Nella piazzetta di Casedisopra, su un lato la chiesa e di fronte il Comune, la prima sorpresa: i ciottoli levigati e arrotondati dal tempo erano stati sostituiti da un manto d'asfalto rammollito da un sole particolarmente caldo. Fortuna che lei non aveva messo i tacchi a spillo.
Poi le auto. Occupavano tutta la piazzetta, tranne un'asfittica aiuola messa là per compassione. O per farsi perdonare la demolizione del pozzo rotondo, di sassi e con la struttura di ferro battuto per il sollevamento dei secchi, che da anni faceva finta di fornire acqua agli abitanti. In realtà, la vena sotterranea era stata deviata dai lavori di risanamento che i Guidotti avevano fatto eseguire nei sotterranei del loro antico palazzo, di poco a monte della piazzetta e sulla quale incombe ancora oggi con le massicce pareti di sasso grigio e i tanti stemmi d'arenaria, alcuni corrosi dal tempo e illeggibili, testimoni inutili di un'antica nobiltà. Il vecchio pozzo era stato sostituito da una moderna fontana spaziale, uscita da chissà quale studio d'architetto, alimentata dall'acquedotto municipale.
Le braccia appoggiate al tettuccio bollente della C3 e il mento sulle braccia, Francesca guardò com'era cambiato un mondo in otto anni. Pochi ma anche tanti.
Sentì qualcuno, a pochi metri da lei, gridare: «Non ci credo!». Un giovane la guardava, gambe larghe e mani sui fianchi. «Di tutto, ma non Francesca! Ti davo fra le veline della tivù.»
«Novello!» e lo guardò, sorpresa quanto lui. Il giovane era in maniche di camicia, capelli castani un po' lunghi e mossi da un refolo. «Veline? Chi ti dice che sia il mio genere?» chiese lei andandogli incontro e abbracciandolo.
«Sei troppo bella. La tua fine è quella. Prima o poi ci caschi dentro.» «Sarebbe una soluzione.»
Anche Novello era un bel giovane, qualche anno più di Francesca. Della casata dei Guidotti, a Casedisopra lui ci abitava stabile e in estate s'incontravano con i piangiani che salivano da Bologna e da Firenze per la villeggiatura. Il suo nome completo faceva Guido Novello Guidotti, in onore di un tal Guido Novello Guidi, forse il capostipite dei Guidotti. Al momento, Novello era l'ultimo dei Guidotti, ma aveva tutto il tempo per dare un seguito alla casata. Chiese: «Ti hanno cacciata di casa?»
«E tu?» Francesca lo faceva spesso: rispondeva alle domande con una domanda. «Io ci abito, lo sai.»
«Il mondo non finisce qui. Non te l'hanno detto?» Novello si strinse nelle spalle: «Puttanate! Ci sto bene». La prese sottobraccio. «Vieni.»
«Devo parcheggiare... Non c'è un posto a pagarlo. Peggio che a Bologna.»
Novello fece il giro della C3 e montò. Ripete: «Vieni» e appena Francesca sedette al volante, «ti trovo dove sistemare l'auto».
Gliela fece sistemare nel cortile di palazzo Guidotti, severo e grigio come tutto il fabbricato. «Puoi lasciarla quanto vuoi.»