L'USCITA DEL VEDOVO

I

Tante volte la signora Piovanelli, conversando dopo cena col marito, aveva fatto l'augurio che se, per disgrazia, uno dei due dovesse morire prima del tempo — ma fosse morto lui! Lui, lui, sí; anziché lei. Per il bene dei figliuoli; non per sé, beninteso.

Con qual sorriso aveva accolto quest'augurio della moglie Teodoro Piovanelli, arrotondando su la tovaglia pallottoline di mollica!

Grosso e mite e di modi gentili, si sentiva ferire ogni volta fin nell'anima; sorrideva per dissimulare l'agro, e coi mansueti occhi pallidi e ovati che gli s'intenerivano afflitti nel biondo rossiccio delle ciglia e dei capelli, pareva chiedesse: Ma perché? Perché? Oh bella! Perché è sempre meglio per i figliuoli… cioè, meglio no: meno peggio – sosteneva la moglie – che muoja il padre, anziché la madre.

— arrischiava allora con lo stesso sorrisetto lui, Piovanelli. —

— scattava la moglie.

E lui, Piovanelli, subito:

— rifiatava la moglie, tirandosi indietro e protendendo le mani, come per dire che qui lo aspettava. —

— faceva Piovanelli, e si stringeva nelle spalle per non dire, sicuro che anche dicendo come voleva la moglie, questa lo avrebbe sempre tirato a riconoscere che aveva torto lui.

— domandava infatti la moglie. —

— (e Piovanelli si storceva come un cagnolino che vuol farsi perdonare). —

— prorompeva la moglie, balzando in piedi. —

— domandava, avvilito, Piovanelli con un fil di voce, vedendo la moglie cosí fuori di sé. —

— inveiva la moglie. —

Teodoro Piovanelli si sentiva scoppiare il cuore.

E seguitando a sorridere a quel modo, si levava da tavola e si affacciava alla finestra; per un po' d'aria.

II

Nessuno meglio di lui poteva sapere quanto fosse ingiusta la moglie, dicendo cosí.

Riammogliarsi lui? Ma Dio lo doveva prima fulminare!

Non solo per il bene dei figliuoli non lo avrebbe mai fatto, ma neanche per sé. E non già perché fosse scottato del matrimonio a causa della moglie che gli era toccata in sorte, ma anche per un tristo concetto che gli s'era profondamente radicato in corpo: di non aver fortuna, ecco; e che infelicissimo sarebbe stato sempre con qualunque donna, se tale era con questa che in fondo, via, non era cattiva: tutt'altro, anzi! saggia massaja, amante della casa e dei figliuoli… forse un po' troppo franca nel parlare; sí, ma lieve difetto, in fin dei conti, che tante buone qualità avrebbero potuto compensare, se non fosse stato accompagnato da un brutto male, ah brutto… brutto… — la gelosia.

Santo Dio! Vera e propria mala sorte. Gelosa di lui! Fedele come un cane, per natura, una donna sola anche da scapolo gli era sempre bastata. Gli amici, in gioventú, lo burlavano per questo. Ma che poteva farci? Non gli piaceva cambiare. Forse… sí, magari non sapeva. Perché… inutile negarlo; timido, con le donne; tanto timido da far compassione finanche a se stesso, certe volte, per le meschine figure che faceva. E sua moglie, intanto, certe scene, certe scene che, se i suoi amici d'un tempo fossero stati dietro l'uscio a sentire, sarebbero crepati dalle risa. Per cosí futili pretesti, poi… Una volta, perché, distratto, s'era un po' arricciati i baffi, per via. Un'altra volta perché, in sogno, aveva riso… Una terza volta perché ella aveva letto nella cronaca d'un giornale che un marito aveva ingannato la moglie ed era stato scoperto…

Diventava un supplizio per lui, ogni sera, la lettura del giornale. Sua moglie gli si metteva dietro le spalle e cercava, come un bracco, nella cronaca, i fatti scandalosi. Appena ne trovava uno:

E giú una filza di male parole.

Gli altri facevano il male, e lui ne doveva pianger la pena, giacché, per la moglie, il tradimento di quei mariti era tal quale come se l'avesse commesso lui: gli toglieva la pace, l'amore di lei, tutte le gioje della famiglia, che aveva pur diritto di godere, lui, illibato com'era e con la coscienza tranquilla. Odiava il genere umano quella donna – tanto i maschi quanto le femmine – per quella sua terribile malattia. Il povero Piovanelli strabiliava, sentendola parlare delle donne, di che cosa erano capaci – secondo lei.

— gli gridava sdegnata, indispettita, nel vederlo cosí stupito. —

E quante gliene diceva! Si sentiva violentare, povero Piovanelli, nella sua timidità.

Ormai, lui che aveva avuto sempre il ritegno piú rispettoso per la donna, lui che non s'era mai permesso un atto un po' spinto, una parola arrischiata, lui che aveva creduto sempre difficilissima ogni conquista amorosa, si sentiva insidiato da tutte le parti, e andava per la strada a capo chino; e se qualche donna lo guardava, abbassava subito gli occhi; se qualche donna gli stringeva appena appena la mano, diventava di mille colori.

Tutte le donne della terra eran diventate per lui un incubo: tante nemiche della sua pace.

III

Con quest'animo può immaginarsi che cosa fu la morte per la signora Piovanelli, quando, colta all'improvviso da una fierissima polmonite, se la vide davanti inesorabile, a poco piú di trentasei anni. Non potendo piú parlare, parlava con gli occhi, parlava con le mani. Certi gesti! E gli occhi da bestia arrabbiata.

Il povero Piovanelli, quantunque straziato, ne ebbe paura: temette davvero che lo volesse strozzare, quando gli buttò le braccia al collo e glielo strinse, glielo strinse, per la Madonna santissima, con tutta la forza che le restava, quasi se lo volesse trascinare giú nella fossa, con sé.

Ma volentieri lui, sí, volentieri giú con lei.

— le ripeteva in un torrente di lagrime, rispondendo al gesto di quelle mani e per placare la ferocia di quegli occhi.

Invano! La disperazione atroce in cui quella donna moriva per non volere, con ostinata ingiustizia, neppure in quel momento supremo fidarsi di lui, accordargli la stima che si meritava, riconoscere la verità del suo cordoglio, di quelle sue lagrime sincere, esasperò talmente Piovanelli, che a un certo punto si mise a urlare come un pazzo, si strappò i capelli, si percosse le guance, se le graffiò; poi, buttandosi ginocchioni innanzi al letto, con le braccia levate:

Incanutí su le tempie in pochi giorni Teodoro Piovanelli, dopo il funerale.

Per nove interi anni non aveva vissuto che per quella donna, assorto continuamente nel pensiero di lei, unico e tormentoso: che non avesse mai cagione di lamentarsi, di diffidar minimamente di lui; in assidua, scrupolosa, timorosa vigilanza di sé. Quasi con gli occhi chiusi, con le orecchie turate aveva vissuto nove anni; quasi fuori del mondo, come se il mondo non fosse piú esistito.

Si sentí a un tratto come balzato nel vuoto; annichilito.

Il mondo seguitava a vivere intorno a lui; col tramenío incessante, con le mille cure, le brighe giornaliere, svariate: lui n'era rimasto fuori, là serrato in quel cerchio di diffidente clausura, in quella casa vuota, ma pur tutta piena, come l'anima sua, degl'irti sospetti della moglie.

Da questi sospetti, dallo spirito ostile e alacre, dall'energia spesso aggressiva della moglie, egli – vivendo di lei e per lei unicamente – s'era sentito sostenere. Ora gli pareva d'esser rimasto come un sacco vuoto.

A chi affidarsi? a chi affidare la casa? a chi affidare i figliuoli?

Tutto il suo mondo era lí, in quella casa. Ma che cos'era piú, ormai, quella casa senza colei che la animava tutta? Egli non vi si sapeva piú neanche rigirare. Come curare i piccini? come attendere ad essi? Non sapeva da che parte rifarsi. Tra pochi giorni gli sarebbe toccato ritornare all'ufficio; e quei piccini?

Nessuna serva era mai durata in casa piú di sei mesi. Quest'ultima c'era da pochi giorni; si era mostrata premurosa nella sventura; pareva una buona vecchina; ma poteva fidarsene?

No. La moglie, dentro, gli diceva no. Non per quella serva soltanto; per tutte le serve del mondo. No.

Se non che, per vivere com'ella voleva, com'egli le aveva giurato, avrebbe dovuto lasciar l'ufficio e tapparsi in casa dalla mattina alla sera. Era possibile? Doveva lavorare. Non poteva far le parti anche della moglie, che in fondo faceva tutto in casa. La sventura non lo aveva colpito per nulla. Bisognava pure che quella serva facesse qualche cosa invece della moglie. Ai figliuoli, no, ai figliuoli voleva badar lui: lui vestirli la mattina; preparar loro la colazione; poi condurre a scuola il maggiore; lui servirli a tavola, e poi la sera a cena, e far loro recitare le orazioni e svestirli per metterli a letto, nella loro cameretta vigilata da un ritratto fotografico ingrandito della mamma che non c'era piú. Quanti baci dava loro tra le lagrime!

Che orrore, poi, quella casa muta, quando i piccini erano a letto!

Tornava a sedere innanzi alla tavola non ancora sparecchiata e si metteva ad arrotondare al solito pallottoline di mollica, rimeditando, angosciato, la sua orrenda sciagura.

Un cupo rammarico lo coceva per la crudele ingiustizia della sua sorte.

Aveva sofferto prima, immeritatamente; soffriva tanto adesso! E nessuno lo poteva consolare. La moglie non aveva saputo né voluto leggergli dentro, nell'anima; e lo aveva torturato senza ragione; ora ella non poteva vedere com'egli vivesse senza di lei in quella casa, come avesse mantenuto il giuramento fatto; e forse, se di là poteva pensare, immaginava ancora, testarda e cieca, che egli ora godesse, libero… Che irrisione!

Vedendolo cosí vinto e sprofondato nel cordoglio, la vecchia serva, una di quelle sere, si fece animo e gli suggerí d'andare un po' fuori a fare una giratina per sollievo.

Si voltò a guardarla, torvo; alzò le spalle; non volle neanche risponderle.

— insistette quella, timidamente. —

Teodoro Piovanelli scosse il capo lentamente, con le ciglia aggrottate e gli occhi chiusi. Sotto la borsa delle palpebre gonfie gli fervevano le lagrime. Si levò da tavola, s'appressò alla finestra e si mise a guardar fuori dietro ai vetri.

Eh già… Egli poteva uscire, ormai, volendo. Nessuno piú gliel'impediva. Ma dove andare? e perché? Che funebre squallore nel bujo delle vie deserte, vegliate dai radi lampioni! Rivide col pensiero, come in sogno, altre vie meglio illuminate; immaginò la gente che vi passava, assorta nelle proprie cure, con affetti vivi in cuore, con desiderii vivi nell'anima, o guidata da una abitudine ch'egli non aveva piú; immaginò i caffè luccicanti di specchi…

D'un subito si voltò a guardar la camera, come a un richiamo imperioso, minaccioso dello spettro della moglie. Cominciava già a venir meno al giuramento? No, no! E si recò nella camera dei bambini; si chinò sui lettucci per contemplarli nel dolce sonno; rattenne la mano tratta irresistibilmente a carezzar le loro testoline: poi si volse, soffocato dall'angoscia, a guardare il ritratto della moglie.

Oh con quale ardore la desiderò in quel momento! Sí, sí, nonostante tutto il martirio che ella gli aveva inflitto per nove anni. Sí, egli la voleva, la voleva! aveva bisogno di lei! Senza di lei non poteva piú vivere. Oh, anche a costo di soffrire da lei le pene piú ingiuste e piú crudeli… Non poteva rassegnarsi a vedere cosí spezzata per sempre la sua esistenza!

Aveva appena quarant'anni!

IV

Man mano che i giorni passavano, e i mesi ormai (eran già quattro mesi!), quel posto vuoto, lí, nel letto matrimoniale, gli suscitava ogni notte, nel cocente ricordo, smanie vieppiú disperate.

Col volto nascosto, affondato nel guanciale che si bagnava di lagrime, bisbigliava nell'ambascia della passione il nome di lei:

E il cuore gli si schiantava.

— mormorava poi, piú calmo, con gli occhi sbarrati nel bujo.

Ah come s'era ingannata la moglie sul conto di lui! Ecco: questo pensiero lo struggeva piú d'ogni altro, e di continuo vi ritornava sú. Se n'era fatto una lima.

Che il mondo fosse tristo, tristi gli uomini, triste le donne, cosí come la moglie aveva creduto, egli poteva ammettere; ammetteva. Ma lui? tristo anche lui?

Certo, chi sa quanti uomini, rimasti vedovi all'età sua, dopo tre o quattro mesi, cedendo al bisogno stesso della natura… pur non volendo, pur serbando in cuore viva sempre l'immagine della moglie morta e la pena d'averla perduta, cominciavano a uscire di sera e… sí, a uscire per lo meno.

Aveva ragione la moglie: «».

Ma a quarant'anni… eh, a quarant'anni, senza piú l'abitudine, non doveva esser mica piacevole rimettersi a far la vita del giovanottino scapolo.

Chi sa quale avvilimento di vergogna!

D'altra parte, però a mettersi con altre donne… Prima di tutto, perdita di tempo; poi, chi sa quanti impicci e anche… anche una certa difficoltà…

Per esempio, quella guantaja dalla quale egli andava prima a comperare i guanti per la sua Cesira, 6 e 1/4 (vi era andato dopo la disgrazia a comperarne un pajo anche per sé, neri, per il funerale) — quella guantaja, ecco… una signora, una vera signora! Come si moveva nella bella bottega lucida, tepida e profumata! Il corpo leggermente proteso… E mica si sentiva il rumore dei passi; si sentiva il fruscío discreto della sottana di seta… Nessun imbarazzo, come nessuna sfrontatezza. Voce dolce, modulata; meravigliosa prontezza a comprendere… E non già soltanto per attirar la gente. Era cosí. O almeno, pareva cosí; naturalmente. Che nettezza e che precisione! Ebbene, a mettersi con quella… Dio liberi! E le conseguenze? I proprii piccini… Ah!

A questo pensiero, retrocedeva d'improvviso, quasi inorridito d'essersi indugiato a fantasticare su tale argomento. Ma, via! troppo bene sapeva che tali cose non potevano e non dovevano piú sussistere per lui. Si forzava a dormire. Ma pur con gli occhi chiusi, poco dopo, ecco qualche altra visione tentatrice… Fingeva di non avvertirla, come se gli fosse apparsa non provocata da lui. La lasciava fare… A poco a poco s'addormentava.

Ma la sera dopo, il supplizio ricominciava. E la vecchia serva a insistere, a insistere, che via! uscisse di casa per una mezz'oretta sola, almeno, a prendere un po' d'aria…

Batti e batti, alla fine Teodoro Piovanelli si lasciò indurre. Ma quanto tempo mise a vestirsi! e volle prima recarsi a vedere i bambini che dormivano, e rassettò ben bene le coperte sui loro lettini, e poi quante raccomandazioni alla serva, che stesse bene attenta, per carità! Tuttavia, non ardí alzare gli occhi al ritratto della moglie.

E uscí.

V

Appena su la via, si vide come sperduto. Da anni e anni non andava piú fuori, la sera. Il buio, il silenzio gli fecero un'impressione quasi lugubre… e quel riverbero là, vacillante, del gas sul lastricato… e piú là, in fondo, nella piazza deserta, quelle lanterne vaghe delle vetture… Dove si sarebbe diretto?

Scese verso Piazza delle Terme, tutta sonora dell'acqua luminosa della fontana delle Najadi. Ricordò che la moglie non voleva ch'egli si fermasse a guardar quelle Najadi sguajate. E non si fermò.

Povera Cesira! Com'era sdegnata che il corpo della donna fosse esposto in atteggiamenti cosí procaci agli sguardi maligni e indiscreti degli uomini! Ci vedeva come un'irrisione, una mancanza di rispetto per il suo sesso, e voleva sapere perché nelle fontane i signori scultori non esponevano invece uomini nudi. Ma in Piazza Navona, veramente… la fontana del Moro… E poi, gli uomini nudi… in atteggiamenti procaci… via, forse sarebbero stati un pochino piú scandalosi…

Teodoro Piovanelli, cosí pensando, ebbe un barlume di sorriso su le labbra amare; e imboccò Via Nazionale.

A mano a mano che andava, sopite immagini, impressioni rimaste nella sua coscienza d'altri tempi, non cancellate, sí svanite a lui per il sovrapporsi d'altri stati di coscienza opprimenti, gli si ridestavano, sommovendo e disgregando a poco a poco, con un senso di dolce pena, la triste compagine della coscienza presente. E ascoltò dentro di sé la voce lontana lontana di lui stesso, qual era in gioventú; la voce delle memorie sepolte, che risorgevano al respiro di quell'aria notturna, al suono de' suoi passi nel silenzio della via.

Arrivato all'imboccatura di Via del Boschetto, s'arrestò, come se qualcuno a un tratto lo avesse trattenuto. Si guardò attorno; poi, perplesso, con infinita tristezza, guardò giú per quella via, e scosse mestamente il capo.

Tutti i ricordi, le immagini, le impressioni del suo vagabondare notturno d'altri tempi, del tempo in cui era scapolo, si associavano al pensiero di una donna, di quell'unica ch'egli aveva conosciuta prima delle nozze, donna non sua solamente, ma a cui egli, per abitudine, per timidezza, era pure stato sempre fedele, come poi alla moglie.

Quella donna stava lí, allora, in Via del Boschetto.

Si chiamava Annetta; lavorava d'astucci e di sopraffondi; ma le piaceva vestir bene e gli ori le piacevano e i giojelli, anche falsi… Finché aveva avuta la madre, s'era mantenuta onesta; poi la madre le era morta, e lei non aveva piú saputo veder la ragione di sacrificarsi a vivere in quel modo, senza il compenso di qualche godimento… Cosí era caduta. Ogni volta, come per rialzarsi innanzi a se stessa, per non sentir l'avvilimento di ciò che stava per fare, affliggeva quei pochi fidati che andavano a trovarla narrando quanto aveva fatto durante la lunga malattia della madre, tutte le cure che le aveva prodigate, i medicinali costosi che le aveva comperati, quasi per assicurare se stessa che, almeno per questo, non doveva aver rimorsi.

Ebbene, Teodoro Piovanelli, abbandonato in quella sua prima uscita ai ricordi d'allora, guidato naturalmente dall'istintiva esemplare fedeltà cosí crudelmente misconosciuta e negata dalla moglie, ecco, s'era proprio arrestato là, all'imboccatura di Via del Boschetto.

Si vietò d'assumer coscienza del pensiero sortogli d'improvviso, che non sarebbe stato un tradimento alla memoria della moglie, un venir meno al giuramento che le aveva fatto di non avvicinare mai piú altra donna, se fosse ritornato a quella, che già la moglie sapeva per sua stessa confessione. Quella non sarebbe stata un'altra; quella era già stata sua; ed egli non avrebbe smentito, con quella, la sua fedeltà. La avrebbe anzi confermata.

No: non se lo volle dire; non se lo volle fare questo ragionamento. Scese per Via del Boschetto soltanto per curiosità, ecco; per la voluttà amara di seguir la traccia del tempo lontano: senza alcun altro scopo. Del resto, non sapeva piú neppure se colei stesse ancora lí. Era molto difficile, dopo nove anni… L'aveva riveduta tre o quattro volte per via, vestita poveramente, invecchiata, imbruttita, certo caduta piú in basso; ma, naturalmente, aveva fatto finta non solo di non riconoscerla, ma di non averla mai conosciuta.

Quando, di pochi passi lontano dal portoncino ben noto, a destra, scorse la finestretta quadra del mezzanino, sulla porta, con le persiane accostate, che dalle stecche e da sotto lasciavano intravedere il lume della cameretta, Teodoro Piovanelli si turbò profondamente, assalito dall'imagine precisa, là, vivente, del ricordo lontano… Tutto, tal quale, come allora! Ma ci stava proprio lei, là, ancora? S'accostò al muro, cauto, trepidante, e passò rasente, sotto la finestra; alzò il capo; scorse dietro alle persiane un'ombra, una donna… – lei? – Passò oltre, tutto sconvolto, insaccato nelle spalle, col sangue che gli frizzava per le vene, come sotto l'imminenza di qualche cosa che dovesse cadergli addosso.

Violentemente gli si ricompose la coscienza tetra e dura del suo stato presente; rivide in un baleno col pensiero la camera dei bambini e quel ritratto, là, vigilante, terribile, della moglie; e s'arrestò affannato nella corsa che aveva preso. A casa! a casa!

Se non che, davanti al portoncino… ma sí, lei… lei ch'era scesa… Annetta, sí.

Egli la riconobbe subito. E anche lei lo riconobbe:

E stese una mano. Egli si schermí.

— fece lei, ridendo e trattenendolo. —

E lo trasse per forza dentro il portoncino, e poi su per la scala, tenendolo per il braccio. Egli ansava, col cuore in tumulto, la mente scombujata. Voleva svincolarsi e non sapeva, non sapeva. Rivide la cameretta, tal quale anch'essa, dal tetto basso… il letto, il cassettone, il divanuccio… le oleografie alle pareti…

Ma quando ella, tra tante parole affollate di cui egli non udiva altro che il suono, gli tolse il cappello e il bastone e poi i guanti, e fece per abbracciarlo, Teodoro Piovanelli, che già tremava tutto, la respinse, si portò le mani al volto, vacillò, come per una vertigine.

— domandò ella sorpresa, un po' costernata: e lo trasse a sedere sul divanuccio.

Un impeto di pianto scosse le spalle di lui. Ella si provò a staccargli le mani dal volto; ma egli squassò il capo rabbiosamente.

— domandò la donna; poi, dopo aver guardato il cappello fasciato di lutto: —

Egli accennò di sí col capo.

— sospirò lei, pietosamente.

Teodoro Piovanelli scattò in piedi, convulso; prese i guanti, il bastone, si buttò in capo il cappello; balbettò, soffocato:

Ella non si provò piú a trattenerlo; lo accompagnò, dolente, fino alla porta. Poi lí, sicurissima ormai che sarebbe ritornato, gli domandò, con voce mesta e con un mesto sorriso:

Ma egli s'era messo sulla bocca il fazzoletto listato di nero, e non le rispose.

Novelle per un anno
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