Capitolo 24
«È troppo rischioso», disse Burns, piegandosi in avanti e appoggiandosi con le mani al tavolo al quale era seduto il team che si occupava dell’omicidio Hughes, compresi Lucy e Fleming. Lucy lanciò uno sguardo all’ispettore, che soffocò uno sbadiglio, guadagnandosi un’occhiataccia da Burns. «Stiamo agendo sul presupposto che “Harris” non sappia che lei è scomparsa. Per quello che ne sappiamo, potrebbe averla incontrata dopo l’ultimo messaggio che le ha mandato».
Lucy accettò quella teoria con un cenno del capo. «Ma se non ha capito che è scomparsa, potremmo tendergli una trappola e incastrarlo. Se “Harris” è Paul Bradley, avremo anche l’assassino di Karen».
«Si tratta di un “se” molto grande, tuttavia», commentò Mickey.
«Non secondo l’ics», intervenne Fleming. «I ladri di metallo hanno detto di aver visto un uomo andare via con una macchina rossa, quando Karen è stata lasciata sui binari. Quindi, possiamo contattare “Harris”, prendere un appuntamento con lui e osservarlo da lontano. Se arriva qualcuno in una macchina rossa, possiamo seguirlo e vedere dove ci porta».
«Tutto questo, se non consideriamo Gene Kay come l’assassino di Karen», riprese Burns. «Kay, che, ve lo ricordo, è ancora in una delle nostre celle».
«Ha detto qualcosa che le fa pensare che possa essere lui il colpevole?», domandò Fleming.
Burns scosse la testa. «Il cellulare non era più utilizzabile, quindi non sappiamo se fosse o meno su Facebook. Ha dichiarato che stava scattando delle foto a un gruppo di ragazze sedute al tavolo di fronte al suo».
«E non possiamo accusarlo per quello?».
La porta si aprì di colpo, e Lucy si sentì stringere lo stomaco in una morsa, quando vide la figura snella della madre entrare nella stanza.
«Vicecommissario capo Wilson», la salutò Burns, raddrizzandosi. «Buonasera, signora».
«Mark», ricambiò il saluto la Wilson. «Buonasera a tutti», soggiunse, guardando gli altri intorno al tavolo. Si soffermò su Lucy per un attimo di più, o almeno così sembrò a lei. «Qualche novità sull’omicidio Hughes?».
Burns esalò un secco sospiro. «Qualcuna. Ma a Gobnascale è sparita un’altra ragazzina».
«Sarah Finn», disse la Wilson, annuendo. «Sono in qualche modo collegate?»
«Il team della ppu è riuscito a ritrovare il suo smartphone vicino al bosco di Ness. Sembra che abbia ricevuto dei messaggi da un certo “Simon Harris”, che l’ics ha motivo di ritenere uno degli account fasulli di Paul Bradley, il nostro sospetto per il caso Hughes».
«A quanto tempo fa risalgono i messaggi?»
«Qualche mese fa», rispose Burns. «Con il classico iter dell’avvicinamento graduale. Sembra che abbiano iniziato a incontrarsi con una certa regolarità nelle ultime otto settimane, una sera a settimana».
«E quindi?»
«“Harris” ha mandato diversi messaggi a Sarah Finn, nella giornata di oggi, chiedendole di vedersi stasera».
«Quindi non sa che è scomparsa?»
«Forse no», concesse Burns.
«Io credo che Sarah sia andata via con il compagno della madre», intervenne Lucy, e poi si rese conto degli sguardi che tutti gli altri presenti le stavano rivolgendo. «Signora», soggiunse.
La Wilson annuì di nuovo. «Di sua spontanea volontà o no?»
«Non lo sappiamo ancora, signora», rispose Fleming. «La detective Black sta cercando di rintracciare l’uomo. Ha detto alla madre della ragazzina di essere a Manchester per lavoro, ma la compagnia per cui lavora afferma il contrario».
«Quindi volete cercare di dare un appuntamento a “Harris”?», domandò la Wilson. «Immagino che sia questo l’argomento attuale di cui state discutendo».
Burns annuì. «Tuttavia, si correrebbe il rischio di allertare il sospetto sul fatto che siamo a conoscenza dei suoi account fasulli».
«L’arresto di oggi al Foyleside dovrebbe già averlo messo sull’avviso», fece notare la Wilson. «È stato ben poco discreto. Comunque, ritengo che valga la pena correre questo rischio. Il peggio che può accadere è che non si presenti all’appuntamento. Quando ha mandato a Sarah l’ultimo messaggio?»
«Alle due e mezza, signora», rispose Burns.
«È stato prima o dopo l’arresto di Kay?»
«Più o meno lo stesso orario», ammise lui. «Ma non siamo ancora riusciti a collegare Kay all’omicidio di Karen Hughes».
«Penso che la decisione sia chiara, allora», dichiarò la Wilson. «Ci vediamo quando avrete finito la riunione, Mark. E avrei bisogno di parlare anche con la detective Black», soggiunse, alzandosi per congedarsi.
«Certamente, signora», disse Burns.
Lucy spinse indietro la sedia per alzarsi a sua volta quando Tara, seduta accanto a lei, le si fece più vicina. «Buona fortuna», sussurrò.
La Wilson era in corridoio, quando Lucy lasciò la stanza. Accennò all’ufficio di Burns, al momento vuoto, e lo raggiunse con la figlia.
«Come vanno le cose, Lucy?»
«Bene, signora».
La Wilson annuì, come se fosse la risposta che si aspettava. «Come procede nella ppu?».
Ancora. «Tutto bene».
«Hai visto tuo padre, di recente? Come sta?».
Lucy non sapeva cosa dire, consapevole del fatto che entrambe fossero a conoscenza del passato turbolento dell’uomo. «Sta bene. Considerando ciò che ha fatto».
La Wilson annuì piano. «Eppure, tu continui a fargli visita».
Lucy incrociò le braccia sul petto. «Qualcuno deve pur farlo. Altrimenti sarebbe completamente solo».
«Capisco», rispose la Wilson.
«Se ti interessa tanto, a dire il vero sta peggiorando».
«Mi dispiace», disse lei.
«Davvero?».
La donna sospirò. «Lucy, perché ogni volta che parliamo ci deve essere questa ostilità? Inizia a stancarmi, davvero».
Lucy si strinse nelle spalle, rendendosi conto del fatto che qualsiasi ulteriore commento sarebbe risultato petulante. Attese che la madre parlasse, studiandone il volto. Si era di nuovo legata i capelli in un modo che accentuava la spigolosità dei suoi lineamenti. Istintivamente, Lucy si sfiorò i capelli, rendendosi conto, ancora una volta, che il taglio che aveva scelto la faceva somigliare maggiormente a sua madre. Iniziava a temere, soprattutto, che quella somiglianza tra loro potesse essere più profonda di quella fisica.
«Perché volevi vedermi?», le chiese, decisa ad allontanare quell’ultimo pensiero.
«Ho saputo che hai assalito un sospetto, nel corso dell’arresto della banda dei ladri di metallo, questa mattina. È vero?»
«Gli ho calpestato inavvertitamente una mano», rispose lei, senza riuscire a guardare la madre negli occhi. «È stato un incidente».
«Non ha niente a che vedere con il furto delle ringhiere su una tomba, quindi?»
«Chi te l’ha detto?»
«Non ha importanza. Hai assalito un sospetto per aver rubato le ringhiere di una tomba? Sì o no?»
«Papà mi ha chiesto della fontana nella casa in fondo al sentiero, l’ultima volta che sono andata a trovarlo», ribatté Lucy, usando un trucco caro a sua madre, quello di passare da un argomento professionale a uno personale senza alcun preavviso. «Quel posto è una prigione».
«È quello che si merita», replicò la Wilson, senza farsi coinvolgere nel tentativo della figlia di cambiare argomento. «Non hai risposto alla mia domanda».
«È stato un incidente», ribadì Lucy.
«Lo spero», rispose la madre. La sua espressione si addolcì lievemente, mentre si sedeva alla scrivania di Burns. «Chiudi la porta e siediti».
Lucy andò a chiudere la porta, ma restò in piedi.
La madre alzò lo sguardo a fissarla, aspettando che si sedesse, ma poi continuò a parlare. «Come sta Tom Fleming? Mi pare di aver capito che c’è stato un incidente anche a casa sua, questa mattina, vero?»
«Mi sembra che stia bene. Ma sarebbe meglio che chiedessi a lui di persona cosa è accaduto questa mattina in casa sua».
«Lo farò. Ho pensato di chiederlo prima a te, visto che sei stata tu l’agente che ha chiamato l’ambulanza», rispose la Wilson. «Dunque, cosa gli è successo?»
«Aveva dormito troppo», replicò Lucy. «Non ha sentito la sveglia».
La Wilson scosse la testa. «Capisco. Niente è mai facile con te, vero, Lucy? Come va con il tuo fidanzato? Siete ancora insieme?».
Lucy soppresse una smorfia a quelle domande. «Abbiamo rotto», rispose.
«Mi dispiace. Cosa è successo?»
«Avevamo opinioni divergenti».
«Riguardo a cosa?»
«Alla monogamia», tagliò corto Lucy, rifiutandosi di dare altre spiegazioni.
«Capisco», replicò la Wilson. «Che peccato».
«E tu?», ritorse Lucy, ripensando ai pettegolezzi che Tara le aveva riferito su di lei e sul nuovo sovrintendente capo. «Esci ancora con Mark?». La madre la fissò con aria interrogativa. «Quella sera che abbiamo passato insieme, mi hai detto che il tuo compagno si chiamava Mark».
«Ah. Okay, stesso nome, ma uomo diverso».
«Si tratta del sovrintendente capo, per caso?».
La Wilson si tolse gli occhiali. «È un pettegolezzo pericoloso da spargere in giro», dichiarò.
«Io non sto spargendo in giro un bel niente. Ho soltanto fatto una domanda. Tu mi hai chiesto della mia vita sentimentale, e io ho chiesto della tua. Non devi darmi alcuna spiegazione. Come non hai mai fatto».
La Wilson si concesse un breve sorrisetto amaro. «È sempre un piacere fare due chiacchiere con te, Lucy», concluse.