Capitolo XXV La signora lo prende amaro
«Sai, ispettore, che ti sta bene la divisa?» disse la voce di donna dietro di lui. Il timbro era basso, leggermente roco, classico di chi fuma un po' troppo e, senza voltarsi,
Gherardini disse: «Grazie, Margherita, ma non sarà la prima volta che mi vedi in divisa.» «Vero, ma non ci avevo mai prestato attenzione. Mi offri il caffè?» L'ispettore fece segno a Benito che dai venti euro si tenesse anche il caffè per Margherita. «Amdi!» gridò Benito. «Un caffè per la signora Margherita.» «Al banco?» chiese Amdi. Gli rispose Margherita: «Mi siedo, mi siedo. Il caffè mi piace comodo» e andò a sedersi al
tavolino che il forestale e Adùmas avevano appena lasciato libero. «Non è bello offrire il caffè a una signora e lasciarla bere da sola» disse poi a Gherardini.
L'ispettore la raggiunse e restò in piedi. «Scusami, ma devo andare...» Margherita non gli lasciò il tempo di completare: «... alla Ca' Storta» disse. «Guarda, Poiana, che sei tu ad aver bisogno di me. O mi hanno informata male?» Dall'elegante borsetta tolse sigarette e accendino e offrì all'ispettore.
Lui controllò e scosse il capo: «No, grazie, quegli spaghet-tini lì sono troppo leggeri» e, sedendo, accese una delle sue. Amdi posò la tazzina davanti alla signora Margherita. «E tu? Vuoi qualcosa, ispettore?» Poiana fece segno di no con il capo e il ragazzo tornò dietro il banco.
«Cristina ha detto che mi cercavi, sono passata davanti al bar, ti ho visto ed eccomi qua» disse Margherita, un paio di tiri mentre girava il cucchiaino nella tazzina.
«Non hai zuccherato» disse. Gli sorrise e solo allora, e solo per sorseggiare, posò la sigaretta in bilico nel portacenere. «Mi piace amaro» ma, visto il tipo, era più credibile non zuccherasse per non superare le calorie giornaliere. Infatti, la signora Margherita, sposata Badaloni, attorno ai quaranta, carnagione scura e scuri i capelli lisci, elegante, aveva un bel corpo snello e ci teneva a conservarlo. Giustamente. Finì di sorseggiare, riprese la sigaretta, guardò l'ispettore e aspettò.
«Sì, ti devo parlare» disse lui. Si guardò attorno: «Non qui. Non è il caso di pubblicizzare, anche se, come ho sentito, in questo paese è difficile tenere riservate certe notizie. Se non ti dispiace, andiamo in caserma».
«Non avevi fretta di salire alla Ca' Storta?» l'interruppe lei.
«L'hai detto tu, non io.» All'allievo agente Ferlin, venuto ad aprire, chiese subito: «È rientrato il sovrintendente?». «Non ancora, ispettore.» Gherardini fece spazio a Margherita e poi, passando accanto all'allievo agente, chiese ancora:
«Come vanno le mani, Ferlin?».
«Non male» e, sollevatele, mostrò la pelle arrossata. «Non c'è più pericolo di infezione e mi hanno tolto le bende.» «Sono contento» disse l'ispettore. «Appena Farinon rientra, avvertimi» e fece segno a
Margherita di precederlo. «Cosa è successo a quel giovanotto?» chiese lei, in ufficio. «Ha solo messo le mani dove non doveva. La prossima volta starà più attento. Accomodati.» Margherita si accomodò: «Si sta bene qui» mormorò. L'ufficio dell'ispettore era posto a nord e per ciò abbastanza fresco, data la giornata. Inoltre,
per sue precise disposizioni, gli scuretti esterni dovevano essere mantenuti socchiusi fino al tramonto.
«Posso fumare prima che cominci l'interrogatorio?» L'ispettore non rispose, ma dal cassetto della scrivania tolse il posacenere e lo spinse verso Margherita. «Niente interrogatorio, solo un paio di informazioni» disse mentre la signora accendeva la sua sigaretta sottile. L'ispettore accese una delle sue. «Non si potrebbe» disse, «ma a volte... Dunque, sto cercando di capire come mai due sportine...» Sospese e guardò in viso la donna: «Sai una cosa strana? Ti chiamano tatti signora Margherita e anch'io ti chiamo così. Toglimi una curiosità: qual è il tuo cognome?».
Sorpresa da una domanda che non si aspettava, la signora Margherita sorrise, scosse il capo e chiese: «Per questo, per sapere come mi chiamo sono stata convocata nel tuo ufficio?».
«Una mia curiosità.» «Che sono lieta di soddisfare, ispettore. Il mio cognome da ragazza è Cariello. Sono frutto di un incrocio fra la Campania, mio padre era di Torre del Greco, e la Sardegna. Mia madre è sarda e, rimasta vedova, tornò nel paese natio. Dove vive tutt'ora, un po' malandata. Sono appena rientrata da una visita e non l'ho trovata bene. Sto pensando se sia o no il caso di farla assistere... Ma non credo siano queste le notizie che ti interessano.»
L'ispettore annuì. «Vero, sono interessato a due sportine di plastica, signora Cariello, e mi piacerebbe sapere come sono finite alla Ca' Storta.» «E io che c'entro con le sportine e la Ca' Storta?» «Non lo so, dimmelo tu. Una sportina è targata "Intimo per lei". Ti dice niente?»
La signora Margherita, che stava per aspirare dalla sigaretta, sospese il gesto a mezz'aria. «Mi dice, mi dice: all'Intimo per lei" ho acquistato di recente alcuni indumenti...»
«Li hai addosso ora?» la interruppe Poiana, con un sorriso.
«Sì» rispose la signora Margherita con lo stesso tono ironico. «Vuoi controllare?» e fece l'atto di alzarsi per mostrare.
«Ti credo sulla parola» la bloccò lui. «A proposito, che profumo usi?»
La signora lo guardò sorpresa e incuriosita. «Cos'è, una proposta?» e, senza attendere risposta, si alzò e si protese verso l'ispettor Gherardini, porgendo il collo, fra orecchio e spalla. «Eccolo, Acqua di Parma.»
Gherardini non accettò la provocazione e tornò agli indumenti intimi: «Scusa, ma se li indossi ora, come si spiega che li ho trovati nella sportina di plastica, alla Ca' Storta?».
«In realtà oggi non indosso proprio quelli, mi sono cambiata» e sorrise. «Però mi piacerebbe tanto sapere come sono finiti alla Ca' Storta.» Poi, rendendosi conto che la sua risposta non spiegava, anzi, intrigava ancora di più, chiarì: «La sportina è mia, sì, me l'hanno rubata dall'auto».
La signora Margherita era stata a Bologna per delle spese e, fra le altre cose, aveva acquistato anche gli indumenti intimi, ma poi, tornata in paese, si era fermata da Benito per un the freddo...
«Faceva un caldo maledetto, l'impianto di condizionamento della mia auto non voleva partire ed ero arrivata in paese in un bagno di sudore» per cui, un the gelato... Insomma, aveva parcheggiato l'auto proprio dinanzi al bar di Benito e si era seduta a un tavolino senza preoccuparsi di chiudere le portiere. «Ero lì, a due passi, cosa vuoi che pensassi a qualcuno interessato alle mie mutandine?»
«Ti sarai chiesta chi possa avertele rubate, le mutandine e il resto, no?» La signora Margherita non rispose e all'ispettore parve imbarazzata. «La cosa è molto più grave di un furto di mutandine, Margherita» spiegò lui. «Non starei a perdere il tempo. Si tratta di un morto ammazzato, forse due, quindi...» e sospese, lasciando alla signora il tempo per riflettere.
Lei lo fece. Diede un ultimo tiro alla sigaretta, spense il mozzicone nel posacenere e abbassò il capo prima di dire: «Non vorrei metterti delle idee sbagliate».
«Deciderò io se sono sbagliate o giuste. Il tuo dovere è rispondere. Sai chi ti ha rubato la sportina?»
Il tono dell'ispettore sorprese la signora Margherita. Non lo aveva mai sentito così duro, deciso. Annuì: «Credo di sì, credo, ma non sono sicura». Fece una pausa. «Mentre bevevo il the, passò di lì quella ragazza... come si chiama? Ha un nome strano. Sai, quella che viene ogni tanto in paese a vendere...»
«Florissa» disse l'ispettore.
«Sì. Si fermò a salutarmi... aveva la piccola dentro un sacco appeso ai-collo. Mi fece un cenno di saluto... sai, a volte le compro qualcosa. Mi fece un cenno e andò a bere alla fontana. Io credo... Insomma, quando mi sono alzata per tornare all'auto, lei ancora bighellonava lì attorno con la piccola appesa al collo. Potrebbe essere stata lei, ma non ne sono sicura.»
L'ispettore si alzò. «Grazie» disse. «Mi sei stata utile.»
La signora Margherita non si alzò, guardò l'ispettore e chiese: «Cosa succederà ora?». Non ebbe risposta. «Ripeto, non sono sicura, non voglio fare del male a nessuno.» «Tranquilla, non succederà nulla che non debba succedere.» Ancora la signora, indecisa, non si alzò. «Hai parlato di morti e io sono preoccupata. Di cosa si
tratta esattamente?»
«È una storia lunga e complicata, Margherita. Vieni, ti faccio accompagnare a casa. Tuo marito sarà in pensiero.» «Il signor Badaloni ha altro per la testa. Per dire, è in cantiere da stamattina alle sei.» «Molto lavoro?» «Troppo. Sarebbe ora che si preoccupasse più della famiglia. Sua figlia, per esempio, Cristina...», ma non completò. «Che ha Cristina?» «Ha bisogno di un padre che la capisca. Poi si è messa con quel Novello che...» e ancora non concluse.
«Insomma» disse l'ispettore precedendola verso l'atrio, «secondo te, tutti gli uomini che vivono attorno a Cristina non sono adatti a lei, suo padre, Novello...» Margherita si fermò in mezzo al corridoio e guardò in viso l'ispettore: «È così. Le ci vorrebbe uno come te». Si riavviò e nell'atrio disse: «Vado da sola, ho l'auto in piazza, faccio due passi». «Come vuoi» e Gherardini restò sulla soglia a guardarla allontanarsi. Niente da dire, era una bella donna, e si chiese cosa accidenti avesse trovato nel signor Badaloni per sposarselo. Si chiese anche come mai, nelle ultime battute del loro colloquio, Margherita avesse cambiato umore. Sparite l'ironia, la simpatica provocazione, le velate allusioni... Lo tolse dai pensieri il rumore della campagnola arrivata in cortile. Rientrò. Aspettò Farinon e subito gli chiese: «Francesca?». Il sovrintendente scosse il capo. «Vuoi dire che non c'era?» «C'era la sua auto, non lei, ma ha avuto visite poco simpatiche. La casa era in uno stato...» «L'ho vista. Hai guardato nel fienile?» «No, ma ho girato attorno e l'ho chiamata. Niente.» «Dovevi salire nel fienile!» gridò l'ispettore. «Torniamo su!» e corse in cortile, alla campagnola.
«Bastava dirmelo, di cercarla nel fienile, no?» urlò anche Farinon andandogli dietro di corsa. Poi, seduto nella campagnola accanto all'ispettore e con gli occhi fissi sulla strada, preoccupato per la guida, chiese: «Perché nel fienile?».
«Perché è di lì che mi ha telefonato.»
Il sovrintendente lasciò per un momento la strada per guardare il superiore: «Si può sapere cosa sta succedendo, Poiana?».
«Vorrei saperlo anch'io, Farinon! Vorrei proprio saperlo.»
«Poiana, Cristo, vai più piano!» L'ispettore neppure lo ascoltava, prendeva le curve in velocità e dalla sterrata che portava alla Ca' Storta s'alzava polvere e schizzavano sassi.
Inchiodò sull'aia, a un metro dalla stalla, e il sovrintendente già si era visto sfondare il parabrezza.
L'ispettore scese e andò di corsa alla porta della stalla.
«Ti preme proprio quella ragazza, eh, Poiana?» gli gridò dietro il sovrintendente.
Poiana non gli rispose. Gridò anche lui: «Da' un'occhiata attorno!».
«L'ho fatto un'ora fa!», ma non obiettò altro e fece quanto ordinato. Non era ancora entrato in casa che dal fienile gli arrivò:
«Farinon, è qui! Corri a darmi una mano!»
Il sovrintendente bestemmiò nella sua lingua madre, si maledisse per non essere salito lui nel fienile un'ora prima e corse.
L'ispettore, chino sul fieno accanto al corpo della ragazza, ne sosteneva il capo e aveva le mani insanguinate. Un'altra chiazza del sangue colato dalla nuca macchiava il fieno dove Francesca aveva posato il viso fino a pochi istanti prima.
Farinon bestemmiò ancora e si chinò sui due. «Faccio io» disse. «Tu chiama un'ambulanza.»
«Sai quanto ci mette per arrivare fin qui?» e, lasciato il capo della ragazza fra le mani del suo sovrintendente, telefonò all'elisoccorso.
L'elicottero atterrò nell'aia della Ca' Storta quando l'ispettore e il sovrintendente avevano già portato giù dal fienile il corpo di Francesca e l'avevano sdraiato sotto il portico della stalla, su un mucchio di fieno. L'ispettore Gherardini sosteneva il capo della ragazza in modo da lasciare libera la ferita sulla nuca; l'acqua fresca che le aveva poi spruzzato sul volto le aveva fatto socchiudere gli occhi. Lei si era guardata attorno, non aveva capito la situazione e aveva accennato un sorriso per Poiana, chino su di lei e preoccupato.
«Chi è stato?» le aveva chiesto sottovoce. Francesca aveva scosso lentamente il capo e richiuso gli occhi.
Velocemente Chiara, la giovane elicotterista, scese e corse verso il gruppo dei tre mentre medico e infermiere scaricavano la barella. «Cos'è successo?» chiese subito.
«Ancora non lo sappiamo, spero niente di grave» rispose l'ispettore, ma il tono non era tranquillo. «Grazie per essere volata.»