Capitolo XI La Ca' Storta non è in vendita!
Sdraiata su un panno all'ombra della grande quercia davanti alla Ca' Storta, Francesca si godeva il fresco e ripensava a come aveva trattato Poiana. Non se lo meritava e se ne dispiacque. Da quando era tornata aveva fatto il possibile per procurarsi inimicizie. Tanto per dire, con il medico condotto, il dottor Antinori, colpevole incolpevole di essersi comperato la sua casa in paese.
"Se è vero che a Casedisopra si impara tutto, adesso saprà di sicuro di chi era la mano che l'ha mandato a fanculo dal finestrino della C3."
Anche con Novello e la sua ragazza, Cristi, si era comportata da cafona. Era stata scostante con il povero Giorgio, ingrassato e senza capelli, che l'aveva accolta e servita con grande affetto.
"Neppure ho risposto alle sue domande, accidenti."
Si era presentata al maresciallo per denunciare l'intrusione di sconosciuti in casa sua e se n'era andata mandandolo al diavolo. Per ultimo aveva mandato in quel posto anche Poiana, che pure le aveva offerto, oltre allo spuntino alla trattoria-bar Da Benito, la sua amicizia. Infatti il forestale aveva fatto il possibile per risultarle simpatico.
"Devo comportarmi meglio o nessuno vorrà più saperne di me." Senza contare che del maresciallo aveva bisogno. "E pure di Poiana... Poiana, strano soprannome per un giovane ispettore della forestale." Aprì il cellulare sperando di avere campo. «Figurati!»
Si alzò decisa a cercare un posto da dove chiamare. Ci mise il suo tempo ma lo trovò nel fienile sopra la stalla. Le onde elettromagnetiche, ammesso che di loro si trattasse, si comportavano in modo strano.
«Pronto.»
«Ciao, sono io.»
«Franci! Ma dove sei, cosa fai? Almeno...»
Ricomincia!
«Lascia perdere dove sono e cosa faccio, mamma, e dimmi piuttosto una cosa. Qua succedono strani fenomeni. La Ca' Storta è ancora nostra o per caso l'avete venduta come la mia casa in paese?»
Dall'altra parte ci fu un breve silenzio. «Be', venduta non credo:..»
«Cosa vuol dire "venduta non credo"?»
«Be', sai, nessuno ci andava più, e ho incaricato quelli dell'agenzia, l'agenzia di quel tipo in paese, Pieri mi sembra, l'ho incaricato di cercare... se per caso si fosse trovato un acquirente. Almeno non andrà in malora, almeno.»
«Ma cosa sei, matta? Vendi la casa del nonno?»
«Franci, non parlare così a tua madre! E poi era lì che non faceva niente, che non interessava più a nessuno!»
«Interessava a me, accidenti! Ma come puoi essere così insensibile da pensare di disfarti di una cosa di tuo padre?»
«Ti ho detto di non parlarmi in questo modo!»
«Non è questione di modo, ma ti rendi conto di cos'hai fatto? Ci sei nata, qui.»
«Oh insomma! Venduta ancora non credo, basta che tu vada all'agenzia e dica che non è più in vendita e amen, senza tante storie. Ma sei lassù? Almeno dimmi cosa vuoi fare, dove...»
«Speriamo sia così, mamma, perché se non è così stavolta davvero non mi vedete più!»
«Almeno non dire delle cose così.» «Il nonno l'aveva lasciata a me o no?» «Così aveva detto, ma sai, io e il babbo avevamo pensato che i soldi della vendita li avremmo dati a te.» «Sai che me ne importa dei soldi? Io voglio la Ca' Storta!» «Ma per farne cosa, santoddio? Per farne cosa?» «Non ti preoccupare.» «È un rudere...» «Un rudere al quale tengo.» «Adesso ti faccio parlare con tuo padre...» «Non mi interessa parlare con mio padre!» «Francesca» urlò la madre prima che la ragazza chiudesse con uno scatto il telefonino.
Era davvero arrabbiata: «Ma tu guarda, vendere la casa del nonno, senza dirmi niente. Fanno sempre come pare a loro, e io chi sono? E poi si lamentano se me ne vado». Diede un calcio a un mucchio di fieno che le era capitato fra i piedi e, sempre più arrabbiata, scese veloce la scaletta a pioli del fienile.
«E ora di capirci qualcosa in questa storia! Voglio vedere, voglio proprio vedere. Intanto, vado all'agenzia e poi da quel maresciallo a dirgliene due.» Aveva già dimenticato il proposito di essere gentile con i paesani.
Cercò le chiavi della macchina, che come sempre erano sparite (Ma dove diavolo le avrò infilate?), poi se le ritrovò in tasca, si avviò alla Pluriel (Ha ragione Poiana: poco adatta per questi sentieri), ci salì e partì grattando.
Si fermò in piazza, scese sbattendo lo sportello e si guardò attorno. «E ora dove cavolo sarà questa agenzia?»
«Vedo che non è giornata, oggi.»
La voce di Novello la fece voltare. «Ciao, Novello. Mai niente da fare, tu?»
«Dipende dai giorni e dipende dal da fare. Ma com'è che sei così nera?»
«Sta' buono, va' là. I miei hanno messo in vendita la Ca'
Storta.»
«Quel rudere? Be', hanno fatto bene. Chissà chi se la compera.»
«Anche tu! Sarà un rudere, ma io ci tengo.» «Guarda che se vuoi stare qui, c'è di meglio in giro.» «Dimmi piuttosto dov'è l'agenzia di Pieri.» «A due passi, ma ti avviso, Pieri è uno che non è biondo subito, è da trattare con le molle.»
«Ah sì? Se è per questo sono poco bionda anch'io, soprattutto oggi, e le molle, se mi fa girare, gliele do in testa!» «Ehi, calma, calma. Ti accompagno all'agenzia.» Era davvero poco distante dalla piazza. Si prendeva una stradina laterale e, dopo pochi passi, fra un negozio di oggetti ricordo e uno di scarpe c'era l'agenzia. Sotto a una sgargiante insegna SULL'APPENNINO e, più in piccolo, DI PIERI ADOLFINO SPA, c'era l'ampia vetrina con la scritta PERIZIE E CONSULENZE IMMOBILIARI e un pannello ricoperto di foto di case con le scritte VENDESI, affittasi, permutasi. A lato due piante di sempreverdi.
Entrarono facendo squillare un campanello. Si scendeva un gradino di marmo, all'estremità del quale erano appoggiati un vaso d'aralia e uno d'aspidistra. A fianco, un attaccapanni di ferro a stelo ai cui piedi c'era un portaombrelli di ceramica dai disegni cinesizzanti. Di fronte, a un'ampia scrivania, sedeva una ragazza molto vistosa che, masticando un chewing-gum, batteva sui tasti di un computer. All'ingresso dei due alzò la testa. «Ciao, Novello, hai bisogno?»
«Ciao, Noemi, io no, la signorina qui ha bisogno di Pieri. C'è?»
La ragazza guardò Francesca e la studiò un momento. «Il dottore c'è, è di là, ora guardo se è occupato.» Si alzò e andò lentamente verso la porta di un ufficio. «Chi devo dire?» «Francesca Bordini.»
Noemi bussò e senza attendere risposta aprì la porta. Nell'ufficio qualcuno parlava, poi s'interruppe e la ragazza annunciò: «Dottore, c'è di là la signorina Bordini con Novello, faccio entrare?». Si girò verso Francesca, indicò la porta e disse: «Prego, accomodatevi».
Entrarono. Pieri aveva ripreso a parlare al telefono: «No, Luca, lo sconto l'ho già fatto». Indicò due poltrone di fronte alla scrivania e sorridendo fece segno di aspettare la fine della telefonata. «No, no, non posso più abbassare, assolutamente. Poi lo sapeva, scusa, quanto costava, che balle mi viene a trovare oggi? Digli pure così, o non se ne fa niente, e adesso ti saluto che ho gente. Sì, sì, ciao, ciao.»
Posò il telefono e sorrise ai due. «Scusate ma con questo lavoro ci sono sempre delle grane. Dunque lei è, se non sbaglio, Francesca Bordini, la figlia della signora Maria Musolesi. Che piacere.» Si alzò e porse la mano che la ragazza strinse controvoglia. «Se mi consente un complimento, lei è degna figlia di sua madre, portate in giro la stessa bellezza. Vedo che ha già trovato un cavaliere.»
La ragazza storse la bocca sbuffando e Novello s'intromise: «Frena, frena Pieri, Francesca è qui per la Ca' Storta». «Ah, sì, la Ca' Storta. Be', certo, l'abbiamo messa in vendita, ma sa, non è una cosa facile, un po' la crisi che c'è in giro, e colpisce per primi noi dell'immobiliaristica, ci mancava anche la crisi, poi, onestamente, non è che la Ca' Storta sia un grosso affare. Messa com'è messa, un eventuale acquirente dovrebbe anche affrontare la spesa di una ristrutturazione e oggi come oggi, lo vede anche lei... anche se noi ovviamente queste cose non le diciamo a un cliente eventuale, sa, indoriamo, come si dice, la pillola, comunque io e i miei ragazzi siamo sempre al lavoro e...»
Francesca alzò una mano per fermare il fiume di parole. «No, guardi, non sono qui per sollecitare, ma per dirle che la Ca' Storta non è più in vendita.»
Pieri si lasciò andare contro lo schienale della poltroncina cambiando espressione. «Come non è più in vendita?»
«Semplicemente non ho più intenzione di vendere. Non è felice? Le tolgo ogni preoccupazione.»
L'immobiliarista si drizzò di nuovo. «Ma signorina, non può!» Appoggiò le mani sulla scrivania e si protese in avanti come per mordere la ragazza. «Mi spiace, ma non è più possibile!»
«Glielo dico io che è possibile. Se non intendo più vendere, non si deve vendere.»
«Ma scusi, la Ca' Storta non è intestata a sua madre?»
«Intestata a me o a mia madre, non le deve interessare. Mia madre in questo caso fa quello che decido io, perché il nonno l'aveva lasciata a me, la Ca' Storta.»
«Lasciata a lei? Ma ha un documento che attesti la donazione?» Convinto di aver toccato l'argomento giusto, Pieri si rilassò di nuovo sulla poltroncina e sorrise. «Perché, vede, a quanto mi risulta, la casa è di proprietà della signora Maria Musolesi in qualità di legittima erede e quindi lei, se mi consente, non avrebbe voce in capitolo.» Accentuò il sorriso ipocrita. «Ma questo, guardi, è un aspetto secondario, perché anche se la signora Musolesi, sua madre, dico, non lei, decidesse di non vendere, non lo potrebbe più fare. E questo taglia la testa al toro.»
«E perché, scusi, non potrebbe più farlo?»
«Perché, perché... perché uno interessato all'acquisto l'abbiamo già, anche se non posso ancora fare nomi, e mi ha versato una caparra. Ora, se interrompessimo la trattativa, lei non solo dovrebbe restituire la caparra, ma dovrebbe corrispondere alla persona in questione una cifra analoga come indennizzo. Non solo» e batté tre volte l'indice sulla scrivania prima di puntarlo sulla ragazza. «Non solo, lei dovrebbe anche pagare all'agenzia una cifra da stabilire per le spese da noi sostenute, il disturbo, il mancato guadagno e...»
«Non si permetta di puntarmi contro quel dito!» Francesca era inviperita. «Ma come? Prima mi fa una gran tornella sulla crisi, sul momento difficile che non si batte un chiodo, sulla casa che» e imitò il tono di Pieri «lei mi capisce, è messa male, e uno dovrebbe restaurare, e sopra, e sotto...» Riprese il suo tono: «Poi mi spara che c'è già un acquirente, che l'agenzia ha già incassato una caparra, e la cifra, e un conguaglio, e le sue spese». Si bloccò e piantò gli occhi in quelli dell'immobiliarista. «Ma lei, Pieri, è una persona onesta e seria?»
«Signorina, non si permetta...»
«Mi permetto sì, mi permetto. Prima mi arruffiana da stronzo quale è, ah, è bella come sua madre, poi mi salta fuori con sta storia da ladro!» Novello le mise una mano sulla spalla per calmarla, ma Francesca se la scrollò di dosso e si alzò in piedi puntando l'indice minaccioso sul muso di Pieri. «La Ca' Storta non è più in vendita, capito?»
«Signorina, io l'ho trattata gentilmente, fino a ora, ma vedo che lei non capisce o non vuole capire. Se la casa era da vendere, resta da vendere. Chi è lei? Con quale diritto viene qui e mi impone una cosa che non può assolutamente impormi...»
«Non impongo niente se si comporta onestamente con me. La Ca' Storta è mia e ne faccio quello che voglio. E la Ca' Storta non è in vendita, capito, disonesto ruffiano? Non-è-invendita!»
Anche Pieri si alzò, rosso in viso. «Lei sta passando ogni limite, anzi l'ha già passato. Adesso le dico una cosa, stia attenta a come parla o la denuncerò per offese e calunnie. Per fortuna c'è un testimone e...»
«Me ne sbatto delle sue denunce e anche del testimone. Mi dia la chiave della Ca' Storta, subito!»
«Non se ne parla neanche! E ora la prego di accomodarsi!»
«Accomodarmi? Mi dia la chiave o io...»
«Io cosa? Cosa? Guardi che aggiungerò anche le minacce.» Si voltò verso Novello. «Tu sei testimone che mi ha anche minacciato.»
«Testimone di cosa, Pieri?» e Novello prese la ragazza per le spalle. «E tu, Francesca, calmati. È meglio che ce ne andiamo.»
«Calmarmi? Se questo ladro non mi dà subito la chiave...»
«Ma che chiave e chiave! Esca subito dal mio ufficio, subito!»
Francesca si scrollò dalle mani di Novello, fece il giro della scrivania e si lanciò su Pieri afferrandolo per i risvolti della giacca. «Lei, lei...», ma Novello la riprese tenendola ben stretta.
«Ascolta, Francesca, è meglio che ti calmi adesso, o finisce davvero male. Meglio che ce ne andiamo, ora.»
La ragazza guardò Pieri che si rassestava la giacca. «Ora me ne vado. Ma si ricordi che non finisce qui.» Scaraventò a terra una poltroncina, scansò Noemi, la segretaria, apparsa sulla porta richiamata dalle grida, e uscì.
Prima di seguirla, Novello fece un cenno a Pieri come per dire: "Lascia perdere". Ma Pieri urlò: «Non lascio perdere. Noemi, chiami subito il maresciallo Cruenti, subito!».
«Dal maresciallo ci vado io!» gridò anche Francesca. Uscì sbattendo la porta dell'agenzia con tale violenza che la vetrina vibrò paurosamente.