La Rhodesia, Nkomo e Sithole
La tragedia del movimento di liberazione dello Zimbabwe (nome africano della Rhodesia meridionale) è la cronica mancanza di un leader di spicco. Dal tempo della dinastia dei magnifici matabele, sterminata negli anni dell'aggressione coloniale di Cecil Rhodes, nel paese non è apparsa una sola vera e propria personalità politica. Per quanto riguarda le prospettive della lotta di liberazione, la Rhodesia è uno dei paesi più difficili di tutta l'Africa. È lì che vive l'agglomerato più numeroso, dopo quello del Sudafrica, di coloni bianchi (circa trecentomila), noto in tutto il continente per la sua eccezionale ostilità antiafricana. La maggior parte di essi proviene dai Boeri emigrati dal Sudafrica perché, secondo loro, il governo di Verwoerd conduceva una politica troppo paterna nei confronti degli "sporchi negri" . Il paese possiede anche una potente e lautamente finanziata lobby a Londra, e la sua ben sviluppata industria è in mano ai capitali internazionali, in primis quello britannico, sudafricano e americano. La Rhodesia possiede inoltre un potente esercito e non ha alcuna difficoltà a introdurre rinforzi dal vicino Mozambico o dal Sudafrica.
Tale è dunque la situazione del movimento di liberazione rhodesiano che rappresenta una popolazione africana che ammonta in tutto a circa quattro milioni di abitanti, divisi in due grandi tribù: i matabele al Sud e i mashona al Nord.
Le due tribù erano sempre state legate da una tradizionale amicizia, nel senso che i matabele, organizzati su basi militari, combattevano eroiche e sanguinose guerre contro le invasioni dei Boeri proteggendo gli agricoltori mashona, poco esperti nel mestiere delle armi. In questi ultimi anni, tuttavia, gli inglesi hanno attivamente lavorato a dividere le due tribù, arte in cui i britannici sono maestri. La Rhodesia ignora comunque i sanguinosi massacri tribali di tipo congolese, non fosse per il fatto che lo sviluppo dell'industria e delle città ha allentato i legami tribali della popolazione africana, di cui almeno un quarto abita nelle città. Sono appunto le due più grandi e moderne città di Salisbury e di Bulawayo, nonché le tre minori Gwelo, Umtali e Wankie, a costituire la principale arena di tutte le lotte politiche del paese. Bulawayo è la .roccaforte dei matabele, Salisbury quella dei mashona.
All'inizio del luglio 1963 Joshua Nkomo, presidente dello ZAPU (uno dei partiti di liberazione del paese), ha inviato ai quattro membri dell'Esecutivo nazionale (massimo organo del partito) che in quel momento si trovavano a Dar es-Salaam un telegramma del seguente tenore: DAR ES-SALAAM STOP SITHOLE MUGABE TAKAWIRA MALIANGA
SU MIA DECISIONE SIETE STATI ESPULSI DAL PARTITO STOP JOSHUA
NKOMO STOP
L'indomani i quattro espulsi inviavano in risposta il seguente telegramma: SALISBURY JOSHUA NKOMO STOP RITENETEVI DEPOSTO DALLA
CARICA DI PRESIDENTE DEL PARTITO STOP NUOVO PRESIDENTE SITHOLE
STOP SITHOLE MUGABE TAKAWIRA MALIANGA STOP
A Dar es-Salaam i quattro espulsi hanno organizzato una conferenza stampa durante la quale il capo dei ribelli, Sithole, ha dichiarato che da quel giorno (9 luglio) Nkomo cessava dalla carica di presidente del partito, essendosi compromesso con la sua vigliaccheria, l'inettitudine, il possibilismo e l'assoluta incapacità decisionale. Really impotent, ha giurato Sithole, cosa peraltro vera per quanto riguarda il lato politico della personalità di Nkomo. Sithole ha inoltre aggiunto che Nkomo non aveva il diritto di espellerli dal partito, trattandosi di una questione "che può essere decisa soltanto dal popolo". Dalla lontana Salisbury Nkomo ha replicato che Sithole e gli altri ribelli non avevano il diritto di deporlo dalla carica di presidente dello ZAPU, trattandosi di una questione "che può essere decisa soltanto dal popolo". Il punto sta nel fatto che è impossibile sondare l'opinione popolare rhodesiana a questo proposito in quanto da un anno a questa parte (precisamente dal settembre 1962) lo ZAPU è stato dichiarato illegale dal governo dei coloni razzisti. Sia Nkomo che Sithole hanno inoltre dichiarato ognuno per conto proprio che "il popolo è dalla mia parte", dopo di che Sithole, sfidato da Nkomo a una verifica delle forze, è partito per la Rhodesia. Da quel giorno Nkomo e Sithole girano per i quartieri di Salisbury e di Bulawayo dove l'uno viene regolarmente preso a sassate dai seguaci dell'altro e viceversa. Il quotidiano razzista "Rhodesia Herald" afferma che "data la situazione, riesce difficile stabilire quale dei due capi goda di un'effettiva superiorità".
Indipendentemente da come andrà a finire questa storia, il suo principale risultato è stato di rallentare per molto tempo l'impeto della lotta di liberazione nazionale rhodesiana, fornendo inoltre agli inglesi un ottimo argomento forte per non andarsene: non possiamo lasciare un paese, coltivato con tanta cura, in pasto a degli attaccabrighe rissosi.
Conosco bene sia Nkomo che Sithole e ho conversato con loro per ore. Andavo spesso a fare due chiacchiere con Nkomo nella sua camera d'albergo. Quando l'argomento si esauriva, Nkomo si sdraiava sul letto, si metteva sul pancione una radiolina a transistor giapponese, sceglieva un programma musicale e scivolava nel sonno.
Uscivo in punta di piedi per non svegliarlo.
Nelle sue affermazioni Nkomo è molto battagliero nel tono, ma poco nella sostanza. Il sogno politico di Nkomo è sempre stato che un bel giorno Londra convincesse il governo dei coloni a trasferirsi in Canada. Il programma ideato da Nkomo si è sempre basato sulla speranza che Londra dichiarasse guerra ai coloni. Malgrado l'assurdità di una simile ipotesi, Nkomo annunciava ufficialmente, e con la massima serietà, l'intenzione di chiedere all'Inghilterra truppe britanniche per una spedizione punitiva contro i bianchi della Rhodesia.
La fede di Nkomo nella lealtà londinese l'ha completamente accecato, impedendogli una valutazione realistica della situazione. Nkomo è un debole e i deboli sono spesso ostinati: Nkomo si è ostinato nei suoi calcoli filobritannici, il che gli ha valso una certa considerazione e indulgenza da parte di Londra, sensibile al fatto che Nkomo volesse l'indipendenza, ma solo previo consenso della regina e del parla mento.
Sithole ha ragione nell'affermare che Nkomo non è mai stato capace di una decisione definitiva. Nkomo ascoltava il parere di tutti e visto che ognuno diceva una cosa diversa cambiava idea da un momento all'altro. Nel settembre dell'anno scorso (1962), dopo la messa fuori legge dello ZAPU, Nkomo andò a Lusaka per chiedere consiglio a Kaunda sul da farsi. Il consiglio di Kaunda fu: va' a Londra, va' all'ONU e protesta. Salito in aereo con quell'intenzione, Nkomo fece tappa a Dar es-Salaam dove, nel corso di una conferenza stampa, espose per filo e per segno il programma del suo viaggio. Dopo di che andò a parlare con Nyerere. Nyerere gli disse: ma che ci vai a fare, a Londra? Tornatene a Salisbury.
E Nkomo tornò a Salisbury, dritto nelle mani della polizia.
Questo per dire com'è fatto Nkomo.
Malgrado il suo opportunismo e un'incapacità decisionale da far cadere le braccia, Nkomo ha dei lati che suscitano simpatia. Sinceramente anticolonialista, è in un certo senso più un attivista popolare che non un faccendiere governativo.
Semplice di modi, a suo agio nei comizi, è un ottimo oratore.
Se il duello con Sithole dovesse svolgersi durante un comizio di massa, Nkomo lo vincerebbe senza fatica, anche perché tra le masse Nkomo è da sempre più popolare di Sithole.
Sithole è l'esatto contrario di Nkomo. Appartiene all'élite intellettuale africana, studia Platone ed è l'autore di un libro intitolato African Nationalism, già alla seconda edizione, che ha esercitato una certa influenza sull'orientamento politico delle élite africane. È uno dei libri più ripugnanti mai usciti dalla penna di un africano: Sithole vi espone il suo odio per il comunismo, secondo lui equiparabile all'inferno in terra.
Sithole è un pastore protestante educato nelle missioni e, a quanto pare, in questo caso le fatiche dei propagatori del verbo di Dio non sono andate perdute. Nel movimento di liberazione dello Zimbabwe Sithole occupa una posizione di primissimo piano: dopo aver rivestito la carica di presidente nazionale dello ZAPU nel quale, dopo Nkomo, era praticamente il numero due, ha fondato un proprio partito concorrente, lo ZANU (Zimbabwe African National Union), il cui numero due è Robert Mugabe. Mugabe è un giovane estremamente intelligente e presuntuoso. Una volta mi disse di essere stato invitato in Jugoslavia, ma che non ci sarebbe andato perché aveva posto come condizione di essere trattato come un vip e che Tito venisse a riceverlo all'aeroporto.
E così il movimento di liberazione della Rhodesia, il cui lato debole è sempre stato la mancanza di un leader e quello forte la sua ferrea unità, alla vigilia dei momenti decisivi per il paese è rimasto privo anche di questa sua unica arma. Sorge spontaneo chiedersi come mai sia andata così. Per rispondere a questa domanda occorre presentare qualche altro personaggio. Cominciamo con i primi due. Il direttivo dello ZAPU vanta due personalità d'eccezione: James Chikerema e George Nyandoro.
Ancora giovani, hanno trascorso alcuni anni in carcere, sono amati dal popolo e sono gli unici ad avere una fedina pulita. Purtroppo Nyandoro è gravemente malato e Chikerema è originario del Malawi, il che significa che in Rhodesia è considerato un mezzo straniero. Scarcerati entrambi all'inizio dell'anno, hanno cominciato ad agire dall'esilio. Avendo entrambi un forte influsso su Nkomo (dalla cui parte si sono schierati dopo la scissione), hanno iniziato a premere per convincerlo che era giunta l'ora di passare all'azione e che se i coloni non intendevano cedere con le buone, bisognava prendere le armi. Nkomo, incapace di fare un passo da solo ma sensibile alle pressioni, in questo caso ha ceduto e si è messo a girare per l'Africa per organizzare la lotta di liberazione.
Nkomo è attivo e sa come sensibilizzare l'opinione della gente.
Quello della Rhodesia si è rapidamente iscritto tra i problemi africani più urgenti e concreti, suscitando le preoccupazioni non solo di Londra ma anche di Washington, per la quale la Rhodesia riveste una straordinaria importanza. L'iniziativa della liberazione stava tuttavia in mano ai "filobritannici".
Nkomo è filobritannico, mentre Sithole è filoamericano.
Sithole ha trascorso gli ultimi due anni negli USA, come capo dell'ufficio dello ZAPU a Washington, alle cui casse ha largamente attinto. Per cui, quando la situazione rhodesiana ha cominciato a scottare, Sithole ha ricevuto l'ordine di agire.
E ha agito, dividendo in due il movimento.
Dopo la scissione i due gruppi hanno cominciato a gettarsi fango l'un l'altro in modo per nulla edificante e con grande gioia di ogni sorta di razzisti. La guerra a base di invettive è una prassi comune ogni volta che, anziché divari ideologicopolitici, siano in gioco soltanto gli odi personali e le differenze di conti in banca. Sithole ha quindi accusato Nkomo di avere accettato nel 1953 di candidarsi al parlamento della federazione per la lista formata da Welensky, nonché di essere un fattivo attivista del Moral Rearmament, istituzione alquanto ambigua.
In risposta Nkomo ha rinfacciato a Sithole di avere fatto parte del Central African Party, un gruppo di agenti sabotatori del movimento di liberazione capeggiato dagli uomini di Welensky e finanziato da lord Salisbury. In tutta questa ormai lunga battaglia tra le due fazioni non si trova un solo accenno ai problemi politici, alla liberazione del paese, alla lotta delle masse o alla democrazia. Nessuna delle due parti riesce a racimolare un minimo di buon senso e di dignità.
Nkomo ha dietro di sé i matabele e i bulawayo, mentre Sithole è forte tra i mashona e a Salisbury. Alla fine potrebbe anche vincere Nkomo, ma non è sicuro al cento per cento. In Africa poche cose dipendono esclusivamente dall'Africa.