazal ed Equatoria.

Il Sud, che occupa un'estensione due volte maggiore della Polonia, oggi è abitato da tre milioni (secondo altri, quattro) di persone ed è privo di grandi città. La più grande, Giuba, non conta più di dieci-quindicimila abitanti. In tutto il Sud non c'è una sola strada battuta. Nella stagione delle piogge, ossia per sei mesi all'anno, il Sud è isolato dal Nord. Non esistono industrie. Ci sono due piccoli ospedali e una scuola media statale.

In tutta l'Africa non esiste un luogo più sinistro del Sudan meridionale.

La popolazione del Sudan meridionale si distingue da quella del Sudan settentrionale per il colore della pelle, la lingua e la religione. Gli abitanti del Sud sono neri di origine nilotica divisi in quattro principali tribù (dinka, nuer, bari e shilluk) e in qualche decina di tribù minori. Parlano una quindicina di dialetti locali, ma non l'arabo. Professano religioni animistiche e alcune varianti del cristianesimo, ma non l'islam.

La politica fondamentale di tutti i colonialisti del Sudan è sempre stata quella di dividere il Sudan in Nord e Sud nonché di fomentare reciproche ostilità e antagonismi tra le popolazioni delle due regioni.

Le origini del conflitto risalgono agli inizi del xix secolo, quando su questi territori nasce il commercio degli schiavi, praticato fino ai primi anni del nostro secolo (si sa da fonti certe che tale commercio, anche se su scala ridotta, si è protratto fino a dieci anni fa: proprio nel Sud del Sudan venivano venduti all'Arabia Saudita degli schiavi trasportati per mezzo di Dakota statunitensi guidati da piloti americani).

Nel xix secolo il monopolio della tratta degli schiavi nel Sud del Sudan apparteneva all'inglese Petherick, al francese de Mazac e all'arabo Az-Zubajr Pasha. Gli eserciti personali di queste potenze, composti di tribù arabe pagate con bestiame rubato alle tribù "negre", compivano delle incursioni nel cuore delle odierne province meridionali sequestrando schiavi, pacificando con la forza i villaggi e rapinando le proprietà delle popolazioni locali. Il ricordo di quei tempi è sempre vivo. La fortuna del Mahdi House è stata costruita con il commercio degli schiavi.

Nel 1898 gli inglesi instaurano l'amministrazione coloniale nel Sud e la tratta degli schiavi, nella forma finora praticata, si arresta. Ma a parte questo, cambia poco. Nei sessant'anni della loro presenza nel Sud gli inglesi non hanno fatto praticamente niente. Due sono i territori in Africa dove gli inglesi non hanno mosso un dito: l'ex Somaliland britannico e il Sud del Sudan (nonché, forse, il Bechuanaland). Nel Sud del Sudan gli inglesi hanno applicato la loro vecchia tattica di instaurare il colonialismo per mano altrui. In Africa orientale l'hanno fatto con l'aiuto degli indiani, nel Sud del Sudan grazie agli arabi. Gli inglesi apparivano solo al vertice, nella persona del governatore, ma per il resto erano tutti arabi.

Tutto quello che andava male era colpa degli arabi, l'unico buono era il sovrano inglese. Gli inglesi usavano il Sud come una riserva di manodopera a buon mercato per le loro piantagioni di cotone del Nord del Sudan. I feudatari arabi prendevano la gente del Sud come servi e facchini.

Nel 1922 gli inglesi introdussero una legge vergognosa, la cosiddetta Closed Districts Ordinance, che trasformava il Sud in una riserva chiusa, isolata. In forza di tale legge, tuttora valida, l'ingresso nelle province meridionali è possibile solo se si è in possesso di uno speciale permesso del ministero degli Interni. Solo pochi l'ottengono. Nessun abitante del Sud può liberamente partire dalla sua provincia né farvi ritorno ed è proibito anche il traffico tra le stesse province del Sud.

La legge non è stata introdotta dagli arabi, ma dagli inglesi.

Anche i missionari hanno avuto la loro parte nell'esacerbare le cose. L'istruzione era in mano ai missionari: insieme al Congo e all'Uganda, il Sud del Sudan è stato il teatro delle più attive operazioni missionarie in Africa. A contenderselo c'erano da una parte l'islam, dall'altra il cristianesimo: la guerra religiosa si è protratta per decine di anni. I missionari sguazzavano nel loro elemento e agli antichi antagonismi di razza se ne aggiunsero di nuovi, religiosi.

Il Sud del Sudan è un mondo fatto di ostilità, di complessi, di fanatismo e di claustrofobia. L'indipendenza non ha cambiato la situazione. La borghesia di Khartoum e poi il regime reazionario dei generali non hanno mai provato a risolvere in modo umano la questione del Sud. A ogni malcontento Abbud rispondeva con le armi, armi usate non solo al Sud, ma anche contro i suoi oppositori del Nord. Ma nella paranoia razziale del mondo africano il terrore esercitato al Nord veniva chiamato "lotta tra la reazione e il progresso", mentre quello esercitato al Sud era il "razzismo arabo che soffocava l'anelito di libertà della popolazione africana". In Africa è estremamente difficile presentare gli antagonismi come un conflitto tra reazione e progresso, o tra sfruttatori e sfruttati: nella mente di un semplice africano quest'immagine viene sempre deformata e falsata dalle emotività razziali.

Quali sono le caratteristiche del movimento politico del Sud?

Innanzitutto, la sua estrema debolezza, l'immaturità, l'anemia organizzativa, la divisione e a parte qualche eccezione la reazionarietà dei capi politici.

Il Sud ha una quantità sterminata di partiti. Se ne trovano di reazionari (Southern Front, Liberal Party), di estremisti (sANU Outside), di quelli creati dagli inglesi e appoggiati dall'UMMA e da Ciombe (sANu) e di quelli creati unicamente per combattere partiti già esistenti (Free Southern Front). Il programma di molti partiti è il distacco del Sud e il raggiungimento dell'autonomia (Sudan African Freedom, Fighters Union, Sudan African Socialist Union). Tra di essi esistono anche organizzazioni terroristico-clandestine come l'Anya-Nya. Di solito la sede dei partiti è Khartoum. La definizione di "partito" può indurre in errore il lettore europeo: nel caso del Sud si tratta di partitelli, di gruppuscoli, di cricche che a ogni nuovo dissidio si dividono in nuovi partitelli, gruppuscoli e cricche che a loro volta adottano nuovi nomi e si accusano reciprocamente di scissionismo e di obbedire a interessi stranieri.

Nel Sud non esiste un vero e proprio movimento politicosociale.

Quello che c'è può comunque essere diviso in tre principali correnti.

La prima: sono i vecchi politicanti di routine, per lo più funzionari di Khartoum promossi a suo tempo dagli inglesi per dimostrare che in Sudan anche i neri avevano il potere.

Si tratta di elementi filobritannici e reazionari che oggi collaborano con l'UMMA. Aspirano soprattutto a ottenere una carica nel governo centrale, cosa per cui sono sempre in lite tra di loro.

La seconda: sono gli estremisti che chiedono la totale indipendenza del Sud. Operano principalmente dai territori del Kenya, dell'Uganda e del Congo. Si tratta di pericolosi elementi reazionari, accecati dall'odio antiarabo. La maggior parte di essi è pagata dagli americani e dagli inglesi. Rifiutano ogni tentativo di comporre pacificamente la questione del Sud.

La terza: sono gruppi terroristici attivi sui territori del Sud. Si tratta di elementi piuttosto primitivi, apolitici, il cui unico programma sono la lotta armata contro gli arabi, le imboscate, le azioni punitive e le rappresaglie. Sono armati di archi e di lance, ma pare che ultimamente gli americani li riforniscano di mitra.

Il principale ostacolo alla soluzione dei problemi politici del Sud sta nel fatto che tutti questi partiti non si riconoscono gli uni con gli altri. Se uno di essi viene invitato a una confe renza, gli altri la boicottano e ne rifiutano le decisioni. Se vengono invitati tutti insieme, la boicottano unanimemente.

Al Nord è tutto l'opposto. Qui la questione del Sud è l'elemento unificatore di tutti i partiti. Il fondamento del nazionalismo sudanese è il mantenimento del Sud nelle frontiere di un unico Stato. Tutti i partiti, da quello comunista all'UMMA, rifiutano qualsiasi soluzione della questione meridionale suscettibile di portare alla scissione del Sudan. La maggior parte della popolazione del Sud accetta solo la divisione del Sudan in due Stati.

Deciderà la forza.

Tutti i partiti del Nord concordano sul fatto che il Sud dovrebbe possedere un'autonomia interna e una forma di governo autonomo per le questioni locali. Gli ostacoli a questa soluzione sono il rifiuto da parte del Sud e il fatto che i partiti del Nord non riescano a mettersi d'accordo circa l'entità di tale autonomia. Già al solo tentativo di precisare il concetto di "autonomia" i partiti del Nord cominciano a litigare.

La questione del Sud, opportunamente manovrata dai neocolonialisti, potrebbe diventare il germe di un grande conflitto capace di dividere tutta l'Africa.

La matrioska piccola dentro quella più grande Il segretario dell'ouA ha diffuso un comunicato in cui si rende noto che la capitale d'Etiopia è stata scelta come sede degli incontri al vertice africani. Oltre a disporre di una comoda sala per i dibattiti, di buoni alberghi e di un ottimo clima, Addis Abeba è anche un luogo sicuro per summit di così alto livello, visto che da molti anni l'esercito etiope è fedele al proprio imperatore.

La decisione di scegliere Addis Abeba come sede stabile delle conferenze è stata tuttavia di natura essenzialmente politica.

L'imperatore d'Etiopia è l'unico capo di Stato del continente a non suscitare controversie in nessuna delle capitali africane per le quali gli altri Stati sono o troppo a sinistra o troppo a destra.

L'imperatore mette tutti d'accordo.

Il suo titolo nonché la sua politica moderata gli accattivano le simpatie generali. Ogni volta che Nasser o Sékou Touré aprono una conferenza al vertice, le loro prime parole sono immancabilmente: "Altezza imperiale! Colleghi e amici! ".

Malgrado i suoi settantacinque anni, Hailè Selassiè è un uomo di inesauribile energia, dalla mente lucida e dalla profonda sensibilità. Regna sull'Etiopia da cinquant'anni ossia da quando, all'età di ventiquattro anni, in seguito a una rivolta di palazzo, divenne l'effettivo sovrano del paese. Nel 1924 abolì la schiavitù e nel 1935 difese l'Etiopia dall'invasione di Mussolini. Nel 1960, durante una sua visita in Brasile, l'esercito organizzò un golpe. Con grande coraggio l'imperatore rientrò nel paese sconvolto dall'insurrezione. Al suo passaggio nelle vie di Addis Abeba, il popolo si trascinò in ginocchio implorando perdono.

L'Etiopia è il più vecchio tra gli Stati indipendenti dell'Africa.

È un paese bello e montuoso ma estremamente povero e arretrato, per cui i nemici dell'Africa, indicando l'Etiopia, dicono malignamente: "Tra duemila anni l'Africa indipendente sarà tutta così! ".

L'OUA è nata nel maggio dei 1963. Il suo statuto fondamentale reca le firme di personalità quali Ben Bella, Nkruma'h, Youlou, Maga, Odinga, Balewa, Kasavubu, Dacko, Abbud.

Oggi nessuno di loro è più al potere. L'OUA è nata come un'organizzazione di compromesso, senza una forma né una direttiva precisa. Tutto è stato posto sotto l'insegna della più totale discrezionalità: facoltativa la votazione, facoltativa l'esecuzione delle leggi, facoltativa la decisione se partecipare o non partecipare ai dibattiti. Penalizzata dalla mancanza di un potere esecutivo, l'organizzazione è stata impotente fin dall'inizio.

Si sente dire che il solo fatto che i capi di Stato africani si incontrino rappresenta di per sé un dato positivo. La cosa è discutibile. L'OUA non è né un congresso di partiti politici né una conferenza di fronti nazionali: è una specie di club d'élite.

Dato che, a parte qualche rara eccezione, in Africa le élite sono quasi sempre dei raggruppamenti di destra, ne consegue che la maggioranza di questo club è di destra.

Le cose funzionano nel modo seguente: durante la conferenza le delegazioni degli Stati con governi di sinistra, invece di svolgere un importante lavoro costruttivo, sono costrette a contrastare continuamente la destra per impedire l'approvazione di leggi di compromesso che screditerebbero l'Africa, e oltretutto non sempre ci riescono. L'anno scorso ad Accra è stata approvata una risoluzione circa la Rhodesia, contenente un numero di richieste inferiore a quello che appare nella risoluzione dell'ONU, e ciò malgrado la presenza all'ONU del Sudafrica, del Portogallo, dell'Inghilterra e degli Stati Uniti.

I loro sforzi risultano vani visto che le risoluzioni non vengono comunque messe in atto: come è accaduto per quella, sistematicamente violata, che vieta di svolgere una propaganda ostile tra gli Stati africani. Anzi può addirittura succedere che tali risoluzioni portino a una maggiore divisione dell'Africa e contribuiscano a screditarla. La risoluzione del dicembre 1965, che imponeva la rottura dei rapporti con la Gran Bretagna per via della sua politica verso la Rhodesia, è stata messa in atto soltanto da nove Stati.

La semplice convocazione di una conferenza dell'ouA è sufficiente a scatenare una lotta accanita e dissidi a non finire.

I conservatori cercano continui pretesti per non partecipare, ben sapendo che sulla stampa trapeleranno fughe di notizie circa la posizione neocolonialista da loro assunta alla conferenza.

Le riunioni sono quindi precedute da interventi e manovre.

L'imperatore intraprende lunghi viaggi per fare opera di mediazione.

La segreteria prepara ordini del giorno il più possibile neutrali e non impegnativi. Gli indecisi aspettano fino all'ultimo di vedere che cosa faranno gli altri, altri invece aspettano istruzioni da Parigi. Ad Accra fino all'ultimo momento non si sapeva se ci sarebbe stato il quorum sufficiente di delegazioni perché la conferenza avesse luogo. Il giorno dell'apertura il segretario generale dell'ouA, Diallo Telli, ha detto ai giornalisti: "È già un miracolo che ce l'abbiamo fatta a riunirci".

Ma all'ultima sessione di dibattiti in sala erano presenti soltanto undici capi di Stato e di governo, ossia un terzo dell'effettivo totale. Attualmente l'organizzazione non gode di buona stampa: viene attaccata dalla destra, ma anche dalla sinistra piovono critiche sempre più numerose.

Malgrado le opinioni sfavorevoli, finora nessuno se n'è allontanato: si tratta dell'Organizzazione dell'unità africana e lo slogan dell'unità è ancora troppo forte perché un governo si azzardi ad attaccarlo apertamente.

In Africa le tensioni tra gli Stati non sono rare. Frasi minacciose turbano qua e là la pace del continente e qua e là risuonano tamburi di guerra. Oggi è in atto un conflitto tra la Tanzania e íl Malawi il cui presidente, Kamuzu Banda, accusa Nyerere di appoggiare i patrioti tnalawiani e di organizzare una rivolta in Malawi. Ma la Tanzania è in conflitto anche con il Kenya, poiché Kenyatta afferma che Dar es-Salaam appoggia Odinga. Il Kenya è a sua volta in conflitto con la Somalia per via di una provincia nordorientale abitata dai somali e appartenente al Kenya. La Guinea è in conflitto con la Costa d'Avorio dato che Sékou Touré accusa la Costa d'Avorio di montare un colpo di Stato in Guinea, e Houphouét-Boigny accusa la Guinea di covare un'aggressione. Il Gabon è in conflitto con il Congo-Brazzaville. Il Ciad è in conflitto con il Sudan perché il Sudan fornisce aiuti armati all'opposizione musulmana nel Ciad. Il Marocco è in conflitto permanente con la Mauritania, mentre la Somalia lo è con l'Etiopia. Allo stato attuale sono quindi in atto otto conflitti che coinvolgono tredici Stati, ossia oltre un terzo di tutta l'ouA.

È anche significativo il fatto che alla guida degli Stati africani si siano avvicendate molte persone. Il gruppo di coloro che stavano a capo dello Stato e del governo quando il loro paese otteneva l'indipendenza si è ridotto a diciotto leader, ossia quasi alla metà. Nell'ambito dell'ouA è sorto quindi un informale club di ufficiali, fatto aggravato dalla circostanza che, malgrado l'amicizia dichiarata in alcune occasioni, tra militari e civili non corre buon sangue. "Indipendentisti" e "sovversivi" designano ormai due diverse generazioni, due diversi tipi di biografia.

Poche persone si rendono conto di quanto venga a costare una conferenza del genere. Quella di Addis Abeba è costata circa venticinque milioni di dollari, quella di Accra intorno ai trenta.

In occasione della conferenza di Addis Abeba l'imperatore ha offerto un sontuoso ricevimento, con aerei speciali che hanno portato dall'Europa vini e caviale. Per venticinquemila dollari è stata fatta venire da Hollywood Miriam Makeba perché alla fine del banchetto eseguisse per i capi di Stato i canti della tribù zulu. Sono state invitate oltre tremila persone, divise gerarchicamente in categorie superiori e inferiori, a ognuna delle quali corrispondeva un invito di diverso colore e un diverso menu.

Il ricevimento si è svolto nel cosiddetto palazzo estivo dell'imperatore. Gli ospiti avanzavano tra lunghe ali di guardie armate di sciabole e alabarde. In cima alle torri i trombettieri suonavano l'inno dell'imperatore, sotto i portici compagnie teatrali rappresentavano scene storiche tratte dalle vite degli imperatori defunti, ragazze sui balconi gettavano fiori sugli ospiti. In cielo esplodevano fuochi d'artificio.

Dopo che gli ospiti hanno preso posto ai tavoli, nel grande salone si sono sentiti degli squilli di fanfara ed è entrato l'imperatore.

Alla sua destra c'era Nasser e dietro di loro venivano, a due a due, gli altri capi di Stato. I presenti si sono alzati battendo le mani e inneggiando all'unità e all'imperatore.

Poi è iniziato il banchetto. Ogni quattro ospiti c'era un cameriere.

Sui tavoli, imbanditi con servizi preziosi, giacevano varie tonnellate di argenteria antica. Qualche ospite si ficcava in tasca una posata, chi un cucchiaio, chi una forchetta.

Sui tavoli si ammucchiavano cataste di carni, frutta, pesci e formaggi. Torte a più piani grondavano di glassa zuccherina.

Vini di pregio spandevano scintillii colorati. La musica suonava e buffoni in costume eseguivano capriole per la gioia degli ospiti.

Bello.

A un certo punto della festa fui costretto ad andare in cerca di un certo posticino. Non sapendo dove fosse, infilai una porta laterale del salone e mi ritrovai all'esterno. La notte era buia, e benché si fosse di maggio veniva giù una pioggerella sottile e fredda. Oltre la porta cominciava un lieve pendio in fondo al quale, a qualche decina di metri, sorgeva una tettoia semibuia. Dalla porta laterale da cui ero uscito fino alla tettoia si stendeva una fila di camerieri che si passavano i vassoi con gli avanzi del banchetto, facendo scorrere verso la baracca un fiume di ossa, di bocconi lasciati a metà, di insalate sfatte, di teste di pesce e di resti di carne. Mi diressi da quella parte scivolando nel fango e sugli scarti di cibo sparsi a terra.

Arrivato alla tettoia mi accorsi che il suo buio fondale si muoveva: si muoveva e mangiava. Le girai attorno e andai sul retro.

Nel buio della notte, nel fango e sotto la pioggia si ammassava una folla alla quale gli sguatteri gettavano gli avanzi dei vassoi. La torma era intenta a divorare in laborioso raccoglimento gli scarti, le ossa e le teste di pesce: in quel banchetto c'era un'accurata e scrupolosa concentrazione, una cieca e imperiosa forza biologica, una passione avidamente placata.

Di tanto in tanto i camerieri facevano una sosta: il torrente di vassoi si interrompeva e la folla dei pezzenti riprendeva fiato, rilassava i muscoli come se un comandante avesse dato il segnale del riposo. La gente si asciugava la faccia bagnata, si riassettava i vestiti. Poi il fiume di vassoi ricominciava a scorrere e la folla riprendeva la provvidenziale e frenetica fatica di nutrirsi.

Ero zuppo di pioggia e così tornai al ricevimento imperiale nel grande salone. Guardai gli ori e gli argenti, i velluti e le porpore. Guardai il presidente Kasavubu e il mio vicino, un certo Aye Mamlaye. Aspirai il profumo delle rose e degli incensi, ascoltai il suggestivo canto zulu eseguito da Miriam Makeba, sgraffignai dal tavolo un pacchetto di sigarette, feci un inchino all'imperatore e tornai a casa.

Più che il famoso ricevimento, la cosa più impressionante di Accra è stata la famosa State House, ideata apposta per ospitare la conferenza. L'edificio era nato per quell'unico scopo e, dato che fino all'ultimo non si era stati certi che esso arrivasse a buon fine, la sua costruzione era avvenuta in un'atmosfera di nervosismo.

State House è un'imponente costruzione costata oltre venti milioni di dollari (in una città come Accra, dove la gente ha difficoltà a comprarsi il pane) e realizzata al solo scopo di ospitare per quattro giorni i dibattiti dei leader africani. Chiusa subito dopo la conferenza, la State House giace in abbandono e lentamente si deteriora. Ai tropici una costruzione disabitata va in rovina nel giro di pochi anni.

L'idea di costruirla è stata di Nkruma'h. Agli architetti era stato richiesto di creare un edificio che riunisse in sé la massima monumentalità, un'abbagliante modernità e la più assoluta sicurezza. E così è stato fatto.

State House è un immenso fabbricato di dodici piani. Un'enorme sala dei dibattiti e un grande salone per i ricevimenti sono ospitati in apposite dépendance. L'edificio principale è diviso in sessanta appartamenti. Ogni capo di Stato e ogni ministro degli Esteri vi aveva la sua suite. Gli appartamenti si compongono di dieci stanze, due bagni, una hall ecc., e sono arredati con il massimo sfarzo. Per quanto a questo mondo di cose ne abbia viste parecchie, quando sono entrato nell'appartamento del presidente della Liberia, Tubman, sono rimasto senza fiato.

Ma a parte il lusso pazzesco, quello che lascia esterrefatti è il sistema di sicurezza. L'edificio è progettato in modo che una volta varcata la porta d'ingresso, dovunque si vada ci si trovi sempre riparati da un muro. È fatto come le cosiddette bambole (matrioske) russe: in quella più grande ce n'è una più piccola, in questa una ancora più piccola, e via dicendo.

Qui è lo stesso: oltre il primo muro ce n'è un secondo, oltre il secondo un terzo e, al centro, l'appartamento.

Si tratta di un sistema studiato per proteggere i leader da un attacco esterno. Dei soldati muniti soltanto di armi a mano non vi otterrebbero alcun risultato: queste mura non si scalfiscono con le pallottole. Ma la loro resistenza è stata calcolata anche nei confronti di un'artiglieria medio-leggera, nonché di cannoni fino a un calibro di 160 millimetri. Solo l'artiglieria pesante della marina militare o un massiccio bombardamento aereo potrebbero avere ragione di questa fortezza.

Ovviamente è stata contemplata anche quest'eventualità e nei sotterranei della State House si trovano massicci rifugi, collegati per mezzo di corridoi con il resto dell'edificio. Irifugi sono provvisti di luce elettrica, acqua corrente, aerazione ecc. Qui i capi di Stato sarebbero stati al sicuro anche nel caso di un bombardamento aereo.

Tranne, ovviamente, nel caso di una bomba atomica.

In previsione di un assedio prolungato si è pensato anche a una quantità di provviste alimentari sufficiente perché i capi di Stato non soffrissero la fame. Nell'ala sinistra della State House si trovano enormi locali refrigerati in cui conservare gli alimenti per vari mesi. Si è provveduto anche a riserve di medicine, di acqua e di liquori.

State House attinge inoltre l'energia elettrica da due fonti diverse (una è la centrale elettrica, l'altra i generatori di sua proprietà) ed è collegata con apposite linee telefoniche alle principali capitali del mondo.

Inutile aggiungere che State House possiede la sua piscina, i suoi bar e ristoranti, la sua tipografia, un sistema di climatizzazione centrale, la sua posta, la sua televisione e chi più ne ha più ne metta.

È stato anche ideato un sistema di difesa nel caso in cui l'attacco provenga dall'interno, ossia che i capi di Stato vengano aggrediti da una quinta colonna armata. I corridoi. infatti, non sono né rettilinei né semplicemente di passaggio da un punto all'altro: sono contorti, spezzati, elicoidali, inclinati, a zig zag, a semicerchio, a tornanti, in modo che chi attacca non possa tenere sotto tiro l'intero piano: all'aggredito basta girare l'angolo per trovarsi al sicuro.

Per motivi di sicurezza State House non poteva essere fotografata né da vicino né da lontano, pena l'arresto da parte della polizia. Non ci si poteva neanche fermare davanti a osservarla: chiunque si trattenesse più del dovuto era pregato di esibire i documenti e veniva immediatamente allontanato.