21
Riconosco subito l’odore appena esco dalla porta sul retro. Novembre. Un aroma freddo e terroso, fumo che aleggia nella brezza, le foglie che cominciano a marcire e l’erba umida che diventa croccante. Il profumo dell’inverno è già nell’aria e punge la coda dell’autunno.
In giardino, noto la forma e le dimensioni di una piramide disordinata che si trova dove non dovrebbe essere. È vicina al muro più lontano, dove cadono gli ultimi raggi di sole della giornata, dove dovrebbero essere il tavolo e le sedie. Poi ricordo l’odore, riconosco l’ora buia e l’aria fredda. È novembre. Lo strano intruso è un falò.
Ma non l’ho fatto io. Questo è il mio giardino. Chi ha accatastato tutta questa legna? Mi guardo intorno di nuovo, ma non sono più nel mio giardino. Sono al parco, circondato da persone con impermeabili, cappelli e sciarpe; le mani protette dai guanti che stringono fuochi d’artificio. È il 5 novembre, Guy Fawkes night, la notte dei falò. È per questo che siamo tutti qui.
Il falò è enorme, uno dei più grandi che abbia mai visto. Arriva gente in continuazione e aggiunge sempre più legna. Bastoni, assi e rami; intere porte e metri di steccato. La catasta è così alta che quasi non si vede la cima. Aggiungo anch’io un vecchio tavolo da pranzo proveniente dalla cucina dei miei genitori, cornici che una volta contenevano le fotografie di persone a cui volevo bene, un armadio in cui c’erano tutti i vestiti che ho indossato nella mia vita.
C’è un senso di attesa. Sono tutti impazienti di vedere le prime fiamme che aggrediscono la legna, di osservarle salire sui bastoni e sui rami, sentirle crepitare e ruggire finché non esplodono in una palla di fuoco grande quanto una foresta.
Ma manca qualcosa. L’effigie. Non si può fare una notte dei falò senza un fantoccio.
Eccolo. Dei ragazzini lo spingono su una carriola, ha le braccia e le gambe a penzoloni. La folla si apre, una specie di guardia d’onore per i quattro adolescenti che spingono la carriola.
Arrivano ai piedi dell’enorme piramide di legno e trascinano il fantoccio sulla pira. È uno dei più belli che abbia mai visto. Estremamente realistico. Quasi umano. I quattro lo tirano fuori prendendolo ciascuno per un braccio o una gamba. Quando lo sollevano, lui alza la testa, come se fosse vivo.
Poi apre gli occhi.
Mi fissa, mi implora di aiutarlo. Lo riconosco, è Liam Dornan. Ha la bocca aperta, la muove lentamente. Aiutami. Aiutami. Perché nessun altro se ne accorge? Non è un fantoccio, è un ragazzino. È Liam.
Urlo per avvertirli, ma nessuno mi sente. Urlo con tutto il fiato che ho, i miei polmoni bruciano più del fuoco, ma loro non sentono. Giro la testa a destra e a sinistra, tutti stanno ridendo.
Viene versata la benzina e acceso un fiammifero. Le fiamme lambiscono la base del falò e balzano verso l’alto, mezzo metro, un metro, sempre più su. Liam Dornan è in cima alla piramide, ha la testa abbandonata da un lato e mi guarda dritto negli occhi. Ha la bocca spalancata e grida. Il fuoco ora è una bestia feroce, un animale selvatico dotato di vita propria, inarrestabile.
Nessuno mi ascolterà. Allora mi lancio in avanti, devo portarlo via, perché nessun altro riesce a vedere che è lì. Afferro il legno, le mie mani sono luminose, la mia pelle quasi traslucida, sento il sangue scorrere nelle vene. Mi getto alle spalle una scrivania, tiro via uno steccato in fiamme. Alzo lo sguardo, il fuoco ha raggiunto le gambe di Liam; le sue scarpe e i suoi pantaloni bruciano già. Mi arrampico per raggiungerlo, facendomi strada in mezzo a una catasta incandescente di sedie, tavole, barche e letti, gettandomeli alle spalle man mano che salgo.
Ora sta urlando, sento l’odore della carne che brucia. I vestiti cadono dal suo corpo e si trasformano in cenere. È nudo. Sta andando a fuoco, è avvolto dalle fiamme. Non posso avvicinarmi più di così. Il legno è una barriera. Una porta chiusa davanti a me. Posso soltanto afferrare il legno rovente e scuoterlo inutilmente, la mia pelle brucia al contatto.
Liam Dornan arde di fronte a me. Stringo gli occhi e quando li riapro è solo fumo. Solo cenere, dove prima c’era un corpo.
Quando mi svegliai ero in un bagno di sudore. Sentivo ancora il calore del fuoco sulla fronte e mi bruciavano ancora le mani. Con la coda dell’occhio vedevo il filo di fumo che prima era il ragazzo.
Seduta accanto a me c’era Karis. Mi fissava a bocca aperta, non avrei saputo dire chi dei due fosse più spaventato. Non osai chiedere, per paura di scoprirlo.