Capitolo 18

Lucy e Tom Fleming furono inviati a casa di Kay, in cerca di prove che potessero collegarlo all’omicidio di Karen Hughes. Come tutti i pedofili, Kay doveva avere dei materiali nascosti da qualche parte, con tutta probabilità nell’hard disk del suo pc. La difficoltà principale, in quel genere di casi, era che non sempre quei materiali erano collegati direttamente alla violenza in questione. Qualsiasi agente avrebbe potuto notare all’istante una scatola contenente fotografie oscene; ma se nella stessa scatola fossero stati conservati degli oggetti apparentemente innocui, sarebbe potuta passare inosservata. Burns aveva pensato che Fleming e Lucy avrebbero saputo cosa cercare meglio di un qualsiasi agente del cid.

Quando entrarono nel soggiorno, tuttavia, la prima cosa che Lucy notò fu lo spazio vuoto sul tavolo dove prima si trovava il computer.

«Il pc è sparito», fece notare a Fleming.

«Lo cercheremo», rispose lui. «Tu occupati delle stanze al piano di sopra, io penserò a queste».

C’erano tre stanze, di sopra. La prima, il bagno, era quasi completamente vuota. Le pareti erano azzurre, con la vernice scrostata e piena di crepe e bolle nella zona dietro al lavandino. Sopra al lavandino c’era uno specchio dai bordi incrostati di sporcizia. Spazzolino, rasoio e un tubetto di dentifricio quasi finito erano sulla mensola dello specchio, insieme a qualche flacone di dopobarba scadente e uno di talco. Non c’erano nascondigli ovvi, lì dentro. Lucy tolse la copertura di plastica dal bordo della vasca e guardò sotto, illuminando lo spazio con la torcia, ma non trovò nulla.

La seconda stanza era una camera da letto per gli ospiti. L’armadio era vuoto, a parte una vecchia giacca che, a giudicare dall’odore di muffa, non veniva indossata da parecchio tempo. La detective controllò la stanza, guardando sotto al letto e aprendo la cassettiera nell’angolo, ma non trovò nulla di interessante neanche lì.

Infine, nella camera da letto di Kay, scoprì quello che stava cercando. Una scatola, sul ripiano più in alto del suo armadio. Controllò rapidamente il resto della stanza, e quando fu certa che non ci fosse altro di utile, portò giù la scatola per catalogarla con Fleming.

L’ispettore tornò in soggiorno dalla porta sul retro, portando con sé una grossa busta nera dell’immondizia.

«Era nel bidone della spazzatura», spiegò, posandola sul pavimento. «Tu cos’hai trovato?».

Lucy posò sul tavolo la scatola, la aprì e iniziò a controllarne il contenuto. Dentro c’erano più oggetti che fotografie. Tra gli altri, un orsacchiotto di pezza, diverse matrici di biglietti, alcune delle quali di un cinema nelle vicinanze, due paia di un circo, ma di anni differenti, e un narciso seccato. In fondo alla scatola c’erano delle conchiglie, un guanto spaiato e una bambola. Controllando ogni oggetto, Lucy pensò al bambino che poteva rappresentare per Kay. I biglietti del circo o del cinema facevano pensare che la famiglia del bambino in questione si fidasse di lui, lo conoscesse bene e gli avesse permesso di entrare indisturbato in casa.

«Mi sembra poco saggio, da parte sua, tenere certi oggetti in casa», commentò Fleming.

«Non dimostrano alcun crimine», borbottò Lucy. «Probabilmente l’altra collezione in suo possesso è nascosta con molta più attenzione».

Sapeva che doveva esserci un’altra collezione, quella che, nonostante gli anni trascorsi in polizia, le avrebbe fatto rivoltare comunque lo stomaco per il disgusto. Ma, stranamente, anche quegli oggetti che stava guardando adesso le sembravano altrettanto inquietanti, poiché riflettevano l’innocenza delle vittime di Kay. In un angolo della scatola, sotto al guanto, trovò la saponetta di un hotel, e la indicò a Fleming, che fece una smorfia.

«Alcune di queste matrici sono vecchie di anni», commentò Lucy.

Fleming scosse la testa. «C’è qualcosa, qui, che possa collegarlo a Karen Hughes?»

«No», ammise lei. «Tanto per cominciare, se questi oggetti sono collegati alle sue vittime, sono tutte più giovani di Karen. Lei aveva quindici anni. E questi oggetti fanno pensare che potesse essere già troppo grande per Kay». Accennò poi alla busta di plastica nera. «Cosa ha buttato via?».

Fleming sollevò la busta e la svuotò. Un mucchio di immagini ritagliate da riviste e giornali si rovesciò sul pavimento. Le presero una alla volta, esaminandole. Erano tutte foto di bambini, ma nessuna di natura sessuale. I bambini ritratti nelle immagini erano prevalentemente preadolescenti.

Controllarono ogni foto, ma ancora una volta, niente sembrò essere collegato a Karen Hughes.

«Deve avere altra roba nascosta da qualche parte», dichiarò Fleming. «Probabilmente sul computer. Deve averlo nascosto, dopo che siamo venuti a parlargli per quel fatto del cane».

«Può averlo distrutto?», ipotizzò Lucy. «O magari l’ha nascosto in giardino?».

Fleming scosse la testa, l’alito dolciastro quando sospirò. «Se sono anni che Kay conserva questi oggetti, la vera collezione deve essere enorme. E non se ne libererebbe così facilmente. Forse c’è qualcuno che gliela tiene nascosta, oppure l’ha nascosta da qualche parte. Non è sepolta in giardino. Ho controllato il capanno degli attrezzi e il prato per vedere se c’erano segni di terra smossa. Niente».

Avevano appena finito di sigillare le collezioni da portare a Strand Road, quando Fleming ricevette una telefonata da una delle squadre del distretto. Un’altra ragazzina di quindici anni, Sarah Finn, era scomparsa.