Modello olografico della memoria
Dove sono custoditi i ricordi a lungo termine? E sotto che forma? Dove si trovano le loro registrazioni fisiche, che possiamo anche chiamare engrammi o tracce mnestiche?
Non si sa. Decenni di caccia all’engramma non hanno dato nessun risultato concreto. Quello che è certo è che i ricordi non sono confinati in una regione troppo ristretta del nostro cervello.
Alcuni pensano addirittura che potrebbero essere distribuiti su tutta la superficie della corteccia cerebrale e per un certo periodo godette di qualche credito il cosiddetto modello olografico della memoria. Secondo questo modello i ricordi sono tutti distribuiti in ogni singola cellula della corteccia, così come un immagine olografica è distribuita su tutta la superficie del fotogramma che la conserva e che la genera di nuovo ogni volta che è illuminato nella maniera giusta. Se si distrugge una piccola porzione di tale fotogramma, l’ologramma si forma lo stesso e l’immagine che ne risulta è completa, senza lacune. La nitidezza complessiva dell’immagine ne soffre un po’, ma non è andato perduto alcun particolare. In questo caso il motivo è noto. L’informazione necessaria per generare l’immagine olografica è effettivamente distribuita in ogni porzione del fotogramma, sotto forma di onde di interferenza che a noi non dicono assolutamente nulla.
Quando però il fotogramma è attraversato dalla luce di un laser, le tracce per noi ininterpretabili presenti sul fotogramma danno vita all’immagine olografica. Il segreto sta appunto nel fatto che viene utilizzato un tipo di luce molto particolare, detta luce coerente, che è la luce emessa dal laser. Ogni suo singolo raggio possiede la stessa frequenza e la stessa fase di tutti gli altri, mentre la luce normale è un miscuglio di raggi di luce leggermente diversi fra di loro.
Il motivo per cui la memoria è stata da alcuni paragonata a un ologramma è che in pazienti umani o in animali di laboratorio nei quali sia stata asportata una parte della corteccia cerebrale non si osserva la perdita di alcun specifico ricordo, ma semmai l’indebolimento complessivo del dettaglio dei ricordi stessi. Da qui l’analogia con l’ologramma fisico. Questo modello è troppo astratto per poter essere al momento sottoposto a verifica sperimentale, ma alcuni dati recenti sembrano suggerire che potrebbe trattarsi di qualcosa di più di una semplice analogia. Il segreto dell’ologramma fisico è la luce coerente. Esso si forma infatti solo quando la luce che è passata attraverso il corrispondente fotogramma si incontra con un’onda di riferimento, sempre coerente, prodotta da un’altra sorgente. Per mostrare una proprietà analoga la corteccia dovrebbe essere sede di onde sincronizzate, se non perfettamente coerenti, e questo è quello che sembra emergere da alcune ricerche recenti. È presto per dirlo, ma sarebbe molto interessante se si osservasse che un meccanismo del genere è alla base della registrazione corticale dei ricordi.