SE…

— domandò a se stesso il Valdoggi, udendo il fischio d'un treno e guardando da un tavolino innanzi allo chalet in Piazza delle Terme l'edificio della stazione ferroviaria.

S'era appigliato al fischio del treno, come si sarebbe appigliato al ronzío sordo continuo che fanno i globi della luce elettrica, pur di riuscire a distrarre gli occhi da un avventore, il quale, dal tavolino accanto, stava a fissarlo con irritante immobilità.

Per qualche minuto vi riuscí. Si rappresentò col pensiero l'interno della stazione, ove il fulgore opalino della luce elettrica contrasta con la vacuità fosca e cupamente sonora sotto l'immenso lucernario fuligginoso; e si diede a immaginare tutte le seccature d'un viaggiatore, sia che parta, sia che arrivi.

Inavvertitamente però gli cadde di nuovo lo sguardo su quell'avventore del tavolino accanto.

Era un uomo sui quarant'anni, vestito di nero, coi capelli e i baffetti rossicci, radi, spioventi, la faccia pallida e gli occhi tra il verde e il grigio, torbidi e ammaccati.

Gli stava a fianco una vecchierella mezzo appisolata, alla cui placidità dava un'aria molto strana la veste color cannella diligentemente guarnita di cordellina nera a zig-zag, e il cappellino logoro e stinto su i capelli lanosi, i cui grossi nastri neri terminati in punta da una frangia a grillotti d'argento, che li faceva sembrar due nastri tolti a una corona mortuaria, erano annodati voluminosamente sotto il mento.

Il Valdoggi distrasse subito, di nuovo, lo sguardo da quell'uomo, ma questa volta in preda a una vera esasperazione, che lo fece rigirar su la seggiola sgarbatamente e soffiar forte per le nari.

Che voleva insomma quello sconosciuto? Perché lo guardava a quel modo?

Si rivoltò: volle guardarlo anche lui, con l'intenzione di fargli abbassare gli occhi.

— bisbigliò quegli allora, quasi tra sé, tentennando leggermente il capo, senza muover gli occhi.

Il Valdoggi aggrottò le ciglia e si sporse un po' avanti per discerner meglio la faccia di colui che aveva mormorato il suo nome. O s'era ingannato? Eppure, quella voce…

Lo sconosciuto sorrise mestamente e ripeté:

— disse il Valdoggi smarrito, provandosi a sorridergli, indeciso. E balbettò: —

— fece il Valdoggi, confuso, vieppiú smarrito, cercando nella memoria un'immagine che gli si ravvivasse a quel nome.

— esclamò il Valdoggi a un tratto, sbalordito. —

Il Griffi accompagnò con un desolato tentennar del capo le esclamazioni di stupore del ritrovato amico; e ogni tentennamento era forse insieme un cenno e un saluto lagrimevole ai ricordi del buon tempo andato.

— lo interruppe subito il Griffi; e, quasi spinto da un'ansia strana, con moto repentino gli s'accostò, battendo piú e piú volte di seguito le palpebre e tenendosi le mani, come per reprimer la smania. —

— fece il Valdoggi. —

— insisté il Griffi vivamente. —

— riprese il Valdoggi alzando le spalle. —

— rispose Lao Griffi, quasi piangendo. —

— ripeté l'altro con solenne e cupa gravità, sgranando gli occhi.

— riprese il Valdoggi, per cambiar discorso.

Ma il Griffi sospirò, astratto e assorto:

Poi si scosse di scatto e domandò:

— rispose il Valdoggi. —

La conversazione languí. Il Griffi guardò la vecchierella che gli stava a fianco appisolata.

— disse, accennandola con espressione di profonda tristezza nella voce e nel gesto.

Il Valdoggi, senza saper perché, sospirò.

Il Griffi contemplò un pezzo sua madre in silenzio. Le prime sviolinate d'un concerto di ciechi nel Caffè lo scossero, e si rivolse al Valdoggi.

Pronunziò quest'ultime parole con voce cosí cangiata e vibrante, con gesti cosí insoliti, che molti avventori si voltarono a guardarlo dai tavolini intorno, e qualcuno zittí.

La madre si destò di soprassalto e, accomodandosi in fretta il gran nodo sotto il mento, gli disse:

Il Valdoggi lo squadrò, tra stordito e stupito, non sapendo come regolarsi.

— riprese il Griffi, lanciando occhiatacce alla gente che si voltava. —

Il Valdoggi cercò d'opporsi, ma il Griffi volle pagar lui: si alzarono e si diressero tutti e tre verso Piazza dell'Indipendenza.

— riprese il Griffi, appena si furono allontanati dal Caffè, —

— sospirò a questo punto con gli occhi bassi la vecchia madre.

— si rivolse a lei il figlio, con ira. —

— disse ancora una volta, convintissima, senza scomporsi, la vecchierella, a occhi bassi, andando con passo pesante.

— urlò questa volta, nella piazza deserta, Lao Griffi. —

— affermò il Valdoggi, già mezzo intontito.

— esclamò con viva spontanea sincerità Lao Griffi, sbarrando gli occhi chiari. —

— fece il Valdoggi. —

Lao Griffi si cangiò subito in volto e si cacciò le mani in tasca, stringendosi nelle spalle.

La vecchierella chinò il capo e tossí leggermente.

— rispose Lao Griffi seccamente. Poi domandò: —

— disse il Valdoggi sorpreso, impacciato, afflitto d'aver toccato un tasto che non doveva, ma pur curioso di sapere.

— riprese il Griffi. —

Tacque un buon tratto, poi esclamò con tanta esasperazione, che il Valdoggi si voltò a guardarlo, credendo che piangesse:

La vecchierella non ripeté questa volta: Destino! Ma se lo disse certo in cuore. Tanto vero, che scosse amaramente il capo e sospirò piano, con gli occhi sempre a terra, movendo sotto il mento tutti i grillotti d'argento di quei due nastri da corona mortuaria.

Novelle per un anno
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