PRIMA NOTTE

quattro camíce,
quattro lenzuola,
quattro sottane,

quattro, insomma, di tutto. E quel corredo della figliuola, messo sú, un filo oggi, un filo domani, con la pazienza d'un ragno, non si stancava di mostrarlo alle vicine.

Con quelle povere mani sbiancate e raspose, che sapevano ogni fatica, levava dalla vecchia cassapanca d'abete, lunga e stretta che pareva una bara, piano piano, come toccasse l'ostia consacrata, la bella biancheria, capo per capo, e le vesti e gli scialli doppii di lana: quello dello sposalizio, con le punte ricamate e la frangia di seta fino a terra; gli altri tre, pure di lana, ma piú modesti; metteva tutto in vista sul letto, ripetendo, umile e sorridente: Roba da poverelli… e la gioja le tremava nelle mani e nella voce.

— diceva. —

E s'asciugava le lagrime, Mamm'Anto', con una cocca del fazzoletto nero che teneva in capo, annodato sotto il mento.

Quasi quasi non pareva piú lei, quel giorno, cosí tutta vestita di nuovo, e faceva una curiosa impressione a sentirla parlare come sempre.

Le vicine la lodavano, la commiseravano a gara. Ma la figlia Marastella, già parata da sposa con l'abito grigio di raso (una galanteria!) e il fazzoletto di seta celeste al collo, in un angolo della stanzuccia addobbata alla meglio per l'avvenimento della giornata, vedendo pianger la madre, scoppiò in singhiozzi anche lei.

Le vicine le furono tutte intorno, premurose, ciascuna a dir la sua:

— disse allora Marastella, con la faccia nascosta tra le mani.

Morto di mala morte, sett'anni addietro! Doganiere del porto, andava coi luntri, di notte, in perlustrazione. Una notte di tempesta, bordeggiando presso le Due Riviere, il luntro s'era capovolto e poi era sparito, coi tre uomini che lo governavano.

Era ancora viva, in tutta la gente di mare, la memoria di questo naufragio. E ricordavano che Marastella, accorsa con la madre, tutt'e due urlanti, con le braccia levate, tra il vento e la spruzzaglia dei cavalloni, in capo alla scogliera del nuovo porto, su cui i cadaveri dei tre annegati erano stati tratti dopo due giorni di ricerche disperate, invece di buttarsi ginocchioni presso il cadavere del padre, era rimasta come impietrita davanti a un altro cadavere, mormorando, con le mani incrociate sul petto:

Mamm'Anto', i parenti del giovane annegato, la gente accorsa, erano restati, a quell'inattesa rivelazione. E la madre dell'annegato che si chiamava Tino Sparti (vero giovane d'oro, poveretto!) sentendola gridar cosí, le aveva subito buttato le braccia al collo e se l'era stretta al cuore, forte forte, in presenza di tutti, come per farla sua, sua e di lui, del figlio morto, chiamandola con alte grida:

Per questo ora le vicine, sentendo dire a Marastella: «», si scambiarono uno sguardo d'intelligenza, commiserandola in silenzio. No, non piangeva per il padre, povera ragazza. O forse piangeva, sí, pensando che il padre, vivo, non avrebbe accettato per lei quel partito, che alla madre, nelle misere condizioni in cui era rimasta, sembrava ora una fortuna.

Quanto aveva dovuto lottare Mammm'Anto' per vincere l'ostinazione della figlia!

Sí. La madre aveva ragione. Ma tant'altre considerazioni faceva lei, Marastella, dal suo canto. Brav'uomo, sí, quel don Lisi Chírico che le volevano dare per marito, non lo negavama quasi vecchio, e vedovo per giunta. Si riammogliava, poveretto, piú per forza che per amore, dopo un anno appena di vedovanza, perché aveva bisogno d'una donna lassú, che badasse alla casa e gli cucinasse la sera. Ecco perché si riammogliava.

— le aveva risposto la madre. —

Qui era l'intoppo: Mamm'Anto' lo aveva capito fin da principio: nella qualità dell'impiego del Chírico.

E una bella giornata di maggio aveva invitato alcune vicine lei, poveretta! a una scampagnata lassú, sull'altipiano sovrastante il paese.

Don Lisi Chírico, dal cancello del piccolo, bianco cimitero che sorge lassú, sopra il paese, col mare davanti e la campagna dietro, scorgendo la comitiva delle donne, le aveva invitate a entrare.

— aveva detto Mamm'Anto' a Marastella, dopo la visita al camposanto. —

E le vicine, dal canto loro:

Quella visita lassú, nella bella giornata di maggio, era rimasta nell'anima di Marastella come una visione consolatrice, durante gli undici mesi del fidanzamento: a essa s'era richiamata col pensiero nelle ore di sconforto, specialmente al sopravvenire della sera, quando l'anima le si oscurava e le tremava di paura.

S'asciugava ancora le lagrime, quando don Lisi Chírico si presentò su la soglia con due grossi cartocci su le braccia quasi irriconoscibile.

— gridò Mamm'Anto'. —

— rispose don Lisi con un sorriso squallido che gli tremava smarrito sulle larghe e livide labbra nude.

Ma non s'era solamente raso, don Lisi: s'era anche tutto incicciato, tanto ispida e forte aveva radicata la barba in quelle gote cave, che or gli davano l'aspetto d'un vecchio capro scorticato.

— s'affrettò a intromettersi, sopravvenendo tutta scalmanata, donna Nela, la sorella dello sposo, grassa e impetuosa.

Recava sotto lo scialle alcune bottiglie, e parve, entrando, che ingombrasse tutta quanta la stanzuccia, con quell'abito di seta verde pisello, che frusciava come una fontana.

La seguiva il marito, magro come don Lisi, taciturno e imbronciato.

— seguitò quella, liberandosi dello scialle. —

— disse Chírico interrompendo la sorella e guardando triste la giovane sposa. —

— sentenziò allora la sorella stizzita. —

E cominciò a dargli manacciate su le maniche per scuoterne via la sfarinatura delle paste ch'egli reggeva ancora nei due cartocci.

Era già tardi; si doveva andar prima al Municipio, per non fare aspettar l'assessore, poi in chiesa; e il festino doveva esser finito prima di sera. Don Lisi, zelantissimo del suo ufficio, si raccomandava, tenuto su le spine specialmente dalla sorella intrigante e chiassona, massime dopo il pranzo e le abbondanti libazioni.

Strillava tanto, che il fratello dovette chiamarsela in disparte.

La sorella gli sgranò in faccia due occhi cosí.

Don Lisi aggrottò le ciglia e sospirò profondamente:

— lo interruppe donna Nela con una sghignazzata. —

— disse don Lisi socchiudendo gli occhi e impallidendo, —

E quando parve a lui che il giorno inchinasse al tramonto, pregò la suocera di disporre tutto per la partenza.

Prima di lasciar la casa, Marastella, aggrappata al collo della madre, scoppiò di nuovo a piangere, a piangere, che pareva non la volesse finir piú. Non se la sentiva, non se la sentiva di andar lassú, sola con lui…

— la confortava la madre. —

Ma piangeva anche lei e piangevano anche tant'altre vicine. Partenza amara!

Solo donna Nela, la sorella del Chírico, piú rubiconda che mai, non era commossa: diceva d'aver assistito a dodici sposalizii e che le lagrime alla fine, come i confetti, non erano mancate mai.

Si misero in via. Pareva un mortorio, anziché un corteo nuziale. E nel vederlo passare, la gente, affacciata alle porte, alle finestre, o fermandosi per via, sospirava: —

Lassú, sul breve spiazzo innanzi al cancello, gl'invitati si trattennero un poco, prima di prender commiato, a esortare Marastella a far buon animo. Il sole tramontava, e il cielo era tutto rosso, di fiamma, e il mare, sotto, ne pareva arroventato. Dal paese sottostante saliva un vocio incessante, indistinto, come d'un tumulto lontano, e quelle onde di voci rissose vanivano contro il muro bianco, grezzo, che cingeva il cimitero perduto lassú nel silenzio.

Lo squillo aereo argentino della campanella sonata da don Lisi per annunziar l'ave, fu come il segnale della partenza per gli invitati. A tutti parve piú bianco, udendo la campanella, quel muro del camposanto. Forse perché l'aria s'era fatta piú scura. Bisognava andar via per non far tardi. E tutti presero a licenziarsi, con molti augurii alla sposa.

Restarono con Marastella, stordita e gelata, la madre e due fra le piú intime amiche. Su in alto, le nuvole, prima di fiamma, erano divenute ora fosche, come di fumo.

— disse don Lisi alle donne, dalla soglia del cancello.

Ma subito Mamm'Anto' con una mano gli fece segno di star zitto e d'aspettare. Marastella piangeva, scongiurandola tra le lagrime di riportarsela giú in paese con sé.

Non gridava; glielo diceva cosí piano e con tanto tremore nella voce, che la povera mamma si sentiva strappare il cuore. Il tremore della figlia lei lo capiva era perché dal cancello aveva intraveduto l'interno del camposanto, tutte quelle croci là, su cui calava l'ombra della sera.

Don Lisi andò ad accendere il lume nella cameretta, a sinistra dell'entrata; volse intorno uno sguardo per vedere se tutto era in ordine, e rimase un po' incerto se andare o aspettare che la sposa si lasciasse persuadere dalla madre a entrare.

Comprendeva e compativa. Aveva coscienza che la sua persona triste, invecchiata, imbruttita, non poteva ispirare alla sposa né affetto né confidenza: si sentiva anche lui il cuore pieno di lagrime.

Fino alla sera avanti s'era buttato ginocchioni a piangere come un bambino davanti a una crocetta di quel camposanto, per licenziarsi dalla sua prima moglie. Non doveva pensarci piú. Ora sarebbe stato tutto di quest'altra, padre e marito insieme; ma le nuove cure per la sposa non gli avrebbero fatto trascurare quelle che da tant'anni si prendeva amorosamente di tutti coloro, amici o ignoti, che dormivano lassú sotto la sua custodia.

Lo aveva promesso a tutte le croci in quel giro notturno, la sera avanti.

Alla fine Marastella si lasciò persuadere a entrare. La madre chiuse subito la porta quasi per isolar la figlia nell'intimità della cameretta, lasciando fuori la paura del luogo. E veramente la vista degli oggetti familiari parve confortasse alquanto Marastella.

— disse Mamm'Anto'. —

— aggiunse don Lisi, timidamente, con un sorriso mesto e affettuoso.

— riprese Mamm'Anto' per incitare il genero a parlare ancora.

— continuò don Lisi. —

— incalzò la madre. —

Marastella chinò piú volte il capo, affermando; ma appena Mamm'Anto' e le due vicine si mossero per andar via, ruppe di nuovo in pianto, si buttò di nuovo al collo della madre, aggrappandosi. Questa, con dolce violenza si sciolse dalle braccia della figlia, le fece le ultime raccomandazioni d'aver fiducia nello sposo e in Dio, e andò via con le vicine piangendo anche lei.

Marastella restò presso la porta, che la madre, uscendo, aveva raccostata, e con le mani sul volto si sforzava di soffocare i singhiozzi irrompenti, quando un alito d'aria schiuse un poco, silenziosamente, quella porta.

Ancora con le mani sul volto, ella non se n'accorse: le parve invece che tutt'a un tratto chi sa perché le si aprisse dentro come un vuoto delizioso, di sogno; sentí un lontano, tremulo scampanellío di grilli, una fresca inebriante fragranza di fiori. Si tolse le mani dagli occhi: intravide nel cimitero un chiarore, piú che d'alba, che pareva incantasse ogni cosa, là immobile e precisa.

Don Lisi accorse per richiudere la porta. Ma, subito, allora, Marastella, rabbrividendo e restringendosi nell'angolo tra la porta e il muro, gli gridò:

Don Lisi, ferito da quel moto istintivo di ribrezzo, restò.

— disse. —

— riprese subito Marastella, per tenerlo lontano. —

— balbettò don Lisi, sentendosi cader le braccia.

Nel silenzio, attraverso la porta semichiusa, giunse il canto lontano d'un contadino che ritornava spensierato alla campagna, lassú, sotto la luna, nella frescura tutta impregnata dell'odore del fieno verde, falciato da poco.

— riprese don Lisi avvilito, profondamente amareggiato, —

Marastella non si mosse dall'angolo in cui s'era ristretta. Lisi Chírico si recò lentamente a richiudere il cancello; stava per rientrare, quando se la vide venire incontro, come impazzita tutt'a un tratto.

— le rispose egli cupamente. —

E andarono per i vialetti inghiajati, tra le siepi di spigo fiorite.

Spiccavano bianche tutt'intorno, nel lume della luna, le tombe gentilizie e nere per terra, con la loro ombra da un lato, come a giacere, le croci di ferro dei poveri.

Piú distinto, piú chiaro, veniva dalle campagne vicine il tremulo canto dei grilli e, da lontano, il borboglío continuo del mare.

— disse il Chírico, indicando una bassa, rustica tomba, su cui era murata una lapide che ricordava il naufragio e le tre vittime del dovere. — — aggiunse, vedendo cader Marastella in ginocchio innanzi alla tomba, singhiozzante. —

La luna guardava dal cielo il piccolo camposanto su l'altipiano. Lei sola vide quelle due ombre nere su la ghiaja gialla d'un vialetto presso due tombe, in quella dolce notte d'aprile.

Don Lisi, chino su la fossa della prima moglie, singhiozzava:

Novelle per un anno
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