MARINA

Sam è distratto. Gli passo davanti e stacco la loro bandiera dalla parete. Lui se ne accorge solo quando ho già ricominciato a correre in direzione opposta, tenendomi rasente al muro. Mi punta il fucile addosso, ma glielo strappo dalle mani con la telecinesi. Sam non è più un problema. Cinque è a terra lì vicino, ancora provato dallo scontro con Nove: neppure lui è un problema.

È di John e Bernie Kosar che devo preoccuparmi.

Si separano entrambi da Otto quando mi vedono correre con la bandiera in mano. Otto si materializza all’istante davanti a BK, gli si getta addosso e si teletrasporta con lui dall’altra parte della stanza. Rimane solo John.

Nove cerca d’intercettarlo, ma Sei, pur non essendosi ancora ripresa dallo sparo, riesce ad allungare un piede per fargli lo sgambetto. John ha campo libero per venire verso di me. Indosso ancora il suo braccialetto, quindi sa che le sfere di fuoco non funzioneranno. Si sposta di lato per sbarrarmi il passo.

All’inizio mi disorienta usare l’Eredità antigravitazionale che Nove ha trasferito in me all’inizio della partita. È strano sentire il mondo che ruota di novanta gradi mentre corro su per la parete, e atterrare su superfici che le leggi della fisica dovrebbero proibire. John mi viene incontro così veloce che non ha tempo di deviare e si schianta contro la parete sotto di me.

Corro sul soffitto fino alla nostra parete e mi lascio cadere a terra, tenendo sollevata la bandiera. Una parte di me non riesce a crederci, neppure quando Malcolm fischia la fine della partita. Ce l’ho fatta. Abbiamo vinto!