RESTI MORTALI

Disperazione dei nipoti, che pur gli dovevano volere un gran bene se, dopo che s'era spogliato per loro di tutto il suo, ancora avevano tanta sopportazione di lui, il signor Federico Biobin (zio Fifo, come lo chiamavano) si alzava col lume, e subito, zitto zitto, piccolino com'era di statura, col testoncino a pera che gli lustrava, calvo fino alla nuca, una ventina di duri peluzzi ritinti, dieci per parte drizzati sul musetto da topo, si metteva a frugolare per casa, sorsando, soffiando, dando smusatine, come per tenere in continuo esercizio d'esplorazione il naso puntuto, le labbra armate di quei venti spunzoncini; finché all'improvviso tutta la casa non sobbalzava dal sonno o per un rovinío di scodelle dalla piattaja in cucina o di casse che crollavano a catafascio nel ripostiglio. Accorrevano tutti, chi in camicia, chi in pigiama, chi in sottana.

Dava le risposte piú inaspettate:

Ma come se tutto quel fracasso non l'avesse fatto lui e non l'avesse nemmeno sentito, e placido e un po' seccato parlasse ancora dal silenzio che c'era prima nella casa.

Non lasciava giorno, senza che ne facesse una. E il bello si era che i fastidi che dava, i dispetti che faceva, per cui le budella ai nipoti, alle serve, si ritorcevano dentro come una fune, lui li chiamava servizii. Capace di stare giornate sane in cucina a ritagliare e tentar d'incollare striscioline di carta per medicare un vetro rotto della finestra a usciale che dava su una specie di ballatojo, dov'era puzzolentissimo il casottino del cesso. La cuoca si dannava.

Non la sentiva, quella; e seguitava, sorsando, soffiando, smusando, a tentare d'incollare quelle striscioline di carta.

E ora eccolo giú in giardino, infuriato contro un'ala del cancello che, interrata, non voleva piú andare né avanti né indietro. Illividito dalla congestione e con le vene del cranio che gli scoppiavano, dava certe scrollate che le braccia, appena i ferri del cancello brandivano in contrasto, pareva gli si dovessero staccar nette dal busto. I nipoti gli gridavano dalle finestre:

Non l'apriva e non ci crepava: veniva sú, tutto slogato, in un bagno di sudore, presentando le manine ridotte una pietà, perché gli fossero unte d'olio e fasciate.

Quando poi era stanco di farne ai suoi di casa, usciva e si metteva a far dispetti alla gente per via: per esempio, certe giornate che pioveva a dirotto, andando a pigliarsi apposta sull'ombrello lo sgrondo di tutte le case, con un'aria cosí parlante di farlo per dispetto, che veniva la tentazione a chi gli passava accanto di strapparlo per un braccio accosto al muro. Il piacere maligno, che sotto sotto ne provava, gli faceva arricciare agli angoli il labbro con tutti quei suoi venti peluzzi irti, quasi in un digrignamento appena percettibile, di cagnolino bizzoso.

L'ultimo fu quello della spolverina grigia d'alpagà, comperata per veste da camera, quando i nipoti, ridendo della compera, gli fecero notare ch'era una spolverina da viaggio, quella.

Non ci fu verso di rimuoverlo piú da quel ticchio di partire lí per lí. Anzi, che la sua visita per quel povero Ernesto dovesse essere un gravissimo imbarazzo piuttosto che un piacere nel trambusto in cui doveva trovarsi alla vigilia di salpar per l'America: ragione di piú. E che il medico gli avesse ordinato di star tranquillo e non strapazzarsi per la sclerosi cardiaca di cui era affetto: ragione di piú, anche questa. Voleva morire! Ma come, a Bergamo? morire a Bergamo, mentre Ernesto vi spiantava la casa? Sissignori, morire a Bergamo, nella casa spiantata.

Partí con quella spolverina grigia; e purtroppo la minaccia di quel pericolo che i nipoti di Roma, senza punto crederci, gli avevano fatto balenare per trattenerlo, s'avverò. La notizia fulminea della morte di zio Fifo lo stesso giorno che arrivò a Bergamo, lasciò quasi basiti i nipoti di Roma per il fatto che, pur senza crederci, l'avevano preveduta; e che, pur avendola preveduta, per quel non crederci, avessero lasciato partire lo zio.

Di quest'ultimo dispetto ai nipoti lontani e dell'altro ancor piú acerbo al nipote vicino, là a Bergamo, zio Fifo, in mezzo alla confusione della casa tutta sossopra per lo sgombero, stecchito sul lettino di ferro, con la sua brava spolverina grigia da cui spuntavano i due piedini giunti, piú che soddisfatto, pareva ora felicissimo.

Tra gli altri mobili della camera scostati dalle pareti e fuori di posto, comodissimo comodissimo ci stava lui, su quel lettino di ferro che nessuno, finché ci stava lui, avrebbe potuto toccare, coi quattro ceri accesi, due da capo, due da piedi; le manine intrecciate sul ventre che gli s'era un po' gonfiato.

Pareva proprio che sorridesse, sornione, con gli occhi chiusi e quei venti spunzoncini ancora drizzati sul musetto da topo.

Difatti, il compito di venire a morire a Bergamo per maggior ristoro del nipote Ernesto in partenza per l'America, lui lo aveva assolto; ora toccava agli altri quello di rimuoverlo di lí, o per seppellirlo nel cimitero di Bergamo o per rispedirlo a Roma se lo volevano là nella tomba di famiglia.

Stimò piú sbrigativo il nipote Ernesto rispedirlo a Roma e lasciare ai cugini la cura e il resto delle spese per i funerali all'arrivo: aveva i minuti contati; sarebbe arrivato a Genova appena in tempo per imbarcarsi. Malauguratamente però, nel fare la spedizione, credette che l'uso della frase «resti mortali» invece della cruda parola «cadavere» fosse lecito, com'era certo piú gentile e pietoso; e se ne volle servire, forse a compensare il povero zio di tutte le imprecazioni che gli aveva scagliate per esser venuto a buttarglisi morto tra i piedi in un frangente come quello.

Ora ai nipoti di Roma venuti alla stazione a ricevere il feretro con molte corone di fiori e un magnifico carro funebre di prima classe a quattro cavalli e piú d'un centinajo d'amici e conoscenti e rappresentanze di sodalizii con labari e bandiere e il parroco per la benedizione alla salma e due belle file di monache e chierici con le candele in mano; appunto per l'uso gentile e pietoso di quella frase, l'ufficiale di dogana presentò una bolletta gravata da una multa di parecchie migliaja di lire.

Protestarono i nipoti che intenzione di frode nel cugino Ernesto non poteva esserci stata; ma, anche ammesso e non concesso che ci fosse stata, la multa, se mai, doveva pagarla chi aveva spedito e non chi riceveva. Erano pronti a pagare il di piú della spesa, secondo la tariffa, trattandosi realmente di un feretro e non di resti mortali (benché la distinzione potesse parere a prima giunta sofistica); ma, a ogni modo, la multa no, no e no.

Non avevano nessuna colpa, loro. Il cugino Ernesto era partito per l'America, e responsabile dello sbaglio (non diciamo frode, per carità!) restava allora l'ufficio di spedizione alla dogana di Bergamo che s'era ricevuto a occhi chiusi e aveva «inoltrato» come resti mortali un feretro intero. Per placare il capo-stazione chiamato a dare man forte all'ufficiale di dogana, i nipoti si mostrarono disposti a scusare, del resto, anche l'ufficio di spedizione della dogana di Bergamo, informando che il cugino Ernesto doveva aver spedito in quei giorni chi sa quanti colli, per cui sapendosi in città ch'egli era sul punto di lasciare l'Italia per sempre, quell'ufficiale di dogana, addetto alla spedizione, facilmente aveva potuto supporre che spedisse anche i resti mortali di qualche parente sepolto da tempo nel cimitero di Bergamo, per non lasciarli colà. La colpa, in questo caso, si riduceva soltanto a una mancata verifica. Gli volevano far pagare la multa per questo? Ecco, ma a lui sempre, la multa, se mai; mica a loro che non c'entravano né punto né poco.

Mentre cosí si discuteva nell'ufficio di dogana, fuori nello spiazzale quelli ch'eran venuti per l'accompagnamento funebre vestiti di nero e in tubino, s'erano ritratti e impalati in fila, gomito a gomito, a ridosso al muro, per ripararsi da un terribile sole d'agosto, prossimo al meriggio. C'era a mala pena, lungo quel muro, un filo d'ombra che non arrivava a riparare fino alla punta neanche i piedi; e davanti, tutte le cose, a quella vampa di sole, abbarbagliavano. Cosí tutti impalati, con gli occhi fuori del capo, guardavano l'enorme carro funebre, rimasto in mezzo allo spiazzale, là, ferocemente nero e dorato, e pareva ne avessero un formidabile incubo, come di quelle monache che se ne stavano impassibili, a occhi bassi, cosí infagottate in quelle loro tonache di pesantissimo panno marrone, con quel cappuccetto nero a capanna in capo, tutte bene appettate sotto il modestino bianco insaldato, e le candele accese in mano. Dio, quelle candele, la cui fiamma nel sole non si vedeva, e se ne vedeva invece il fumighío tremolante! Ma che avveniva? Perché non portavano il feretro? Che s'aspettava? Alcuni, piú impazienti, andarono a sentire; poi a poco a poco, tutti, tranne il cocchiere sul carro funebre, le monache, i chierici e i portatori dei labari e delle bandiere, entrarono nel fresco delizioso dell'ufficio della dogana, ch'era un alto e vasto magazzino ingombro tutt'intorno alle pareti di casse rammontate e di balle e di colli.

Vi rintronavano i gridi della contesa tra i nipoti del morto da una parte, e il capo-stazione e gli ufficiali di dogana dall'altra. Gli animi s'erano accesi. Il capo-stazione era irremovibile: o pagare la multa, o niente feretro! Il maggiore dei nipoti, furibondo, minacciava che glielo avrebbero lasciato lí. Non era mica merce, un morto, che si potesse rivendere all'asta! Volevano vedere che cosa il capo-stazione se ne farebbe! E il capo-stazione sghignazzava e rispondeva che, chiestane licenza a chi di dovere, lo avrebbe mandato a seppellire con due facchini; e che poi a far pagare le spese e la tariffa e la multa ci avrebbero pensato con comodo gli uscieri. Un fremito d'indignazione accolse questa risposta e allora l'altro nipote, confortato dal consenso di tutti, lo diffidò dal farlo: avrebbe chiamato responsabile l'amministrazione dei danni morali e materiali, perché non era mica un cane il loro zio da esser mandato a seppellire in quel modo; c'erano là centinaja di persone venute a rendergli i meritati onori funebri, labari e bandiere di sodalizi, un carro di prima classe, un santo sacerdote, monache e chierici con piú di quaranta candele!

E i due nipoti, rossi come gamberi, con le camice bianche che, nello scompiglio dell'esagitazione, strabuzzavano loro dalle maniche nere e perfino di sotto il panciotto, tutti tremanti per lo sfogo violento e piangenti dalla rabbia, furono condotti via.

Ora quell'incubo di carro funebre che se n'andava vuoto e traballante, diretto alla rimessa, e quelle monache e quei chierici che capovolgevano le candele per smorzarle in terra, diedero a tutti, anche ai nipoti, in quell'animazione insolita, un senso di leggerezza, come se zio Fifo, mandato a monte il funerale, non fosse piú morto.

Ma si poteva veramente dir morto zio Fifo, se seguitava a fare con tanta pervicacia ciò che aveva sempre fatto in vita: dispetti a tutti?

So bene che non s'è mai dato il caso che un morto si sia staccate le mani dal petto per cacciarsi una mosca dal naso; ma per zio Fifo riparato dalla doppia cassa di zinco e di noce, là sotto gli occhi del capo-stazione rimasto solo nel magazzino della dogana a grattarsi la testa, mi par proprio lecito immaginare che se le sia staccate davvero, quelle sue gracili manine dal petto, per darsi contentone una bella stropicciatina.

Novelle per un anno
Section0001.xhtml
Section0002.xhtml
Section0003.xhtml
Section0004.xhtml
Section0005.xhtml
Section0006.xhtml
Section0007.xhtml
Section0008.xhtml
Section0009.xhtml
Section0010.xhtml
Section0011.xhtml
Section0012.xhtml
Section0013.xhtml
Section0014.xhtml
Section0015.xhtml
Section0016.xhtml
Section0017.xhtml
Section0018.xhtml
Section0019.xhtml
Section0020.xhtml
Section0021.xhtml
Section0022.xhtml
Section0023.xhtml
Section0024.xhtml
Section0025.xhtml
Section0026.xhtml
Section0027.xhtml
Section0028.xhtml
Section0029.xhtml
Section0030.xhtml
Section0031.xhtml
Section0032.xhtml
Section0033.xhtml
Section0034.xhtml
Section0035.xhtml
Section0036.xhtml
Section0037.xhtml
Section0038.xhtml
Section0039.xhtml
Section0040.xhtml
Section0041.xhtml
Section0042.xhtml
Section0043.xhtml
Section0044.xhtml
Section0045.xhtml
Section0046.xhtml
Section0047.xhtml
Section0048.xhtml
Section0049.xhtml
Section0050.xhtml
Section0051.xhtml
Section0052.xhtml
Section0053.xhtml
Section0054.xhtml
Section0055.xhtml
Section0056.xhtml
Section0057.xhtml
Section0058.xhtml
Section0059.xhtml
Section0060.xhtml
Section0061.xhtml
Section0062.xhtml
Section0063.xhtml
Section0064.xhtml
Section0065.xhtml
Section0066.xhtml
Section0067.xhtml
Section0068.xhtml
Section0069.xhtml
Section0070.xhtml
Section0071.xhtml
Section0072.xhtml
Section0073.xhtml
Section0074.xhtml
Section0075.xhtml
Section0076.xhtml
Section0077.xhtml
Section0078.xhtml
Section0079.xhtml
Section0080.xhtml
Section0081.xhtml
Section0082.xhtml
Section0083.xhtml
Section0084.xhtml
Section0085.xhtml
Section0086.xhtml
Section0087.xhtml
Section0088.xhtml
Section0089.xhtml
Section0090.xhtml
Section0091.xhtml
Section0092.xhtml
Section0093.xhtml
Section0094.xhtml
Section0095.xhtml
Section0096.xhtml
Section0097.xhtml
Section0098.xhtml
Section0099.xhtml
Section0100.xhtml
Section0101.xhtml
Section0102.xhtml
Section0103.xhtml
Section0104.xhtml
Section0105.xhtml
Section0106.xhtml
Section0107.xhtml
Section0108.xhtml
Section0109.xhtml
Section0110.xhtml
Section0111.xhtml
Section0112.xhtml
Section0113.xhtml
Section0114.xhtml
Section0115.xhtml
Section0116.xhtml
Section0117.xhtml
Section0118.xhtml
Section0119.xhtml
Section0120.xhtml
Section0121.xhtml
Section0122.xhtml
Section0123.xhtml
Section0124.xhtml
Section0125.xhtml
Section0126.xhtml
Section0127.xhtml
Section0128.xhtml
Section0129.xhtml
Section0130.xhtml
Section0131.xhtml
Section0132.xhtml
Section0133.xhtml
Section0134.xhtml
Section0135.xhtml
Section0136.xhtml
Section0137.xhtml
Section0138.xhtml
Section0139.xhtml
Section0140.xhtml
Section0141.xhtml
Section0142.xhtml
Section0143.xhtml
Section0144.xhtml
Section0145.xhtml
Section0146.xhtml
Section0147.xhtml
Section0148.xhtml
Section0149.xhtml
Section0150.xhtml
Section0151.xhtml
Section0152.xhtml
Section0153.xhtml
Section0154.xhtml
Section0155.xhtml
Section0156.xhtml
Section0157.xhtml
Section0158.xhtml
Section0159.xhtml
Section0160.xhtml
Section0161.xhtml
Section0162.xhtml
Section0163.xhtml
Section0164.xhtml
Section0165.xhtml
Section0166.xhtml
Section0167.xhtml
Section0168.xhtml
Section0169.xhtml
Section0170.xhtml
Section0171.xhtml
Section0172.xhtml
Section0173.xhtml
Section0174.xhtml
Section0175.xhtml
Section0176.xhtml
Section0177.xhtml
Section0178.xhtml
Section0179.xhtml
Section0180.xhtml
Section0181.xhtml
Section0182.xhtml
Section0183.xhtml
Section0184.xhtml
Section0185.xhtml
Section0186.xhtml
Section0187.xhtml
Section0188.xhtml
Section0189.xhtml
Section0190.xhtml
Section0191.xhtml
Section0192.xhtml
Section0193.xhtml
Section0194.xhtml
Section0195.xhtml
Section0196.xhtml
Section0197.xhtml
Section0198.xhtml
Section0199.xhtml
Section0200.xhtml
Section0201.xhtml
Section0202.xhtml
Section0203.xhtml
Section0204.xhtml
Section0205.xhtml
Section0206.xhtml
Section0207.xhtml
Section0208.xhtml
Section0209.xhtml
Section0210.xhtml
Section0211.xhtml
Section0212.xhtml
Section0213.xhtml
Section0214.xhtml
Section0215.xhtml
Section0216.xhtml
Section0217.xhtml
Section0218.xhtml
Section0219.xhtml
Section0220.xhtml
Section0221.xhtml
Section0222.xhtml
Section0223.xhtml
Section0224.xhtml
Section0225.xhtml
Section0226.xhtml
Section0227.xhtml
Section0228.xhtml
Section0229.xhtml
Section0230.xhtml
Section0231.xhtml
Section0232.xhtml
Section0233.xhtml
Section0234.xhtml
Section0235.xhtml
Section0236.xhtml
Section0237.xhtml
Section0238.xhtml
Section0239.xhtml
Section0240.xhtml
Section0241.xhtml
Section0242.xhtml
Section0243.xhtml
Section0244.xhtml
Section0245.xhtml
Section0246.xhtml
Section0247.xhtml
Section0248.xhtml
Section0249.xhtml
Section0250.xhtml
Section0251.xhtml
Section0252.xhtml
Section0253.xhtml
Section0254.xhtml
Section0255.xhtml
Section0256.xhtml
Section0257.xhtml
Section0258.xhtml