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Sto sognando. So che sto dormendo e che questa non può essere la realtà, perché c’è anche Liam Dornan. Vivo. Sono caduto così in profondità in questo incubo senza fine che non riesco più a uscirne. Sono consapevole della sua irrealtà, ma posso soltanto lasciare che continui.
Liam è seduto al suo banco al centro della stanza; attorno a lui si è raccolta tutta la classe. Chiacchierano, fingono che io non ci sia. E forse non ci sono. Non davvero. Liam parla a voce alta e in tono concitato. Indica, grida, impreca, prende in giro gli altri ragazzi, mette in imbarazzo i più deboli, fa lo sbruffone con le ragazze.
Io non voglio che facciano tutto quel rumore, porta solo problemi e non mi va. Chiedo loro di fare silenzio ma non sentono. Perché io non sono lì. Urlo una volta, poi ancora, più forte, ma loro continuano a ridere. Sento montare la rabbia e la frustrazione. Grido di smetterla, che dobbiamo andare avanti con la lezione. Liam Dornan, fallo tu. Digli di smetterla subito. Ma lui non fa nulla. E nemmeno loro.
Eppure io devo essere qui, perché lui si gira e mi fissa con uno sguardo di sfida, beffardo. Non posso fargli nulla, e lui lo sa. Quella smorfia. Quel ghigno. Quel sorrisino insolente. Ride forte, a lungo.
Prendo i libri e li lancio. Contro Liam, contro chiunque. Tutti i libri della classe. Li getto contro di loro con violenza. Sono colpiti da una valanga di parole ma non si muovono, continuano a ridere e a scherzare, impermeabili a qualunque cosa. Soprattutto Liam. Assorbe la mia frustrazione, se ne nutre, diventa più forte. E saperlo lo rende vincitore. Rovescio le sedie e i banchi. Metto sottosopra l’aula. Poi, quando mi giro, i ragazzini sono tutti seduti al loro posto. Ridono.
Al centro c’è Liam Dornan, è nell’occhio del ciclone. Non so come abbia fatto, ma mentre non guardavo ha rimesso a posto tutti i banchi e le sedie. Sono sempre più arrabbiato. So che non dovrebbe essere vivo, non può essere vivo.
Mi alzo e vado verso di lui, dritto al suo banco, senza che nessuno mi veda. Liam mi guarda, poi rovescia indietro la testa e ride. Il suono mi rimbomba nelle orecchie. Non riesco a sentire nient’altro.
Guardo più da vicino. Liam sta sanguinando. Come ho fatto a non accorgermene? Del sangue gli scorre lungo la guancia. Viene da una ferita da coltello proprio sotto l’occhio sinistro. Sul lato destro del viso ce n’è un’altra, uno squarcio dall’orecchio al labbro. Sotto il naso, a destra, c’è un altro taglio. Arriva fino al labbro, e sanguina. Ci sono decine e decine di tagli. Liam ha la camicia intrisa di sangue; bagnata e appiccicosa. L’odore mi annichilisce, ma lui non sembra accorgersi di nulla. Resta lì seduto a ridere, ed è una risata assordante. Adesso il suo viso è tutto rosso; ogni centimetro, a parte il bianco dei denti, è sporco di sangue.
Mi faccio indietro, inciampo, lui si prende gioco della mia reazione. Urlo ma non riesce a sentirmi. Allora mi giro e corro via.
Lo sento ancora, ma adesso non ride più. Sta gridando. Abbasso lo sguardo. Ho le mani insanguinate.