Francesca non lo lasciò finire. «Vuoi dire che sei socio di quel delinquente?»

«Abbassa la voce che se s'impara in giro... Questo è un paese di merda e le cose vengono sempre travisate. Da qualche parte dovevo investire i soldi di mio padre, no? Adesso mi torna utile. E torna utile anche a te. Ci parlo io con Pieri, ma tu prometti di lasciar perdere il maresciallo e di metterti tranquilla. D'accordo?»

«Ti do una settimana e poi...» «E poi?» Francesca non rispose. Si alzò dal tavolo e: «Grazie» disse sottovoce, «adesso ho da fare alla Ca' Storta». «Cos'avrai mai da fare?» «Ciao.» Si staccò dal tavolo arretrando di qualche passo e finì fra le braccia del maresciallo Cruenti, che non si spostò e lasciò che fosse Francesca a staccarsi da lui, poi le sorrise e disse: «Un felice scontro, direi, signorina Bordini.» «Tranquillo, maresciallo, puramente casuale» e fece per riprendere la sua strada, ma il maresciallo la fermò: «Ha molta fretta, signorina.» «Sì, ho da fare alla Ca' Storta...» «A proposito, ho appena incontrato il signor Pieri.» «Buono quello» mormorò Francesca. «È molto arrabbiato con lei, lo sa?» «Per quello che m'importa...» «Invece dovrebbe, dovrebbe importarle, visto che ha intenzione di denunciarla.» «Lo faccia!» Il maresciallo Cruenti indicò a Francesca la sedia dalla quale lei si era appena alzata. «No, grazie, ho da fare alla Ca' Storta» ripetè lei. «Come vuole» disse il maresciallo. Il suo tono era diventato ufficiale. Sedette di fronte a Novello e disse ancora: «Una denuncia non fa bene a nessuno» e fece segno ad Amdi che subito si mise alla macchina per il caffè. «Anche se la trovo eccessivamente scortese, cara signorina Bordini, le comunico che, grazie a me, il signor Pieri per ora soprassiede.» Francesca fece un cenno di saluto a Novello, girò la schiena ai presenti e si allontanò. «Signorina Bordini!» le gridò dietro il maresciallo. «Signorina, non tiri troppo la corda!» Scosse il capo e mormorò a Novello: «Quella sta cercando guai» e aspettò il caffè.

Novello non aveva messo bocca nelle battute acide fra il maresciallo e la ragazza. Disse ad Amdi che aveva appena portato il caffè a Cruenti: «Nel mio conto» e si alzò. «Buona giornata, maresciallo. Anch'io ho qualcosa da fare.»

«Mi raccomando a lei, signor Guidotti, la tenga d'occhio o la signorina Bordini si metterà nei guai.» Poi, fra sé: «In ogni caso io avvertirò il dottor Bordini».

Novello lo intese ma continuò per la sua strada. In fondo alla piazza, l'auto di Francesca si stava allontanando a tutto gas lasciando sull'asfalto un bel po' di battistrada.

Guidò senza preoccuparsi della sterrata malridotta, sollevando polvere e sassi, specie in curva. Percorse veloce anche l'ultimo tratto, il più sconnesso prima della Ca' Storta e, arrivata nell'aia, frenò. La polvere sotto le ruote non tenne, la C3 sbandò e la ruota posteriore destra finì nel fossetto di scolo delle acque piovane.

«Fanculo anche te!» gridò Francesca. Scese, sbatté la portiera, corse in casa e fece quello che avrebbe voluto fare dall'arrivo: perquisizione alla grande. Come aveva visto nei film e cioè buttando tutto all'aria senza sapere cosa cercare.

Al termine della perquisizione aveva allineato sul tavolone della cucina un pacchetto regalo e due sportine di plastica. Il pacchetto regalo, ancora da aprire, con tanto di fiocco, lo aveva trovato in bagno, dentro a un cassetto. L'aprì stracciando l'incarto. Conteneva una bottiglietta di Acqua di Parma, profumo certamente non acquistato da nonno Musolesi per un regalo a "quella donna". Dietro la porta di cucina aveva trovato una sportina di plastica con la pubblicità del negozio di Giorgio: "Prodotti tipici della montagna". Contenuto: resti di cibo ammuffito e scontrino. L'altra sportina di plastica, più elegante e raffinata, con l'indicazione di un negozio di Bologna, "Intimo per lei", l'aveva rinvenuta sotto un panno da letto nel cassettone dell'armadio. Dentro c'erano minuscole mutandine rosa e reggiseno in armonia, mai indossati, come indicavano i cartellini appesi agli indumenti. Frugò anche fra i residui di un fuoco di chissà quanto prima e scoprì una scheda telefonica bruciacchiata sul bordo. Nella stalla, niente di interessante. Come nel fienile. Ma quando stava per scendere dalla scaletta vide un brandello di stoffa spuntare da sotto il fieno. Lo tirò ed ebbe fra le mani una piccola coperta. «E questa cos'è?»

La coperta aveva lasciato in vista i manici di una vecchia sporta di paglia. Cavò dal fieno anche quella e cautamente l'aprì. Conteneva una bottiglia di birra vuota, dei pannolini, un biberon.

«Di bene in meglio. Che ci fanno dei pannolini e un biberon alla Ca' Storta?» Ci pensò su. «Lo stesso che ci fa l'Acqua di Parma, immagino.» Scostò gli oggetti e sul fondo della sporta trovò un coltello da macellaio. «Giusto: fra le cose per un poppante ci deve sempre essere un coltello da macellaio.»

Tornata in cucina, distese un tovagliolo di carta in un angolo del tavolo, andò in cantina e portò in tavola una bottiglia, sperando in bene, perché del vino del nonno si fidava il giusto: non le era mai piaciuto, anche se lui sosteneva, dopo ogni sorso: «Buono, proprio buono il mio montuni*».

Chissà dove lo comperava e chissà come poteva sostenere che fosse buono. Ne assaggiò un sorso e lo trovò come quello che ricordava, da bambina: appena bevibile.

Cenò con pane e scatoletta di tonno comperati da Giorgio, "Prodotti tipici della montagna". Mangiò dando un'occhiata ogni tanto ai reperti che aveva allineato sul tavolo. A cosa e a chi accidenti sarebbe potuta tornare utile quell'accozzaglia sparpagliata di oggetti? "La mostrerò al maresciallo!" decise infine. "Lo costringerò a salire qui anche se non ne ha voglia! Vediamo come giustificherà sta roba." Un rapido pensiero: "Mi conviene parlarne prima con Poiana, sempre che l'apparenza non m'inganni". Chissà perché, dopo il primo impatto, aveva cominciato ad aver fiducia in quello strano forestale, giovane quanto bastava e dal viso onesto. E che anche lui ce l'avesse su con il maresciallo Cruenti glielo rendeva simpatico. Inoltre, se aveva capito bene il tono con il quale lui ne aveva parlato al bar di Benito, non gli era simpatico neppure il Pieri. Bastava e avanzava per fidarsi di quello strano forestale che a Casedisopra chiamavano Poiana. Chissà perché? "Storia lunga e complicata" le aveva risposto. Più tardi, era già notte, si affacciò alla finestra della camera. La luna piena e le stelle illuminavano l'orto che nonno Musolesi coltivava dietro casa, nello spazio che divideva la Ca' Storta dalla boscaglia e che vide ridotto a un intrico di cespugli e di razze. Le tornò in mente la suggestione, o forse la paura, che le procurava da bambina l'immagine del buio nascosto nel sottobosco e, con quel senso di piacevole paura, si mise a letto.

* Il montimi, o montù, è un vino ottenuto da un vitigno la cui origine e coltivazione si perde nei secoli, soprattutto nella zona bassa della valle del Reno, nel bolognese, e del quale non si hanno notizie certe. Dà un vino giallo dorato, tannico, un po'acido, sufficientemente invecchiabile e, nel complesso, un vino comune da pasto.

 

Non aveva sonno e si dedicò al romanzo portato da casa.

Un paio di pagine e si accorse che le righe le scorrevano sotto gli occhi senza fermarsi nella mente e ne perdeva il senso. Sospese la lettura. Stava diventando tardi e, anche se non aveva sonno, sentiva una gran voglia di riposare.

Non si addormentò subito. La tormentavano le troppe notizie che le si accavallavano nella mente: la tensione dell'incontro con Pieri, gli oggetti trovati per casa, gli strani visitatori della Ca' Storta: pellegrini che giravano per i boschi o elfi o qualche extracomunitario senza fissa dimora, aveva detto Poiana. Che c'entravano, oggetti e personaggi, con l'Acqua di Parma?

Forse si addormentò ma fu un sonno leggero, quasi un non-sonno accompagnato dai soffusi rumori di una vecchia casa: scricchiolii, cigolìi, strani suoni che giungevano da fuori e che la facevano sussultare. Non ricordava di averli mai sentiti da bambina. Anche perché si buttava nel letto e subito piombava in un sonno pesante che nulla riusciva a disturbare.

Poi...

"Questo non viene da fuori" pensò, sforzandosi di non aprire gli occhi per non perdere il gradevole senso di leggera sonnolenza dalla quale, finalmente, si sentiva coperta.

Passi leggeri accanto al letto.

"Cazzate!"

Di colpo il pensiero della porta forse lasciata aperta. Non aveva scardinato la serratura per entrare?

Aprì gli occhi e il grido che uscì le fece male alle corde vocali.

Qualcuno chino su di lei la fissava e teneva il braccio sollevato come per colpirla. Sorpresa dal grido che non si aspettava, l'immagine si rizzò, stette un istante indecisa e poi corse alla porta. Francesca sentì i passi veloci che scendevano le scale e non pensò neppure per un attimo di inseguire il visitatore notturno. Corse alla finestra e vide la sagoma allontanarsi di corsa e sparire nel buio del bosco dietro la Ca' Storta. In quel bosco che le aveva sempre fatto paura.

Il cielo era una voragine nera e la luna piena e le stelle che l'avevano accompagnata a letto non c'erano più, coperte dalla coltre scura delle nubi. In basso, sul paese, un lampo illuminò la boscaglia dentro la quale s'era infilata l'immagine notturna della sua paura.

Francesca tremò al tuono che seguì. Chiuse le imposte e scese da basso. Con due sedie puntellò la porta scardinata, poi, tremando per il freddo, o per la paura, si avvolse in un panno e sedette sul ripiano del camino, la schiena appoggiata al muro. Così, a occhi chiusi, aspettò la pioggia e l'alba.