NOTA DELL’AUTORE
Contro Amazon. Sette ragioni / Un manifesto” fu pubblicato online da Jot Down Magazine nell’aprile 2017. La rivista spagnola stampò anche alcune centinaia di poster che vennero inviati alle librerie di tutto il paese. Se ne può ancora vedere uno, incorniciato, sulla porta di Rata Corner a Palma di Maiorca e in qualche angolo di altre librerie di trincea con un futuro. Nel novembre di quello stesso anno, tradotto da Peter Bush, venne edito in inglese e in entrambi i formati: digitale, sul sito web Literary Hub, e cartaceo, sotto forma di un pregiato libricino artigianale, cucito a mano, che la casa editrice canadese Biblioasis donò a circa trecento librai e giornalisti in occasione del lancio in America del Nord di Bookshops, la traduzione in inglese del mio saggio Librerías1. Fu tale l’interesse che suscitò il chapbook, che il mio editore Dan Wells finì per regalarne quasi tremila copie a professionisti del settore in tutto il mondo. Il testo venne diffuso anche in portoghese, grazie alla traduzione dello scrittore brasiliano Reginaldo Pujol pubblicata da La Folha de São Paulo. Quando, nel maggio 2018, Publishers Weekly fece eco a questo fenomeno – inaspettatamente internazionale – io e Dan ne parlammo al telefono e decidemmo di dar vita a questo libro, per il quale potei contare immediatamente sull’appoggio di Joan Tarrida, il mio editore in spagnolo. Subito dopo cominciai a raccogliere e a leggere articoli, saggi e interviste pubblicati sul mondo librario negli ultimi anni. Scelsi i più solidi. In molti casi compariva, con mia sorpresa, la parola “Amazon”. Inoltre Alberto Manguel mi disse, senza che glielo avessi chiesto: «Io non compro su Amazon» come se quella presa di posizione fosse indispensabile. Da che parte stai?
Sembra ormai impossibile scrivere sul protagonismo del mondo del libro nel XXI secolo, sulle librerie indipendenti e le biblioteche più intraprendenti o innovatrici, sulle costellazioni di lettori che continuano a credere nel cartaceo, senza pensare ad Amazon come il nostro antagonista. Sebbene anche Google Libri e altre grandi piattaforme abbiano influito moltissimo sui nuovi modi di relazionarci con i testi, la multinazionale logistica diretta da Jeff Bezos è diventata il marchio più iconico e più eloquente, quello che ha alterato – e spesso violentato – con maggior forza i rapporti tradizionali tra lettori e libri. È un mostro tentacolare che non cessa di rinnovarsi e di crescere. Alcuni dettagli del mio manifesto sono diventati forse obsoleti, ma il suo spirito resta attuale. Soprattutto dopo che, all’inizio del 2019, la città di New York, grazie alla lotta dei suoi abitanti guidati dalla deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez, ha rifiutato di accogliere una sede della multinazionale. Da quel momento, se scrivi “against amazon” su un motore di ricerca non compare più soltanto il mio manifesto. Allo stesso tempo, però, hanno continuato a proliferare i fattorini di Amazon, che percorrono le città con grossi zaini sulle spalle, al pari di quelli di altre aziende altrettanto devastanti. In realtà hanno fatto proprio – e neoliberista – il modello precario dei raccoglitori di cartoni e dei vagabondi che frugano tra i rifiuti.
Ho scritto Librerías nel 2012, senza immaginare che sarebbe diventato finalista del premio Anagrama per la saggistica né che sarebbe stato tradotto in così tante lingue e letto in tutto il mondo. Da allora ho continuato a visitare librerie e a studiare le loro storie nei cinque continenti. Grazie alle traduzioni, ho avuto occasione di tornare in alcune importanti librerie e, soprattutto, ho potuto aggiungerne altre alla mia collezione, nuove o meno, per la maggior parte ammirevoli. Non ho ancora conosciuto, purtroppo, quella che forse sarebbe la più importante della mia vita: la Biblioasis di Windsor, Ontario, con il suo tendone bruno, la squisita selezione bibliografica e l’équipe di librai ed editori, i primi che si sono interessati alla pubblicazione di Librerías fuori dai confini del mio paese. Ho passeggiato diverse volte in Wyandotte Street: ho guardato il cartellone dell’Olde Walkerville Theatre, ho fantasticato di assaporare i piatti di New Orleans da Nola’s e mi sono infine fermato sulla porta di Biblioasis. C’è sempre parcheggiata davanti la stessa auto grigia che compare nelle foto di Google Street View.
Mi sono anche appassionato, negli ultimi anni, a visitare le biblioteche più antiche, più originali o più impressionanti delle città in cui viaggio. I libri si muovono in un quadrato ai cui angoli troviamo le case editrici, le librerie, le biblioteche personali e quelle collettive. Noi lettori siamo nel centro centrifugo di questa incessante circolazione. Basta entrare nella biblioteca del proprio quartiere per constatare che non tutte le informazioni si trovano su Internet. Nella Biblioteca Nacional de Argentina, nella State Library Victoria di Melbourne, nelle Hyundai Card Libraries di Seul, nell’International Library of Children’s Literature di Tokyo o nella meravigliosa libreria Kids Republic di Pechino (estremamente tessile e tattile) ho avuto modo di pensare a qualcosa di ancor più fondamentale: le esperienze che offrono questi spazi non hanno un’alternativa digitale. Forse è per questo motivo che le sezioni per l’infanzia delle librerie e delle biblioteche risultano decisive: formano i lettori e gli utenti del futuro. Il romanzo, il cinema, il fumetto e la televisione non hanno mai cessato di immaginare spazi librari – sia in chiave realista sia in racconti fantastici e di fantascienza – perché la convergenza del discorso e dell’oggetto, del virtuale e del fisico, della mente e del corpo è ciò che ci rende umani.
Ma grazie anche alle traduzioni di Librerías – o per colpa loro – ho scoperto delle ombre in alcune delle più famose del mondo. Nella turistica e bellissima Lello di Porto non vendono l’edizione portoghese, Livrarias, perché a quanto pare i dati che cito al riguardo – che ho preso dal suo sito web – non sono corretti e, soprattutto, perché la mia casa editrice ha rifiutato di mettere un’immagine della libreria sulla copertina del libro. E da Shakespeare and Company non vendono l’edizione francese né quella inglese perché racconto la storia autentica di George Whitman e cito come fonte altri titoli che a loro volta non sono venduti nella libreria. La censura è ovunque. Amazon e le grandi piattaforme digitali non sono i nostri unici antagonisti. Dobbiamo continuare a leggere e a viaggiare. E a restare vigili.
Jorge Carrión
Barcellona, giugno 2019
Elenco di seguito la provenienza del resto degli articoli di approfondimento e saggi narrativi (che forse sono stati pubblicati con altri titoli) e ringrazio per la fiducia Eliezer Budasoff, Elías López, Albinson Linares, Pere Ortin, Mario Trigo, Eugenia de la Torriente, Daniel Gascón, Mar de Marchis, Toño Angulo, Iker Seisdedos, Ángel Fernández, Toni Soler, Cristina Vila, Marcelo Cohen e Graciela Speranza, che sono stati i loro primi editori: “Las mejores librerías del mundo no son las que tú crees” (The New York Times en Español, 15 luglio 2018); “Viaje al final de la luz. Caminando por Londres con Iain Sinclair” (Altaïr Magazine, dicembre 2016, premio Mañé y Flaquer per il giornalismo di viaggio 2017); “Las bibliotecas más importantes del mundo” (The New York Times en Español, 27 gennaio 2019); “Borges antes y después de Borges” (Letras Libres, gennaio 2016); “Desarticulo mi biblioteca” (El Estado Mental, marzo 2014); “Las librerías mitológicas de David B.” (con il titolo “Los misterios de París”, in Revista de Libros, settembre 2016); “Del Little Havana a Miamizuela” (The New York Times en Español, 16 settembre 2018); “Mi Buenos Aires libresco. Una entrevista a Alberto Manguel en la Biblioteca Nacional de Argentina” (Jot Down Magazine, giugno 2018); “Ese interrogante que llamamos librería” (El País Semanal, 8 dicembre 2013); “Bibliotecas de ficción” (El món d’ahir, dicembre 2018); “Los perros de Capri” (The New York Times en Español, agosto-settembre 2017); “En defensa de las librerías” (El País, 3 gennaio 2016); “Librerías de viejo versus librerías de nuevo. Una conversación con Luigi Amara” (Otra parte, 2016); “Contra la bibliofilia” (Jot Down Magazine, giugno 2018); “¿Dónde acaba el papel y empieza la pantalla? Viaje a Seúl entre signos de interrogación” (Altaïr Magazine, marzo 2019; con un frammento di “Las bibliotecas experimentales de Seúl”, CCCB Lab, 4 de dicembre 2018), e “Las librerías se reinventan en Tokyo” (The New York Times en Español, 30 giugno 2019).
1 Edito in Italia come: Jorge Carrión, Librerie: una storia di commercio e passioni, traduzione di Paolo Lucca, Garzanti, Milano 2015. [Tutte le note sono del Traduttore.]