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Presumibilmente le cose sono andate così

Davanti alla caserma si erano radunati alcuni elfi. La notizia dell’arresto di uno di loro si era diffusa presto in paese. Forse qualcuno aveva visto arrivare la strana comitiva o forse l’aveva portata Verdiana degli Stabbi che aveva vissuto di persona almeno la prima parte dell’imprevista avventura e non era a conoscenza del suo epilogo.

Infatti era fra i presenti in attesa di notizie.

Si avvicinò a Elena e a Helga: «Perché Nicola non è uscito con voi? Lo hanno arrestato?» e chissà che altro avrebbe chiesto se Gherardini non avesse invitato le due ragazze a salire sul fuoristrada.

Per loro rispose a Verdiana: «Chiedilo al maresciallo».

«Dove stiamo andando adesso?» domandò Joseph appena l’auto si mosse.

«Da me. Per oggi direi che può bastare» e aggiunse, sottovoce: «Quasi».

Fermò il fuoristrada davanti all’uscio di casa e si rivolse a Helga e a Elena. «Voi potete scendere» e a Joseph, che stava per farlo, disse: «Tu no».

Il poliziotto tedesco lo guardò, sorpreso. «Cos’è? Una novità?»

Marco non rispose. Tornò alle ragazze: «Aspettateci qui. Ci meritiamo tutti una cena come si deve. Torneremo a prelevarvi. Vi va bene da Benito?».

Non aspettò il loro benestare: quanto a ristoranti, non c’era molta scelta a Casedisopra.

Ripartì.

«Dove stiamo andando?» chiese ancora Joseph.

«Al pronto soccorso.»

«Tu sei matto. Riportami agli Stabbi che me ne devo andare anch’io…»

«Te ne andrai, tranquillo. Prima il pronto soccorso e poi la cena. Ce la siamo meritata.»

Il tedesco aprì la portiera. «Poiana! O ti fermi o scendo lo stesso.»

Gherardini fermò, guardò il passeggero, gli posò le mani attorno alla testa e premette leggermente.

Joseph urlò.

«Visto? Ti fa male e non è una cosa da prendere alla leggera. La testa è la testa. Adesso ti metti tranquillo e fai come ti dico. Una precauzione, magari inutile, ma non dannosa.»

Lo palparono, gli fecero i raggi, lo medicarono, gli fasciarono fronte e occipite, gli prescrissero un periodo di riposo, firmò la liberatoria e li rimandarono a Casedisopra.

Ridendo e scherzando, avevano fatto le sette del pomeriggio e considerando che Poiana era in piedi dalle sette della sera precedente, avrebbe avuto tutte le ragioni per restarsene a casa, tranquillo.

Invece…

Invece: «Preparatevi che si va da Benito» disse alle ragazze.

Si guardarono.

«Prepararsi… in che senso? Siamo già preparate» disse Elena.

«È un modo di dire» la rassicurò lui. «Andate benissimo così come siete.»

Arrivarono da Benito alle sette e mezza.

Ora giusta.

Benito guardò male il trio degli elfi, Helga, Elena e Joseph, che Marco aveva fatto entrare per primi, e si mosse per andarli a buttar fuori dalla sua trattoria.

«Siamo in quattro, Benito» lo anticipò Poiana entrando. «Io e i miei amici elfi. Trattaci bene, come al solito.»

Il gestore cambiò subito cera. «Così lo avete arrestato?»

«So niente, io. Chiedilo al maresciallo.»

Helga fu la sola a mangiare poco e di malavoglia. Era triste, pensierosa e non partecipava ai dialoghi. Sembrava svegliarsi solo se Joseph le parlava in tedesco per spiegarle cosa si stava dicendo al tavolo.

Cenando, le cose si chiarirono. Fu Joseph soprattutto a chiarirle. Ne sapeva più di loro.

Disse di come si era lasciato stupidamente sorprendere da Nikolaos…

Adesso che tutti sapevano, lo chiamava col nome tedesco.

«Lavoravo con Nikolaos alla sua casa e l’altro pomeriggio staccammo prima perché lui doveva incontrare qualcuno, mi disse. Pensai che si trattasse del contatto che anch’io aspettavo e lo seguii. Incontrò un tale sulla statale. Un tale che era già arrivato a bordo di una jeep Renegade 4x4 grigia.»

«Quella che abbiamo trovato al sentiero per gli Stabbi» disse Gherardini.

Appena il tale vide spuntare Nicola, scese dalla Renegade, i due si salutarono e si abbracciarono come vecchi amici e sedettero su un sasso, all’ombra di una quercia.

Joseph riuscì ad arrivare alle loro spalle, nascosto dai rovi sul ciglio della strada. Ascoltò quasi tutti i loro discorsi. Perse i preliminari, ma la parte importante la registrò in memoria.

Aspettò che i due si separassero e tornò verso gli Stabbi.

Era ormai il tramonto e si fermò ai Campetti dalla famiglia Pietra.

Il capofamiglia, la moglie Crepuscolo e Narwain, Nuovosole, il figlio, stavano cenando e mangiò con loro, per cui arrivò agli Stabbi sul tardi e ci trovò Nicola.

Lo aspettava e gli chiese: «Dove sei stato?».

«Dove sei stato tu, accidenti. Ho messo su da solo il trave di colmo… Ti ho aspettato, aspettato e sono andato a cena dai Pietra. Se aspettavo te, il trave era ancora sull’erba.»

«Hai ragione, ma ho avuto da fare…»

«Immagino. Viviamo in un posto dove non si sta mai fermi. Sempre in giro, sempre qualcosa da fare…»

«Non sei spiritoso. Sono andato in paese per telefonare ai miei… Mia madre non sta bene e dovrò andare a trovarla. Chiede di me…»

«Così si è giustificato. Adesso ho le informazioni che mi servono. So dove andare e chi cercare» disse Joseph. «Ho gli elementi per concludere la mia missione. Ti puoi tenere il tuo arresto che a noi non serve più.»

«Potevi dirlo al maresciallo. Gli avresti tolto un grosso problema con i superiori.»

«Proprio per non toglierglielo» e Joseph vuotò il bicchiere. «Alla festa di ieri notte Nikolaos è arrivato con il borsone che gli hai sequestrato e ho capito che se ne sarebbe andato. L’ho tenuto d’occhio e l’ho seguito quando ha lasciato la festa. Sospettava qualcosa e mi ha aspettato all’imbocco del sentiero. “Scusa” mi ha detto. “Per cosa?” gli chiedo. “Per questo” e giù, una botta da stendermi per… per non so quanto. Fino all’arrivo di Helga. Ho perso anche molto sangue.»

«Bevi di questo» disse Benito, che era appena arrivato al loro tavolo per del vino e aveva sentito l’ultima frase. «Il rosso fa cannuccia e sangue» e riempì i bicchieri.

«Mi ci voleva» disse Joseph. «Mi hai fatto parlare un po’ troppo, Poiana, e ci voleva per bagnare gola e lingua.»

Alzò il bicchiere invitando gli altri a brindare con lui.

Non si unì Helga.

La guardarono e attesero.

Finalmente sembrò scuotersi di dosso la tristezza. Abbozzò un malinconico sorriso e anche lei sollevò il bicchiere verso Joseph: «Dispiace a me che tu sei ferito». Poi agli altri: «Adesso io penso a Nicola con molti guai e non so cosa io fare».

Nessuno se la sentì di consolarla.

Uscirono da Benito che mancava poco a mezzanotte.

«Mi sembra un po’ tardi per tornare agli Stabbi» disse Gherardini. «Potete dormire da me, se vi adattate.»

Si adattarono: Helga ed Elena nella camera al piano superiore. Joseph e Marco a piano terra, nel locale accanto alla cucina, su due poltrone scomode per dormire.

Tanto che i due passarono il resto della notte, o quasi, a tornare sugli avvenimenti nei quali erano stati coinvolti.

Arrivarono a una convincente ipotesi su come poteva essersi svolta la tragedia del Ramingo e della sua solitudine.

«Non te l’ho mai detto, Poiana, ma il giorno della famosa discussione in tedesco, Nikolaos ha gridato a Peter il Ramingo: “Se solo ti rivedo da queste parti, ti faccio fare la fine di tua sorella!”.»

«Per questo quand’è tornato aveva il fucile di Adùmas. Per difendersi.»

«Sì, ma per sua sfortuna ci ha rimesso lui. Nikolaos, più forte e meglio attrezzato, lo ha scaraventato nel grotto ed è sceso a controllare se fosse morto.»

«Così è stato lui a spostare il corpo. Per frugargli nelle tasche e prendergli portafoglio e passaporto» commentò Gherardini.

«Doveva prenderli. Se tu avessi saputo che il morto si chiamava Peter Probst e di dove veniva, sarebbe stato facile poi arrivare prima alla morte per droga di sua sorella e quindi al nome del ricercato, Schulz Nikolaos, responsabile anche del commercio di droga a Düsseldorf.»

«Che figlio di puttana» mormorò Gherardini.

«Sì, Nikolaos è un vero figlio di puttana…»

«Tu, tu sei un figlio di puttana. Mi stavo dannando l’anima e tu sapevi!»

«Non potevo dirtelo, amico. Come non potevo dirti che il giorno dei due famosi spari Nikolaos non era a lavorare con me al restauro della sua casa. È arrivato tardi, la sera. Aveva graffi al viso e alle mani. “Cos’hai fatto?” gli chiedo. “Sono scivolato in un dirupo”.»

«Se le cose stanno così, omicidio doloso premeditato. Una ventina d’anni, se gli va bene.»

Li svegliò Elena con un caffè e un «Ancora a letto, i due poltroni?».

«Che ore sono?» borbottò assonnato Gherardini.

«Le nove passate.»

«Le nove!» gridò Joseph. «Devo andare agli Stabbi e poi partire immediatamente per…» e la troncò lì.

Nessuno volle saperne di più.

«La colazione è pronta.»

«Non ho tempo! Devo partire immediatamente!»

In fretta mandarono giù il caffè.

Il fuoristrada portò Helga, Elena e il poliziotto tedesco fino a dove poteva arrivare.

C’era ancora la jeep Renegade.

«Le chiavi» chiese Joseph. «Userò quella e inventerò una scusa con loro…»

Poiana gliele consegnò.

«Tornerò a trovarvi» gridò Joseph allontanandosi di corsa su per il sentiero.

Le due ragazze e Marco si salutarono con più calma.

«Domani verrò in paese» disse Elena.

«Ti aspetterò» disse Gherardini. Poi a Helga: «Aspetterò anche te e vorrei che dimenticassi Nikolaos».

«Das ist schwierig3» rispose la ragazza.

Prima di parlare, Marco si costruì mentalmente la frase. Che poi espose con la dovuta lentezza.

«Ist es aber nicht, wenn du denkst, dass er dich nicht verdient hat. Der war nicht für dich.4»

«Che vi siete detti?» chiese Elena con scherzosa malizia.

«Che vi amo tutte due» rispose lui dal finestrino facendo manovra per rientrare a Casedisopra.

Aveva qualcosa da chiarire con il maresciallo.

Qualcosa che non gli andava restasse in sospeso.

3 «Sarà difficile.»

4 «Non lo sarà se penserai che non ti meritava. Non era per te.»