L’emisfero destro
L’emisfero destro è molto superiore a quello sinistro nell’esecuzione di compiti che richiedano una certa capacità di vedere gli oggetti nello spazio, come nel combinare tra di loro le parti meccaniche di un congegno o semplicemente nel disegnare oggetti in tre dimensioni. I disegni di questo tipo eseguiti con il solo ausilio dell’emisfero sinistro appaiono puerili e rudimentali rispetto a quelli fatti con l’uso dell’emisfero destro, anche se tracciati materialmente con la mano sinistra che è notoriamente meno abile della destra nel disegnare e nello scrivere.
L’emisfero destro ha anche una piena capacità di riconoscere immagini che abbiano una valenza emotiva e di estrinsecare un ‘emozione. Una foto imbarazzante viene immediatamente riconosciuta e descritta dall’emisfero sinistro, ma causa solo una situazione di imbarazzo se presentata all’emisfero destro che non sa assolutamente giustificare questa reazione.
Una conseguenza non secondaria di tale tipo di studi è stata una miglior conoscenza delle specificità dei nostri due emisferi cerebrali. Le indagini hanno rivelato in sostanza che l’emisfero destro è più portato per le abilità spaziali e per i compiti sintetici, globalizzanti e ideativi, compresa la musica, mentre il sinistro è superiore nei compiti verbali, analitici e sequenziali. Ovviamente ciò vale pure per ciascuno di noi, anche se in un soggetto normale è più difficile da mettere in risalto. Anche in una persona normale infatti una parola viene pronunciata più prontamente se viene presentata al suo emisfero sinistro che se viene presentata al suo emisfero destro. Vale la pena di notare come un gran numero di dati originariamente acquisiti con l’osservazione di pazienti con un cervello diviso siano stati successivamente confermati su animali di laboratorio e su soggetti umani, approfittando di situazioni e di assetti sperimentali meno casuali e più riproducibili. Queste conclusioni hanno dato vita a loro volta a una ricca aneddotica per quanto riguarda le diverse specificità dei due emisferi cerebrali e hanno scatenato le congetture più diverse, come quella che l’uomo moderno utilizzerebbe solo una frazione ridotta delle sue capacità mentali. Fra le cose che sono state riportate vale forse la pena di ricordarne una. Sembra che soggetti normali impegnati nell’esecuzione di compiti verbali impegnativi abbiano la tendenza a indirizzare lo sguardo verso destra, mentre rivolgerebbero lo sguardo prevalentemente verso sinistra quando i compiti da risolvere implicano relazioni spaziali o connotazioni marcatamente emozionali.
Per quanto ci concerne qui, l’insegnamento da trarre da studi di questo tipo è quello che si possono fare molte cose senza che giungano alla coscienza, la quale può talvolta essere considerata alla stregua di una semplice ciliegina sulla torta. Abbiamo visto che si può anche misurare il ritardo fra la percezione di un oggetto o di un evento e il suo emergere alla coscienza. Il ritardo si aggira sul mezzo secondo, ma la nostra coscienza non ce ne fa accorgere e riferisce l’accaduto al momento in cui l’evento è stato effettivamente percepito. La nostra mente cioè «ricostruisce» il suo ricordo immediato, come se il ritardo di mezzo secondo non ci fosse mai stato. Per rendersi conto del fenomeno occorrono delle condizioni sperimentali molto complesse e raffinate e non è il caso di dilungarvisi. È notevole comunque lo sforzo della mente, in questo caso della coscienza, di rendere tutto quanto liscio e scorrevole, normale e ragionevole, integrando e razionalizzando ogni minimo dettaglio della nostra vita. Qualcuno ha detto a tale proposito che la nostra mente è sempre l’ultima a sapere.
E vero, la nostra mente è sempre l’ultima a sapere, ma bisogna ammettere che lo fa con molto garbo ed eleganza. Passano infatti centinaia di millisecondi prima che essa arrivi a formarsi una chiara immagine delle cose percepite, ma riesce abilmente a non farcene accorgere.