«Per dio! Lo so anch'io che è zona boschiva. Bastava chiederlo, no?» gridò mentre con il binocolo continuava a controllare. «Attenzione, le fiamme sono alte, sopra gli alberi! Attenzione, altro fumo a due, trecento metri dal primo. Vi passo i gradi del secondo incendio. Non perdete tempo! Stavolta non è un barbecue per braciole di maiale. Stavolta è una cosa grossa» e, presa la macchina fotografica, cominciò la mitragliata di scatti. Potevano sempre servire a futura esperienza: come si erano sviluppati i due incendi, la direzione presa, dove le fiamme attecchivano più facilmente...
Dal centro operativo regionale partì l'allarme che mobilitò vigili del fuoco e protezione civile, compresi i volontari presenti. Ovviamente l'allarme arrivò anche alla caserma della forestale di Casedisopra e l'autobotte, sempre piena e pronta all'intervento, partì a sirene spiegate e fu la prima ad arrivare sul posto.
L'ispettore Gherardini si rese subito conto che la cosa era grossa, come l'antica esperienza di Mario aveva previsto. Mandò immediatamente due uomini a prelevare Beatrice e Genoveffa da Pastorale, primo centro minacciato dall'incendio.
«E se non vogliono lasciare casa, portatele fuori con la forza, a costo di stordirle con una botta in testa» avvertì i suoi. Sapeva com'erano le due vedove. «Provvisoriamente le farete alloggiare da Benito. Con lui mi accorderò poi io.»
Intanto i fronti dei due incendi si erano congiunti ed erano diventati un unico grande fronte di fuoco e i due elicotteri, subito arrivati, facevano la spola fra il lago, a riempirsi la pancia d'acqua, e le fiamme.
Dal paese arrivò Adùmas. Per dare una mano, disse, e aggiunse, indicando il fuoco che si stava divorando il bosco: «Bell'idea quella di farmi riportare la scarpa dove l'avevo trovata. Adesso ci metti su una croce» e in quel momento l'ispettore si rese conto che l'incendio era partito proprio da dove Adùmas aveva incontrato il cinghiale con un piede in bocca. Da dove erano cominciati i guai.
«Ho le foto» lo rassicurò.
«Mi sa che te le puoi ficcare dove dico io.»
Altri volontari arrivarono dal paese: Badaloni con il suo capocantiere Florio e Semir il "marocchino", come in paese chiamavano i due fratelli tunisini. Arrivò la squadra di Salvatore, quelli del Sud, nulla chiesero e si misero subito al lavoro. Arrivò Nedo della Valeria che guardò Adùmas e gli disse:
«T'è passata la fotta, Dumas?»
«Adesso abbiamo altro da pensare.»
Arrivarono l'appuntato dei carabinieri Abbuono Pasquale, «Nel caso ci fosse bisogno di mantenere l'ordine» disse, e sulla stessa camionetta dell'Arma, Novello.
L'ispettore dislocò i civili nelle zone dove il fuoco era già stato domato per vigilare su possibili ritorni di fiamma. Consegnò anche un paio di ricetrasmittenti e si raccomandò: «Fate molta attenzione, e se vedete che i focolai riprendono vigore, non state a fare gli eroi: avvertite il capo dei pompieri e attenetevi alle sue disposizioni». Ci davano dentro da ore e di colpo il fronte del fuoco cambiò direzione. L'ispettore cercò di capire dove stava andando. Gridò: «Farinon, va verso la Ca' Storta! C'è Francesca!». Fece il numero del cellulare della ragazza.
«Ispettore, non c'è pericolo. Fra qui e la Ca' Storta ci stanno di mezzo i calanchi e il ruscello...» «Non c'è campo! Vado a prelevarla!» «T'ho detto: non c'è pericolo!» «Bisogna portarla via lo stesso che non si sa mai.» «Vado io!» «Tu sta' qui che serve la tua esperienza» e corse giù, dove aveva parcheggiato la campagnola. Alla Ca' Storta, l'auto di Francesca non c'era e non c'era Francesca. Per sicurezza la cercò nella casa, nella stalla e nel fienile. Arrivò fino alla sorgente e riprovò a telefonare. Niente campo. «Fantastico! A questo servono i cellulari!»
Tornò alla campagnola e prima di rimontare valutò il fronte del fuoco, gli parve che non si fosse avvicinato alla Ca' Storta e si tranquillizzò. Di lontano vide gli elicotteri che stavano facendo il loro lavoro. Le due grosse api andavano veloci a succhiare nel lago, tornavano più pesanti, scaricavano l'acqua nei punti dove più alte si levavano le fiamme e ripartivano verso il lago. L'elicottero 6 volava più basso del suo compagno e l'ispettore, per un istante, lo vide scomparire nella nube scura dell'incendio. «Stai più alto! Più alto!» gridò come se il pilota potesse sentirlo. Invisibile ai suoi occhi perché nascosto dal fumo, l'Eli 6 aprì le cateratte e subito balzò in su ricomparendo alla vista. L'ispettore tirò un sospiro e accelerò. Alla centrale operativa, che teneva i contatti con tutti i reparti antincendio, gridò al tecnico: «Chiama l'elicottero 6 e di' a quel coglione di pilota di volare più alto! Abbiamo abbastanza
guai senza andarne a cercare altri!»
«Elicottero 6, elicottero 6. L'ispettore Gherardini ordina a quel coglione di pilota di volare più alto.» «Ricevuto. Di' all'ispettore Gherardini che pensi alle cose della terra, che dal cielo ci penso io»
rispose la voce di una ragazza e, come per chiarire meglio i ruoli, portò l'elicottero a lambire le fiamme e scaricò l'acqua, tanto preciso che di colpo le fiamme, dopo un ultimo guizzo, si abbassarono fin quasi a spegnersi. «Va bene così, ispettore?» chiese ironica la stessa voce.
L'ispettore Gherardini non rispose. Con uno sguardo fulminò l'operatore radio e andò a cercare Farinon. «Dov'è Novello?» «Hai fatto sgombrare la ragazza?» chiese quello, anziché rispondere. «Non c'era. Dov'è Novello?»
Farinon si guardò attorno: «Era qui fino a un minuto fa. L'ho visto andare da quella parte». Lo trovò poco distante che stava frugando con una pala fra i resti carbonizzati di un roveto. «Che stai facendo?» gli urlò arrivandogli da dietro.
Novello sussultò: «Che sto facendo? Quello che mi hai detto di fare». Sempre con la pala scostò della cenere. «Ho visto salire del fumo da qui...» «Sai qualcosa di Francesca?» «In che senso?» «Alla Ca' Storta non c'è e non c'è neppure la sua auto.»
Novello allargò le braccia e scosse il capo. All'alba, dopo un giorno e una notte di lavoro, alla base operativa arrivò finalmente l'attesa comunicazione: «Eli 6 a base: ho sorvolato la zona più volte e non ho visto focolai».
«Qui Eli 2: anch'io non segnalo focolai.» L'ispettore Gherardini guardò la desolazione attorno, un panorama di ceneri fumanti, di tronchi d'albero anneriti e contorti e di quello che era stato un bosco restava una distesa di
rovine distrutte dal fuoco. Si passò il dorso della mano sulla fronte sudata e sporca di fumo e cenere. «Che disastro! Speravo che non ci sarebbe toccata questa sciagura.» «E invece c'è toccata» disse Farinon. «Ora la solita domanda: spontaneo o doloso?» «I forestali credono ancora alla favola dell'incendio spontaneo?» si chiese una voce alle loro spalle. Adùmas li guardava scuotendo il capo. «Quanti incendi spontanei» e calcò la voce sulla parola "spontanei" «avete incontrato nella vostra carriera?»
L'ispettore lo guardò male. «Cosa ci fai ancora qua, sei venuto a intralciare il nostro lavoro?» «Guarda che conosco il bosco meglio di voi due messi assieme. Comunque lo sapete anche voi: la cicca gettata, il fuoco del campeggiatore coglione... balle! Ma si fa presto a cercare eventuali inneschi, e se non li trovate voi ci sono sempre i pompieri.» Fece una pausa. «O se no c'è Adùmas, che forse sa meglio di voi due dove e cosa cercare.»
«Ma perché un incendio doloso proprio qui? Che senso ha? O è un matto, che so, un piromane, o lo provocano per avere dei vantaggi. Ma qui che vantaggi ci possono essere, a chi potrebbe giovare?»
Adùmas sbuffò. «Ma sei nato ieri, Poiana? Te ne racconto una. Quando Pieri era sindaco venne un giorno a casa mia. La prese lunga, e questo, e quell'altro, stai ancora in questa casa, che è vecchia, e cosa te ne fai di quel po' di terra che hai?, insomma, e girala e rigirala a un certo punto gli faccio: senti, vieni bene giù dal pero e dimmi cosa vuoi. E per fartela breve voleva comprarmi casa e terra, per una cantata, mia questo non c'entra, per fare non so bene quale villaggio di seconde case, e c'era da guadagnare per tutti, le imprese, i muratori e il paese e tutto. Io l'ho mandato a far altro ma l'idea già circolava e forse c'è rimasta, in testa a qualcuno; non dico che Pieri c'entri, ma se non lui un altro. Bosco bruciato, non serve più, io non so come funzionano quelle cose lì, ma ci vuole poco a farlo passare come terreno edificabile.»
«Di questo parleremo poi» disse l'ispettore. Controllò ancora attorno, prese il microfono della centrale operativa e comunicò: «Ragazzi, direi che ce l'abbiamo fatta! Grazie a tutti». Dall'intera zona controllata partirono grida di gioia e si levarono alte le braccia ad applaudire i mezzi in aria. «Grazie, elicotteri» continuò, sempre nel microfono, l'ispettore. «Eli 6, puoi atterrare nella radura prima di rientrare alla base?»
«Veramente mi stavo dirigendo verso la doccia di casa mia» rispose la ragazza che sembrava divertirsi a volare sopra le loro teste.
«La doccia la offre la locale caserma della forestale assieme a una ricca colazione. Scendi, per favore.»
«Gherardini?»
«Sì, sono Gherardini.»
«Allora questa cogliona non può rifiutarsi, immagino.»
Eli 6 scese con un ultimo volteggio e Poiana lo raggiunse.
«Sei stata brava, ma ho avuto paura... il serbatoio sfiorava le cime degli alberi e le fiamme, accidenti! Scusa per il coglione: non sapevo che...»
«Fa niente. È difficile pensare che anche una ragazza possa pilotare un eli. Sei stato bravo anche tu.»
«Come lo sai?»
«Dal cielo si vedono cose che da terra neppure si notano» e finalmente, dopo tante ore di volo, si tolse il casco. Spuntarono capelli corti e biondi e un viso stanco. La ragazza posò il casco sul sedile dell'elicottero e tese la mano a Gherardini. «Sei scusato. Mi chiamo Chiara.»
«Sei giovanissima.»
«Ti dispiace?» «Assolutamente no.»