40.
ODILE

Parigi, agosto 1944

“Gli Alleati sono ormai vicini.” La notizia percorse rue de Rennes, indugiò nelle viuzze laterali. Sussurrò lungo i sentieri del Père Lachaise e raggiunse il Moulin Rouge. “Sono ormai vicini.” Si arrampicò sui gradini della metropolitana e rimbalzò sui ciottoli bianchi del cortile fino al banco dei prestiti. Avevamo sentito che gli Alleati erano sbarcati sulle spiagge della Normandia più di due mesi prima, quindi dov’erano? La stampa, infarcita di propaganda, non era di alcun aiuto. Dipendevamo dal passaparola.

«Gli Alleati saranno vicini, ormai», mi disse Boris tra un prestito e l’altro.

«Ho visto i tedeschi caricare di valigie le loro auto davanti agli alberghi occupati.»

«Tra poco spunteranno i cartelli “camere libere”!» replicò.

Ancora scosso dall’esperienza nel campo d’internamento, il signor Pryce-Jones oltrepassò la soglia appoggiandosi a un bastone. Era stato rilasciato tre settimane prima. Monsieur de Nerciat lo seguì da presso, con le mani protese, temendo che potesse cadere.

«Non sarei dovuto tornare a Parigi», borbottò il signor Pryce-Jones. «Mentre gli altri sono rimasti in prigione. E dovevi proprio usare la mia età come pretesto per farmi uscire?»

«No, mio caro, in effetti avrei potuto dir loro che sei debole di mente.»

Nascosi un sorriso dietro Il giro di vite, 813. Certe cose non erano cambiate.

«Dove sono gli Alleati?» chiese monsieur de Nerciat.

«Saranno sicuramente in marcia», rispose Boris.

Non vedevo l’ora di dirlo a Margaret, che sarebbe ritornata quel giorno dopo avere assistito per una settimana la figlia con gli orecchioni. Quando Margaret arrivò dopo pranzo, stentai a riconoscerla. La tesa di un nuovo cappello bianco le nascondeva gli occhi, e l’abito di seta in tinta era candido come un vestito del battesimo. “È chic essere trasandata”, rammentai a me stessa mentre passavo una mano sulla cintura logora.

«Quella cintura ha più buchi che pelle», disse avvicinandosi alla mia scrivania. «Lascia che ti compri un vestito nuovo.»

«No», risposi, più freddamente di quanto intendessi. Lo sapevano tutti cosa significavano i vestiti di Margaret. Paul chiamava le donne che andavano a letto con i Soldaten «materassi imbottiti». Ma forse era ingiusto da parte mia. Lei aveva sempre avuto bellissimi vestiti… io stessa avevo indossato molti dei suoi abiti. Il nuovo completo non era necessariamente un regalo del suo amante.

«Cosa mi sono persa?» chiese.

«Dicono che gli Alleati arriveranno qui da un giorno all’altro!»

Mi aspettavo che fosse euforica come tutti noi, invece si limitò a dire: «Oh».

Bitsi venne a salutare, l’opale perlato di mia nonna al dito. Quando i miei genitori avevano discusso se dare quel cimelio a Bitsi, io avevo insistito perché lo facessero. Desideravo che lo avesse lei, perché sapesse che la consideravamo una della famiglia. Le avevo persino mostrato il posto segreto mio e di Rémy. Tra i fazzoletti spiegazzati e i batuffoli di polvere, ci sdraiammo insieme, io stringendo il suo soldatino, lei il suo libro preferito, Uomini e topi. Ero cresciuta credendo che l’amore sarebbe durato finché un’amante non avesse fatto a pezzi una coppia, ma Bitsi aveva dimostrato che nemmeno la morte poteva distruggere il vero amore. In quel grembo oscuro singhiozzammo, e le nostre lacrime ci unirono come sorelle più di quanto qualsiasi matrimonio avrebbe mai potuto fare.

Avevo ricevuto una lettera da un amico di Rémy e la diedi a Bitsi da leggere.

Cara Odile,

abbiamo soprannominato tuo fratello «il Giudice» perché era da lui che andavamo per risolvere le nostre controversie. Gli ho persino arrangiato un martelletto con un sasso, un ramoscello e dello spago. Trattenuti qui, lontano da casa, siamo frustrati e arrabbiati. Annoiati e affamati. Non ci vuole molto a perdere i nervi. «Giudice», dicevo, «il tuo tribunale è in seduta? Louis non smette di nominare il nome del Signore invano. Infastidito dalla cosa, Jean-Charles, gli si è scagliato addosso.» Le nostre discussioni possono sembrare meschine, ma il Giudice prendeva tutti sul serio e riusciva a consolare gli animi esasperati. Ci manca.

Distinti saluti,

Marcel Danez

Vedendo l’espressione di Bitsi illuminarsi mentre leggeva, insistetti perché conservasse lei la lettera. L’omaggio di Marcel significava tanto per me, ma lei era più importante. Si portò il pezzo di carta al cuore e si diresse verso la sala dei bambini.

Guardandola allontanarsi, Margaret sibilò: «Quei suoi capelli ricordano una corona di spine! La piccola Bitsi si stancherà presto del ruolo di vedova piangente e si prenderà un bel fidanzato».

La sua insinuazione – che il dolore di Bitsi per Rémy fosse una messinscena – mi colpì come un pugno. Non potevo sopportare l’idea che Bitsi dimenticasse mio fratello. Mi faceva così male il petto che riuscivo a malapena a respirare. Mi precipitai fuori dalla stanza. Se avessi rallentato, se mi fossi fermata per riflettere, avrei ricordato un momento in cui la virtù di Bitsi aveva fatto sentire anche me infangata; il disprezzo di Margaret non era tanto rivolto a Bitsi, quanto alla sua stessa vergogna.

Quando Boris vide che me ne andavo, mi chiese: «Sei sicura di voler lasciare Margaret da sola nella sala di consultazione?».

«Fidati, lei pensa di avere tutte le risposte!»

«È stata una buona amica per te e per la Library.»

«Perché prendi le sue parti?»

Lui fece una smorfia. «Vai.»

Dovevo parlare con qualcuno che mi capisse. Alla stazione di polizia, Paul mi porse una sedia.

«Non crederai a quello che ha detto Margaret.»

«È la guerra. Tutti diciamo e facciamo cose di cui poi ci pentiamo.» Lui parlava raramente del passato. Il mio rifiuto di consegnare i libri quella volta. Il suo arresto della professoressa Cohen. Come ce la spassavamo tra le lenzuola dei defunti. Era l’unico modo per continuare come coppia.

«Lo so.»

«La vita tornerà alla normalità.»

«Lo diciamo da anni. E se fosse questa la normalità?»

«Niente dura per sempre», commentò lui, massaggiandomi delicatamente la schiena.

«La settimana scorsa, quando ho detto a Margaret che maman andava dal macellaio all’alba, e che c’erano già dieci massaie in coda, lei ha risposto: “Perché non fa la spesa al mercato nero?”. Con quali soldi, mi piacerebbe saperlo. Comunque tutte le sue provviste vengono da Fel…»

Mi fermai. “No, no, no, fai sempre così! Questa volta no! Tieni la bocca chiusa!”

«Cosa stavi per dire?» chiese lui.

Feci un sospiro. «Niente.»

«Margaret è una donna simpatica», disse Paul, «per essere un’inglese, intendo.»

«Simpatica? Ha insinuato che Bitsi fa solo finta di essere in lutto.»

«La gente parla senza riflettere. Sono sicuro che non intendeva ferirti.»

Non si sarebbe affannato a difenderla in quel modo se avesse saputo del suo nazista. Margaret aveva vita facile. Non doveva fare altro che schioccare le dita ossute per ottenere feste, alta moda, gioielli e gite al mare.

«Ha insinuato che Bitsi si prenderà un amante.»

«Naturalmente Bitsi amerà sempre tuo fratello, però magari un giorno…»

«Magari un giorno?» ripetei in tono brusco. «Lei non dimenticherà mai Rémy. Mai! Non tutte sono sgualdrine come Margaret!»

Le mani di Paul si irrigidirono sulle mie spalle. «Non parli sul serio.»

Come faceva a credere il peggio di Bitsi, ma il meglio di Margaret?

«Non parli sul serio», ripeté.

Mi voltai verso di lui e provai un piacere crudele nel dire: «Ha un amante tedesco».

La mia affermazione fluttuò nell’aria lo spazio di un respiro.

Paul arricciò le labbra in una smorfia di disgusto. «Sgualdrina!»

Sentendo l’eco della mia parola, capii di avere permesso che la mia rabbia prendesse il sopravvento. Dovevo stare più attenta con le parole, giudicare meno.

«Non avrei dovuto dirtelo. Avevi ragione, come sempre. È simpatica, e sempre così buona con la mia famiglia. Grazie a lei, a Rémy non è mai mancato di che mangiare. Alla Library non so cosa farei senza di lei. Adesso è là a fare il mio lavoro.»

«Le prostitute come lei avranno quel che si meritano.»

«Ti prego, non dire così. Suo marito è un mascalzone. Lei si merita di meglio. Hai ragione, la gente parla senza riflettere, come ho appena fatto io. Ti prego, promettimi che non lo dirai a nessuno.»

Paul rimase zitto.

«Non dirai niente, vero?»

«E a chi dovrei dirlo?» Mi fece voltare e continuò a massaggiarmi le spalle, affondando le dita con più forza.

La biblioteca di Parigi
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