Capitolo 33
Dopo aver accostato di fronte all’edificio della ppu, Lucy ci ripensò e proseguì verso quello dell’ics. Suonò al citofono e attese, studiando il proprio riflesso nel vetro della porta e sistemandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
Cooper aprì. Indossava una camicia scura aperta sul davanti e un paio di jeans.
«Lucy, entra pure», esordì, tenendole la porta aperta per farla passare.
«Mi hanno mandato qui a chiedere se c’è qualcosa di interessante sullo smartphone che abbiamo recuperato ieri».
«Neanche un buongiorno, prima?», chiese con un sorriso Cooper, accompagnandola verso il suo laboratorio.
«Scusami», mormorò Lucy. «È che non è stato di sicuro un buon giorno, questo. Anzi, direi che è stato proprio uno schifo, finora. Comunque, buongiorno», soggiunse, per poi dare un’occhiata all’orologio. «O meglio, buon pomeriggio. Non mi ero resa conto dell’ora».
«Allora non hai pranzato», commentò Cooper. «Metto su un tè. Latte? Zucchero?»
«Entrambi», rispose lei, lasciandosi scivolare sullo sgabello accanto al bancone dove si era fermata.
«Cosa è successo?», domandò Cooper.
«Il mio capo è stato sospeso», raccontò lei. «Entrambi i sospetti che avevamo per il nostro caso sono morti, e non abbiamo trovato la ragazzina che ancora risulta scomparsa, e inoltre è stato ritrovato il corpo di un’adolescente scomparsa anni fa, il cui assassino è morto anche lui».
«Sì, è davvero uno schifo, hai ragione», concordò Cooper.
«A dire il vero, sono le solite cose che capitano nel mio lavoro, se devo essere onesta», ammise Lucy. «Ma mi sento male per Tom Fleming».
Cooper portò due tazze di liquido lattiginoso e ne tese una a Lucy.
«Quando mi hai chiesto se volevo latte e zucchero, non pensavo di dover specificare che ci volevo anche del tè, nella mia tazza», scherzò lei, sbirciando dubbiosa all’interno del contenitore.
«C’è ancora la bustina dentro», ribatté Cooper. «Puoi accertartene, se vuoi».
Prese un Twix dalla tasca della giacca, lo aprì e ne offrì la metà a Lucy.
«Non sapevo se ti piacesse forte o leggero», soggiunse. «A quanto pare, ti piace forte».
Lucy tirò su la bustina di tè con il cucchiaino e la schiacciò contro la parete della tazza. «Allora, è venuto fuori qualcosa da quel telefono?», domandò poi, prendendo il Twix e dandogli un morso.
«Stessa storia di Karen Hughes», affermò Cooper. «Quasi uguale. “Harris” ha iniziato a contattarla su Facebook. Hanno stretto amicizia nello stesso periodo in cui ha chiesto l’amicizia anche a Karen. Hanno scambiato qualche commento. Lei ha detto che il suo gruppo preferito era Florence and the Machine. Poi, quando ha cambiato foto sul profilo da un cucciolo a una foto del suo giardino, lui ha commentato: Dog Days are Over».
«Una delle canzoni della band che le piaceva», annuì Lucy.
«Io ho dovuto cercarlo su Google», ammise Cooper. «Ma Sarah ha capito il collegamento. E non molto dopo, ha accettato di incontrarlo».
«Quanto tempo fa è successo?»
«Dieci settimane fa», rispose lui. «Il primo contatto c’è stato il 9 ottobre. Il loro primo incontro è avvenuto ai primi di novembre. A quanto pare, si sono incontrati per prendere un caffè o qualcosa da bere, qualche volta. Poi lui le ha proposto di andare a una festa. Dopo quella volta, c’è stato un po’ di silenzio, poi hanno cominciato a sentirsi più spesso, c’è stato un nuovo party, e infine lei è sparita».
«Puoi scoprire chi è questo “Harris”? Sempre che non sia il suo vero nome».
«Pensavo che “Harris” fosse finito all’obitorio con i polmoni pieni dell’acqua dell’Enagh Lough».
«Ma comunque», incalzò Lucy, «c’è stata attività sugli account, da quel momento?».
Cooper scosse il capo. «No, nessuna. O, perlomeno, di nessuno degli account che avevo rintracciato».
Lucy sorseggiò il tè, inghiottendo l’ultimo boccone di snack, con il sapore che le persisteva in gola.
«Grazie, per il tè e il Twix», soggiunse.
«Il primo contatto con Sarah Finn è stato il 9 ottobre, giusto?», riprese Cooper. «Il primo contatto con Karen Hughes è stato invece il 18 settembre. Sappiamo che Bradley, o “Harris”, o qualunque sia il suo vero nome, ha scelto quelle ragazze per un motivo, le ha adescate online per incontrarle nel mondo reale. Se è stato qualcosa in particolare a far decidere a Bradley di prendere di mira proprio quelle ragazze online, deve averle incontrate nella vita reale, in qualche modo, prima di contattarle. Forse potrebbe essere utile controllare dove fossero le ragazze, o chi abbiano incontrato nei giorni precedenti alla richiesta di amicizia. Se scopri che c’è qualcosa in comune tra loro, non ti sarà difficile trovare anche Bradley, credo».
Lucy sentì il telefono vibrare in tasca e, recuperandolo, vide il nome di Robbie sullo schermo. Si rese conto che doveva averle lasciato un messaggio in segreteria, prima, che lei non aveva ancora ascoltato. Esitò a rispondere, sentendosi assurdamente in colpa, poi si scusò con Cooper e, uscendo dall’ufficio, prese la chiamata.
«Ehi, Lucy», esordì Robbie, quando la sentì rispondere. «Ho cercato di contattare sia te che Tom per tutta la mattina».
«Siamo stati molto occupati», ribatté lei in fretta, nonostante il fatto che lui non avesse usato alcun tono d’accusa.
«Mi spiace, scusa il disturbo», riprese lui. «Ti chiamavo per via di Gavin. È scappato dalla casa famiglia nel cuore della notte. Non è tornato che dopo le sette di stamattina. L’ho accompagnato io a scuola. È uscito alle undici per partecipare a una messa in ricordo di suo padre con i nonni. Ma non è ancora tornato a scuola e non riesco a mettermi in contatto neanche con i nonni».
Lucy prese un profondo respiro.
«Mi dispiace disturbarti», mormorò Robbie. «Ma conosci il protocollo». Se un ragazzo non tornava alla casa famiglia quando avrebbe dovuto, i Servizi Sociali erano tenuti a informare il ppu.
«Non c’è problema», rispose Lucy. «Perché non ci hai contattato ieri notte, quando è scappato?»
«Non lo sapevo», replicò Robbie, in tono mite. «Mi sono addormentato sul divano della sala comune. Era già andato a letto e avevo chiuso la porta. Sono andato a svegliarlo la mattina e ho visto che non c’era. Stavo per chiamarvi, quando è rientrato».
Se Gavin era scomparso durante la notte, c’era la seria possibilità che avesse partecipato, insieme ai suoi nuovi amici, alla rivolta a cui Lucy aveva assistito a Gobnascale qualche ora prima. «Mi ci metterò al più presto», gli promise. Nonostante fosse decisamente occupata, in quel momento, non poteva permettersi di non seguire quel caso, soprattutto ora che Fleming non c’era.
«Non è finita qui», continuò Robbie. «Dopo che è andato a scuola, ho messo dei vestiti a lavare. I suoi puzzavano di benzina. Soprattutto le maniche della felpa».
«Probabilmente è andato a fare casino con gli altri ragazzi in cima alla collina, stamattina», disse Lucy. «L’ho visto con quella gente, l’altro giorno».
«Fantastico!», commentò Robbie, con sarcasmo. «È qui da appena qualche settimana e già si è invischiato con una gang».
Fu quando stava per attaccare che a Lucy venne in mente che se Gavin era tornato nella casa famiglia poco dopo le sette, i disordini in realtà non erano neanche cominciati, a quell’ora. In effetti, l’unica benzina che ritenevano fosse stata usata era quella che doveva essere stata versata nella buca delle lettere di Gene Kay, prima di appiccare l’incendio.