LA SIGNORINA

I

«» fece tra sé Lucio Mabelli, scrollando le spalle.

Si levò da sedere; raccolse dal tavolino ingombro di carte sparse alla rinfusa e di libri ammonticchiati una dozzina di cartelle, su cui aveva buttato in fretta e in furia la solita cronachetta d'arte o di vita mondana per un giornale quotidiano, e cominciò a vestirsi per uscire.

— Piano… E quell'imbecille del Marzani?

Imbecille, sí, quanto voleva; ma come dimenticare, cosí a un tratto, tanti e non lievi favori ricevuti dal Marzani in parecchie difficili occasioni?

Scaraventò su una seggiola l'asciugamani, e sbuffò dal dispetto.

Ecco a che s'era ridotto! E sempre umiliazioni! Per chi e perché aveva egli lavorato tant'anni? Com'era stato ricompensato il suo lavoro? Né nome, né quattrini – a trentaquattro anni! Chi era stato giusto con lui? Nessuno… E doveva ora esser giusto lui con gli altri? Ah, tanto sciocco poi no! Un po' di pazienza, tanto sciocco poi no…

Ma per quanto si sforzasse a trovar scuse e finanche a voler essere ingiusto, una lieve punta di rimorso non gli lasciava vincere quella smania interna, quel fastidio della mente. Non sapeva egli forse che il suo amico Tullo Marzani era innamorato della signorina Giulia Antelmi? Lo sapeva dalla bocca del Marzani stesso.

Uh, piano, supporre! Non doveva egli forse aspettarsi quell'uscita della signorina! Via, via, ad esser sinceri, non le aveva fatto anche lui un po' di corte?… Oh, cosí, senza intenzione, s'intende! Aveva scherzato, come si suol fare con una signorina di spirito, ecco tutto! In coscienza, però, non s'era accorto che Giulia Antelmi cominciava già a pigliar gusto a quello scherzo? Era pur da immaginarsi! Oggidí in tanta penuria di mariti… E allora, sentiamo, che avrebbe dovuto fare?… Allontanarsi subito da quella casa… – Oh sí! e perché non farsi monaco addirittura?

Del resto, neanch'egli, adesso, sapeva rendersi esatto conto di quanto era avvenuto tra lui e la signorina Antelmi.

Sbuffò intanto un'altra volta, e rimase un tratto con le braccia puntellate sul letto dinanzi alla camicia, che doveva indossare quella sera. La scena del giorno precedente gli si rappresentava alla mente con crudele precisione. Maledetta gita a S. Paolo! Bestia d'un Marzani! Era stato proprio lui a proporla…

Curioso, che parlavano proprio di lui, del Marzani, egli e la signorina Giulia, a braccio, tornando dalle Tre Fontane a S. Paolo, mentre il giorno moriva in un pallore ardente. Che giorno! Egli non aveva piú pensato né all'ingiustizia del mondo, né alla misera esistenza fatta di dispetto e di rinunzie, né ai mancati sogni… S'era sentita libera e leggiera l'anima, e lieto e pago il cuore, al saldo rigor dell'aria invernale, in quel dí splendido, senza una nuvola pel chiaro azzurro palpitante di luce. S'erano entrambi involontariamente allontanati dagli altri, dai genitori di lei e dal Marzani, che spiegava a tutti, per solito, le cose piú ovvie del mondo e per se stesse chiarissime.

Lucio presumeva di conoscere il segreto della signorina; ella invece sosteneva che no, che non era possibile.

Ed ella s'era messa a ridere, senza neppure accorgersi ch'egli con la mano libera le stringeva la piccola mano, che pendeva inguantata dal suo braccio destro.

C'era veramente un equivoco. Egli riteneva sul serio, che il segreto della signorina Giulia consistesse nell'amoretto del Marzani.

E s'era messa a rider di nuovo, come una birichina. Ma adesso lui voleva conoscere il segreto.

E in cosí dire, divenendo a un tratto seria, lo aveva colpito due volte in faccia, leggermente, col lungo guanto nero, profumato, che teneva nella mano destra.

A quell'atto egli aveva trasalito, s'era reso conto finalmente della falsa posizione, in cui, dimentico per un momento di sé e degli altri, s'era lasciato spingere dall'insolito umor gajo, dalla vanità solleticata.

Il silenzio succeduto a quei due colpi di guanto, ora, nel ricordo, pesavagli sul cuore enormemente. Ah, quel silenzio lo aveva compromesso piú di qualunque frase imponderata sfuggitagli in quel giorno, piú dell'atto avventato della signorina, piú della sua mano, che stringeva, quasi senza saperlo, la mano di lei.

Quel che poi ella aveva soggiunto, rompendo quasi a stento il silenzio, aveva finito per confonderlo completamente.

E dal tono della voce e dagli occhi traspariva chiaramente l'intento con cui ella si faceva a svelargli «il suo vecchio segreto». Senza dubbio la signorina aveva supposto ch'egli volesse saperlo perché era geloso del passato di lei, come suole avvenire a certi innamorati incontentabili. E aveva voluto rassicurarlo.

E dopo una breve pausa:

E a lui era venuta alle labbra una frase sciocca, banale, assiderata dal piú scemo sorriso: —

Antonio Arnoldi? Lui? Possibile? Sorpresa piú sgradevole non avrebbe potuto aspettarsi! E gliela dava proprio lei? – L'aveva guardata stupito, quasi offeso da quella rivelazione. L'Arnoldi? Possibile? Quell'antipatico?

Lucio s'era visto saltare innanzi alla mente la figura dell'Arnoldi, alto, bruno, ricciuto di barba e di capelli, con gli occhi neri, sfavillanti, le labbra accese, vigoroso e sprezzante.

— gli aveva domandato Giulia Antelmi nel vederlo cosí turbato dalla sorpresa.

Oh, no, lui invece amava meglio credere che ella non conoscesse affatto, o almeno non sapesse precisamente, chi era questo signore, perché altrimenti… Sí, via! intendeva bene: possiamo tutti invaghirci d'una persona, poniamo, brutta, ma intelligente; d'un cattivo soggetto, ma di belle forme… Ora, quell'Arnoldi, un Adone, via, non era certo; non era certo un Aristotele…

— aveva interrotto ella ridendo. —

La signorina Giulia non sapeva affatto chi fosse quell'Arnoldi. Strano, è vero? Eppure era cosí! Lo aveva conosciuto tanto tempo addietro. Ragazza lei, ragazzo lui! Ella andava a scuola, con l'aja – una vecchia del vicinato – e l'Arnoldi, anch'esso coi libri e i quaderni sotto il braccio, la seguiva da lontano. Quella scorta durò un anno: ella ne aveva tredici, allora. Un giorno la vecchia tarda a ripigliarla dalla scuola. Ella se ne stava presso il portone ad aspettare, allungando il collo per vedere se venisse, e nulla! Invece, le viene innanzi lui, il signorino, con una velleità di baffettini, ormai sul labbro. Le dà del lei; dice: — — Figurarsi! ella portava ancora la veste corta, cosí a mezza gamba… E quegli trova il coraggio di dirle che l'amava, lí per lí, con delle frasi… delle frasi… Ella scappò via, senza rispondergli, in fondo all'atrio della scuola. Il domani ricominciò la scorta da lontano. E allora lei, ragazzaccia, chi sa! forse gli avrà fatto capire, sí… che aveva capito, insomma… Non c'era altro. Finito il bel tempo della scuola, divenuta davvero signorina, lo aveva riveduto quattro o cinque volte (non lo sapeva precisamente) a lunghissimi intervalli, in casa di comuni conoscenti. Una sola volta però, in una di queste occasioni (non cercate!) l'Arnoldi, approfittando d'un momento di storditaggine (innocente, badiamo!) supponendo ch'ella fosse rimasta un po' in disparte per lui, le si era avvicinato con molto garbo, e le aveva detto, che egli non s'era mai scordato della sua scolaretta d'un tempo, e dice… ora avrebbe pensato seriamente alla signorina. Ella divenne rossa come un papavero, e s'allontanò senza trovar la forza di rispondergli come doveva… Ora, che fosse egli divenuto, cresciuto negli anni, la signorina Giulia non lo sapeva davvero. Non gli era andata mica dappresso. Nell'Arnoldi aveva sempre veduto quel ragazzetto ardito che l'accompagnava ogni mattina fino alla porta di scuola. Aveva pensato, cosí, a lui, perché lui forse pensava a lei… Ecco tutto.

Il racconto aveva bene l'aria della sincerità. Non era anzi carina quella piccola avventura? Giulia Antelmi glielo aveva domandato. Ma lui, si sa, lui per riparare in certo qual modo ai mali passi, aveva ostentato allora una cotale indifferenza vestita di buone parole e di savi consigli… In cuor suo intanto avrebbe mille volte preferito, che la signorina Giulia gli avesse detto: «» e non quell'Arnoldi, quell'Arnoldi, per cui egli sentiva un'istintiva, inesplicabile antipatia! Certamente, se non avesse temuto di compromettersi maggiormente, le avrebbe espresso con calore di gesti e di voci il suo gran disgusto, e svelato tutto quel male che sapeva intorno all'Arnoldi. Tuttavia, le aveva confessato «francamente» che quel signore non meritava, non già l'amore di lei (sarebbe stata un'enormità!), neppure il piú lontano interessamento.

Del resto a Giulia Antelmi adesso non importava proprio nulla di saperlo. Peggio per lui, per l'Arnoldi!

— pensava invece Lucio Mabelli, che già si trovava in istrada, diretto alla stamperia del giornale.

II

Il signor Carlo Antelmi, su una seggiola presso l'uscio del salotto arredato con certa pretensione d'eleganza, che tradiva peggio l'angustia dei mezzi, faceva girar con un dito le aste d'un grande e vecchio orologio a pendolo appeso alla parete su uno stipetto a muro. Dopo il primo giro sul quadrante aspettò che la soneria sbagliata ricontasse le ore. Sette un'altra volta, maledetto!

Entrava qualcuno; e il signor Carlo, lungo e secco nella veste da camera un po' gualcita, con un berrettino da viaggio in capo e un grosso fazzoletto di lana al collo, dalla seggiola si volse, chinandosi verso l'uscio, per veder chi fosse.

— fece Tullo Marzani entrando impacciatissimo.

Il signor Carlo s'affrettò a discendere dalla seggiola.

— ripeteva il signor Carlo, inchinandosi e sorridendo per compiacenza all'avvocato.

Ma questi sentiva il bisogno di dar maggiori spiegazioni: la serva aveva voluto farlo entrare per forza; lui invece avrebbe voluto lasciar la musica e andar via subito, senza disturbar nessuno…

Tullo Marzani faceva spesso, or con una scusa or con un'altra, di quelle comparse improvvise in casa Antelmi, frutto senza dubbio delle meditazioni e dei consigli di qualche notte agitata, durante la quale egli, stanco finalmente d'un lungo periodo di continue indecisioni, sentiva il bisogno di risolversi a far qualche cosa. Doveva o no prender moglie? Chi gli consigliava di sí, e chi di no. Gli conveniva o no la signorina Antelmi? Quanto all'aspetto, sí, certamente: la stimavan tutti una bella ragazza; ma un po' bizzarra, un po' troppo sciolta; taluni… Non era massaja; amava piuttosto la lettura dei romanzi… — «» — gli diceva una voce interna; ma subito un'altra, di rimando: «» — — La signorina Antelmi non aveva dote — «» gli suggeriva qualcuno nella coscienza. «» l'ammoniva un altro, «»

Ma ecco, al povero Marzani, destituito a tal segno di criterio e d'estimativa, in fondo, la signorina Giulia piaceva moltissimo. E cosí, tutt'a un tratto, pigliava finalmente la decisione di chiederla in isposa:

Si levava di letto, divenuto per lui arnese di tortura, e con gli occhi ammaccati dall'insonnia, senza il suo bel color rubicondo, concertava un progetto, cercava una scusa verisimile, e s'avviava verso casa Antelmi.

Qui pareva che tutti l'aspettassero sempre a braccia aperte, il signor Carlo, la signorina Erminia, finanche la serva; se bene adesso un po' stanchi, a dir vero, della lunghissima attesa, specialmente la signora Erminia, la quale tuttavia si guardava bene dal mostrargli impazienza.

Il peggio era, ch'egli, senza accorgersene, s'era lasciato sfuggire il momento, in cui la signorina Giulia, delusa dalla partenza dell'Arnoldi per Milano, stretta dal disagio in casa sua, considerandosi non compresa dai suoi, avrebbe forse accolto la domanda di matrimonio.

Ora ella, per stare in pace con la madre, doveva forzarsi a nasconder l'antipatia che il Marzani le ispirava; e intanto s'era rivolta e appigliata al Mabelli, come a uno scoglio cui pur sentiva non ben sicuro, nel naufragio delle sue speranze. Sapeva che il Mabelli non era in condizioni da prender moglie; ma fidava sull'ingegno di lui e sulla sua civetteria.

Lucio, dal giorno in cui s'era lasciato prendere quasi in agguato dal proprio cuore, contro le dolorose imposizioni della ragione e della necessità, non aveva piú saputo opporsi con franchezza alle supposizioni di Giulia, divenute man mano per lei certezza, a cagione del suo silenzio, e della sua remissione. Egli pensava: «»

Questi, intanto, rimanevan proponimenti. In realtà, poi, Giulia Antelmi lo aggirava tra le spire della sua arguta malizia, lo avvolgeva alla sprovvista nel momentaneo turbamento di una furtiva espansione d'affetto; e cosí egli, ogni volta, usciva dalla casa di lei interdetto, scontento di sé, con un senso smanioso di disagio e la coscienza sempre piú precisa della falsa posizione, in cui s'era messo.

Perché non parlava? Non sentiva forse in cuor suo, che la lealtà, l'onestà, il dovere verso l'amico di cui possedeva il segreto, e ch'egli tradiva, gl'imponevano di parlare? Era leale, era onesto lusingar cosí col suo silenzio una signorina, a cui già l'età non consentiva altri indugi in leggieri amoreggiamenti senza scopo? Ella aveva già venticinque anni, Lucio lo sapeva. Ne mostrava, è vero, venti o ventuno appena; sí, ed era pur bella, e cosí ricca di spirito! Che disgrazia non aver dote! Lucio avrebbe fatto la sciocchezza di venir meno a tutti i suoi proponimenti contro alle tentazioni del matrimonio. Lo confessava a se stesso, forse per acchetar la coscienza rivoltata dal suo modo d'agire. Non s'era forse spinto fino a ricever da lei dei baci? E non aveva udito piú volte Giulia mettergli in berlina il Marzani? Ed egli aveva anche sorriso della dicacità di lei, un po' impacciato, è vero, ma pur senza saper dire una parola in difesa dell'amico, ch'egli tradiva, cosí, senza quasi volerlo…

Egli non parlava, egli che doveva, e intanto se la prendeva, per giunta, col Marzani, che non sapeva decidersi una buona volta a domandar la mano di Giulia, e a trarre cosí lui d'impiccio. Se avesse potuto indurre il Marzani a far ciò, egli, nel frattempo, si prometteva di spiegarsi francamente con la signorina Giulia. Sarebbe stato difficile e penoso, non s'illudeva; ma era pur necessario…

Cosí, una mattina, si recò a trovare il Marzani.

— disse questi, ricevendolo nel suo studio sempre in ordine, e levandosi dallo scrittojo.

Tullo Marzani aveva sempre un mondo da fare, o almeno egli amava credere cosí, e lo diceva a tutti. Veramente, di tanto in tanto, qualche amico gli rovesciava addosso delle seccature giudiziarie, ch'egli soleva sbrigare con la massima diligenza, rimettendovi però spesso le spese. Non c'era altro!

— cominciò Lucio Mabelli, appena in istrada. —

— esclamò il Marzani sgranando gli occhi, quasi smarrito.

Tullo guardò Lucio, impallidendo. Quell'aria d'indifferenza con cui il Mabelli era venuto a invitarlo a uscire, la leggerezza affettata con cui gli parlava d'una cosa tanto grave per lui, gli fecero a un tratto supporre, che l'amico volesse prima nascondergli e poi man mano prepararlo a una spiacevole notizia.

— aggiunse. —

Lucio cominciò a sentirsi a disagio sotto lo sguardo smarrito del Marzani; ma rivolse subito contro l'amico l'acredine del rimorso, che ora lo pungeva piú che mai. Cosí avveniva sempre in lui: il suo rimorso si cangiava in stizza, e allora egli incolpava della sua colpa chi o per un verso o per l'altro lo aveva spinto a commetterla.

— rispose. —

— disse Tullo mortificato. —

Lucio si volse un po' sconcertato a guardar l'amico.

— aggiunse il Marzani impacciato, e volle prima sorridere, come per attenuar le parole. —

— esclamò Lucio. —

— rispose Lucio, a cui già le parole tiravano il fiato; e nascose l'agitazione in una risata. —

— fece Lucio, cangiandosi improvvisamente dalla sorpresa.

— fece Tullo. —

Lucio non udí le parole del Marzani. «» ripeté a se stesso, come se a ogni costo volesse trovare un nesso tra quel ritorno inatteso e ciò che lui stava per dire al Marzani.

S'immerse, sconvolto, in un mare di supposizioni.

Tullo, intanto, continuava con disinvoltura a sparlar dell'Arnoldi.

— diceva —

Lucio se ne infastidí.

— disse, per farlo tacere. —

— esclamò il Marzani ridendo.

— gridò Tullo, restando.

— s'affrettò a soggiunger Lucio per correggere la cattiva impressione che le sue parole buttate giú nella stizza avevano prodotto nell'amico. —

— domandò Tullo ancora stordito.

E gli narrò in succinto tutto ciò che di questa avventura fanciullesca gli aveva detto la signorina Giulia, e ciò che lui le aveva risposto e detto dell'Arnoldi. Poi, quando gli parve di veder l'amico completamente rassicurato, s'accomiatò al suo solito in fretta in furia.

— fece Tullo, alzando le spalle, con la mente ancor piena dell'Arnoldi. —

— aggiunse Lucio, allontanandosi. E pensò tra sé: «»

III

Il signor Carlo Antelmi attendeva impaziente la risposta del conte Rivoli, e aggirandosi per la casa, lodava tra sé il Mabelli, che pareva si fosse messo proprio d'impegno a ottenergli quel posto di segretario.

Tanto lui, quanto la signora Erminia avevano cieca fiducia in Lucio: non sospettavan neppur lontanamente, che questi potesse per secondo fine prestarsi cosí in ogni occasione a giovar loro del suo meglio. Lucio dal canto suo sapeva rendere i suoi favori con tale superiorità, e dietro il cangiante spolvero del suo far vivace sapeva cosí ben nascondersi, che davvero non dava appiglio ad alcun sospetto.

In quanto alla signorina Giulia, ella era stata sempre pei suoi genitori come un libro chiuso, ben legato, con sul dorso un titolo indecifrabile. Stavasene quasi sempre appartata a leggere o a ricamare. Sentiva, e spesso non riusciva a nascondere un disgusto opprimente pei modi un po' volgari e sciatti della madre e per la grettezza del padre, specialmente ogni qual volta tutti e due venivano a lite, e come spesso accadeva, per un nonnulla.

Il signor Carlo die' ordine alla serva di far subito passare in camera sua il Mabelli, e vi si ritirò per non assistere al trambusto (alla rivoluzione, diceva lui) che facevan le due donne ogni mattina «per rassettar la casa», uscendo dalle loro camere.

Però quel giorno la signora Erminia ne uscí col cappellino in capo e un ventaglio in mano. Il Marzani aveva regalato per la sera un palco all'Argentina, ed ella si recava a far delle compere necessarie per sé e per la figlia. La serva venne per parte di questa a rammentarle un ventaglio e non so che nastro grigio-perla.

La signora Erminia sospirò, e uscí.

— domandò Giulia sporgendo il capo dall'uscio della sua cameretta.

— sospirò Giulia, entrando nel salotto. —

Si stese su una seggiola a dondolo, e cominciò a spingersi innanzi e indietro, colle mani sui bracciuoli, il capo chino e gli angoli della bocca in giú, in una contrazione di sdegno.

— riprese poco dopo. —

Ristette dal dondolarsi; reclinò indietro la testa, tese in avanti il busto e alzando le braccia e incrociando le dita si posò le mani sulla fronte, per stirarsi. Poi si levò, aprí il pianoforte, ma non seppe decidersi a sonare. La serva rientrò col libro.

Rimasta sola, appoggiò un gomito sul pianoforte, facendone stridere alcuni tasti, e si nascose gli occhi con la mano.

Sotto la pressione del gomito i tasti tennero lungamente il suono.

Da parecchi giorni Giulia Antelmi si rendeva conto dello stato d'animo di Lucio Mabelli rispetto a lei. Quei ritegni, quegli sguardi schivi, certe parole fredde, cascanti dalle labbra, quelle mani che temevan sempre d'incontrare le sue, le dimostravano chiaramente com'egli cercasse già d'allontanarsi da lei a poco a poco, pur rimanendole vicino, da buon amico, dopo averle fatto intender la ragione, senza prediche e senza scene.

Questo modo d'agire intanto la stizziva. Già uno strano puntiglio cominciava a inasprire il suo amore. Ella provava dispetto dell'impotenza sua di vincere quell'uomo: avrebbe voluto costringerlo a non pensar tanto, a non dar tanta retta alle dure necessità della sua condizione. E intanto si turbava a ogni accenno di ricordo subito cancellato dal sangue che le affluiva al cervello, vergognosa della sua ostinazione, che forse l'aveva spinta a concedere a lui, per legarselo maggiormente e rendergli piú difficile l'uscita, qualche carezza non del tutto inappuntabile. Lucio non sapeva resisterle, come avrebbe dovuto, dato il suo intendimento; e questa era in gran parte la cagione del rossore di lei; giacché ella concedeva piú per puntiglio di vincere che per amore, e quegli trascendeva piú impacciato che accecato, quasi rimettendosi a lei, per non offenderla con un savio richiamo.

Lucio Mabelli, entrando nel salotto, la sorprese ancora innanzi al pianoforte, col gomito sui tasti e la mano sugli occhi.

— domandò Lucio esitante, evidentemente contrariato.

— rispose egli, mostrando tutto il suo zelo, come per iscusarsi. —

— concluse Lucio.

Ella gli volse le spalle.

— E sedé con un sospiro, che parve sbadiglio, sulla seggiola a dondolo.

Lucio non ebbe la forza d'andarsene cosí. Le si avvicinò, combattuto.

— domandò ella, sorridendo. E prese il libro dal tavolino come per mettersi a leggere.

— sospirò lei.

Lucio si chinò sulla seggiola, a guardarla.

Giulia levò gli occhi da leggere, e sotto lo sguardo di lui le nacque un sorriso quasi involontario.

— s'affrettò a dir Lucio.

Ma ella lo trattenne per un braccio.

— fece Giulia, abbassando gli occhi sul libro.

Lucio sentí che quello era proprio il momento di spiegarsi con lei. Ma come incominciare?

Ella esitò un poco, quindi si volse a guardarlo.

— fece lui, impacciato, evadendo alla domanda.

— ridomandò lei, e questa volta senza esitare, guardandolo negli occhi.

Allora Lucio, incalzato dallo stupore di lei, dall'interno disagio, riavendosi man mano nella crescente agitazione, prese a dirle con foga, con calore, or dando alla voce inflessioni di tristezza appassionata, ora esagerando con arte, in quel momento involontaria e incosciente, tutto ciò che da parecchio tempo rimuginava. Si rivolgeva ora al cuore di lei, ora alla ragione, non accusando che la durezza della sorte, la tristezza del caso… Le faceva notare la falsa posizione in cui egli si trovava in quella casa, e quanto soffriva nel vedersi circondato dalla cieca fiducia dei genitori di lei.

— disse Giulia, tentando di resistere a quell'onda di parole con l'opporre di tanto in tanto, in fretta, come a riparo, qualche osservazione o qualche domanda.

— ripigliò Lucio col viso in fiamme.

— oppose un'altra volta Giulia.

— osservò Giulia, e in quell'ora era tutto il suo dispetto.

— balbettò Lucio. —

— ella riprese, e la sua voce s'era fatta dura, quasi astiosa. —

Allora Lucio, quasi piangente per l'accusa, le ricordò quel giorno della gita a S. Paolo, e come s'eran trovati ad amarsi l'un l'altra, senza neppur sospettarlo, parlando d'un altro amore di lei. Si ricordava? E le rappresentò il suo stato d'animo in quel giorno. Chi pensava piú? Lui, almeno! Certo egli non le avrebbe detto mai nulla. Lo aveva vinto la debolezza di lei. Sí, sí. Egli non sapeva piú ciò che le aveva detto in quel giorno.

L'amava, e s'era lasciato trascinare dal suo amore, spinto da lei… Era giovane anche lui! Non aveva anche lui diritto ad amare, a goder della vita? Ma no, no, che! La giovinezza reclama i suoi diritti? La sorte glieli nega. Si lamenta? Ride. Amare? Lavora! E il suo lavoro restava senza compenso. E la sorte, per maggior crudeltà, ogni tanto gli si mostrava men severa, e lo coglieva a un nuovo laccio! Ah, era un bel giuoco, un bel giuoco!…

E le parlò, seguitando, di tutti i suoi sogni andati a vuoto, dei disinganni, della lotta assidua contro i tanti bisogni, che l'avvilivano, lo strappavano ai suoi ideali; e degli stenti e delle fatiche durate per mantenersi fedele a quell'ombra di sogno, ch'era pur l'unica realtà della sua vita, lo scopo e la ragione – l'Arte!

Nello sforzo di parlar sommessamente per non farsi udire dalle altre stanze, la sua voce era divenuta aspra, quasi raschiosa, e intanto le parole gli abondavano, ed egli vi esalava tutta la sua vera, intensa ambascia, quasi piangendo…

Giulia s'era intenerita: l'astio era man mano divenuto in lei angoscia. Gli prese una mano e l'interruppe:

— disse Lucio sordamente, rimettendosi. —

Ella si era alzata.

— disse.

— riprese Lucio. —

Ella rimase un tratto con la testa bassa e gli occhi appuntati, e si lasciò cader dalle labbra queste parole, scuotendo lievemente il capo, senza muover gli occhi.

Si scosse, ebbe come un brivido, si strinse nelle spalle e si coprí il volto con le mani.

— le chiese Lucio dolcemente.

Lucio le si avvicinò, le prese le mani (ella gliele abbandonò senza esitazione) e se le pose sul petto, guardandola.

Giulia si mise a piangere in silenzio.

Si portò agli occhi il fazzoletto, e appoggiò la testa sul petto di lui, che cominciò a carezzarle i capelli leggermente con la mano.

— disse lei con voce interrotta da singulti brevi. —

E levando la testa, con gli occhi ancor gonfii di pianto, e abbozzando un sorriso malinconico, su cui scendevan le lacrime, gli domandò con insistenza da bambina:

IV

— disse piano a Lucio il signor Carlo, accennando all'uscio per cui era uscita testé sua figlia.

— continuò il signor Carlo, parlando a bassa voce, senza trovar l'aggettivo. —

— disse subito Lucio, pallido, rizzandosi sul busto, come colto da un brivido alla schiena.

— fece il signor Carlo. —

— domandò Lucio.

Perché mentiva cosí? Egli stesso non sapeva rendersene conto. Quelle parole gli erano venute alle labbra spontaneamente, non cercate, non volute.

— disse il signor Carlo con un sorrisetto espressivo.

— fece Lucio; e subito si stupí di quest'altre parole involontarie e del suo sorriso in contrasto aperto, stridente con l'aria ingenua assunta sul principio.

Ma il signor Carlo non notava nulla di tutto ciò; sorrise per compiacenza al sorriso di Lucio, e proseguí:

— disse Lucio con l'aria ingenua di prima.

Si smarriva; sentí lui stesso, che si smarriva. Volle correggersi; fu peggio.

Questa volta il signor Carlo notò l'imbarazzo del suo giovane amico, ma credé che gliel'avesse cagionato lui, con l'interessarlo in una faccenda tanto delicata. Cavò di tasca la lettera e gliela porse.

Si misero allora a parlare della Banca Ritter di Milano, banca tedesca, solidissima. Il signor Carlo ne aveva già domandato notizie a un suo amico milanese. Anche Lucio sapeva da un amico impiegato in quella banca, ch'essa era solidissima. Non sapeva però spiegarsi come l'Arnoldi avesse potuto trovarvi cosí buon collocamento — «»

— domandò il signor Carlo, che già rideva dalla gioja.

Lucio si mostrò nuovamente impacciato a rispondere. Gli pareva mill'anni d'andar via.

— insisté il signor Carlo —

Lucio aprí le braccia in risposta. Poi disse:

Il signor Carlo accettò, profondendosi al suo solito in ringraziamenti.

Lucio uscí da casa Antelmi in preda a una straordinaria eccitazione, brancicando in tasca una lettera, la lettera dell'Arnoldi al signor Carlo. Era rimasta a lui, per dimenticanza! Egli se n'accorse per via, e quasi se ne sentí scottar le mani…

Era già quasi sera, e il Corso coi lampioni non per anche accesi, tutto in ombra, era affollato pel ritorno dal passeggio pomeridiano a Villa Borghese.

Tutta quella folla agitata nell'ombra, pigiata nell'angustia dei marciapiedi, sempre in guardia dalle vetture susseguentisi con frastuono, diede a Lucio il capogiro. Gli pareva di veder l'Arnoldi in ogni persona; sentiva che l'avrebbe senza dubbio veduto, lí a un tratto, senza dubbio.

E infatti lo vide. Era con alcuni amici sulla soglia del caffè Anglo-Americano di fronte alla piazzetta Sciarra, e s'era tirato indietro sgarbatamente, alzando le braccia, per rider forte, mostrando i denti bianchissimi sotto i baffi ricciuti, neri come l'ebano – un riso che pareva nitrito: chi sa perché! forse per qualche piacevolezza detta da uno de' suoi amici. Gli era quasi cascata dal naso la lente legata in oro. Lucio sentí strapparsi i nervi da quel riso fragoroso. – Non aveva riso per lui, quell'imbecille? Si fermò d'un colpo. Si voltò, e stette tra la folla a guardare un tratto in direzione del caffè. Avrebbe voluto tornare indietro, e schiaffeggiare quella faccia bruna, insolente… Si rimise ad andare in giú. Verso casa sua, in via Laurina? No, che! Dal Marzani, allora, in via dei Pontefici? E per far che dal Marzani? Oh, egli sentiva bisogno di parlar con qualcuno, di sfogarsi con qualcuno; e sentiva che andava lí, proprio dal Marzani, benché non ne vedesse chiaramente la ragione. Egli doveva pur fare qualche cosa! Ma che cosa, e perché? Di che si lagnava? Che pretendeva? Che diritto aveva egli d'impedire quel matrimonio? Impedirlo? Non doveva anzi considerarlo come una fortuna, come una liberazione? Non aveva egli forse provato stizza, dispetto, rabbia dopo la scena fattagli dalla signorina Giulia piangente sul suo petto? Non s'era detto mille volte sciocco, e non aveva accusato anche lei, Giulia, bassamente, sostenendo ch'ella voleva usargli violenza, non già per amore, ma per puntiglio o per brama di marito? Dunque? Eccolo lí, il marito, l'Arnoldi! Di che si lagnava oltre? — — l'Arnoldi — — pensava andando. —

Si trovò in via dei Pontefici, presso la porta del Marzani. Il dubbio di non trovarlo in casa lo arrestò innanzi allo scalino d'invito; ma pur non rendendosene conto, l'arrestarono anche l'indecisione ond'era agitato e il bisogno di precisar qualcosa prima di salire. Non gli fu possibile precisar nulla; si premé forte gli occhi con una mano, e poi, facendo un gesto vago, come per scacciar tutte le cure, si mise a salire la lunga scala. Sentí scuotersi, sollevare, salendo, da un impeto folle di riso, e spiegazzò in tasca la lettera dell'Arnoldi.

Ah era ben comica, ben comica la sua posizione! «» — Queste ultime eran parole di Giulia Antelmi. Lucio se le ripeteva mentalmente, salendo la scala, ancora invaso da quell'onda amara di riso.

Tirò il laccio del campanello, e attese. Il Marzani era in casa.

— gridò Lucio, ridendo come un pazzo al cospetto dell'amico, pigliandolo per le braccia e scuotendolo, spingendolo indietro. —

— fece Tullo, guardando stupito Lucio, e cercando di svincolarsi dalla stretta.

— domandò il Marzani intontito.

— fece Tullo, il quale non sapeva piú se ridere o affliggersi dell'amico.

— seguitò Lucio, divenendo a un tratto serio. —

E porse al Marzani la lettera dell'Arnoldi.

Se ne pentí subito. A un tratto, come se tutte quelle parole dette con straordinaria vivacità, nella crescente eccitazione, si fossero insieme riflesse sulla sua coscienza improvvisamente ridesta, sentí invadersi da profondo disprezzo di se stesso. Sentí che il suo modo d'agire era indegno; ma non ne vedeva ancora chiaramente lo scopo, quasi che in lui fosse un'altra persona, la quale agisse senza palesarsi, per fini ancora a lui nascosti. Gli pareva, ora, ch'egli fosse venuto dal Marzani quasi trascinato da quest'altra persona, e non sapeva perché. Non era anche inutile, oltre che indegno? La signorina Giulia non avrebbe mai accettato la mano del Marzani, egli lo sapeva. E pure, chi sa? Tullo era ricco, non era brutto, non aveva mai commesso brutte azioni come quell'Arnoldi. In un momento Lucio stabilí un confronto spassionato tra l'uno e l'altro; li bilanciò fisicamente e moralmente… Avrebbe intanto voluto strappar di mano a Tullo la lettera; ma si sentí trattenuto, come se qualcuno internamente gli avesse detto: «»

Tullo lesse la lettera, prima arrossendo, poi man mano impallidendo, impallidendo, finché guardò Lucio, smarrito, e gli cascarono le braccia.

— disse forte Lucio, alzandosi. —

— balbettò Tullo.

— Ora passeranno cinque, sei giorni prima che venga la risposta. Dunque, tu hai tutto il tempo di far la tua domanda al signor Carlo.

— osservò imbarazzato il Marzani.

Il Marzani sorrise, ancora smarrito. Egli godeva di vedere attraverso le parole di Lucio, facilissimo il suo cómpito.

V

Come Lucio aveva preveduto, il signor Carlo accolse il Marzani a braccia aperte. Davvero, il pover'uomo, non s'aspettava piú tanta fortuna. S'era già adattato alla necessità di dar la figlia a un intruso, che gliel'avrebbe portata anche lontano, fuori di Roma. Né di ciò, buono com'era, sapeva dar torto al Marzani.

— pensava. —

La signora Erminia però non la pensava allo stesso modo. Per lei, il Marzani era ormai non solo uno sciocco, ma anche un mancator di parola. Ella sentiva stizza delle illusioni, delle speranze concepite su lui e andate a vuoto, e naturalmente ne dava a questo la colpa, anzi che al suo troppo imaginare.

— diceva al marito.

E il signor Carlo, per non aizzar la moglie ad altre invettive, apriva le braccia e si rimetteva alla volontà del Signore.

Tanto lui che la moglie adesso, a veder realizzato, quando men se l'aspettavano, un desiderio già svanito come speranza, s'eran talmente rallegrati, che per un momento non pensarono piú né alla precedente domanda, né all'esistenza dell'Arnoldi… Oh, ma del resto, per costui, la scappatoja si sarebbe presto trovata! Frattanto era certo, che la figliuola, sposa del Marzani, sarebbe rimasta a Roma, sotto gli occhi loro. Di fronte al Marzani, l'Arnoldi era completamente scomparso dalla loro mente. Già non lo conoscevan neppure di vista, non sapevan chi fosse… Cosí, nemmeno era passato loro per la mente, che per giustizia, di fronte a due richieste di matrimonio, non avrebbero potuto non tener conto del diritto di scelta della figliuola. Il signor Carlo, nella gioja inattesa, aveva dato al Marzani quasi per fatto il matrimonio; e il domani la signora Erminia ne parlò alla figliuola.

Da un bel mazzo di fiori inviato dal Marzani la sera precedente, cosí, senza ragione, in dono misterioso, e dal sorriso con cui il padre e la madre glielo avevano presentato, Giulia aveva sospettato l'intesa, e però la mattina accolse freddamente la madre. Alle prime parole della figlia, la signora Erminia sentí cadersi dalle labbra tutte le espressioni di giubilo che le eran saltate dal cuore.

Giulia fu irremovibile dal rifiuto. Sdrajata sulla seggiola a dondolo con un libro in mano, fingeva di leggere, spingendosi indolentemente innanzi e indietro.

La signora Erminia finí per uscir dai gangheri

Sí, e allora bell'avvenire senza dubbio quello che le si apparecchiava!… Sarebbe andata a finire suora di carità, è vero? O monaca in qualche ritiro! Solita storia… Pensava cosí perché aveva ancora il padre e la madre, e una casa… Ma non li avrebbe avuti sempre però, e allora?… Oh allora!…

— disse Giulia per tagliar corto a quelle riprensioni. —

La signora Erminia ebbe un bel metterle innanzi agli occhi tutti i mali a cui vanno incontro le ragazze che restan senza marito: la schiavitú delle malignità altrui, la solitudine, i disagi, le noje… E a che pro tutto questo? Già sola, appartata, non sarebbe potuta rimanere: gliene mancavano i mezzi. Ma, quand'anche? Una donna, sola, non è mai libera.

Ella a questo quadro s'era rivoltata subito, con tal vivacità e tanta efficacia, che, per un momento, alla signora Erminia parve di soggiacere al fascino della parola di Lucio Mabelli, proprio come se questi parlasse per bocca della figlia.

Giulia, infatti, ripeteva ogni tanto inconsciamente qualche frase di Lucio, e s'era quasi assimilata quella speciale attitudine del parlare di lui.

Accesa in volto, ancor vibrante, si ravviò i capelli dalla fronte, e si rimise a leggere, questa volta per non rispondere veramente piú nulla alla madre, che la guardava ancora stupita.

Quando Lucio Mabelli tornò in casa Antelmi con la risposta da Milano, vi trovò quasi il lutto, e una guerra aperta. Il signor Carlo, per non veder la figlia, tornando dal conte Rivoli, si tappava nella sua camera, e non voleva uscirne neppur per desinare in compagnia. Avrebbe voluto scomparire dalla faccia del mondo per non incontrarsi piú col Marzani. Anche Giulia s'era ritirata nella sua cameretta per non veder la faccia arcigna e non sentire i rimbrotti della madre, la quale cosí era rimasta sola padrona della casa. Chi ne aveva la peggio era Olga, la serva, su cui la signora Erminia sfogava l'ire e il mal’umore.

La risposta da Milano era pervenuta a Lucio a rigor di posta, un giorno dopo il rifiuto opposto da Giulia alla domanda del Marzani. In quella risposta si davan sull'Arnoldi le piú ampie assicurazioni.

— disse a Lucio la signora Erminia. —

— domandò Lucio esitante.

Lucio alzò le spalle senza profferir sillaba, temendo che la voce tradisse l'interna agitazione. Ogni parola della signora Erminia gli pareva uno schiaffo. Il tono irritante, sguajato, volgarissimo di quella voce gli strappava con violenza i nervi. Sentiva ribadirsi una catena trascinata già parecchi mesi con tanta tristezza e tanti affanni; e pur non sapeva ancora decidersi a parlare, a respingerla. Temeva da un canto di tradirsi, e dall'altro non avrebbe voluto piegarsi, darla vinta a quell'Arnoldi.

— insisté la signora Erminia.

— balbettò Lucio.

— gridò la signora Erminia, interrompendolo, sgranando gli occhi e battendosi forte una mano sulla gamba.

— continuò Lucio piú spedito —

E appena profferite queste parole, come una concessione dolorosa e forzata, Lucio si sentí alleggerito da un gran peso.

— fece la signora Erminia. —

— sospirò la signora Erminia.

Entrò in quella Giulia, che dalla sua cameretta aveva udito la voce di Lucio.

— fece subito la signora Erminia, vedendo la figlia, e soggiunse piano nell'orecchio di Lucio: —

Giulia sorrise mestamente, seguendo con gli occhi la madre. Lucio si levò anche lui da sedere, impacciatissimo da quello sgarbo in sua presenza. Avrebbe voluto andarsene per non rimetter piede mai piú in quella casa. Aveva fatto uno sforzo enorme a venirci, dopo la scena di quella sera col Marzani; e nel salir le scale aveva sentito che gli sarebbe riuscito intollerabile un dialogo con Giulia.

Accennò d'andar via. Ella non lo trattenne; sedé sul canapè al posto della madre, e lo guardò fiso, con occhi dolenti, senza dir nulla.

— fece Lucio, indeciso.

— disse ella, invitandolo con la mano a sedere un po' discosto da lei, e distolse lo sguardo.

Lucio sedé al posto indicatogli, e stettero entrambi un pezzo, senza guardarsi, in penoso silenzio. Nessuno dei due sapeva decidersi ad aprir bocca. Egli si stizziva internamente del mesto atteggiamento e del silenzio di lei: ella s'aspettava da lui lamenti e rimproveri dopo le tristi dichiarazioni fattele una volta; e s'era disposta ad accoglierli senza opporre scuse, rimettendosi a lui, inerte e rassegnata, pur di non cedere.

— diss'egli finalmente.

Ella finse di non capire.

Tacquero di nuovo, un buon tratto. Giulia lo guardava con la coda dell'occhio, e vedeva che egli tentennava leggermente la testa, con gli occhi appuntati, come se volesse dire: «» Allora disse:

Lucio si volse a lei con prontezza quasi irosa:

— rispose ella sordamente, cangiandosi in volto, e corrugando le ciglia. —

Dopo un breve silenzio Lucio, freddamente, le fece osservare, ch'ella non poteva pretendere che i suoi parenti non pensassero a lei.

— fece Giulia, e subito si pentí di aver cosí trasceso.

— aggiunse freddamente Lucio.

Ella s'indispettí di questa freddezza un po' ironica e dell'aria d'indifferenza con cui egli adesso le parlava. S'animò a un tratto, divenne anche lei pungente, superficiale.

Oh, va bene, il suo avvenire! E c'era tempo! E poi, via, le pareva, che questo suo avvenire non doveva contentare soltanto gli altri; ma un tantino anche lei, no? un tantino… Le sue idee? Ah, già! Bravissimo! Anche la madre, le aveva detto cosí… Curioso! Bisognava proprio convenire, ch'ella era fatta, adunque, diversamente da tutti gli altri… Le sembravan cosí naturali, a lei, «le sue idee», com'egli diceva, facendo la copia a sua madre… E s'era messa a ridere.

Lucio restò goffo.

— continuò Giulia. —

— rispose egli indifferente, quasi prestandosi a un capriccio da bambina.

— riprese Giulia, gonfiando la voce. —

Di fronte a quella gajezza, che anche nei frizzi vivaci tradiva l'affetto, Lucio aveva completamente perduto lo spirito.

— fece la signorina Giulia, come nauseata. —

Lucio accennò di sí col capo. Le fece quindi notare il dispiacere ch'ella aveva cagionato al padre. Poi si mise a parlare anche del Marzani, e a fargliene le lodi. Evidentemente diventava sciocco; lo sentí egli stesso, e ne arrossí; ma messosi per quella china non seppe trattenersi piú. «»

La signorina Giulia lo guardava con tanto d'occhi, stupita.

Oh sí, era buffo, buffo veramente, doveva convenirne, che lui, proprio lui venisse a parlarle in favore del Marzani, in un'occasione come quella!… La signorina Giulia non sapeva capacitarsene. Gliene avevano forse dato incarico i suoi parenti?

Lucio sentí colpirsi con violenza da quell'atroce derisione, e sorrise amaramente.

— disse —

— esclamò ella, commiserandolo con leggera ironia.

Egli soffriva orribilmente. Si sentiva, come se l'avessero frustato in faccia, e gli pareva che, per quanto dicesse e facesse, non sarebbe piú uscito da quell'imbroglio.

E Giulia s'era messa a rider forte. Ah davvero la storia non registrava una prova piú stupefacente d'amicizia! Oreste e Pilade! Era proprio buffo…

Lucio si levò da sedere, risoluto; le si avvicinò, e chinandosi su lei, le disse piano, ma con voce vibrata:

Ella non lo lasciò finire:

Si alzò sorridendo della bizzarria che le era saltata in mente: si recò innanzi allo scrittojo e, tratta dal cassetto della carta da lettere, si mise a scrivere per chiasso una dichiarazione in tutte le forme: Io qui sottoscritta dichiaro…

— fece Lucio, guardandola mentre scriveva.

— rispose ella, seguitando a scrivere con certe mossettine del capo.

Piegò la carta, e stava per affidargliela, quando le saltò in mente un'altra idea. Riaprí il cassetto, ne cavò un pajo di forbici, e recandosi innanzi a uno specchio, si prese da un lato un ciuffetto di capelli.

— le gridò Lucio.

— diss'ella, tagliando. Tolse da un cofanetto un nastrino rosso, ne fe' un nodo ai capelli, che chiuse nella dichiarazione, e ficcando tutto nella tasca interna della giacca di Lucio:

— gli disse. —

E aggiunse, con una smorfietta:

— scappò detto a Lucio impensatamente, senza volerlo, nella confusione. E sorrise smarrito, agghiacciando.

— fece Giulia sorpresa dall'aria assunta improvvisamente da Lucio. —

— rispose egli con lo stesso sorriso nervoso sulle labbra, ma con voce cangiata, come se non parlasse piú lui. E la guardava fissamente.

— interrogò nuovamente Giulia stupita piú del modo com'egli le parlava, che di quello che le diceva. —

Lucio alzò le spalle; come se avesse voluto farla stizzire, stuzzicandone la curiosità.

— fece Giulia sbalordita, quasi non prestando fede ai suoi orecchi. —

— rispose Lucio, accompagnando le parole con un gesto del capo. —

Lucio si smarrí.

— fece Giulia, colta improvvisamente da un sospetto, che le alterò e quasi le scompose la fisonomia. Non diede campo a Lucio, che la guardava confuso, di risponderle. —

Si coprí la faccia con le mani, indignata, vibrante di vergogna.

Lucio tentò un istante di scusarsi, avvilito:

— gridò Giulia, interrompendolo, quasi quelle parole l'avessero soffocata, e si coprí nuovamente la faccia con le mani. —

Lucio non trovò piú una parola da dire. Gli parve in un baleno, che i pensieri odiosi, trasparenti attraverso alle parole di lei, fossero stati veramente suoi pensieri, pensieri però, cui egli non aveva mai confessato a se stesso, e che sentiva ora per la prima volta nell'imbarazzo della coscienza. Non seppe ribellarsi, gli parve giusto avvilirsi, rassegnarsi ad ogni ingiuria. «» si diceva internamente.

Giulia si levò le mani dal volto in fiamme, e senza guardarlo:

— gli disse.

Ella gli lanciò uno sguardo pieno d'odio e di sprezzo; lacerò la carta in mille pezzetti, disfece il nodicino dei capelli e buttò tutto nel camino, accompagnando l'atto con un'esclamazione di sdegno.

Lucio si mosse per uscire.

— disse Giulia. —

E fattasi all'uscio, invitò il padre e la madre a entrare in salotto.

— domandò loro, appena entrati.

E senza attender risposta: — — aggiunse.

Il signor Carlo e la signora Erminia guardarono sorpresi la figlia, poi il Mabelli.

— esclamò la signora Erminia, stendendogli raggiante la mano.

Giulia ruppe in uno scoppio di risa, e corse verso la sua cameretta.

Novelle per un anno
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