LE LIBRERIE MITOLOGICHE DI DAVID B.
Prima che Walter Benjamin si riproponesse di scrivere il monumentale e per sempre inconcluso I “passages” di Parigi, Louis Aragon pubblicò uno dei suoi modelli: Il paesano di Parigi. Un libro ipnotico che contrappone due spazi molto significativi della capitale francese e del XX secolo: i passages e i parchi. Come il suo compagno di avventure etiliche e poetiche, André Breton, Aragon cammina per una Parigi fluttuante, dove ogni angolo e ogni portone possono condurre all’allucinazione o al sogno. Tra gli eredi di quest’opera seminale ci sono tre autori così diversi tra loro, come appunto Benjamin, filosofo e narratore o narratore filosofo, il romanziere e saggista Georges Perec (l’elenco dei commissariati di polizia e degli uffici esattoriali e delle poste e telegrafi potrebbero benissimo appartenere all’autore di Specie di spazi) o l’artista grafico e sceneggiatore David B. Perché quando descrive dettagliatamente il passage dell’Opéra, Aragon prende come punti di riferimento due librerie, una all’interno del passage e l’altra all’esterno: la libreria Rey e la Flammarion. Questo potrebbe essere il filo avanguardista da cui parte segretamente Les incidents de la nuit. Reinventare il surrealismo. Reinventare Parigi. E farlo intessendo vignette e digressioni e sogni tramite il filo conduttore delle librerie.
Questo fumetto in due volumi, che promette un seguito che probabilmente non arriverà mai, poiché David B. è famoso per i progetti interrotti, comincia con la congiunzione di un sogno e una libreria. Il protagonista, che assomiglia molto all’autore, sogna nel 1993 di ritrovare – precisamente – i tomi 2 e 3 di una serie di opuscoli o riviste dal titolo Les incidents de la nuit, storie fantastiche ambientate tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX. A partire da quel momento intraprende una ricerca poetica, onirica ed epica di altri tomi. Una ricerca durante la quale il suo cammino si incrocia con quello di Azrael, l’angelo della morte; con Ene, l’antica divinità del massacro e dell’oblio; con un investigatore avvezzo a mille giochi sporchi, che conserva l’archivio di tutto ciò che di spregevole è accaduto in città e nel governo; con una banda di criminali che si occultano e si moltiplicano, e, soprattutto, con i librai più emblematici di Parigi, perché la chiave dell’indagine sta nelle librerie, come nodi di una rete che dà alla metropoli un altro senso.
Prima de Les incidents de la nuit David B. ha realizzato altri due volumi di simile immaginazione, ambientati negli anni successivi alla Prima guerra mondiale e con protagonisti i personaggi che aveva creato per la serie La lecture des ruines. In queste due puntate di Per gli oscuri sentieri risulta chiaro l’interesse dell’autore per le avanguardie storiche e la sua inclinazione per l’onirismo e il subconscio, tanto che qui ricostruisce l’avventura dadaista di Gabriele D’Annunzio a Fiume, e pianta il seme che darà i suoi frutti nell’opera a venire, poiché nelle pagine finali si dice che il protagonista, Lauriano, «scriveva articoli per Les incidents de la nuit; ogni volta con un diverso pseudonimo. Cercava di apparire il meno possibile in tutti gli atti della sua vita. Acuiva i sensi tentando di captare segnali del paese di Mai Più». Sebbene entrambi i progetti si possano considerare come due atti di una stessa geniale opera teatrale, l’uso del colore in Per gli oscuri sentieri (opera di Hubert basata sugli originali di David B.) allontana questo lavoro dal pulp per avvicinarsi alle arti plastiche dell’epoca di cui tratta, quella tra le due guerre mondiali, in ebollizione artistica. Les incidents de la nuit, invece, poteva essere solo in bianco e nero, perché il mondo in cui si svolge è altrettanto surreale, ma i suoi percorsi sono realmente oscuri, senza alcuno spazio per l’amore o il lieto fine del lavoro precedente.
Il risultato degli andirivieni di David B. in questa Parigi delle librerie dell’usato e dei ponti criminosi, commissariati di polizia e appartamenti dove si commettono omicidi brutali, è ancora più strano di quello del D’Annunzio di Fiume. È una topografia affascinante che contiene sia elementi della città surrealista e oulipiana sia della tradizione pulp dei Misteri di Parigi di Eugène Sue e del fumetto underground. Ma soprattutto, e al contempo, è assolutamente personale. Come From Hell di Alan Moore e Eddie Campbell, che ci rivela una Londra simbolica e secolare (in cui Moore si ispira all’opera post situazionista di Iain Sinclair, l’erudito oscuro della metropoli, l’opposto del luminoso Peter Ackroyd, suo biografo ufficiale), Les incidents de la nuit ci costringe a guardare la città in un modo nuovo, mitologico, mitografico, sconvolto e sorprendente. Sotto la storia, sotto le pagine, sotto Parigi, nell’opera palpita una storia immemore della distruzione. Le digressioni che narrano il mito del diluvio universale secondo varie versioni, a partire da quella babilonese, il primo genocidio perpetrato dagli dèi, e l’estinzione dei grandi mammiferi preistorici, cioè la prima estinzione provocata dagli esseri umani, fa spiccare al fumetto un volo stratosferico – sebbene tratti di discese agli inferi. Questa costante oscillazione tra l’avventura e la riflessione filosofica, tra l’azione ambientata nei bassifondi e le connessioni cabalistiche, tra il racconto investigativo e la caratterizzazione mitologica, fa de Les incidents de la nuit un capolavoro. A mio avviso, l’opera più importante di questo autore.
Le migliori opere di David B. si muovono tra la realtà e l’immaginazione, tra la verosimiglianza e il sogno. Il suo titolo più celebre, Il grande male, che oltre a essere una sorta di saga familiare, incentrata sulla figura del fratello malato di epilessia, è anche un’autobiografia d’artista in cui emerge la genealogia della sua vocazione e del suo lavoro artigianale, ricorre all’immensa versatilità della sua immaginazione per sfuggire, tramite figure eterogenee e mitiche, alla realtà annichilente. E Il mio miglior nemico. Storia delle relazioni tra Stati Uniti e Medio Oriente, un libro di divulgazione storica con sceneggiatura del professor Jean-Pierre Filiu, inizia con immagini abbastanza fedeli al testo ma, andando avanti, e in maniera definitiva nel secondo volume, si tramuta in una sequenza di disegni che interpretano in modo molto libero le parole che accompagnano. Pagine e pagine di interpretazione. Una torrenziale visualizzazione simbolica dell’universo. Quando il reale è un punto di partenza ma non necessariamente di arrivo, come in Per gli oscuri sentieri o Les incidents de la nuit, a mio parere abbiamo la versione migliore di David B. Perché qualunque sia il materiale su cui lavora – documenti o sogni – lo traduce nel proprio universo referenziale e grafico, che è più onirico che documentale.
Tutte le opere che ho citato hanno in comune una visione del mondo assolutamente conflittuale. Le bande di criminali di Per gli oscuri sentieri o Les incidents de la nuit, con gli scontri sanguinosi e addirittura i massacri, le decine di scaramucce e guerre tra gli Stati Uniti e i vari paesi orientali narrate nel Mio miglior nemico, con una prefazione che collega questo immaginario violento all’Epopea di Gilgameš, gli scontri con medici, vicini e altre persone che caratterizzano la vita della famiglia dell’autore nel Grande male. Anche altri titoli minori, come Les faux visages (realizzato con Tanquerelle), rappresentano un universo di lotta tra la legge e il crimine, l’ordine e il caos. Nelle vignette più spaventose di Per gli oscuri sentieri tali lotte vengono rappresentate sotto forma di incisioni viscerali, ispirate ad artisti come George Grosz, in cui gli uomini assumono le fattezze di cani. Ma in molte altre pagine la rappresentazione ci porta a un disegno mitico, ispirato da testi sacri e leggendari. Ciò significa che per David B. il surrealismo o il linguaggio stesso del fumetto non sono altro che veicoli tramite i quali connettersi con il subconscio collettivo, con la sua galleria di forme e simboli, con gli dèi che abbiamo ucciso uno dopo l’altro, con la nostra violenza originaria.