Noam Chomsky

 

Secondo Chomsky la competenza linguistica si presenta come un complesso astratto di regole e principi che ammettono di volta in volta attuazioni diverse. Ogni lingua rappresenta un complesso di attuazioni diverse delle stesse strutture linguistiche di base, attuazioni estrinsecabili come un complesso di parametri che vanno fissati per ogni lingua. Ad esempio è necessario o non è necessario esplicitare sempre il soggetto del verbo di una frase, il verbo deve seguire o precedere il suo oggetto, la preposizione precede o segue il nome a cui si riferisce, quanti tempi e quanti modi ci sono, come si accordano fra di loro alcune parti del discorso e così via. In questa ottica, imparare una lingua significa mettere in atto progressivamente i dettami della competenza linguistica innata, aggiustando una volta per tutte all’uso di quella particolare lingua i vari parametri facoltativi da essa contemplati. Lo schema generale è innato, come innata è la necessità di aggiustare, in un modo o nell’altro, i singoli parametri. Quello che si apprende da bambini, oltre al vocabolario, è il sistema di parametri specifici di quella lingua. Il parlante adulto ha fissato nel suo cervello i parametri della sua lingua ed è per questo che ha poi una notevole difficoltà a fissare i parametri di una seconda o di una terza lingua, anche al di là dell’apprendimento di un nuovo vocabolario.

In secondo luogo, la teoria di Chomsky si incentra sull’aspetto generativo e trasformazionale della lingua. Invece di descrivere la struttura di una frase, o meglio delle infinite frasi possibili, si preoccupa di trovare le regole attraverso le quali, data una frase, se ne può generare infinite altre, trasformandolo in accordo con principi più generali possibili che tengano conto della sua struttura e non della comparsa di specifiche parole nelle varie posizioni. Questa dottrina linguistica ha cioè un aspetto dinamico e operativo, piuttosto che statico e descrittivo, in accordo con l’impostazione delle scienze del nostro secolo. L’idea portante di Chomsky è stata quella di associare a ogni frase, caratterizzata ovviamente da una successione più o meno obbligata di parole, un albero di relazioni e dipendenze gerarchiche. L’albero non è parte della frase, ma è come se vi aleggiasse sopra. In questo modo la successione lineare delle parole risulta indissolubilmente incatenata a una struttura ramificata bidimensionale. Per comprendere la frase, per trasformarla — da attiva in passiva, da affermativa in interrogativa o da principale in oggettiva — per tradurla in un’altra lingua o per crearne una analoga, occorre tenere presente questa struttura che risiede, ovviamente, solo nel nostro cervello.

Così, la struttura associata alla frase «Aldo guarda la ragazza con il binocolo» dipenderà dal significato della frase.