VISITARE GL'INFERMI

In meno d'un'ora per tutto il paese si sparse la notizia che Gaspare Naldi era stato colpito d'apoplessia in casa del Cilento, suo amico, dal quale s'era recato per condolersi della recente morte del figliuolo.

Tutti, in prima, piú che afflizione ne provarono sbigottimento e ciascuno con ansia domandò piú precisi ragguagli. Ma la prima costernazione fu presto ovviata dalla riflessione confortante che il Naldi, quantunque di florido aspetto e ancor giovane, era pur dentro minato da incurabile malattia cardiaca. Sicché, via! poteva aspettarsi da un momento all'altro, poverino, una fine cosí.

I primi visitatori, amici e conoscenti, accorsero alla casa del Cilento ansanti, pallidi, con occhi da spiritati. — «» — Volevano vederlo.

Porta, usci, finestre tutto spalancato. E nelle camere, fra il trambusto, pareva spirasse nell'ombra dalle poltroncine vestite di tela bianca un fresco refrigerante per chi veniva da fuori, ove il sole d'agosto ardeva fierissimo. E un odor di garofani, in quel fresco d'ombra… – ah! delizioso.

Per la scala, una frotta di curiosi, gente del vicinato, uomini, donne, ragazzi, intenti a spiare chi saliva e chi scendeva; a coglier di volo qualche notizia. Un bambino s'affannava a salire e a ridiscendere gli scalini troppo alti per lui e, reggendosi con una manina paffuta al muro, a ogni scalino, rimbalzando tutto fin nelle gote e sorridendo con la boccuccia sdentata, emetteva una vocina frale:

Puteva di piscio, carinello, ma non lo sapeva.

Altri due ragazzi, giocando tra loro a piè della scala, vennero a lite; la madre allora tra gli zittíi della ressa, dovette scendere e portarseli via. Li picchiò, appena fuori, stizzita di non poter assistere per causa loro a quello spettacolo.

Dopo l'umile saletta, un modestissimo salotto: in mezzo a questo, un letto, messo sú alla meglio, tra la fretta e lo spavento.

I primi visitatori si spinsero a guardare, uno dietro l'altro, di su la soglia dell'uscio; ma non poterono vedere che le gambe del moribondo, intere fino al grosso volume paonazzo e villoso degli organi genitali; e si strinsero tra loro istintivamente dal ribrezzo che pur li attirava a guardare. Due infermieri avevano sollevato il lenzuolo da piedi, e lo reggevano alto in modo da impedir la vista del volto a chi guardasse dall'uscio.

— domandò qualcuno.

Nessuno lo seppe dire. Unica risposta, di là dal lenzuolo levato, il rantolo del moribondo, che pareva si lagnasse cosí d'una crudele e sconcia violenza che stessero a fargli inutilmente, profittando che non si poteva piú muovere.

Intanto, altri visitatori sopraggiungevano.

Un medico, il piú vecchio dei tre che stavano attorno al letto, disse alla fine con voce imperiosa:

I visitatori si ritrassero a parlottare nell'attigua saletta, atteggiati in volto d'un cordoglio misto a una certa ambascia indefinita, guardinga.

I nuovi venuti domandavano ansiosamente notizie:

E l'avvenimento uscí a poco a poco dal vago delle prime notizie, si precisò, forse allontanandosi dal vero. Alcuni particolari di nessuna importanza risaltarono e si dipinsero con tanta evidenza agli occhi di tutti, che ciascuno poi rifacendo il racconto, non poté piú fare a meno di riferirli con le medesime parole, allo stesso punto, con la medesima espressione e lo stesso gesto: il particolare, per esempio, del bicchier d'acqua chiesto dal Naldi alla serva del Cilento nel sentirsi venir male, e che poi non poté bere.

— diceva Guido Póntina, ricco proprietario e assessore del Comune, —

— domandò il piccolo De Petri, afflitto, malaticcio, felice in quel momento di poter rivolgere la parola a un personaggio di conto come il Póntina.

— rispose il Póntina, rivolgendosi però agli altri.

Si voltarono tutti a guatar quella poltrona che se ne stava lí in un angolo all'ombra, vecchia, stinta, pacifica.

— riprese il Póntina, —

— domandò un giovane biondo, molto pallido, intentissimo al racconto.

Questa cognizione medica il Póntina se la lasciò cadere dalle labbra con aria d'umile superiorità verso gli altri ascoltatori, come una cosa, oh Dio, naturalissima, ch'egli sapesse da tanto tempo: l'aveva appresa invece un momento prima dai medici, e ora se ne faceva bello con quegli ignari, allo stesso modo che dell'essere accorso tra i primi, dell'aver visto ancora sulla poltrona il Naldi, e del cenno che questi gli aveva fatto del suo braccio morto.

— narrava in un altro crocchio vicino l'avvocato Filippo Deodati, alto, magro, diafano, fortemente miope. Parlando, in pensiero com'era sempre delle parole da usare e dell'efficacia dei gesti, intercalava a quando a quando pause sapienti, anche per dar tempo a chi l'ascoltava d'assaporare quel suo parlar dipinto. —

— corresse uno degli ascoltatori, come se con quei «piú! piú» lo aizzasse a dir piú presto.

Ma il Deodati gli sorrise e seguitò placido:

Uno, allora, esclamò, con gesto quasi di rabbia:

— aggiunse subito un altro, —

— corresse un terzo, come se volesse mangiarselo. —

— sospirò guardando tutti a uno a uno, un ometto calvo, panciutello, che arrivava sí e no ad afferrarsi le manocce pelose dietro la schiena.

— riprese il Deodati, —

— suggerí piano l'ometto calvo, accostandosi, con un dito della manoccia teso, —

Tutti si voltarono a guatar costernati quei cocci nell'angolo, come dianzi quegli altri la poltrona. Ma giunse in quella dalla stanza del moribondo un puzzo intollerabile, che fece arricciare il naso a tutti.

— esclamò qualcuno, avviandosi per recarsi in un'altra stanza. —

Parecchi confermarono:

E tutti, turandosi il naso, seguirono il primo.

Stavano in quell'altra camera i parenti del moribondo; il fratello Carlo, un nipote, un cognato e lo zio canonico, insieme con altri visitatori, tutti in silenzio.

Si rispondeva ai saluti, fatti a bassa voce, o con gli occhi o con un lieve cenno della mano o del capo. Carlo Naldi, come se i sopraggiunti fosser venuti a dirgli: — «», — scattò in piedi per recarsi dal moribondo. Alcuni si provarono a trattenerlo.

E andò, seguito dal figlio.

Anch'essi, entrando, si turbarono al puzzo pestifero; ma si trattennero presso il letto e sorvegliarono gl'infermieri, perché il letto e il giacente fossero ripuliti a dovere. Poi fecero dare una spruzzata d'aceto alla camera.

Gaspare Naldi, di corporatura potente, sorretto il busto da una pila di guanciali, con una vescica di ghiaccio in capo, il volto paonazzo, aveva schiuso gli occhi insanguati e guardava un po' accigliato, quasi per uno sforzo di riconoscere colui che s'era chinato sul letto a spiarlo negli occhi.

— chiamò il fratello, con la speranza, nella voce, che il colpito l'udisse.

Ma il morente seguitò a guardarlo ancora un pezzo, accigliato; poi contrasse, come in un sorriso, la sola guancia sinistra e aprí alquanto la bocca da questo lato; si provò a far piú volte spracche con la lingua inceppata, come se volesse inghiottire, ed emise un suono inarticolato, tra il gemito e il sospiro, richiudendo lentamente le palpebre.

— disse allora piano Carlo Naldi agl'infermieri seduti alle sponde del letto, quasi non credendo a se stesso. —

Sopraffatto di nuovo dal coma, il moribondo si rimise subito dopo a rantolare.

— ripeté il Naldi al giovine medico Matteo Bax lasciato di guardia dagli altri tre medici curanti.

— disse il Bax, sorgendo in piedi militarmente e sgranando gli occhi ceruli, vitrei, da matto.

— fece, accostandosi con timida curiosità, in punta di piedi, il Deodati, venuto dall'altra stanza per assistere, nonostante il puzzo, alla scena commovente tra i due fratelli. —

— ripeté a bassa voce il dottor Bax, come confidasse un gran segreto e spiegò brevemente la parola e il male.

Il Deodati uscí dal salotto e si recò a raggiungere gli amici nell'altra stanza.

— continuò il Bax. —

S'accostò al letto e consultò il polso del giacente.

Il Bax era all'inizio della carriera, e però costretto a codiare un po' l'uno, un po' l'altro dei medici piú accontati, tutti – s'intende – asini per lui. Mah! Riteneva una fortuna l'essere stato chiamato in quell'occasione, al letto d'uno in vista come il Naldi; gli conferiva una certa importanza e l'avrebbe rialzato nel concetto di tanta gente che affluiva d'ora in ora a visitar l'infermo, cui egli per ciò assisteva col massimo zelo. Nel vederlo cosí faccente attorno al letto, nessuno (egli credeva) avrebbe sospettato che gli altri medici curanti lo avessero chiamato unicamente perché lo sapevano resistentissimo al sonno.

— diceva frattanto Filippo Deodati nell'altra stanza. —

— domandarono alcuni.

— domandarono altri.

— mi spiego? —

Gli ascoltatori si guardarono l'un l'altro negli occhi senza fiatare, come colpiti tutti dall'oscura minaccia di quel male. Un piccolo grumo! Si stacca… gira… e poi… embolé, interponimento… Da che dipende la vita d'un uomo! Può accadere a tutti un caso simile.

E ciascuno pensò di nuovo a sé, alle condizioni della sua salute, guardando con crudeltà quelli tra gli astanti che si sapevano di salute cagionevole. Uno tra questi, dalle spalle in capo, quasi senza collo, sempre acceso in volto, piú miope del Deodati, sospirò agitando sotto gli sguardi dei radunati piú volte di seguito le palpebre dietro le lenti che gli rimpicciolivano gli occhi.

— seguitò il Deodati, —

— esclamò con angoscia intensa, esasperata, l'uomo miope senza collo.

E l'ometto calvo, panciutello, osservò, facendo rincorrere i pollici delle manocce pelose, che lí, sul ventre, poteva facilmente intrecciarsele.

L'osservazione piacque, e tutti i presenti scossero malinconicamente il capo.

— corresse uno. —

Poi si guardò attorno e domandò:

— sospirò Guido Póntina, —

— lo interruppe il Deodati a questo punto, —

— rispose vivamente il Póntina. —

— interloquí per metter pace l'ometto calvo, —

— approvarono a bassa voce alcuni.

— esclamò il Deodati. —

L'uomo miope, senza collo, a questa osservazione si alzò; sbuffò forte, approvando col capo; non ne poteva piú; e andò ad affacciarsi al balcone. Gli pareva che tutti, parlando del Naldi, leggessero la condanna a lui. Eppure non se ne andava; restava lí, come se qualcuno ve lo costringesse.

Altri del crocchio si opposero all'osservazione del Deodati, e allora venne fuori, intercalata d'aneddoti personali, la vita del Naldi in quegli ultimi anni, da che egli cioè, guarito miracolosamente d'una polmonite, s'era ritirato in campagna con la famiglia, per consiglio dei medici, i quali gli avevano assolutamente proibito d'attendere agli affari. Per qualche tempo il Naldi, sí, aveva seguito la prescrizione, vivendo come un patriarca in mezzo alla numerosa famiglia e ai contadini, curando scrupolosamente la salute. S'era finanche provvisto d'una piccola farmacia e d'una bibliotechina medica, con l'ajuto delle quali s'era dilettato di tanto in tanto, a un bisogno, a far da medico alla moglie, ai figliuoli, ai contadini suoi dipendenti, là a Val Mazzara.

In quest'ultimo anno, difatti, contento della recuperata salute, aveva ripreso a lavorare, a cavalcare per mezze giornate per recarsi alle zolfare di sua proprietà; e a chi lo richiamava ai consigli dei medici, mostrava sotto la camicia una pelle di coniglio sul petto.

— diceva. —

Con quella pelle di coniglio addosso si sentiva ormai invulnerabile, come se si fosse munito d'una corazza contro la morte, e questa superstiziosa fiducia lo rendeva imprudente e quasi felice.

— concluse l'ometto calvo. —

Il Póntina approvò col capo, soddisfatto che si fosse tratta tanta materia di discorso da un'idea manifestata prima da lui.

Due o tre consultarono l'orologio. Era l'ora della cena pei piú; ma nessuno avrebbe voluto andar via. La catastrofe poteva essere imminente.

Entrò nella stanza, un momento, il dottor Bax, e tutti si voltarono a guardarlo. Il piccolo De Petri, atteggiato di mestizia, gli domandò:

Il Bax aprí le braccia in risposta, chiudendo gli occhi e traendo un gran sospiro.

— rispose il giovane medico, infastidito. —

«» disse tra sé il De Petri stizzito.

Alcuni si mossero per andar via: non potevano farne a meno: erano attesi in casa per la cena. Ma, prima d'andarsene, vollero rivedere il moribondo, ed entrarono nel salotto, col cappello in mano, in punta di piedi. Contemplarono un pezzo in silenzio il giacente, a cui il nipote introduceva tra le labbra, cautamente un cucchiajo a metà pieno d'una mistura rosea. Il moribondo continuava a rantolar sordamente, facendo gorgogliar la mistura nella gola, come se si divertisse a fare un gargarismo. Ritornarono poco dopo, per la visita serale, i tre medici curanti. A uno a uno, appena arrivati, consultarono a lungo i polsi del colpito, prima il destro, poi il sinistro, tra il silenzio sgomento degli astanti che spiavano ogni loro movimento, come in attesa d'un responso fatale, inappellabile. Il giovane dottor Bax riferiva in breve a bassa voce ai tre colleghi, che dimostravano di non prestargli ascolto, lo stato dell'infermo durante la loro assenza.

— disse, seccato, il piú vecchio dei tre, e tirò giú il lenzuolo per osservare il petto e il ventre del moribondo agitati continuamente, per lo stento della respirazione, da conati quasi serpentini. Quella vista angosciò cosí gli astanti che molti distrassero lo sguardo da quel ventre illuminato da una candela sorretta da un infermiere. Un altro dei medici, magro, rigido, impassibile, posò le dita nodose sull'attaccatura del collo, a sinistra, ove lenta e forte pulsava visibilmente l'arteria poi tutta la mano, sul cuore. Il terzo si mise a solleticar con un dito la pianta del piede destro, paralitico, per accertarsi se non vi permanesse ancora un ultimo resto di sensibilità.

Il medico magro rigido disse a uno degli infermieri:

E con due dita sollevò la palpebra dell'occhio destro già spento.

Poi, tutti e tre, seguiti dal giovane dottor Bax, si recarono al balcone, e vi sedettero al fresco a confabulare. Dopo alcuni minuti uno d'essi s'alzò e, accostandosi alla mensola, trasse dall'astuccio una siringhetta, la pulí, la provò due volte facendone sprillare un po' d'acqua; poi la riempí di caffeina e s'appressò al letto.

— gemette affannosamente lo zio canonico, impallidito alla vista dello strumento.

— rispose asciutto asciutto il medico, scoprendo la gamba del giacente.

— insisté con voce piagnucolosa il canonico.

Il medico, senza dargli retta, cacciò l'ago nella gamba insensibile; e l'altro chiuse gli occhi per non vedere.

Poco dopo, lasciate al Bax alcune prescrizioni per la notte, i tre medici andarono via, seguiti da quasi tutti i visitatori.

Rimasero nel salotto i due infermieri e il canonico.

Ardeva sulla mensola una candela, la cui fiamma era continuamente agitata dalla brezza serale che entrava dal balcone.

Il volto del moribondo, al debole lume tremolante, pareva annerito sui bianchi guanciali. I peli dei baffi rossicci sembravano appiccicati sul labbro, come quelli d'una maschera. Sotto i baffi, dalla bocca aperta, un po' storta a destra, il rantolo usciva angoscioso e, sotto il lenzuolo, era palese l'orrenda fatica del ventre e del petto per la respirazione.

I due infermieri sedevano in ombra, silenziosi, alla sponda del letto: uno suzzava con un bioccolo di bambagia dalle gote del giacente l'acqua che sgocciolava dalla vescica di ghiaccio; l'altro reggeva su le ginocchia un cuscino, sul quale il moribondo allungava, per ritrarla subito dopo irrequietamente, la gamba illesa.

Su un quadricello presso la mensola sorgeva un uccellaccio imbalsamato, dal collo e dalle zampe esili e lunghissime, il quale pareva guardasse spaventato, con gli occhi di vetro, gli attori muti di quella lugubre scena.

A piè del letto, il canonico, curvo, le braccia appoggiate sulle gambe, le mani intrecciate, pregava con gli occhi chiusi, e sotto le palpebre, a tratti, si vedeva quasi fervere la muta preghiera.

Il trapunto della leggera cortina del balcone si disegnava lieve sulla blanda e chiara suffusione del chiarore lunare: alito di deliziosa frescura.

Il dottor Bax rientrò nel salotto, e notò subito che lo stento della respirazione cresceva di momento in momento. Già il volto del Naldi aveva assunto il caratteristico aspetto cianotico: la bocca aperta sprofondava, e tra le ciglia appena schiuse e alle narici un che di muffito o di fuligginoso.

— disse a bassa voce agli infermieri.

Questi lo guardarono, come per domandargli se dicesse sul serio. Un piacere e nient'altro poteva essere, stare a guardare il moribondo con quella specie di berretto, a tocco di giudice, anziché dritto, sulle ventitré. Ma già – si capiva – tanto per dire qualche cosa…

E infatti il dottor Bax, sapendo bene che non c'era piú altro da fare, si recò al balcone. Di lí, appoggiato alla ringhierina di ferro, contemplò a lungo l'ampia vallata che sotto il colle su cui sorge la città s'allarga degradando fino al mare laggiú in fondo rischiarato quella sera dalla luna. Compreso dal mistero della morte, contemplò in alto gli astri impalliditi dal chiaror lunare. Ma nessuna relazione, veramente, agli occhi suoi tra quel cielo e quell'anima che agonizzava crudelmente dentro la stanza. Favole! Il Naldi sarebbe finito tutto laggiú… E cercò con gli occhi, in un punto noto della vallata, la macchia fosca dei cipressi del camposanto. Laggiú… laggiú… tutto e per sempre. E, nella sincerità ancora illusa della sua giovinezza, immaginò, attraverso gli stenti superati per procacciarsi quella professione di medico il suo compito in mezzo agli uomini: alleviare le sofferenze, allontanare la morte, l'orrenda fine, laggiú.

Fu scosso, a un tratto, da un borbottío sommesso dentro la stanza. Un prete nottante, dall'abito frusto, leggeva con un pajo di rozzi occhiali sul naso, curvo sul moribondo, in un vecchio e unto libricciuolo, intercalando frequentemente nella lettura ora un Pater ora un'Ave, che i due infermieri e il canonico ripetevano a bassa voce. Terminata la preghiera, il prete, dagli occhi impassibili, s'infrociò una grossa presa di tabacco. Era stato chiamato per la notte come «ricordante» al capezzale del moribondo. Notava con soddisfazione che aveva ben poco da fare, poiché questo non era piú in sensi. Di tanto in tanto una preghiera per accompagnare il trapasso, e sufficit. Si scosse con una mano un po' di tabacco dal petto, poi si rassettò la tonaca sulle gambe, poi si guardò le unghie e soffiò per il caldo.

— disse uno degli infermieri.

Il dottor Bax rientrò dal balcone; guardò accigliato il prete che rispose allo sguardo con un sorriso triste e vano, e uscí dal salotto. Attraversando la sala d'ingresso, scorse nella parete a sinistra un uscio, a cui finora non aveva badato. L'uscio era socchiuso. Intravide una camera illuminata debolmente, in cui erano raccolte alcune donne in silenzio. Ne usciva in quel momento Carlo Naldi con in mano una tazza di brodo.

— disse il Naldi. —

— domandò, confuso, il Bax.

Il Bax s'era sentito sempre a disagio in presenza delle donne; tuttavia, costretto, entrò premuroso:

La moglie del moribondo sedeva su un seggiolone, con un gomito appoggiato sul bracciuolo e la faccia nascosta in un fazzoletto. Al richiamo insistente del dottore, mostrò il volto lungo, cereo, smunto. Pareva movesse con pena le palpebre: non aveva piú forza neanche di piangere. Gli occhi le andarono all'uscio della camera rimasto aperto, e subito immaginò che il marito fosse morto e che già se lo fossero portato via, in chiesa. Rassicurata, si lasciò piegare dalla voce estranea del medico a mandar giú qualche sorso di brodo, ma subito reclinò il volto sul fazzoletto, come se stesse per rigettarlo, e allungò l'altra mano per allontanare la tazza. Nondimeno, il dottor Bax uscí dalla camera molto soddisfatto di sé, quasi convulso, e appena nella saletta d'ingresso si fermò perplesso, un tratto, a grattarsi la fronte, come per rendersi conto di quella sua soddisfazione, di cui non vedeva bene il perché.

A sera inoltrata si riunirono di nuovo nell'altra stanza quasi tutti i visitatori del giorno. Alcuni, tra i celibi, si proponevano di rimaner l'intera notte colà, dato che il Naldi non fosse morto prima di giorno; gli altri si sarebbero trattenuti fino al piú tardi possibile: e chi sa, forse avrebbero assistito anche loro alla morte, che pareva dovesse avvenire da un momento all'altro. Del resto, fuori, in città, non si sarebbe trovato modo di passar la serata.

All'avvocato Filippo Deodati avvenne di poter rifare il racconto della visita del Naldi al Cilento, col particolare saliente del bicchier d'acqua, a un nuovo visitatore, il quale, arrivato la sera stessa da un paese vicino, era accorso alla notizia cosí come si trovava, con gli stivaloni, il fucile appeso alla spalla e la cartuccera al ventre. Costui non sapeva ancora accordarsi bene al contegno degli altri, parlava un po' troppo forte, mostrava ancor troppo viva la sorpresa, l'afflizione, l'ansia di sapere, in mezzo agli altri che si tenevano silenziosi e circospetti, rispondendo alle sue domande o con un moto degli occhi o con un sospiro.

Appena entrato nel salotto, alla vista del moribondo, il nuovo visitatore s'era impuntato per istintivo orrore; poi, pian piano, s'era accostato al letto, osservando paurosamente il Naldi.

— domandò a un infermiere.

Il moribondo, sempre piú angosciato, agitava senza requie la mano sinistra illesa; riusciva talvolta a sollevare e a trarsi giú dal petto il lembo rimboccato del lenzuolo; tal'altra, non riuscendovi, levava il braccio a vuoto, con l'indice e il pollice della mano convulsa congiunti, quasi in atto di spaventosa minaccia.

Il nuovo visitatore n'era rimasto atterrito.

— domandò di nuovo.

— rispose l'infermiere.

— interloquí Filippo Deodati. —

— insisté l'infermiere.

Il Deodati lo guardò con aria di commiserazione.

E pareva, nel dar questi schiarimenti, assaporasse uno di quei piaceri che avvengono proprio di rado, almeno dal modo con cui accarezzava con la voce quei termini di scienza: «movimenti riflessi», «centri frenici».

Entrò, in quella, a tempesta, il piccolo De Petri, annunziando:

E corse nell'altra stanza a ripetere l'annunzio:

Carlo Naldi posò il sigaro e accorse nella saletta, seguito da molti altri, per accogliere il deputato:

L'onorevole Delfante era già entrato nel salotto coi due che l'accompagnavano, il consigliere delegato della Prefettura e il funzionante sindaco. Al suo arrivo i due infermieri sorsero in piedi, a capo scoperto, come davanti a un re, e anche il prete s'alzò e si trasse indietro.

La vista del moribondo, al debole lume tremolante della candela, era divenuta insostenibile: quel corpo gigantesco, a cui la morte teneva adunghiato il cervello, si contorceva orribilmente nella lotta incosciente, tremenda, delle ultime forze – e respirava ancora!

Non di meno, l'onorevole Delfante, con le ciglia aggrottate, le mani dietro la schiena, sostenne a lungo lo strazio di quello spettacolo. Strinse forte la mano a Carlo Naldi, senza dir nulla, e si volse di nuovo a contemplare il giacente, ch'era stato suo amico d'infanzia e compagno di scuola. Tra le mille seccature le ansie, le smanie dell'ambizione, ecco l'immagine di un'improvvisa morte! – E scosse amaramente il capo, con gli angoli della bocca contratti in giú.

— mormorò, e uscí, a capo chino, dalla camera del moribondo, per recarsi nell'altra stanza, seguito da quasi tutti i presenti a quella scena.

Eran tutti inorgogliti di quella degnazione dell'onorevole deputato, e beati della fortuna d'averlo lí con loro. Gli fu porto da sedere nel balcone, al fresco, e molti gli si strinsero attorno, in silenzio. Quindi, prima uno, poi un altro, gli rivolsero qualche domanda a bassa voce, alla quale egli non seppe tenersi dal rispondere. Poco dopo la conversazione navigava per l'agitato mare della politica, dietro la sconquassata nave ministeriale, di cui il Delfante era fedele pòmpilo seguace, non per convinzione, ma per misero tornaconto.

Il fratello del moribondo si teneva discosto, seduto su una poltroncina: gli faceva male un dente, e fumava per stordire il dolore. Alcuni, vedendolo fumare, pensaron d'accendere il sigaro anche loro.

Soltanto il piccolo De Petri era in gran pensiero. Si doveva sí o no ordinare la cassa da morto? Nessuno ci pensava, e intanto… Dove diavolo s'era cacciato quello sciocco presuntuoso del dottor Bax? E gli abiti per l'ultima vestizione? Al povero Naldi toccava anche di morire fuori della propria casa! Bisognava mandar qualcuno a cercare questi abiti. E un altro pensiero ancora: gli annunzi funebri, a stampa.

— diceva piano a tutti il piccolo De Petri.

S'era portato con sé il registro degli elettori del Comune, e sul tavolinetto, insieme col giovine biondo molto pallido, passava in rassegna e segnava col lapis il nome di coloro a cui si doveva inviare la partecipazione di morte del Naldi. In quella cernita la sua lingua maledica trovò quasi la pietra da affilarsi. E, di tanto in tanto, a qualche nome, diceva:

E, a qualche altro:

L'onorevole Delfante sciolse finalmente la seduta; rientrò nella stanza e strinse di nuovo la mano a Carlo Naldi:

Prima d'andarsene, volle rivedere il moribondo. E al dottor Bax che gli stava accanto, domandò:

— rispose il Bax. —

— sospirò l'onorevole Delfante. —

E andò via, tirandosi dietro gran parte dei visitatori.

Dopo la mezzanotte, eran soltanto in sei, oltre i parenti, il prete e il dottor Bax.

I parenti s'erano riuniti nell'altra stanza, attorno alla moglie del moribondo. Nella stanza di questo i due infermieri accanto al letto dormicchiavano, e il prete, per non imitarli infornava tabacco: aveva posato sul guanciale allato alla testa del giacente un piccolo crocifisso, sicuro che questo al morente, per la notte, poteva bastare.

Gli altri, nell'altra stanza, presso il balcone, comodamente sdrajati, conversavano fra loro fumando.

Una disputa s'era accesa tra il Bax e l'avvocato Filippo Deodati intorno ad alcuni strani fenomeni spiritici esperimentati in quei giorni da un cultore fanatico di questa nuova sollecitudine intellettuale – come l'avvocato Deodati la definiva.

— esclamò a un certo punto il Bax.

— rispose con un sorrisetto il Deodati. —

— fece il Bax. —

— sospirò il Deodati, che guardava ancora in giro gli amici per coglier l'effetto delle sue prime parole. —

— disse con calma il Bax, —

— domandarono due o tre a questo punto, costernati.

— rispose Bax con un gesto di noncuranza, e rise allegramente.

Uno degli infermieri, con gli occhi rossi dal sonno interrotto, venne cempennante ad annunziare che il moribondo era gelato dai piedi al petto e bagnato di sudor freddo.

Il prete e l'altro infermiere, svegliati anch'essi di soprassalto, s'erano buttati in ginocchio e avevano subito attaccato con la lingua ancora imbrogliata la litania.

Entrò il Bax con gli amici rimasti a vegliare; alcuni s'inginocchiarono; il Deodati rimase in piedi col Bax, che s'accostò al moribondo per toccargli la fronte, se era gelata. Il piccolo De Petri restò nell'altra stanza, intento ancora a scegliere i nomi dal registro degli elettori.

.

Tranne il prete, tutti tenevano gli occhi fissi al moribondo. Ecco come si muore! Domani, entro una cassa, e poi sotterra, per sempre! Per il Naldi era finita; e cosí sarebbe stato per tutti: su quel letto, un giorno, ciascuno – gelido, immobile – e intorno, la preghiera dei fedeli, il pianto dei parenti.

Dopo la fronte il dottor Bax venne a toccare i piedi del moribondo, poi le gambe, le cosce, il ventre, per sentire dov'era già arrivato il gelo della morte. Ma il Naldi respirava, respirava ancora: pareva singhiozzasse, cosí il rantolo gli scoteva la testa.

Nel silenzio della casa scoppiarono pianti. L'uscio su la saletta fu aperto di furia. Entrò nel salotto il fratello Carlo, a cui la commozione agitava convulsamente il mento e le palpebre. Subito il Bax accorse per trattenerlo sulla soglia.

— disse Carlo Naldi, ma, in quella, un empito di pianto gli scoppiò di sotto il fazzoletto; e allora si ritrasse da sé per non interrompere la preghiera.

Poco dopo, il giacente fu scosso una, due, tre volte, a brevi intervalli, da un conato rapido, serpentino; il rantolo si cangiò in ringhio e l'ultimo fu strozzato a mezzo dalla morte.

Gli astanti, che avevano seguito atterriti quell'estrema convulsione, fissavano ora immobili il cadavere.

— fece a bassa voce il dottor Bax.

Il volto del Naldi si mutò rapidamente: da paonazzo diventò prima terreo, poi pallido.

Il piccolo De Petri accorse:

— disse agli infermieri. —

— ammoní il dottor Bax. —

— riprese il De Petri. —

— osservò il Deodati, tutto compunto. —

— seguitò afflittissimo il Deodati. —

— s'offerse uno degli infermieri.

Già rompeva l'alba, e la prima luce entrava squallida dal balcone spalancato a rischiarar torbidamente quella camera, in cui per uno perdurava la notte senza fine.

I due fanciulli, il maggiore di dodici anni, l'altro di dieci, arrivarono quando il padre era già vestito e impalato sul letto. Pallidi ancora di sonno, i due poveri piccini guardavano il padre con occhi sbarrati dal pauroso stupore, e non piangevano; si misero a piangere quando la madre irruppe e si buttò sul cadavere, disperatamente, senza gridare, vibrando tutta dal pianto soffocato con violenza, là, sull'ampio petto esanime del marito.

Il prete s'accostò afflitto per persuaderla a lasciare il cadavere.

Ma ella si teneva avvinghiata a quel petto.

— aggiunse il prete.

— gridò Carlo Naldi, stringendo un braccio al prete. —

Il prete volse gli occhi al cielo e sospirò; mentre la vedova, a quelle parole, si mise a piangere forte insieme ai figliuoli.

— faceva intanto notare il piccolo De Petri al Deodati, —

— gli rispose il Deodati. —

— sospirò il De Petri. —

Il Deodati, poco dopo, se la svignò insieme con gli altri rimasti a vegliare. Cammin facendo, s'imbatterono in parecchi amici, tra i piú mattinieri, che si recavano in casa del Cilento.

— annunziarono.

— domandarono quelli, delusi.

— rispose il Deodati. —

Quei mattinieri fecero le viste d'andare. Ma arrivati a un certo punto, si confessarono a vicenda di non aver cuore d'assistere allo strazio della vedova e degli altri parenti. Qualcuno manifestò il timore di riuscire importuno; altri, l'inutilità della loro presenza.

Cosí nessuno andò.

Alcuni ritornarono a casa per rimettersi a dormire; altri vollero trar profitto dall'essersi levati cosí per tempo, facendosi una bella passeggiata per il viale all'uscita del paese, prima che il sole s'infocasse.

Novelle per un anno
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