«Ragazzi» disse, «lasciatelo stare, gli rovinate la digestione» e si versò dal fiaschette di Adùmas. «Bisogna che ti aiuti, se vai avanti a berlo tutto, dopo chissà che cosa avrà in bocca il prossimo cinghiale, altro che un piede.»
Adùmas si pulì la bocca, appoggiò il tovagliolo e guardò in giro, poi si rivolse a Benito: «Sai ancora fare il caffè o sei buono solo a sparare delle cazzate?».
Benito si alzò: «Come siamo diventati suscettibili!».
«E portami anche una grappa!» gli urlò dietro Adùmas.
Nedo sospese la giocata per gridare: «Attento, poi dicono che sei sempre bevuto!».
«Uno che spara ai cinghiali con i pallini per le allodole, deve solo star zitto» borbottò Adùmas. Si alzò per bersi caffè e grappa al banco, ma fece una sosta al tavolo di Nedo della Valeria. «Voi bracconieri della domenica dovete solo star zitti! L'altro giorno ho visto come tu e i tuoi compari avete conciato quella povera bestia, un capriolo.»
Nedo si guardò attorno e poi mormorò, cattivo: «Vecchio, ho idea che se continui a occuparti dei cazzi del prossimo, finirai come quel capriolo».
«Guarda, bimbo, che Adùmas è troppo duro per i tuoi dentini da latte. Impara: agli animali, grandi o piccoli che siano, si spara per ucciderli al primo colpo, bestia che non sei altro! Quel povero capriolo stava lì e mi guardava come se piangesse.»
Visto che non era riuscito a intimidire il vecchio, Nedo la mise sullo scherzo. «Ooo, questa m'è nuova» sghignazzò rivolto ai compari di partita. «E da quand'in qua gli animali piangono?»
«Piangono, piangono. Se tu avessi visto quel povero capriolo. Gli hai tirato, l'hai preso in pancia e quello t'è scappato. Stava lì, quel povero animale, con le budella mezzo di fuori e mi guardava come per dire: "Aiutami". L'ho finito io, ma te l'ho lasciato lassù perché tu vedessi come l'avevi ridotto, il mio coglione!»
Nedo della Valeria si alzò di scatto facendo cadere la sedia e stava per afferrare Adùmas per il bavero. Lo tenne il compagno di destra che disse: «Che fai, Nedo? Stai a questionare coi vecchi, adesso?» e senza alzarsi raccattò la sedia dal pavimento e la rimise sotto il culo del giovane. «Siediti ch'è meglio.»
«C'hai ragione, coi vecchi ci si rimette la reputazione e basta.»
«Il caffè si fredda, Adùmas!» urlò Benito.
«Te lo farei vedere io, il vecchio, te lo farei vedere...» e Adùmas andò al banco. In silenzio sorseggiò il caffè, scolò il grappino, pagò il conto e riprese la via per l'uscita.
Lo fermò Nedo con: «Ooo, Adùmas! Come fai a sapere che gli avevo sparato io, a quel tuo povero capriolo? O non gli hai piuttosto sparato tu, l'hai preso in pancia e gli sei corso dietro per mettergli il sale sulla coda?».
La battuta fece ridere tutti. Non l'anziano bracconiere, che gli si rivoltò. «Nedo, quando Adùmas tira, non sbaglia! E se vuoi posso dimostrartelo anche subito.»
In osteria s'era fatto silenzio e Nedo era diventato serio. Disse: «Cos'è, ti vuoi fare bello con la forestale stasera? Sarai contento di aver spifferato a Poiana che ogni tanto Nedo va a caccia».
«Tranquillo, Nedo, tranquillo» lo rassicurò l'ispettore dal suo tavolo. «Non ho bisogno che mi vengano a dire chi caccia di frodo e chi no. Vi conosco tutti, uno per uno. Lo sapete che non posso fare niente se non vi prendo sul fatto e ve ne approfittate. E, Nedo, l'ho vista anch'io quella povera bestia e ti voglio dare un consiglio: siccome hai la mira che hai, usa le Brenneke*, usa le Brenneke, dammi retta, così non costringi me a usare la pistola per finire quelle povere bestie, che non soffrano più. Sai quante volte l'ho fatto, Nedo?»
«E lo vieni a dire a me, Poiana? Pensa piuttosto ai tuoi, che te la fanno sotto il naso e nemmeno te ne accorgi.»
«Lo dici tu, Nedo, lo dici tu. Guarda che Poiana non dorme e vi sta preparando una bella sorpresa. A te e a tutti quelli che massacrano gli animali per il gusto di massacrare. Oh, capisco quando lo facevano i nostri vecchi. Quelli lo facevano per mangiare... Prendete mio nonno: aveva cinque figli da mantenere, ma voi? La rete, la trappola, la tagliola, la carabina di precisione che colpisce a mille, duemila metri... Che gusto ci provate?» Da parte sua, Gherardini ave
* Palle di piombo grosse come una noce che, qualunque parte colpiscano, non lasciano scampo all'animale.
va perduto il gusto per la cena e si alzò. «Benito» disse, «segna sul mio conto» e si avviò alla porta. Prima di uscire si fermò e completò: «Non fate neppure più la fatica di camminare: avete il fuoristrada e arrivate dove volete in neanche mezz'ora; avete il cellulare e vi tenete in contatto con gli altri sfigati per comunicarvi i nostri spostamenti; accendete i fari e quei poveri animali, che pensano sia sorto improvvisamente il sole, si bloccano come statue e dovreste colpirli come niente... eppure riuscite a sbagliare il colpo anche così. Che gusto ci provate ad aprire con un coltellino la pancia di un tordo solo per vedere se è maschio o femmina?». Tornò indietro di qualche passo. «Lo so che mi chiamate il Bastardo, Poiana il Bastardo, ma come si fa a non essere bastardi con gente che sventra un capriolo con una pallottola e lo lascia lì a morire?» Uscì.
Ancora per un poco in sala ci fu il silenzio. Lo ruppe il giovane alla destra di Nedo: «Ooo, questa volta Poiana il Bastardo s'è incazzato di brutto».
Qualcuno rise e poi, lentamente, il brusio riprese e presto tornò la solita caciara. Anche Adùmas stava per uscire e si accorse che nel suo fiaschetto era rimasto un dito di vino. Tornò al tavolo e, in silenzio e in piedi, lo vuotò: porta male lasciare la tavola senza finire il vino. Poi: «Saluto questa bella compagnia». Prima d'uscire fece un'altra sosta al tavolo di Badaloni e soci: «E qua c'è una compagnia ancora migliore».
«È proprio una brutta sera, eh, Adùmas? Ce l'hai con tutti.»
«Io? Perché dovrei? Solo perché qua c'è gente che ama girare per i boschi, che va a funghi quando non è stagione e che se incontra altra gente scappa a nascondersi?» Guardò fisso Cesarino. «Tu che dici, Cesarino?»
Cesarino abbassò gli occhi, poi balbettò: «Cosa vuoi dire? Vedi d'essere chiaro». «Chiaro o scuro, tu m'hai capito. Stai attento!» Intervenne Badilone: «Ooo, Dumas, cos'è, minacci adesso?». Adùmas ignorò la domanda. «Adesso vi saluto, bella gente» e prima di uscire si voltò: «Oh,
signori, tanto perché lo sappiate, il piede era quello sinistro.» In osteria si fece di nuovo silenzio. Lo ruppe Pieri: «Finalmente! E come fai a saperlo, di grazia?» «Come faccio a sapere che la Terra è tonda? Lo so e basta.» Spinse la porta e uscì. Poco lontano e nascosto dietro l'angolo di una casa, in un cono d'ombra, lo aspettava
Gherardini: «Bel colpo, Adùmas, proprio un bel colpo!» lo aggredì mentre gli passava davanti. «Fortuna
che mi ero raccomandato. Adesso sarai contento. Hai comunicato all'universo mondo di essere tornato sulla scena di un probabile delitto, di aver trovato degli indizi compromettenti...» «Oh, Poiana!» lo interruppe Adùmas. «Mi avevano rotto le palle, va bene? E anche tu me le hai
rotte, se proprio lo vuoi sapere!» Si allontanò borbottando: «Capirai che danno, capirai». «Te lo saprò poi dire» e ognuno per la propria strada. Come Adùmas, anche l'ispettore Gherardini, di strada da fare, ne aveva.