Introduzione

 

I reportage raccolti in questo libro sono una relazione dei miei percorsi africani. Non sono andato in Africa in cerca di avventure, a caccia di elefanti o per trovarci i diamanti. Facevo il corrispondente dell'Agenzia di stampa polacca e dovevo descrivere ciò che sentivo e che vedevo sul posto, ciò che vi succedeva. E a quell'epoca vi succedevano molte cose. Ho trascorso in Africa quasi sei anni del suo periodo più burrascoso e inquieto, colmo peraltro di belle e talvolta troppo facili speranze. Si era alla svolta tra due epoche: la fine del colonialismo e l'inizio dell'indipendenza. Ho cercato di descrivere questo cambiamento, questo sconvolgimento, questa rivoluzione. Così sono nati questi reportage. Non li ho scritti pensando a un libro e neanche alla possibilità di pubblicarli.

Negli anni in cui stendevo queste note molte delle opinioni che vi esprimevo erano fortemente discutibili, per non dire eretiche. Ma a me importava una cosa sola: raccontare come stessero veramente le cose, perché questa è la nostra ambizione, l'ambizione della confraternita giornalistica.

Oggi le punte di quei conflitti si sono smussate, la guerra è finita e, in un certo senso, questo libro fa già parte della storia. Alcuni dei suoi protagonisti sono usciti di scena, altri sono morti. Ma quelli che non ci sono più erano lì fino a poco tempo fa e hanno creato la realtà africana quale è oggi.

Nkruma'h, Ben Bella, Kasavubu e Balewa sono passati, ma sono stati grandi personalità dell'Africa e i loro nomi non verranno dimenticati. I miei reportage li descrivono quali li ho conosciuti da vicino.

Se tutta l'Africa è un libro di avventure, ma di avventure politiche. In Africa mi appassionava l'esotismo della vita politica, mi interessava soprattutto il modo in cui la tradizione locale, il costume, l'ambiente influivano sullo stile politico, deformandone i meccanismi per ricrearli in nuove forme.

Questo rapporto tra costume e politica, il loro reciproco influenzarsi: che magnifico oggetto d'osservazione!

Questo volume vuole essere solo una libera selezione di reportage. In alcuni descrivo le varie vicende alle quali mi è capitato di assistere, in altri cerco di spiegare alcune questioni.

Ho voluto mostrare qualche scena del dramma africano di cui non ho visto l'inizio e che forse non avrà mai fine, qualche scena colta casualmente e casualmente scelta per questa raccolta. Non ho cercato di attualizzare niente: sarebbe un compito senza speranza. Il dramma continua a svolgersi e, in realtà, ogni libro di questo genere dovrebbe chiudersi con la parola: "continua".

Ho pregato l'editore di mantenere i reportage nell'ordine in cui sono stati scritti. Un po' per rispettare la successione storica degli eventi di cui si parla, ma anche per far vedere il modo in cui chi viene da un altro mondo entra progressivamente in Africa: all'inizio vede cose che lo stupiscono e anche un po' lo divertono, poi... poi comincia a riflettere.

Adesso, girando per l'America Latina (sempre come corrispondente) mi capita spesso di ripensare con nostalgia all'Africa.

Forse è la nostalgia della gioventù che ho trascorso lì, ma non solo questo. L'Africa, ora buffa, ora minacciosa, ora triste, ora incomprensibile, è sempre stata autentica, irripetibile, se stessa. L'Africa ha un suo stile, un suo clima, una sua individualità che attirano, incatenano, affascinano.

E anche dopo anni e anni non si riesce a liberarsene.

R.K. novembre 1968