Evoluzione di un’economia criminale
L’industria del vizio
Valachi aveva sfruttato il passaggio nella famiglia Genovese, entrando nell’affare delle slot machine grazie all’intercessione di Lucky Luciano. Nel suo memoriale riporta la scena dell’incontro con i due, che accolsero la sua richiesta dopo l’assassinio di Maranzano e gli affidarono la gestione di un certo quantitativo di macchinette da piazzare in alcuni locali a East Harlem.
Frank Costello aveva costruito parte del suo potere sul gioco d’azzardo. Aveva disseminato di macchinette illegali i retrobottega degli esercizi commerciali di New York. Il controllo del territorio era talmente capillare da coinvolgere la stessa polizia e l’amministrazione pubblica. Secondo Valachi, a essere sequestrate erano solo le slot machine prive dell’etichetta di riconoscimento «Costello». Lo stesso avveniva per il gioco del lotto, saldamente in mano a Cosa nostra, con un volume d’affari annuo milionario nella sola New York. I poliziotti erano stipendiati dai clan, affinché chiudessero gli occhi sui luoghi in cui si raccoglievano le puntate dei giocatori, appartenenti perlopiù ai ceti popolari.
Con l’industria del gioco, come avvenuto in precedenza con il contrabbando di alcol, le famiglie mafiose accumularono enormi fortune economiche. Il Diciottesimo emendamento della Costituzione americana, che nel gennaio del 1920 aveva proibito la lavorazione e la vendita delle bevande alcoliche, rappresentò un affare senza precedenti per la criminalità: nessun business era equiparabile a quello dei birrifici e delle distillerie clandestine. Il contrabbandiere Maranzano aveva gestito in regime di monopolio la più grande distilleria nell’area di New York. Il proibizionismo, che aveva la pretesa di difendere i valori dell’America rurale, favorì la crescita e l’espansione del crimine organizzato. Il contrabbando di alcol e il gioco d’azzardo consentirono un salto di qualità nell’intreccio criminale che riguardava anche la politica. Nelle deposizioni sui rapporti tra mafia e politica, Valachi fece un riferimento diretto in questo senso:
Ogni boss mafioso aveva un proprio referente politico. E poi ce n’era uno, Walker, che accontentava davvero tutti.1
In quegli anni il sindaco di New York Jimmy Walker, avvocato di origine irlandese, assiduo frequentatore di nightclub e dell’ambiente dello spettacolo, in pieno spirito da Grande Gatsby simboleggiava le alleanze ramificate tra uomini d’affari, leader sindacali, politici e boss. Sotto la sua guida la polizia era diventata esempio di lassismo, inefficienza e corruzione. Dal 1926 al 1932 Walker ebbe in mano la macchina politica corrotta dei democratici, Tammany Hall, che per un secolo aveva influenzato il governo della città.
Nel 1932 il governatore democratico Franklin Delano Roosevelt, ottenuta la nomination alla presidenza, prese le distanze da Tammany Hall, cavalcò il malcontento della Grande Depressione per la pervasività del racket e costrinse Walker, che avrebbe intascato tangenti di milioni di dollari, a dimettersi incalzandolo pubblicamente con l’accusa di corruzione e collusione. Con l’avvento di Fiorello H. La Guardia, repubblicano, per metà italiano, di origine ebraica, l’indirizzo politico della pubblica amministrazione cambiò radicalmente. Alla polizia fu ordinato in maniera perentoria di distruggere fisicamente qualunque macchinetta o gioco mangiasoldi scovasse. Questi racket erano fonte di occupazione per l’esercito a disposizione dell’élite mafiosa.
In un passaggio molto interessante della testimonianza pubblica, Valachi smentì la tesi del disinteresse della mafia verso il traffico di stupefacenti per questioni d’onore. Dopo l’alcol e insieme al gioco d’azzardo, la droga rappresentò un’irrinunciabile occasione di profitto.
Valachi fu avvicinato da Salvatore Shillitani per un ingente smercio di eroina con l’Europa. Un sodale stretto di Valachi, Dominick Petrelli, colui che alla fine degli anni Venti gli aveva suggerito l’ingresso in Cosa nostra, era in affari con Shillitani per il traffico di eroina con sponda francese nei primi anni Cinquanta. Il senatore Adlerman condusse l’interrogatorio sulla questione:
D: Mr. Valachi, c’era un numero considerevole di membri delle cinque famiglie di Cosa nostra coinvolto nel traffico di stupefacenti?
R: Sì.
D: E raggiunse un livello tale che l’effetto dei procedimenti giudiziari sullo spaccio e l’esposizione pubblica dell’organizzazione, causata dai narcotici spinsero a una regolamentazione interna voluta da Frank Costello?
R: Sì, nel 1948.
D: In che cosa consisteva?
R: Niente droga. Qualora ti avessero arrestato per questa ragione, avresti dovuto sostenere un secondo processo celebrato dai giudici di Cosa nostra.
D: I narcotici erano uno dei commerci più fruttuosi per i membri di Cosa nostra?
R: Sì.
D: E il divieto era ignorato su larga scala?
R: Intende che erano già molte le persone implicate nel traffico di droga?
D: Esattamente.
R: Sì, signore.
D: Anche qualche boss violò la regola?
R: Sì, specialmente Vito Genovese e Albert Anastasia. Erano coinvolti insieme ai propri soldati, ne traevano profitto.
D: Per quale ragione gli affiliati, i soldati e anche qualche boss disattesero la regola?
R: Per arricchirsi, per il profitto procurato dalla droga.
D: Erano tanti soldi?
R: Era l’opportunità di tutta una vita.
D: Ed esisteva un conflitto tra il desiderio di accumulare soldi e quello di obbedire alle regole?
R: Hanno ignorato le regole e basta.2
L’inquinamento dell’economia legale e delle relazioni di lavoro
Valachi illustrò la tendenza sempre più invasiva di Cosa nostra a inserirsi nell’economia legale, alterando il mercato e la libera impresa. Il riciclaggio di denaro sporco è da sempre il cuore dell’attività delle mafie. Nel 1959 Valachi gestiva tre ristoranti, una fabbrica di vestiario e un noleggio di jukebox. Nelle deposizioni e nel dialogo con Maas raccontò l’ingresso di capitali illecitamente accumulati nelle imprese e la pericolosità del riciclaggio:
I suoi sistemi da usuraio lo portavano a una specialità che oggi è una caratteristica di Cosa nostra: il condizionamento e la penetrazione nelle imprese legittime.3
Un cliente debitore, che aveva accusato notevoli perdite al gioco ed era rimasto indietro con i pagamenti, cedette a Valachi la metà delle quote del ristorante di proprietà a Manhattan, in cui il nuovo socio scelse e portò innanzitutto la manodopera. Valachi descrisse così la sua attività di prestiti con tassi da usura:
Volevo solo fare soldi e l’obiettivo era di farli girare. È inutile tenerli a deposito. Con i clienti non ero violento. Ero il miglior mignatta in circolazione con centocinquanta clienti affidabili. Dare un po’ di respiro ai debitori è saggio: non bisogna far scoppiare le persone.4
La sua attività di usuraio fu oggetto anche di una deposizione davanti alla Commissione McClellan condotta dal senatore Mundt:
D: Come scoprivano che lei era una sorta di banchiere?
R: Girando per il quartiere. Moltissime persone andavano in cerca di soldi: per quanti ne avevano bisogno sarebbe servita la Banca di Roma. Ovviamente li prestavo a coloro che percepivo essere più affidabili. Sono noto nel Bronx e a Harlem. Ho prestato soldi in tutti gli ambiti, ma i clienti più assidui erano gli scommettitori. Il baseball era lo sport su cui puntavano di più, alcuni arrivavano a giocare anche migliaia di dollari su una partita.
D: Qual è il tasso di interesse che esigeva?
R: Il 20 per cento. Il massimo profitto si traeva quando chiedevano il secondo prestito per coprire la somma che ancora non avevano restituito.
D: Quale tecnica adottava per riscuotere il contante? Usava la forza?
R: Sinceramente no. Volevo restare nel giro. Non mi interessava come operavano gli altri. Mi curavo dei miei affari. Ero conosciuto come il miglior usuraio in circolazione. Ero furbo.5
Quel che è ancora più interessante è il passaggio successivo della storia. Per oltre dieci anni Valachi era stato il proprietario di una fabbrica di vestiti in Prospect Avenue. In che modo era entrato nel business?
Matty possedeva una fabbrica, la Prospect Dress and Negligee Company, nel Bronx al 595 di Prospect Avenue ed era uno dei miei migliori clienti. Tra vecchi e nuovi prestiti mi doveva restituire qualche migliaio di dollari, però mi pagava regolarmente ogni venerdì. Tutto a un tratto mi domandò se potesse ritardare il pagamento di un paio di settimane. Poi mi chiese un’altra settimana di tempo. Allora sono andato a trovarlo: «Matty, che sta succedendo?», e lui mi spiega che attraversa un brutto momento e che ha problemi a rispettare le commesse, perché le sue macchine si sono consumate. Do un’occhiata alla fabbrica e mi sembra proprio una bella opportunità. Matty non è scemo e capisce quello che ho in mente, così mi propone di condividere la proprietà della fabbrica. Allora parlo con il cliente più importante, ottenendo la disponibilità a garantire a Matty il lavoro di cui ha bisogno.6
Nel memoriale The real thing Valachi descrive anche l’incontro con la famiglia di Matty. La moglie e i figli erano disperati per la ludopatia del padre che stava distruggendo ogni equilibrio famigliare. Valachi assume quasi le sembianze di un benefattore:
Sono andato da Matty per parlare del suo vizio del gioco. Ha ammesso la dipendenza, promettendo di smettere. Ho provato a fargli capire come è truccato il gioco: è impossibile vincere. Non mi preoccupa che scommetta i suoi soldi, ma ha una bella famiglia da mantenere. Ho visto la moglie così scoraggiata da non voler neanche toccare l’argomento.7
Dopo aver trattato della modalità d’acquisizione coatta della proprietà, Valachi spiega come le mafie inquinino le relazioni di lavoro:
L’altra cosa a cui dovevo pensare era il sindacato. Andai a cercare Jimmy Doyle o uno dei fratelli Dio (Dioguardi). Appartenevano alla famiglia di Tommy Three-Finger Brown ed erano quelli chiamati per sistemare ogni problema con il sindacato, che mi pare fosse il Local 25. Spiegai a Jimmy di che cosa si trattava. Volevo entrare nel business dell’abbigliamento, ma senza sindacati tra i piedi, soprattutto perché il grossista da cui dipendevo non trattava lavoro sindacale. Jimmy allora mi disse: «Non preoccuparti. Finché stai nel Bronx va bene. Non è faticoso controllare tutto. Però devi stare lontano da Manhattan».8
Valachi indicò il controllo della forza lavoro come il servizio più importante che ricevette da Cosa nostra, nella persona di Johnny Dio. Al senatore Javits, che gli domandò come avesse avviato l’attività in un settore ad alto tasso di sindacalizzazione, confermò la medesima versione:
Senatore, possedevo una fabbrica di abbigliamento in Prospect Avenue e non ho mai avuto lavoratori sindacalizzati. Se ero in difficoltà, se qualche sigla sindacale si affacciava per verificare, dovevo semplicemente avvisare John o Tommy Dio e svanivano tutti i miei problemi. Sono rimasto per molti anni nel settore. Johnny Dio era pesantemente coinvolto nel racket del lavoro.
Nel 1963 la Commissione McClellan delineò il quadro compromesso dell’economia urbana newyorkese, che presentava infiltrazioni mafiose in tutti i settori nevralgici: edilizia, smaltimento dei rifiuti, ristorazione, assicurazioni. Il porto di New York era in mano alle famiglie mediante il controllo della International Longshoremen’s Association, il principale sindacato dei portuali a livello nazionale.
La presenza del crimine organizzato nell’economia statunitense è innegabile. Ho sempre creduto, come molti altri, che le mafie siano completamente invischiate nella nostra industria. La mafia non è una forma di aberrazione periferica, bensì esercita una forza stratificandosi dentro al tessuto produttivo. L’economia newyorkese è stata invasa dal crimine organizzato, nessun settore è rimasto escluso. L’industria dell’abbigliamento di punta a New York ne è stata un esempio lampante. Sia i processi chiave della produzione che le relazioni di lavoro erano controllate dai boss, che regolavano l’importazione e l’esportazione di vestiti. All’inizio del Novecento il 46 per cento della manodopera metropolitana era impiegata nel manifatturiero vestiario.9
Gaetano Lucchese, che spadroneggiava anche nel settore dell’abbigliamento, secondo i rapporti della polizia soltanto a New York possedeva, mediante prestanome, otto aziende senza alcuna presenza sindacale interna. Valachi testimoniò l’influenza e i rapporti consolidati tra Lucchese e i vertici del sindacato Teamsters.10
Valachi conosceva bene Lucchese, che aveva fatto parte della gang della 107ª strada. Si era rivolto a lui per salvarsi dalla condanna di Vito Genovese. Nel 1911 il palermitano Lucchese era arrivato negli Stati Uniti, ottenendo la naturalizzazione nel 1943 a Newark e sei anni più tardi il diritto di voto con un certificato di buona condotta della polizia di New York, che aveva rimosso una condanna del 1921. La sua fedina penale contava ventuno arresti per furto più altri quattro, due dei quali con incriminazioni per omicidio, mai tramutati in condanne penali definitive. Ebbe una lunga causa con lo Stato per un’evasione fiscale commessa dal 1947 al 1961 per un valore di 162.000 dollari. Risultavano di sua proprietà quote azionarie in molti marchi di abbigliamento: Turbo Co., Gaucho La Forta Dresses, Amy DeFashion, Laurie Sportswear, Bewood Contracting, Debbie Petites, Budget Dress, Sherwood Fashions. Nelle sue imprese a New York non c’era rappresentanza sindacale.
Un’altra figura di collegamento diretto con il sindacato Teamsters, secondo Valachi, era Tony Ducks, all’anagrafe Anthony Corallo. Shanley confermò nel confronto con McClellan il legame spesso organico fra il sindacato e i boss:
D: I mafiosi hanno contatti con i sindacati, accordandosi con i loro leader per ricevere vantaggi sui contratti e le condizioni di lavoro?
R: È corretto. E mediano direttamente per non avere la rappresentanza sindacale nel luogo di lavoro.
D: Intende per prevenire che il lavoro in fabbrica o nei negozi sia sindacalizzato?
R: Esatto.
D: Potremmo definirlo un racket? C’è una corruzione per evitare che siano presenti?
R: Sì.
D:Potrebbe essere applicato anche in caso di scioperi o quando i lavoratori minacciano uno sciopero?
R: Sì.
D: I sindacalisti vengono pagati per prevenire lo sciopero?
R: Esatto. L’obiettivo è il controllo della forza lavoro. Sono in grado anche di provocare scioperi qualora non si sottostia al loro regime.
D: In altre parole si tratta anche di un racket estorsivo?
R: Sì.11
Lo stesso Carlo Gambino era specializzato nelle relazioni sindacali, a cominciare dall’influenza sui portuali e nell’edilizia. Rosario Mancuso, un suo uomo, nel 1953 divenne presidente del sindacato Hod Carriers Local 186, con quartier generale a Plattsburgh, città nello Stato di New York che controllava moltissimi lavoratori nel progetto di costruzione dello Strategic Air Command.12