CAPITOLO XIV
IL lunedì mattina le telecamere già erano al lavoro prima che incominciasse la rappresentazione vera e propria. Al pubblico paziente dinanzi ai televisori dovevano essere insistentemente raccomandati: l’unica pasta dentifricia che mantiene veramente sani i denti; l’unico carburatore per automobile del mondo che garantisce un risparmio del 43,29 per cento di gasolina per ogni chilometro; l’unico materasso del mondo che assicura all’uomo un sonno sano e normale; l’unico caffè macinato in barattoli di latta saldati, che conserva pienamente il suo aroma fino all’ultima tazza; e la crema che «vi conferisce un viso fresco da adolescente quindicenne… in caso contrario vi rimborseremo il vostro denaro».
Alcuni minuti prima dell’inizio dell’interrogatorio comparve Aslan. Ancora con un abito nuovo, su cui guizzarono le telecamere quasi volessero sgusciarne fuori chi lo indossava. Sebbene anche quest’abito fosse stato creato a Vienna, gli annunciatori bugiardamente affermavano ch’era le dernier cri di una nota casa della Quinta Strada.
Il mattino seguente alla casa di mode sarebbe stato recapitato il conto per questa propaganda non richiesta. La casa poteva rifiutarsi di pagare; ma allora il propagandista alla prima occasione che si offriva, avrebbe detto che c’era un errore, perché l’abito non era di quella casa, non disponendo essa ancora degli ultimi modelli. Questo naturalmente avrebbe causato più noie dell’elevata somma da pagare per una pubblicità non richiesta.
Quella mattina presiedeva il senatore Clifford.
Senza alcuna frase introduttiva, si scagliò subito contro Aslan. «Signorina Norval, noi della commissione ci siamo persuasi che in realtà esiste una possibilità, sia pure molto remota, che per la zona del canale di Panama possa sorgere un conflitto analogo a quello che malauguratamente si è verificato alcuni anni or sono per il canale di Suez. I miei colleghi e io ci siamo informati nel frattempo circa la possibilità di costruire un nuovo canale attraverso il Nicaragua o l’istmo di Tehuantepec. Ha sentito o letto qualcosa, a questo proposito, signorina Norval?»
«Conosco quanto si è scritto sull’argomento. Entrambi questi progetti sono attuabili, ed entrambi, messi insieme, non verrebbero a costare neppure la ventesima parte di quanto costerà il canale che la nostra società intende costruire. Però i due canali attraversano territori che non ci appartengono. Anche se i due paesi o uno dei due ci vendesse o affittasse la zona dove passerà il costruendo canale, noi non abbiamo la minima garanzia che un giorno non sorgano i medesimi problemi che inopinatamente possono sorgere nel Panama. L’unica soluzione è che noi si costruisca un canale che per tutta la sua lunghezza passi su territorio statunitense.»
«Ammette, signorina Norval, che un canale che congiunga direttamente New York con San Francisco, attraverso il continente, non è attuabile?»
«No, non lo ammetto. Il mio canale è attuabile. Ma dovrebbe passare per territori molto ricchi e assai cari. Grandi città e importanti centri industriali dovrebbero essere aggirati facendo fare al canale delle deviazioni che lo prolungherebbero inutilmente.
Le spese del canale risulterebbero in tal modo elevatissime. Ma eseguibile, un tale progetto, lo sarebbe di certo. Ne sono arciconvinta. Ammetto tuttavia schiettamente che il percorso di una nave su questo canale, a causa delle numerose chiuse o conche che sarebbero indispensabili, a mio personale giudizio non farebbe risparmiare molto tempo.»
«Il canale, che la sua società intende costruire, può essere attuato con una soluzione più facile, signorina Norval?»
«Certamente. E costerebbe, tenuto conto di tutto, la decima parte di un canale diretto. Forse assai meno. Questo canale che da Galveston passando per Houston porta alla costa del Pacifico, passa in massima parte su un territorio pianeggiante, scarsamente fertile, e in parte desertico. Soltanto alcuni corsi d’acqua insignificanti debbono essere attraversati, e nessuna delle catene montagnose offre oggigiorno difficoltà tali che non possano essere superate in modo relativamente facile.»
«Quante miglia marine risparmierebbe una nave, che da New York andasse, diciamo, a Los Angeles, qualora, facciamo l’ipotesi, il canale da lei progettato venisse aperto al traffico?»
Alle spalle di Aslan apparvero carte geografiche e tabelle.
«Da New York a Los Angeles passando per il canale di Panama vi sono quattromilanovecentotrentun miglia marine. Da New York a Los Angeles sulla costa del Pacifico e col canale da noi progettato, vi sono all’incirca tremilacentocinquantacinque miglia. Perciò il viaggio di una nave da New York alla costa del Pacifico sarebbe ridotto di circa milleottocentosei miglia. Ciò corrisponde a quasi la metà della via mare da New York ad Amburgo in Germania. Questa distanza inoltre può essere accorciata di altre centocinquanta miglia.»
«In qual modo, signorina Norval?» l’interruppe il senatore Clifford.
«Per risparmiare altre centocinquanta miglia è semplicemente necessario tagliare la penisola della Florida nel suo tratto più stretto e ivi costruire un canale che risulterebbe lungo circa il doppio del canale di Kiel nella Germania del Nord. Questo canale della Florida accorcerebbe in pari tempo il percorso da New York a New Orleans di circa centocinquanta miglia marine. Aggiungendo queste centocinquanta miglia marine risparmiate col canale della Florida alla cifra sopra citata, il risparmio complessivo di miglia marine da New York alla costa del Pacifico verrebbe a essere di circa millenovecentocinquantasei miglia marine, vale a dire press’a poco duemila miglia marine. Che cosa significherebbe questo risparmio in tempo, combustibile, termine di consegna e salari, è facilmente comprensibile. Ma ciò che questa enorme abbreviazione di percorso può significare in tempi di carestia, catastrofi e in tempo di guerra, qualsiasi persona intelligente lo può facilmente immaginare.» «Parla di tempo di guerra, signorina Norval. E se in tempo di guerra il suo canale venisse bombardato, che cosa ne sarebbe allora?»
«E io le chiedo, signor presidente, che cosa accadrebbe se venisse bombardato il canale di Panama? Oppure se alcune grandi navi da trasporto vi venissero affondate per ostruire il canale? Ecco la risposta. Un canale, che passa per il nostro paese, dove noi possiamo trasportare diecimila operai e le migliori macchine in sei ore sul posto danneggiato, può essere riparato entro ventiquattr’ore, mentre un’analoga riparazione che dovesse venir eseguita sul canale di Panama durerebbe due settimane, se non di più.»
Dopo una breve pausa di silenzio, Aslan passò in rivista i senatori come se volesse leggere sul loro volto una sentenza o una decisione, e sorrise a essi confidenzialmente. I senatori non poterono fare a meno di contraccambiarla, ma sentivano che con quel sorriso Aslan non soltanto voleva sedurli e influire sul loro giudizio, ma che in esso si celava una buona dose di ironia. I senatori sembravano i vinti e Aslan la vincitrice. Essi non sapevano più che argomentazioni addurre per qualificare come fantastico davanti all’opinione pubblica il progetto di Aslan.
Aslan si era ben preparata, di gran lunga meglio dei membri della commissione, ai quali tutto ciò che Aslan aveva dichiarato risultava nuovo. Essa era riuscita a deviare l’interrogatorio dal nocciolo dell’inchiesta e a portarlo su un terreno, dove la commissione avrebbe potuto seguirla soltanto con difficoltà.
Le cifre con cui Aslan aveva saputo giostrare come per gioco, avevano confuso la mente degli onorevoli senatori, i quali erano piuttosto lenti come tutti i politici di professione, soliti a non dare mai una risposta rapida e precisa e abituati a non dire niente di meglio che: «Sotto un certo aspetto, sì… e sotto un certo altro aspetto, no».
Le cifre possono talvolta esercitare una forza magnetica apparentemente inafferrabile. In se stesse non significano nulla. Dietro cifre garrulamente pronunciate si possono nascondere tuttavia le vere intenzioni di un demagogo o di un commerciante di automobili assai meglio che dietro discorsi reboanti. Con le cifre si può qualche volta conquistare perfino una donna, e meglio che con i gioielli. Gli onorevoli senatori della commissione erano convinti che le cifre citate da Aslan erano cifre autentiche. Le cifre autentiche non si lasciano confutare a parole.
Il silenzio diffuse nella sala un’atmosfera pesante.
Aslan, col sicuro istinto della donna, colse il momento giusto. «Signori, io ho detto ciò che la mia coscienza mi obbligava a dire per dimostrare che il canale, di cui si è parlato, non solamente può, ma deve essere costruito. Posso assicurare gli onorevoli senatori che la nostra società metterà a disposizione i capitali occorrenti per portare a termine il progetto.»
I senatori, avvicinando le loro teste, incominciarono a discorrere tra loro animatamente, offrendo in tal modo agli operatori della televisione l’occasione, da loro ardentemente attesa, di trasmettere al pubblico quella nuova scena interessante.
Aslan fece un breve cenno a Beckford e alle assistenti in uniforme di tenersi pronti a un’eventuale svolta della seduta.
Il presidente, senatore Clifford, picchiò il martelletto sul tavolo. «Signorina Norval, la commissione si è fatta la convinzione che, osservate determinate condizioni e con l’aiuto del governo, il progetto della sua società può essere attuato.
Naturalmente questa non è l’ultima parola della commissione. La decisione ultima e definitiva verrà presa fra alcune settimane. Ma io ho ancora da porle alcune domande, che sono di grande importanza.» Detto questo si soffiò rumorosamente il naso. Poi continuò: «La sua società è un’impresa privata capitalistica, i cui azionisti sperano in un guadagno più o meno elevato; chiamiamolo dividendo. Non è così, signorina Norval?»
«Esatto, signor presidente.»
«Per la costruzione di un canale come questo, che corre attraverso territori, che in parte sono di proprietà privata, in parte appartengono agli Stati del Texas, del Nuovo Messico, dell’Arizona e della California, lei ha bisogno dell’approvazione del governo. Ha già compiuto passi per ottenerla?» «Non ancora, signor presidente.» «E
perché, signorina Norval?» «Finora noi abbiamo lavorato unicamente per fare un calcolo approssimativo delle spese della costruzione.»
«Io non me ne intendo affatto di canali e di quanto possa costare la loro costruzione. Ma il mio semplice buon senso mi dice che questo canale non costerà meno di cinquanta miliardi di dollari all’incirca.»
«Cinquanta miliardi di dollari, signor presidente? Il canale sarebbe regalato se la sua costruzione venisse a costare anche soltanto cinquecento miliardi di dollari.»
«Temo di non avere udito bene, signorina Norval. Ha detto veramente che il canale sarebbe regalato se la costruzione venisse a costare soltanto cinquecento miliardi di dollari?»
«Proprio così, signor presidente. Cinquecento miliardi di dollari.»
«Ha una lontana idea di che cosa rappresenta questa somma di denaro, signorina Norval?»
«Non ho una idea soltanto approssimativa dell’ammontare di questa somma, ma ne ho una idea molto esatta. Sono cinquecentomila milioni di dollari.»
«Non le vengono le vertigini al pensiero di una simile somma, signorina Norval?»
«Niente affatto, signor presidente. Da mesi mi muovo entro cifre più alte. E che cosa sono cinquecentomila milioni di dollari, se il bilancio del nostro paese per il 1960, vale a dire per un solo anno, è ammontato a settantasettemila milioni di dollari e questo enorme importo è stato non solamente coperto, ma superato dalle imposte!»
«Ebbene, mi vorrà concedere, signorina Norval, che non esiste alcuna possibilità di confronto fra il bilancio di un grande paese come il nostro e il bilancio di un’impresa privata, come quella che lei ha progettato.»
«Non vi vedo alcuna differenza, signor presidente. Il mio progetto è di uguale importanza per il nostro paese come la sua difesa, che inghiotte da sola all’incirca i due terzi del bilancio.»
«Ma come pensa dunque di raccogliere una somma così astronomica? Tanto denaro non c’è in tutto il paese.»
«Dice proprio di no? Io chiedo scusa con tutto il dovuto rispetto al signor presidente, se oso essere su questo punto di opinione diversa.»
Aslan toccò senza farsi accorgere il suo orecchino di destra e dietro le sue spalle caddero rotolando alcune tabelle. Le telecamere se ne impossessarono immediatamente, liete di poter mostrare al pubblico qualcosa di nuovo.
«Noi abbiamo molto più denaro, signor presidente, di quanto possiamo consumare per noi stessi e per il nostro benessere. Dopo la prima guerra mondiale noi abbiamo condonato all’Inghilterra, alla Francia, all’Italia, e alla stessa Germania sconfitta, non soltanto i debiti di guerra, ma abbiamo anche regalato loro milioni di dollari per rimettere in sesto la loro economia in sfacelo creandoci così dei tenaci concorrenti.
Con milioni di dollari abbiamo appoggiato generali zaristi, truppe della Guardia bianca, corpi di volontari ridotti a mal partito, che ci promettevano di farla finita col bolscevismo nello spazio di una notte. La stessa cosa, onorevoli senatori, abbiamo fatto dopo la seconda guerra mondiale. Abbiamo regalato il denaro dei nostri contribuenti ai quattro venti, richiesto o no; infatti noi non sapevamo che cosa fare col nostro denaro. Senza il nostro denaro profuso a piene mani l’Inghilterra, la Francia, l’Italia, la Grecia, la Germania, la Turchia, il Portogallo e la Spagna oggi probabilmente non esisterebbero più come nazioni autonome e indipendenti, della qual cosa, per altro, nessun uomo al mondo avrebbe avuto motivo o diritto d’incolparci.
«Su approvazione del Congresso nella seduta del 13 luglio 1946 abbiamo condonato all’Inghilterra un debito di venticinquemila milioni di dollari, e nello stesso giorno abbiamo di nuovo prestato all’Inghilterra quattromilaquattrocento milioni di dollari, senza la minima prospettiva di riavere questo denaro, dato che l’Inghilterra non può nemmeno pagare gli interessi per i capitali ricevuti in prestito e si vede continuamente costretta a chiedere proroghe. Ma non ho ancora finito: il primo gennaio 1951 regalammo ancora all’Inghilterra duemilaseicentonovantaquattro milioni trecentotrentatremila dollari, per salvare l’impero britannico dal crollo completo, sebbene non ci fosse più niente da salvare. E lei mi domanda, signor presidente, dove pensiamo di prendere il denaro per la costruzione del nostro canale?
«Tutto il denaro, onorevole commissione, di cui ho testé parlato, tutte quelle somme fantastiche di migliaia di milioni di dollari sono perse per il nostro paese. Noi non rivedremo mai neanche uno solo di quei dollari. Questo regalare via senza scopo tanto nostro buon denaro, così duramente sudato dai contribuenti americani, non ci ha procurato (e questa è la cosa più triste di tutta la faccenda) nemmeno un amico sincero, ma soltanto diffidenza, nella maggior parte dei casi odio feroce, e nessuna sicurezza che in caso di un serio conflitto potremo contare su qualche aiuto efficace da parte di questi paesi. Nemmeno dell’aiuto inglese si può essere del tutto sicuri, qualora esso dovesse risultare contrario agli interessi inglesi.»
Solamente durante gli interrogatori davanti a una commissione senatoriale è lecito parlare al pubblico come fece Aslan. La costituzione le garantiva il diritto di difendersi di fronte a una eventuale accusa di frode.
I senatori cominciarono ad agitarsi. Il senatore Shearer tossiva rumorosamente e guardava accigliato il presidente, ammiccando apertamente. Il senatore Clifford picchiò nervosamente sul tavolo.
«Signorina Norval, io mi vedo costretto a chiederle esplicitamente di escludere dalla discussione ogni e qualsiasi riferimento a questioni politiche, specialmente se di carattere internazionale.»
«Ancora una volta prego il signor presidente di volermi scusare se sono dovuta andare troppo oltre. Ma lei stesso ha affermato che non è possibile procurarsi nel nostro paese tutto il denaro occorrente per il canale. Per questo motivo mi sono vista costretta a dimostrare con fredde cifre che se noi possiamo regalare innumerevoli migliaia di milioni di dollari senza rovinarci economicamente, certamente si deve poter trovare nel nostro paese denaro sufficiente per realizzare il nostro progetto.»
«Signorina Norval, io non intendo affatto toglierle il diritto di difendersi come meglio crede. Tuttavia, ripeto, i nostri rapporti con gli alleati non hanno nulla a che fare con la possibilità o impossibilità di costruire il canale. Si attenga, di questo la prego dato che gli occhi e le orecchie di milioni di uomini sono rivolti su di noi, al suo canale e alle spese che comporterà la sua costruzione.»
«Onorevoli senatori, io non vedo altra via d’uscita; dovrò quindi ritornare brevemente alle somme enormi che sono state da noi disperse ai quattro venti e che quasi ogni settimana vengono ancora disperse, per spiegare la differenza che esiste fra uno sciupio per così dire insensato di migliaia di milioni di dollari e un investimento sano e intelligente di migliaia di milioni di dollari in una impresa che avrà un’immensa portata per la nostra vita economica.»
«Bene, signorina Norval, comprendo perfettamente dove vuole arrivare. Tuttavia la prego: si attenga alle fredde cifre ed eviti qualsiasi sconfinamento nel terreno politico.»
«Signor presidente, farò del mio meglio per seguire il suo consiglio; infatti non è assolutamente mia intenzione far sorgere difficoltà al nostro governo. Ritorno alle diverse migliaia di milioni di dollari, di cui nemmeno un dollaro rientrerà nel nostro paese e che pertanto sono da considerarsi completamente perduti per noi e per la nostra vita economica, mentre le migliaia di milioni di dollari che spenderemo per la costruzione del nostro canale rimarranno nel nostro paese; ogni centesimo rimarrà nel paese e produrrà i suoi interessi. Il denaro che investiremo nella costruzione del canale darà occupazione ben retribuita a decine di migliaia di lavoratori per dieci, quindici e forse vent’anni. Il progetto, una volta portato a termine, sarà di grande utilità non soltanto a noi stessi, al popolo americano, ma a tutti i popoli, le cui navi solcheranno i mari o che potranno acquistare le merci a loro occorrenti a prezzi ridotti per effetto dei noli ribassati.
«Noi accetteremo il denaro da qualunque parte venga. E venderemo le nostre azioni a chiunque desideri acquistarle. Anche se fino a oggi non abbiamo fatto nessun tentativo di allacciare rapporti in quella direzione, io sono tuttavia convinta che tutte le società di navigazione, americane e non americane, si affretteranno a partecipare alla nostra impresa, in quanto lo consentano le leggi speciali del nostro paese.»
«Signorina Norval», l’interruppe il presidente, «ho fatto notare già più d’una volta che io non me ne intendo per niente né di canali né della loro costruzione; io sono un banchiere, nella mia professione privata, e perciò posso esprimere un giudizio soltanto sul lato finanziario del suo progetto. Ma osservo, e ciò riguarda il lato finanziario, che lei ha parlato sempre del canale, ma non ha mai accennato ai numerosi progetti collaterali, di cui alcuni sono estremamente costosi, come, per citare un esempio, i molti ponti che dovranno attraversare un canale di lunghezza così considerevole per assicurare il traffico regolare delle ferrovie, degli autocarri, delle automobili e dei pedoni. Conosco l’autostrada da Houston a Los Angeles e, a mio modesto parere, i ponti che l’attraversano non dovrebbero essere meno di quattrocento, se non addirittura seicento. Siccome i ponti sul progettato canale dovrebbero essere molto alti per permettere il passaggio di navi con le loro sovrastrutture, certamente essi rappresentano una spesa enorme. I cosiddetti ponti apribili non costeranno sicuramente molto meno. A mio modo di vedere le spese per la costruzione di quei ponti sono da aggiungere a quelle per la costruzione del canale, perché fanno parte del costo complessivo. Ho ragione, signorina Norval?»
«Ha perfettamente ragione, signor presidente.
Ma io non ho l’intenzione di costruire ponti sul canale.»
«Il governo non le accorderà la concessione per la costruzione del canale, se taglierà le vie di comunicazione.»
«Ma io non intendo affatto tagliare alcuna via di comunicazione fra la parte a nord e quella a sud del canale. Io costruirò delle gallerie sotto il canale. Finora non è stato studiato il problema nei particolari; ma alcuni miei ingegneri sono dell’avviso che queste gallerie costeranno meno dei ponti di qualsiasi specie; la loro costruzione può essere fatta contemporaneamente con quella del letto del canale, cioè prima che questo venga riempito di acqua.»
«Signorina Norval, mi congratulo con lei per questa idea che ha del geniale. A una soluzione così semplice non avrei mai pensato; forse soltanto occasionalmente una volta che correvo con la mia automobile attraverso la galleria di Houston o durante le mie ferie in una escursione da Detroit a Windsor per andare a pescare per qualche settimana in Canada.»
Non appena il presidente ebbe detto questo, s’immerse in un silenzio trasognato, forse perché riandava col pensiero alle vacanze estive trascorse nel Canada. Poi si diede a sfogliare le sue carte, non per cercarvi qualcosa, ma evidentemente per formulare una nuova domanda nella vaga speranza che potesse forse essere l’ultima che gli consentisse di completare la sua relazione. Allora avrebbe potuto inoltrare il rapporto al senato e alla camera, poiché in ultima analisi per la costruzione del canale era necessaria l’autorizzazione dei due rami del parlamento, tanto più che il canale passava per quattro Stati e perciò il relativo progetto diventava di competenza federale.
Il senatore Clifford fece un lieve cenno agli operatori della televisione, e subito la metà delle telecamere inquadrarono il suo volto, mentre l’altra metà si concentrò su Aslan e le sue assistenti.
«Ammesso, signorina Norval, che il governo, per un qualsiasi motivo, si veda costretto a rifiutare alla sua società la concessione per la costruzione del canale, che cosa ne sarà della società? La scioglierà oppure farà convergere il capitale su un altro progetto, e nel caso che ciò avvenga, su quale altro progetto? Desidero però qui avvertirla che non è tenuta a rispondere a questa domanda.»
«Non ho alcun motivo, signor presidente, per non rispondere alla sua domanda. In una delle nostre ultime sedute di consiglio venne posto sul tappeto il medesimo problema e io darò qui la stessa risposta, che diedi al consiglio di amministrazione.
Ammesso che il governo rifiuti la concessione per la costruzione del canale, noi costruiremo una ferrovia da Galveston, nel Texas, fino all’oceano Pacifico, con una stazione capolinea che sarebbe da fissare tra Los Angeles e San Diego.»
«Se non erro, signorina Norval, esistono già linee ferroviarie che uniscono la costa orientale del Texas con quella occidentale della California meridionale.»
«Sì, ma non una linea ferroviaria come noi vorremmo crearla. Noi costruiremo due linee, una da oriente a occidente, e una seconda da occidente a oriente. Tuttavia, in luogo di due linee con ciascuna soltanto due binari, costruiremo due linee, con sedici, e se non bastano, ventiquattro binari ciascuna; invece dei soliti carri-merci utilizzeremo carri a intelaiatura di acciaio, che a seconda delle necessità può essere allargata e ristretta. A Galveston oppure a Houston, a seconda dove sarà più vantaggioso, una nave viene introdotta in una conca e sollevata idraulicamente fino all’altezza della nostra linea ferroviaria, dove viene immessa in un’altra conca analoga. In questa, la nave viene accolta dal carro a intelaiatura metallica.
«La nave, sempre galleggiando, con l’ausilio di cavi d’acciaio che girano intorno ad argani mossi elettricamente, viene collocata sul supporto della intelaiatura. Mentre l’acqua incomincia a defluire dalla conca, i bracci d’acciaio del telaio si chiudono contemporaneamente sempre più stretti intorno allo scafo della nave. Non appena questa è sufficientemente assicurata, viene aperta la porta d’uscita della conca, e gigantesche locomotive a motore Diesel o nucleari incominciano a funzionare, e la nave intraprende il suo viaggio sui sedici binari verso la costa del Pacifico.
«Mentre la stessa nave in mare aperto in condizioni favorevolissime raggiunge trentacinque miglia marine all’ora, la bontà della sede ferroviaria e la forza motrice delle locomotive potranno aumentare la velocità del trasporto fino a sessanta miglia marine all’ora e ancor più. E dipenderà pure dalla forza delle locomotive a quali altitudini il treno potrà arrivare per attraversare le catene montuose, senza ricorrere a conche o a tagli nelle montagne.
«Giunta alla costa occidentale, la nave verrà nuovamente introdotta in una conca.
Non appena l’acqua avrà raggiunto un’altezza tale da permettere alla nave di galleggiare, i bracci d’acciaio si allenteranno dal suo scafo lasciandola libera.
Mediante cavi essa verrà portata in una prossima conca, dove verrà abbassata fino al livello dell’oceano. Raggiunto il quale, la conca si aprirà, e la nave partirà, trainata da rimorchiatori, verso il mare aperto.»
I senatori stavano ad ascoltare come se Aslan stesse loro narrando una favola meravigliosa. Quando finalmente tacque, il senatore Clifford disse: «Signorina Norval, questa è l’idea più fantastica che io abbia udito dopo le tante idee fantastiche che lei ci ha esposto. Ma se vi rifletto pacatamente, non è forse così assurda come appare a prima vista. Credo anzi, signorina Norval, che questo trasporto di una nave per ferrovia da un oceano all’altro sarebbe più facile da attuare e probabilmente anche assai meno costoso di un canale come quello del quale ci siamo qui così a fondo occupati». E poi volgendosi ai colleghi seduti accanto: «Che ne dicono di questa nuova idea, onorevoli colleghi?»
Gli interpellati si guardarono in faccia a vicenda quasi per indovinare che cosa l’altro pensasse. Per non andare troppo avanti con un giudizio affrettato e consci che le telecamere inquadravano i loro volti, si strinsero tutti con indifferenza nelle spalle e con un’espressione vacua sul viso; la qual cosa del resto riuscì assai facile a due di loro, poiché essi non avevano mai pronunciato una parola, e del resto anche al senato non sapevano dire altro che sì.
«A me sembra importante», esclamò Aslan interrompendo l’evidente indecisione dei senatori, «chiarire ancora qualche punto. Le dimensioni della nave, la lunghezza, la larghezza, l’altezza, il tonnellaggio non hanno per se stessi importanza. Dipende esclusivamente dalla resistenza della sede ferroviaria e dal carico alla massima velocità. La robustezza della massicciata dei binari, la durata e la resistenza possono essere calcolate con esattezza matematica per metro quadrato, data la pressione.
Bisogna tener presente la forza motrice delle locomotive, cui allo stato attuale della tecnica non sono posti limiti.
«La posa in opera della sede ferroviaria richiede, secondo un nostro calcolo provvisorio, meno di un quinto del tempo occorrente per la costruzione di un canale.
In casi di estrema necessità il trasporto di navi per ferrovia è dieci volte più rapido, e forse più, che non per canale. E un qualsiasi danneggiamento può essere riparato molto più rapidamente, più facilmente e meglio che un analogo danno subito dal canale.»
«Signorina Norval, da quanto posso capire, entrambi i suoi progetti, sia quello del canale sia quello della ferrovia, finora esistono soltanto nella sua mente.»
«Esattissimo, signor presidente. Ogni progetto, di qualunque genere esso sia, esiste anzitutto nella testa di un uomo prima che venga realizzato.»
«Concesso, signorina Norval. Crede che troverà degli ingegneri che possano trasformare l’uno o l’altro dei suoi progetti in realtà?»
«Signor presidente, nel vocabolario di un ingegnere o architetto americano non si trova la parola ‘ impossibile ’. Se ingegneri e architetti russi oggi progettano di costruire una torre alta duecentodieci chilometri, qualunque ne sia lo scopo, ingegneri americani ne possono costruire una di cinquecento chilometri e in molto più breve tempo e senza l’aiuto di schiavi. Tutto ciò che appare necessario è dare a un ingegnere o a un architetto americano i mezzi per attuare un determinato progetto, prima esistente soltanto in una mente umana.»
«Sì, i mezzi. Cioè il denaro necessario. Vedo che anche lei la pensa così.»
«Naturalmente, il denaro necessario è un fattore essenziale, signor presidente.»
«Tutto quel che ci dice, signorina Norval, e che lei ammette, è enormemente semplice. Così semplice, come se una divinità dicesse: ‘ Sia fatto un canale!’ Oppure:
‘Sia fatta una ferrovia di inaudite dimensioni per il trasporto di navi! ’, ed ecco, tutto è fatto in un battibaleno. Ammetterà, signorina Norval, che le cose non sono così facili come lei se le raffigura.»
«No, certamente, signor presidente.» «E se io ho qui ripetutamente espresso i miei dubbi in rapporto alla possibilità o no di dare attuazione al suo progettato canale, non posso fare a meno di dichiarare che il suo progetto di ferrovia, a mio parere e a parere dei miei onorevoli colleghi, appare parimenti ineseguibile. Apparentemente, ripeto, soltanto apparentemente le spese di questa ferrovia possono essere inferiori a quelle del canale. Né l’uno né l’altro dei due progetti è eseguibile, anche se il governo si assumesse l’esecuzione di uno di essi. Come certamente le è noto, le imposte hanno raggiunto nel nostro paese un livello tale, in numerosi casi fino al novantadue per cento del reddito, che assai difficilmente potranno essere inasprite senza compromettere il sistema economico del paese. I miliardi che lei finora non ha esattamente calcolato, occorrenti per eseguire uno dei suoi progetti, non potrebbero essere minimamente garantiti dal governo. Perciò ritorniamo al punto di partenza: se il capitale per l’attuazione di uno dei suoi due progetti non può essere apportato da lei e se il governo, impegnato in spese più importanti, non le può venire in aiuto, sussiste la possibilità che per mancanza di ulteriore capitale uno dei suoi progetti non possa essere portato a termine. In tal caso, tutto il denaro che gli azionisti hanno investito in una impresa eseguita soltanto parzialmente, andrà perso. Poiché non si tratta di un progetto di milioni, ma di un’impresa che probabilmente inghiottirà più capitale del centuplo del bilancio annuo del nostro paese, la conseguenza sarebbe un panico in borsa, i cui effetti non sono prevedibili.»
Il senatore tacque per un istante e guardò freddamente Aslan.
Poi con voce tagliente disse: «Signorina Norval, ha ancora qualcosa da dire che possa influire sul mio parere e su quello dei miei colleghi a favore dei suoi progetti?»
«Temo di non avere più nulla di nuovo da dire, signor presidente.»
Il presidente si alzò in piedi, batté col martello sul tavolo annunciando:
«L’inchiesta circa la possibilità di finanziamento e la sicurezza finanziaria dell’ Atlantic-Pacific Transit Corporation è così conclusa. La sentenza definitiva verrà pronunciata fra sei settimane».
Batté ancora una volta sul tavolo, depose il martello e lasciò la sala, seguito dai colleghi.
Una dozzina di giornalisti si fecero intorno ad Asian assalendola di domande.
Formarono intorno a lei un semicerchio senza uscire dal raggio delle telecamere, e lo fecero così abilmente da lasciar supporre che avessero seguito un eccellente corso per artisti cinematografici.
«Egregi signori della stampa, mi rincresce di non poter fare in questo momento importanti dichiarazioni. Sarò costretta a mutare completamente la mia strategia.
Tuttavia, non appena avrò trattato coi miei consiglieri e coi miei avvocati e saremo giunti insieme a una decisione, farò sapere loro qualcosa. Ringrazio intanto tutti per l’attenzione prestatami.»
Fece un cenno ai giornalisti e lasciò sorridendo la sala col contegno e l’espressione di una vincitrice.
I giornalisti veramente ebbero l’impressione che la sconfitta fosse lei e ci fossero poche speranze di salvare la società. Il presidente della commissione aveva parlato abbastanza chiaramente.
Le telecamere la seguirono per trasmetterla un’ultima volta in tutta la sua eleganza al pubblico dei televisori.
Uscita che fu, le telecamere si rivolsero alle assistenti in uniforme, che in quel momento arrotolavano le carte geografiche, le tavole e le tabelle, mentre, intente a questo lavoro, senza volere e senza sapere, mettevano in mostra le loro splendide gambe e i fianchi vistosi, per la qual cosa gli spettatori, naturalmente solo quelli maschili, avrebbero voluto abbracciare gli operatori in segno di riconoscenza. Non si vedevano tutti i giorni così belle ragazze, e tanto meno in casa propria.
Aslan, accompagnata da Amy, corse all’aeroporto. La stessa sera era di ritorno a New York a casa sua.
«Per prima cosa, Lita», gridò alla cameriera, «un bagno caldo. Così caldo da poterlo appena sopportare. Dio mio, come sono stanca!»
«Y a lo creo, señora», disse Lita. «Sì, lo credo.» «E non appena l’acqua scorre, aiutami a spogliarmi! Sono a pezzi. Prima d’ora non ho mai saputo che cosa significasse essere stanchi.»
Era sdraiata sul letto, quando Lita ritornò dal bagno; accoccolata sul pavimento dinanzi alla padrona, le tolse le scarpe e incominciò a massaggiarle i piedi.
«Stare per ore e ore in continua tensione e nel medesimo tempo sapere che trenta, forse sessanta milioni di persone sono in ascolto e osservano ogni tratto del viso e sollevano critiche, è una cosa da spezzare i nervi.»
«Io sono stata tutto il tempo seduta dinanzi all’apparecchio, señora. Lei è stata magnifica. Simplemente maravillosa. Veramente e semplicemente grandiosa. Meglio, molto meglio e più naturale di un’attrice cinematografica. Ma alla fine le cose non si sono messe bene per lei, señora. Credo che i senatori non sono ben intenzionati verso di lei.» «Come se non lo sapessi anch’io!» «C’è qualcosa d’altro dietro le quinte, io dico, señora. Io credo che quei caballeros vogliono che il grosso affare passi nelle mani di loro parenti ed amici per poi poterne mungere una grossa porzione anche loro.»
«Ma guarda un po’. A una spiegazione come questa non ci avevo ancora pensato!»
Lita mise l’accappatoio sul corpo nudo di Aslan e scomparve nella stanza da bagno. Dopo alcuni secondi gridò:
«Señora, il bagno è pronto!» Aslan si lasciò cadere nell’acqua caldissima, quasi gemendo di piacere.
«Lita, fa scorrere ancora l’acqua calda! Mi fa bene. Provavo la stessa cosa quando durante le pause delle udienze prendevo un bagno caldo nel mio albergo di Washington.» «Que más, señora?»
«Fra un quarto d’ora portami un accappatoio molto caldo in cui avvolgermi. E poi un panino imbottito, due uova quasi sode, un po’ d’uva, una mela e del vino di Borgogna. E che tu lo sappia: fino a domani, alle quattro del pomeriggio non desidero essere disturbata. Nemmeno se mi chiamasse al telefono il ministro degli Interni o magari quello degli Esteri. Non sono in casa. Tu non sai dove mi trovo. Nemmeno la più lontana idea. Sono scomparsa. Semplicemente scomparsa. Senza lasciare tracce.
Debbo dormire diciotto ore filate per poter ricordare ancora il mio nome.»
«Señora, sono pronta a sparare su chiunque tentasse disturbarla.»
Non dopo diciotto ore, ma dopo venti Aslan chiamò la cameriera.
«Gran Dio del cielo, señora! ha dormito ben sodo, señora! » esclamò Lita entrando.
«E come ho dormito bene!» Aslan si stirò a lungo, sbadigliando. «E che fame!
potrei mangiare tre cene una dopo l’altra, con tutto ciò che ne fa parte.»
«Massaggio, señora?»
«Sì, ma leggero. Per rimettere in equilibrio le membra.»
«Desidera i giornali, señora?» «Niente giornali. Non voglio leggere il mio nome e non voglio spaventarmi nel vedere le mie fotografie. Ancora no. Prima di tutto un po’
di distensione. Al mare.»